Mi concedo una divagazione sugli appalti a questo punto dal momento che per me è stato il territorio rivelatore dello stato penoso e antiquato del nostro paese.
Caratteristica tipica di una gara italiana è il fatto di essere un mostro dalle tante teste. Capitolato, disciplinare, bando, GUCE, lettera di invito. Quando ti ritrovi sulla scrivania una gara ( e non hai un ufficio gare interno, in pratica dei burocrati a tempo indeterminato stipendiati per lottare con altri burocrati) devi intanto pregare per sperare di capire che cosa vuole la stazione appaltante. Quello che dice il bando lo dice in parte anche il capitolato, ma con qualche virgola differente; la lettera di invito da parte sua riassume il disciplinare ma lascia intendere anche altro. Insomma si tengono aperti spiragli a cui la commissione giudicatrice può appellarsi per far fuori qualche candidato sgradito.
E ti volano un po’ di giorni preziosi per niente, solo per capire di cosa si parla, perché se ti va bene ti danno 3 o 4 settimane per consegnare il tutto (poi c’è il caso limite di poche settimane fa, che mi arriva un fax il venerdì pomeriggio e la consegna della gara è per le 12 del lunedì, ma vabbè tralasciamo e facciamo contento il burocrate che ha adempiuto al suo compito avvisando un numero congruo di candidati “per tempo”).
Poi si avvicina il giorno della consegna della documentazione (prima fase della gara, è come il biennio del liceo o analisi I, serve per fare un po’ di scrematura). A quel punto vai dall’AD e gli fai capire che c’è bisogno della mano di un esperto perché non se ne esce dall’empasse interpretativo di alcuni punti del bando. Allora ti manda dal consulente, uno studio legale nella city. Entri nello studio e ti allieti dell’accoglienza, caffè offerto sul vassoio d’argento, blocchi e penne a disposizione, ti viene voglia di chiedere dov’è il bagno per farti una doccia, sai com’è con questo caldo, e ramazzare qualche saponetta col logo dello studio legale, luxury hotel style (poi quando arriva la parcella son dolori e capisci tante cose…).
Dopo aver passato qualche ora con i portaborse, ecco il luminare affacciarsi nella stanza (è come Gasparov che gioca a scacchi con 20 persone diverse, sul lungo corridoio dello studio si affacciano varie salette, dove gli scagnozzi intrattengono i clienti, lui butta dentro la testa , fa la sua mossa e poi si dilegua). Giusto il tempo per buttare l’occhio sul bando di gara. Legge, si acciglia, intravede già motivi di ricorso (cioè lui spera che la gara non la vinci, anzi che ti sbattano fuori per qualche vizio di forma) tanto poi si ricorre, TAR, Consiglio di stato, ancora TAR… Infine scuote la testa e sentenzia: Il solito retaggio borbonico della burocrazia italiana. E lì capisci in che cazzi ti hanno cacciato. La musica, i concerti, il pallone, le tue passioni, tutto ti si gela, perché capisci che sei nella merda fino al collo, impastato nella burocrazia.
Ma intanto c’è da provarci, la scadenza della consegna delle buste è tra pochi giorni e devi raccogliere gli ex articolo 38 (non è una band…) del presidente che sta nella casa madre a 2000 km, dell’Ad , del direttore tecnico, dei procuratori, dei soggetti cessati, nel senso non buttati nel cesso, ma che hanno cessato le loro cariche nel triennio antecedente, e ‘sti cessati per lo più sono manager che se ne sono andati sbattendo la porta o defenestrati e tu sei lì a implorare le loro segretarie per strappare una firma. Così piano piano il plico prende forma tra copie fotostatiche delle carte di identità, dichiarazioni, DURC, CIG, fidejussioni provvisorie (con impegno a renderle definitive, ma cos’è hanno paura che lo stiamo facendo solo per gioco?) e amenità varie. L’ansia cresce ed è contagiosa. Ecco che il tuo corrispondente dalla casa madre fa la genialata. Ti manda due copie della documentazione, una con un corriere e l’altra per sicurezza te la porta lui, salta su un volo e arriva per assistere alla preparazione dei plichi.
E qui si entra nella fase topica. Primo: impossessarsi del tavolo più grande presente in azienda dove dispiegare la montagna di documenti. Due: corrompere una delle persone più sveglie per vegliare sulla procedura di confezione e darti conforto. Tre: andare nell’armadio cancelleria, recuperare e tenere in pugno una stecca di ceralacca Pelikan e girare con orgoglio per i corridoi dell’azienda come un tedoforo. Quattro: siglare TUTTO. La regola principe per una gara è siglare TUTTO e TIMBRARE. Ogni angolo ogni spazio libero va siglato e timbrato e ancora siglato, timbrato, senza ritegno. E sul profluvio di inchiostro, colate di ceralacca fino a bruciarsi le dita e far squillare l’allarme antincendio. E sulla ceralacca, nastro adesivo,rotoli di nastro adesivo, corde e ancora giù di timbri, sigle, ma proprio schifezze di sigle storpiando il nome del presidente che se la gode ai Caraibi, con rabbia, quasi spregio. Tiè bastardi della commissione giudicatrice, provate ad aprirlo questo cazzo di plico.
Busta B: offerta tecnica. Già perché la busta A: documentazione amministrativa di cui sopra , è solo una delle tre buste che vanno inserite nel Plico generale, il mostro dei mostri, il corrazzato, l’inespugnabile, quello che pianterai sulla scrivania del Provveditore, il burocrate della stazione appaltante che finalmente ti darà in mano la ricevuta di avvenuta consegna.
Qualche giorno per riprenderti, per goderti una vita normale, che arriva il momento della seduta pubblica dell’apertura della prima busta, quella amministrativa. Arrivi in queste belle sale e te la fai sotto pesantemente. Da una parte del tavolo (in genere sono tavoli di 10 metri) la commissione , dall’altra i soliti competitor, le solite facce. Poi c’è sempre quella fottuta azienda che si porta sempre a dietro gli avvocati come avvoltoi pronti a cogliere ogni maledetto vizio di forma. Il teatrino è sempre quello. Ma è a prova di bomba questo plico! Risatine, ma intanto sono sudori freddi. Poi arriva un plico enorme. Che cazzo è ? Cosa ci hanno messo dentro? E lì inizi a vederla grigia, inizia a pensare che quella maledetta azienda ha il colpo a sorpresa. Cosa possono averci messo dentro? Cosa si sono inventati? Ma non lo potrai mai sapere ( a meno che non chiederai di accedere agli atti a gara finita) perché in seduta pubblica aprono solo la documentazione amministrativa mentre il progetto tecnico (insomma il tema, la relazione e chissà quale altra diavoleria) se lo guardano privatamente.
Il presidente della commissione legge a voce alta i documenti che estrae dal plico A: dichiarazione generale e il segretario annota; ex art.38 …1,2,3,4,5,6,7,8 … ma quanti sono chiede il presidente. Eh, i cessati, dici tu alzando le spalle, come a giustificarti. E la trafila va avanti. Ad ogni incertezza del presidente senti un tonfo. Ma questa fidejussione non capisco, la cifra presunta … e davvero in quei momenti attingi ad energie sconosciute, dai giustificazioni da grande esperto, citi articoli del capitolato, del bando, li stordisci, li convinci, cacchio ci ho rimesso cinque chili per preparare questa gara (e intanto vedi con la coda dell’occhio che l’avvocato del competitor prende appunti, bastardo, ha capito che qualcosa non torna…).
Comunque per chiudere , scusate lo sfogo, qualche gara l’ho vinta. Ma non per merito, non scherzo, ma perché ho visto eliminare partecipanti per una fottuta copia fotostatica della carta di identità del legale rappresentante, che sta pure lì al tavolo ed è pure gnocca. Cristo, la vedi che è lei, cosa cazzo squalifichi una concorrente se manca la copia fotostatica, c’è l’originale in carne ed ossa!
Ma questa è la dura legge della “lex specialis” della gara. C’è sempre modo di ricorrere e gli avvocati già si leccano i baffi.
Ora il progetto tecnico, Busta B, è al vaglio della commissione. Arriverà prima o poi la convocazione per la seduta pubblica di apertura dell’offerta economica. Altro giro, altro tavolo, altri sudori. Poi finalmente l’aggiudicazione provvisoria. Già perché in tutto questo delirio l’unica certezza è che non ci sono certezze.
bel racconto sigfrido, ho riso (amaramente) tanto.
il mio lavoro mi porta spesso "dall'altra parte" delle tue famigerate scrivanie, tra il popolo dei "burocrati borbonici".
al di là della facile ironia, la fenomenologia della pubblica amministrazione italiana contempla storie e aneddoti incredibili; roba che i film di Salce al confronto sono solo pallidi surrogati.
bisogna però tener conto di una cosa: dietro ogni funzionario, pubblico o privato, italiano c'è un essere umano che passa il 90% del suo tempo a
cagarsi addosso, per gli eventuali errori che potrebbe commettere (anche perchè il livello "culturale" di molti amministrativi è solo
vagamente scolastico). La paura ovviamente cresce con l'aumentare della "posta in gioco" (l'importo a base d'appalto).
di fondo c'è la consapevolezza che ogni ingranaggio di questo meccanismo pachidermico deve fare il suo "mestiere": il burocrate da il burocrate, l'avvocato fa l'avvocato e l'imprenditore deve fare l'imprenditore. E' un
gioco al massacro nel quale non è sempre scontato riconoscere i
carnefici e le
vittime.
a questo aggiungiamo poi che alcuni apparati dello Stato sono più farraginosi di altri ed ecco che, come nel caso da te raccontato, si fa presto ad avere il parossismo.
occupandoti di appalti, saprai che in Italia abbiamo un copus legislativo in materia di ll.pp. che fa invidia per volume ai romanzi di Dostoevskij e Tolstoj messi insieme: testi unici, regolamenti, direttive, delibere, giurisprudenza e chi più ne ha più ne metta.
in un contesto del genere mi sembra evidente che i soggetti (quelli che si cagano sotto) affrontano i loro timori nel modo più semplice ed efficace (per loro): eccesso di precauzione.
tenendo per il momento separati dal discorso le eventuali magagne di qualche RUP (tipo rendere leggermente difformi i documenti di gara per favorire o sfavorire qualcuno), nell'affrontare una gara d'appalto (soprattutto quelle con importi di base a 6-7 zeri in euro) tutti si trincerano dietro la burocrazia per evitare errori.
ecco che hai i litri di ceralacca, i bandi scritti in aramaico e infarciti dei riferimenti legislativi più disparati, gli avvocati avvoltoi e tutto quel piccolo universo grottesco che hai descritto.
adesso veniamo alle "magagne": proprio perchè nel passato (e nel presente) si sono perpetrati illeciti di varia natura sugli appalti pubblici, il legislatore di volta in volta ha tentato di "irregimentare" sempre di più queste procedure.
prima di Tangentopoli, nei Provveditorati e Genii Civili c'erano alcuni "ingegneri capo" che facevano il bello e il cattivo tempo (con conseguenti "ritorni"), che erano diventati il fulcro di più o meno complessi sistemi clientelari... poi arriva Tangentopoli, tutti scopriamo con (falso) stupore che in Italia si rubicchia ed ecco che sui lavori pubblici piomba la Merloni.
oggi la Merloni è stata superata ma il nuovo Codice degli Appalti (e il nuovo Regolamento, entrato in vigore a appena un mesetto) non hanno superato il concetto di "meccanismo burocratico" che c'è dietro una procedura di affidamento; purtroppo è inevitabile.
anzi, il testo che aveva inizialmente predisposto Di Pietro (all'epoca ministro dei ll.pp. per il Prodi II) prevedeva un RUP quasi al livello di un magistrato; a volte penso che si farebbe prima a raccogliere tutti i documenti di una gara e a portare il tutto in Procura della Repubblica... perchè noi italiani siamo convinti che dietro ogni funzionario pubblico, dietro ogni imprenditore, dietro ogni avvocato e consulente, si nasconda un furbetto che persegue "certi" interessi.
in Trentino Alto Adige, che gode di una legislazione tutta sua (province autonome), questo mondo fantozziano non esiste... sai perchè? non perchè la loro legge sia meno burocratica (in parte lo è ma non così tanto) o perchè lì i burocrati non nascano... semplicemente perchè non si sentono italiani (cioè italiani come i milanesi, i romani o i napoletani) e dunque non hanno il pregiudizio di base che qualcuno faccia il furbetto.