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#12301
Inviato 25 maggio 2015 - 09:20
#12302
Inviato 25 maggio 2015 - 09:35
Letto Le Vergini suicide di Eugenides.
Buon libro, a parte qualche ingenuità mi è piaciuto. Interessante il punto di vista e il narratore che sono una specie di coro collettivo dei ragazzini dell'epoca che raccontano le vicende in un ricordo comune ricostruito alla maniera di un'indagine che riunisce i loro e gli altrui ricordi.
La storia è interessante, una sorta di co-azione di tutte le autorità (genitori, scuola, adulti in genere...) a soffocare gli istinti di vita, anche i più "normali" e quotidiani dei ragazzi, di cui le 5 vergini rappresentano un po' il simbolo.
C'è una storia "parallela", in verità nemmeno una storia, un accenno che di tanto in tanto torna nel romanzo: gli olmi "malati" della via tagliati per lasciar vivere i sani. Uno dei momenti in cui le vergini escono e si ribellano è proprio per impedire il taglio dell'albero di casa. E alla fine tutti gli olmi saranno abbattuti, via via nel corso degli anni, come a indicare che il tentativo grezzo e ignorante di "soffocare" tutto quanto pare "malattia" o "vita diversa" porta a null'altro che una morte, un eliminazione globale. Così i suicidi sono in realtà omicidi, spietati come il vuoto ai funerali o la neve e la trascuratezza della casa con le erbacce. La solidarietà e quasi la fascinazione e l'amore per queste strane creature arriva solo dai ragazzi mentre gli adulti compaiono solo nelle vesti dei carnefici.
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#12303
Inviato 25 maggio 2015 - 11:51
Mi incuriosisce. Ma è tutta azione o c'è anche della ciccia?
Parliamo di letteratura di genere, ma la ciccia c'è, eccome. Di azione, neanche poi troppa. C'è un bell'intreccio di cronaca e finzione. C'è una scrittura mai banale, a volte ossessiva, a volte delirante, a volte basata su disordinati flussi di coscienza, a volte basata su ottimi dialoghi. C'è una struttura potente, "corale", disordinata, imprevedibile. C'è sullo sfondo una credibile descrizione dell'Inghilterra di quegli anni, e poi tanto marciume, tanta disperazione, tanta corruzione, tanta impotenza (di per sé, con la storia, "non se ne arriva a una"). Non c'è un protagonista unico, non ci sono eroi.
Insomma, per me può bastare per consigliarlo caldamente. Il primo volume forse è quello più "classico", il secondo è molto particolare e delirante, il terzo ed il quarto sono davvero fantastici, li piazzo tra i migliori che, in questo genere, abbia mai letto. Riferimenti (dicono): Ellroy (per quanto ho letto, Peace mi sembra anche meglio). Ad ogni modo, sempre e comunque: biblioteca, biblioteca, biblioteca, per farsi la propria idea aggggggratis.
L'ULTIMA IMPLORAZIONE
Yorkshire ...
L'Estate dell'Amore:
Il cane di Jimmy abbaia e i bambini piangono, Michael urla.
Martin gli tira un ceffone e dice:
"Vuoi essere tu il prossimo?".
I bambini chiudono gli occhi.
Lui mi darà una bella lezione.
Mi legano le mani dietro la schiena e mi mettono in ginocchio a forza di calci, spingendomi la faccia nella terra. Il padre di Leonard mi tira giù i pantaloni e dice:
"Mi vuoi bene, Barry?".
Io chiudo gli occhi.
Lui mi insegnerà.
#12304
Inviato 25 maggio 2015 - 13:39
Felix J. Palma - La mappa del tempo
http://www.lastfm.it/user/PoisonArrows
http://www.anobii.co...2fb923f43/books
http://www.themurderinn.it/public/new/
#12305
Inviato 25 maggio 2015 - 14:46
Scusa ma che significa mi è piaciuto il saggio di Jameson?
Sforzati dai, usciamo dal tunnel del like-dislike. Diobono
Boh, diciamo che mi dispiace dire poco più che ovvietà; però, visto che ti interessa cerco di darti il mio parere :
E' un saggio molto breve (appena 112 pagine se non erro; infatti ho letto il volume fuori catalogo della garzanti, non quello della Fazi che nel 2007 ha ripubblicato il saggio inserendo altri articoli e saggi sull'argomento e arrivando così a 464 pagine) ma molto denso, in cui l'autore ingloba analisi sulla condizione postmoderna della letteratura, dell'architettura, della pittura, cercando di delineare (in una prospettiva economico/politica) gli aspetti della condizione culturale del tardo capitalismo.
L'ho trovato chiarissimo nella prima parte, soprattutto quando affronta il problema della profondità e della crisi della storicità :
«la profondità è sostituita dalla superficie o da più superfici (in questo senso, ciò che spesso viene chiamato intertestualità non riguarda più la profondità)»
«L’accostamento al presente attraverso il linguaggio artistico del simulacro, o il pastiche di un passato stereotipato, conferisce alla realtà presente e all’esposizione della storia odierna il fascino e la distanza di un lucente miraggio.»
L'uomo, in questa elaborazione teorica, è confuso perchè gli manca ogni punto di riferimento spaziale e temporale, trovandosi di fronte a «un’esperienza di significanti puramente materiali o, in altre parole, di una serie di presenti puramente irrelati nel tempo».
Ho trovato il libro un po' più confuso verso la fine, quando l'autore affronta più da vicino l'architettura e inizia un'analisi degli spazi postmoderni, auspicando la stesura di mappe cognitive che diano senso allo spazio in cui siamo collocati (qui mi sa che qualcosa me la son persa perchè i discorsi che fa' sull'architettura mi interessavano un filo di meno). Al termine del saggio Jameson dice che la nuova politica «dovrà attenersi alla verità del postmoderno, vale a dire al suo oggetto fondamentale – lo spazio mondiale del capitalismo multinazionale – e contemporaneamente dovrà aprire una breccia su un nuovo modo finora inimmaginabile di rappresentarlo, in cui noi possiamo cominciare ad afferrare nuovamente il nostro porci come soggetti individuali e collettivi e a riguadagnare una capacità di agire e lottare, che al presente è neutralizzata dalla nostra confusione spaziale e sociale».
Questo saggio è stato scritto nell'84 ma non mi sembra che quest'ultimo punto non sia valido anche oggi.
Quindi ho apprezzato moltissimo questo libro, l'ho ritenuta un'ottima introduzione per comprendere alcune dinamiche culturali del nostro tempo ma è come se si fermasse sul più bello.
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12306
Inviato 26 maggio 2015 - 14:45
Ho finito Racconti di Petroburgo di Gogol'.
Mi è piaciuto moltissimo. Tutti i racconti girano intorno al microcosmo di Pietroburgo, popolato da personaggi inetti e problematici. In particolare riveste enorme importanza all' interno dell' opera il concetto di status sociale. Da ogni storia traspare come i gradi, i simboli e appunto lo status sociale in generale, siano l' aspirazione di ogni personaggio per potersi elevare a una condizione di superiorità rispetto al prossimo o anche solo per poter essere accettati. Tutto questo è evidente soprattutto dal racconto più famoso del libro, Il cappotto, dove un soprabito nuovo di zecca diviene sinonimo di redenzione per il povero Akakij Akakievič, un semplice e impacciato impiegato costantemente preso di mira dai colleghi. Redenzione che tuttavia il protagonista vede andare completamente in fumo, almeno nella vita terrena. Ma l' illusione è trasversale anche a chi di fatto ha già raggiunto concretamente una posizione sociale elevata: i personaggi che sulla carta dovrebbero aver acquisito il massimo della realizzazione personale, si rendono tuttavia conto essi stessi del fatto di essersi imprigionati in un ruolo che contrasta nettamente con ciò che realmente essi sono e vogliono. Ne consegue che in un modo o nell' altro l' inidividuo viene comunque inevitabilmente schiacciato: o dalla società o da sè stesso (anche se questo "sè stesso" è comunque in relazione con la società russa descritta da Gogol'). Detto ciò, se dovessi scegliere un racconto migliore in particolare sarei in forte difficoltà: si passa dall' amara storia de La Prospettiva Nevskij, al surrealismo de Il naso, dall' horror vero e proprio de Il ritratto, al già citato Il cappotto (al quale Dostoevskij deve molto), passando per la descrizione dello stravagante mondo interiore del protagonista de Le meorie di un pazzo. Insomma, un libro bello e variegato dall' inizio alla fine che va soltanto letto.
Adesso comincerò Germinale di Zola.
#12307
Inviato 26 maggio 2015 - 15:09
Ho finito Racconti di Petroburgo di Gogol'.
E' tra i miei prossimi acquisti. A casa ho Le Anime Morte di suo, per un motivo o per un altro non l'ho ancora iniziato, tu l'hai letto?
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12308
Inviato 26 maggio 2015 - 15:16
Ho finito Racconti di Petroburgo di Gogol'.
E' tra i miei prossimi acquisti. A casa ho Le Anime Morte di suo, per un motivo o per un altro non l'ho ancora iniziato, tu l'hai letto?
No, è la prima cosa che ho letto di lui. Anche io dovrò leggermi le anime morte ma mi sa che mi tocca comprarlo. Taras Bul'ba invece ce l' ho già.
#12309
Inviato 26 maggio 2015 - 18:08
Mi incuriosisce. Ma è tutta azione o c'è anche della ciccia?
Parliamo di letteratura di genere, ma la ciccia c'è, eccome. Di azione, neanche poi troppa. C'è un bell'intreccio di cronaca e finzione. C'è una scrittura mai banale, a volte ossessiva, a volte delirante, a volte basata su disordinati flussi di coscienza, a volte basata su ottimi dialoghi. C'è una struttura potente, "corale", disordinata, imprevedibile. C'è sullo sfondo una credibile descrizione dell'Inghilterra di quegli anni, e poi tanto marciume, tanta disperazione, tanta corruzione, tanta impotenza (di per sé, con la storia, "non se ne arriva a una"). Non c'è un protagonista unico, non ci sono eroi.
Insomma, per me può bastare per consigliarlo caldamente. Il primo volume forse è quello più "classico", il secondo è molto particolare e delirante, il terzo ed il quarto sono davvero fantastici, li piazzo tra i migliori che, in questo genere, abbia mai letto. Riferimenti (dicono): Ellroy (per quanto ho letto, Peace mi sembra anche meglio). Ad ogni modo, sempre e comunque: biblioteca, biblioteca, biblioteca, per farsi la propria idea aggggggratis.
L'ULTIMA IMPLORAZIONE
Yorkshire ...
L'Estate dell'Amore:
Il cane di Jimmy abbaia e i bambini piangono, Michael urla.
Martin gli tira un ceffone e dice:
"Vuoi essere tu il prossimo?".
I bambini chiudono gli occhi.
Lui mi darà una bella lezione.
Mi legano le mani dietro la schiena e mi mettono in ginocchio a forza di calci, spingendomi la faccia nella terra. Il padre di Leonard mi tira giù i pantaloni e dice:
"Mi vuoi bene, Barry?".
Io chiudo gli occhi.
Lui mi insegnerà.
Mi hai convinto mi procuro i primi due
#12310
Inviato 26 maggio 2015 - 19:09
Ottimo! Io come detto quest'estate mi lancio sulla trilogia ambientata a Tokyo, per ora sono usciti due volumi mi pare, entrambi tradotti in italiano. Promette grandi cose, se ne parla qui sul blog di Giuseppe Genna (grande fan di Peace ...)
http://www.giugenna....o-citta-totale/
#12311
Inviato 26 maggio 2015 - 19:18
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12312
Inviato 26 maggio 2015 - 19:22
lascia stare per l'amor di dio.
Siamo vittime di una trovata retorica.
#12314
Inviato 26 maggio 2015 - 19:32
Two cents per Satanburger: Le anime morte e' un capo. Leggilo.
Si, penso che lo farò a breve avendo il libro già in casa
lascia stare per l'amor di dio.
Addirittura? allora mi sa' che ho fatto bene a lasciare Genna sullo scaffale
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12315
Inviato 26 maggio 2015 - 19:32
lascia stare per l'amor di dio.
???
E delle opere di Genna che ne pensate? L'altro giorno sono stato tentato di prendere Italia De Profundis, poi ho desistito però, ho pensato fosse meglio avere un parere prima (considerato che il Genna "articolista" mi piace
Il libro che citi non lo conosco, ma - nell'ambito di una "sana" e "robusta" letteratura di genere - ho un ottimo ricordo sia di "Catrame" che di "Nel nome di Ishmael". Figurati che il primo era piaciuto un sacco pure alla leggendaria coppia Fruttero&Lucentini, non proprio i primi arrivati ...
#12316
Inviato 26 maggio 2015 - 19:37
Il libro che citi non lo conosco, ma - nell'ambito di una "sana" e "robusta" letteratura di genere - ho un ottimo ricordo sia di "Catrame" che di "Nel nome di Ishmael". Figurati che il primo era piaciuto un sacco pure alla leggendaria coppia Fruttero&Lucentini, non proprio i primi arrivati ...
Grazie mille!
Italia De profundis sembra essere un po' più ambizioso (forse meglio dire pretenzioso però), credo che sia dovuta a questo la reazione disgustata di Nijinsky
In realtà volevo prendere quello perchè è l'unico che avevo beccato in libreria, ora mi informo su questi due titoli che hai citato
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12317
Inviato 26 maggio 2015 - 19:38
Anime morte, incompiuto e salvato dal rogo in cui lui stesso voleva destinarlo, è il suo romanzo per eccellenza. Nè epico come taras né grottesco come i suoi racconti, è ammantato da luce crepuscolare, soffusa e malinconica, quasi passiva sulla modernità di un contabile di anime, contadini, che fu, disinvoltamente, un saldo argomento di Lenin qualche anno dopo.
Grandioso
#12318
Inviato 27 maggio 2015 - 08:06
Ho letto il libro consigliato pagine addietro (non ricordo da chi) di Giuseppe Pontiggia, Il Giocatore invisibile.
Buon romanzo, un giallo particolare, molto dialogico, leggibilissimo, con come scenografia gli ambienti universitari milanesi, con le loro ripicche, le loro morali moraliste, personaggi al limite tra la depressione e la violenza reciproca espressa con la maldicenza e la doppia faccia.
Forse è un po' troppo "semplice" come stile, nel senso: trama, dialoghi e via. Questo in parte è una forza (il romanzo è di facilissima lettura) ma forse anche una debolezza perché cose che magari potevano essere interessanti sono solamente abbozzate.
Comunque l'ho letto piacevolmente, non è una genialata ma un libro godibile, grazie del consiglio.
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#12319
Inviato 28 maggio 2015 - 13:41
Io l'ho finito oggi e penso che sia un libro per certi versi insopportabile. L'introduzione mi è servita a capire la genesi del libro e le varie fasi di pubblicazione - prima clandestina, poi ufficiale ma postuma. C'è anche una questione di importanza storica: la prefazione afferma che i temi trattati dalla Plath erano fino ad allora inconcepibili, in un romanzo femminile, e che "The Bell Jar" è il primo passo verso la 'liberazione' dell'autrice donna, l'avvio di una vicenda letteraria tangenziale al femminismo ma che in realtà c'entra molto poco.
Questi sono fatti su cui non posso discutere, per verosimiglianza e per mancanza di raffronti. Ma per il resto il libro in sé mi ha annoiato moltissimo, trovo che un lettore odierno non possa trovarci pressoché nulla di interessante o inedito. Per me il fascino del romanzo "recuperato" di Carnevali è ancora intatto, proprio perché sa di vicenda dimenticata e ancora oggi passata quasi sotto silenzio. Il lancio postumo della Plath può esser stato legittimo ma ha sicuramente un che di tendenzioso, e rimette in gioco la spinosa questione suicidio = successo: può darsi che all'epoca questo successo sia stato veramente giustificato, per i motivi di cui sopra, ma oggi ritengo che una storia simile risulti veramente banale.
Quando l'ho iniziato lo vedevo più come un Giovane Holden dell'altro sesso, arrivato alla fine l'associazione mentale con Carnevali mi è sembrata più calzante. Per me restano comunque su due piani assai distinti.
I have spoken softly, gone my ways softly, all my days, as behoves one who has nothing to say, nowhere to go, and so nothing to gain by being seen or heard.
(Samuel Beckett, “Malone Dies”)
#12320
Inviato 01 giugno 2015 - 12:21
Terminato la raccolta di saggi di Wallace, "Tennis, tv ecc.".
Ho letto tutti i saggi come materiale a se stante, anche perchè l'unitarietà è solo editoriale in questo caso. Il primo saggio è quello che mi è piaciuto meno, la sua giovinezza passata tra tennis, passione precoce per la matematica e la presenza costante dei tornado è un argomento di cui mi frega il giusto; ho amato, però, tutti i saggi successivi: folgorante "E unibus pluram", sulla tv e i suoi rapporti con la letteratura e la cultura statunitense. La sua analisi lucidissima dell'ironia (che credo sia ben conosciuta da tutti) è un punto di partenza per riflettere su alcune derive della narrativa contemporanea, anche restando in disaccordo.
Divertentissimo "Invadenti evasioni", reportage di Wallace sulla Fiera Statale dell'Illinois, pieno di sarcasmo ma anche di riflessioni sincere, soprattutto quella sul senso della comunità.
"Che esagerazione" è la recensione di una tesi di dottorato incentrata sulla polemica accademica della "morte dell'autore": un testo pieno di tecnicismi letterari che vola via in neanche venti minuti di lettura, l'ho trovato anche didattico, in parte.
Il saggio su David Lynch e quello su Michael Joyce sono abbastanza corposi e ricchi di note, ho amato particolarmente quello su Lynch: straordinaria la spiegazione del termine "lynchiano", non avrei saputo dirlo meglio.
L'ho trovata una buona lettura senza troppe pretese.
Ho iniziato Il Libro dell'Inquietudine di Fernando Pessoa, ne ho letto un centinaio di pagine fino a questo momento.
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12321
Inviato 01 giugno 2015 - 12:25
ho amato particolarmente quello su Lynch: straordinaria la spiegazione del termine "lynchiano", non avrei saputo dirlo meglio.
La tengo sempre a portata sul pc, quando qualcuno mi chiede perché io definisca una persona o una situazione lynchana.
I have spoken softly, gone my ways softly, all my days, as behoves one who has nothing to say, nowhere to go, and so nothing to gain by being seen or heard.
(Samuel Beckett, “Malone Dies”)
#12322
Inviato 01 giugno 2015 - 12:37
lascia stare per l'amor di dio.
???E delle opere di Genna che ne pensate? L'altro giorno sono stato tentato di prendere Italia De Profundis, poi ho desistito però, ho pensato fosse meglio avere un parere prima (considerato che il Genna "articolista" mi piace
Il libro che citi non lo conosco, ma - nell'ambito di una "sana" e "robusta" letteratura di genere - ho un ottimo ricordo sia di "Catrame" che di "Nel nome di Ishmael". Figurati che il primo era piaciuto un sacco pure alla leggendaria coppia Fruttero&Lucentini, non proprio i primi arrivati ...
Dudley, in Italia diciamo " gli ultimi arrivati", in Ticino dite "i primi"?
In realtà secondo me John Lurie non aveva tante cose da dire... ma molto belle
#12323
Inviato 01 giugno 2015 - 12:48
sarà un'interferenza con "i primi che passano per strada".
Siamo vittime di una trovata retorica.
#12324
Inviato 01 giugno 2015 - 13:05
Un mio amico ha lo svizzero italiano come opzione linguistica sullo smartphone. La vorrei anch'io
In realtà secondo me John Lurie non aveva tante cose da dire... ma molto belle
#12325
Inviato 01 giugno 2015 - 13:07
ooooooooopss!!!! ehm .. si, diciamo interferenza ...
mia (grave) disattenzione, ovviamente si dice pure qua "gli ultimi arrivati" ...
Può essere. O forse è una differenza come tra imbarcadero e debarcadero
Un mio amico ha lo svizzero italiano come opzione linguistica sullo smartphone. La vorrei anch'io
http://www.svizzionario.ch/startpage/
https://sites.google...site/elvetismi/
#12326
Inviato 01 giugno 2015 - 13:15
In realtà secondo me John Lurie non aveva tante cose da dire... ma molto belle
#12327
Inviato 01 giugno 2015 - 13:19
Si è davvero imbarazzante ...
#12328
Inviato 03 giugno 2015 - 15:13
Grazie a tutti quelli che mi hanno fatto conoscere Bernard Malamud e "Il commesso".
Rispetto a Roth, stile molto più asciutto ma ugualmente preciso nel tratteggiare i personaggi e il rapporto con il loro lato oscuro.
Non potrò fare a meno di leggere anche "L'uomo di Kiev".
Cambiando argomento, qualcuno di voi ha letto "L'Amalassunta" di Pier Franco Brandimarte?
#12329
Inviato 03 giugno 2015 - 16:05
Grazie a tutti quelli che mi hanno fatto conoscere Bernard Malamud e "Il commesso".
Rispetto a Roth, stile molto più asciutto ma ugualmente preciso nel tratteggiare i personaggi e il rapporto con il loro lato oscuro.
Non potrò fare a meno di leggere anche "L'uomo di Kiev".
Per me molto bello, ma senza quella parte di disperazione ebraica che c'è sia nel Commesso che nell'Uomo di Kiev, anche Una nuova vita, più generico e "americano". E' la storia di un insegnante che ricomincia da capo, divenendo professore di un college secondario lontanissimo dalla sua città d'origine, trovandosi ancora una volta inadeguato.
«Mister, possiamo lavorare sulle diagonali?», la richiesta di qualche giocatore. No, la risposta del tecnico.
consigli per il futuro: leggere i fantaconsigli dell'UU e fare l'esatto opposto
Duck tu mi consigliasti di molto bello Delitto e Castigo, che nonostante la lunghezza (per me quello è gia parecchio lunghino) mi piacque parecchio e mi permise anche di fare un figurone con mia cognata in una discussione in cui credeva di tagliarmi fuori.
#12330
Inviato 04 giugno 2015 - 13:01
Finito ieri "Jurassic Parck" di Michael Crichton, per spararmi la posa con gli amici quando uscirà il nuovo film . Buon techno-thriller, anche se ovviamente pesa parecchio la trama già ben nota; sul finale si dilunga un po' troppo in una serie di vicende sostanzialmente riassumibili con "ci inseguono i dinosauri", ma fa un buon lavoro nel descrivere come ripristinano i sistemi dopo un sabotaggio informatico. Insiste parecchio con la teoria del caos, con tanto di frattali disegnati a inizio capitolo, ma francamente ci incastra poco, sembra un po' infilata a forza... in ogni caso mi ha convinto ad aprire un libro sul tema che era a prendere la polvere da anni.
#12331
Inviato 05 giugno 2015 - 13:48
Rino Gissi - Death by metal. La storia di Chuck Schuldiner e dei Death
http://www.lastfm.it/user/PoisonArrows
http://www.anobii.co...2fb923f43/books
http://www.themurderinn.it/public/new/
#12332
Inviato 05 giugno 2015 - 14:01
Poca fortuna, per me, al momento.
Nonostante le ottime premesse (storia potenzialmente interessante, ottimo editore, consenso attorno allo scrittore), ho abbandonato dopo oltre 100 pagine "La mappa" di Vittorio Giacopini (ed. Il Saggiatore). Ho poi iniziato "Elisabeth" di Paolo Sortino (Einaudi), ma pure qui, dopo oltre 60 pagine, mi sto arenando. Storia terrificante (vi ricordate del caso Fritzl?) che, almeno sulla carta, ben si presta ad essere romanzata, ma ... boh, sarà che è il suo primo libro, ma la scrittura mi dice poco, il romanzo non mi coinvolge.
#12333
Inviato 05 giugno 2015 - 14:16
E' effettivamente bello, benché (e forse proprio perché) perfettamente in linea con la prosa di Richard Yates. Scrittura molto classica, di quelle storie umili e senza "esplosioni" che però ti tengono lì incollato fino alla fine.
I have spoken softly, gone my ways softly, all my days, as behoves one who has nothing to say, nowhere to go, and so nothing to gain by being seen or heard.
(Samuel Beckett, “Malone Dies”)
#12334
Inviato 05 giugno 2015 - 14:20
Il grande gioco, di Peter Hopkirk
«Mister, possiamo lavorare sulle diagonali?», la richiesta di qualche giocatore. No, la risposta del tecnico.
consigli per il futuro: leggere i fantaconsigli dell'UU e fare l'esatto opposto
Duck tu mi consigliasti di molto bello Delitto e Castigo, che nonostante la lunghezza (per me quello è gia parecchio lunghino) mi piacque parecchio e mi permise anche di fare un figurone con mia cognata in una discussione in cui credeva di tagliarmi fuori.
#12335
Inviato 05 giugno 2015 - 14:54
Grazie a tutti quelli che mi hanno fatto conoscere Bernard Malamud e "Il commesso".
Rispetto a Roth, stile molto più asciutto ma ugualmente preciso nel tratteggiare i personaggi e il rapporto con il loro lato oscuro.
Non potrò fare a meno di leggere anche "L'uomo di Kiev".
Cambiando argomento, qualcuno di voi ha letto "L'Amalassunta" di Pier Franco Brandimarte?
L'Amalassunta l'ho letto, mi è piaciuta la parte su Licini (d'altronde l'ho preso solo per quello) la storia parallela odierna che si intreccia ai luoghi di Licini - Monte Vidon Corrado, 'nsomma... Sto leggendo qualcosa di Lars Gustafsson, credo che non me ne libererò tanto facilmente... consigliato.
#12336
Inviato 05 giugno 2015 - 16:06
Finito, non senza qualche difficoltà, Il Libro dell'Inquietudine.
In libreria lo collocherei negli scaffali della Poesia; sebbene sia definibile come romanzo, in fin dei conti non è altro che un finto diario che Pessoa fa scrivere a Bernando Soares, uno dei suoi eteronimi (sarebbe meglio dire semieteronimi, infatti come scrive Pessoa, in una lettera : «perché pur non essendo la sua personalità la mia, dalla mia non è diversa, ma ne è una semplice mutilazione: sono io senza il raziocinio e l'affettività»).
In quest'opera, come dice bene Tabucchi nella prefazione, l'autore non è tanto un romanziere, quanto un poeta che usa il romanzesco; non fornendo, quindi, una narrazione dei fatti, semplicemente i "fatti" non ci sono, l'autobiografia immaginaria di Soares è una serie di frammenti in cui lui stesso riflette su se stesso e su tutto ciò che lo circonda.
Il libro resta un work in progress di Pessoa a cui lavorerà per vent'anni; non riuscirà a terminare il libro, che è stato formato attraverso il ritrovamento di varie carte (io ho letto l'edizione Feltrinelli curata da Tabucchi e Maria José de Lancastre, ho visto che esistono altre edizioni - come quella Newton Compton - in cui sono stati aggiunti altri testi).
Ho trovato varie difficoltà nel leggerlo proprio per la sua natura frammentaria e anti-narrativa, ma ho proseguito nella lettura grazie ad autentiche gemme che ritrovavo nel testo di continuo: «Quello che ci circonda diventa parte di noi stessi, si infiltra in noi nella sensazione della carne e della vita e, quale bava del grande Ragno, ci unisce in modo sottile a ciò che è prossimo, imprigionandoci in un letto lieve di morte lenta dove dondoliamo al vento. Tutto è noi e noi siamo tutto; ma a che serve questo, se tutto è niente?»
Soares, che lavora in un ufficio in Rua dos Douradores, è afflitto dalla malattia del tedio, che lui considera come «sentire che non vale la pena di fare alcunché» e scrive tormentandosi e tempestandosi di inquiete domande. Non si deve, però, pensare che il testo sia una sequenza impazzita di seriosità depresse; è colmo di un certo tipo di macabra e amara ironia.
Come è altresì pieno di impietose analisi di sè: «Ho sempre rifiutato di essere compreso. Essere compreso significa prostituirsi. Preferisco essere preso seriamente per quello che non sono, ignorato umanamente, con decenza e naturalezza»; «Perchè scrivo, se non scrivo meglio? Ma cosa ne sarebbe di me se non scrivessi ciò che riesco a scrivere per quanto nello scrivere io sia inferiore a me stesso? [...] Per me scrivere è disprezzarmi; ma non posso smettere di scrivere. Scrivere è come la droga che odio e che prendo, il vizio che disprezzo e in cui vivo. [...] Sì, scrivere significa perdermi, ma tutti si perdono, perché tutto è perdita».
Folgoranti i passi in cui Soares analizza il rapporto fra la sua identità e la presenza degli altri: «Una delle mie preoccupazioni costanti è capire com'è che esista altra gente, com'è che esistano anime che non sono la mia anima, coscienze estranee alla mia coscienza; la quale, proprio perché è coscienza, mi sembra essere l'unica possibile. [...] Gli altri non sono per noi altro che paesaggio e, quasi sempre, il paesaggio invisibile di una strada nota.»
La solitudine riempie la vita di Soares, ma anche un indefinito disprezzo dell'altro: «D'altronde, detesto essere obbligato a un contatto con gli altri. Un semplice invito a cena con un amico mi causa un'angustia difficile da definire. L'idea di un qualsiasi obbligo sociale [...], soltanto l'dea mi sconvolge i pensieri per l'intera giornata, e a volte mi preoccupo fin dalla vigilia, dormo male; e poi il fatto in sé quando si verifica, è un fatto assolutamente insignificante, non giustifica tanti problemi; ma la cosa si ripete e io non imparo mai a imparare.»
I travagli di Soares, le sue debolezze, le sue paure, il suo "non aver niente da dire", lo dipingono per quello che è: un uomo del nostro tempo, un uomo della modernità che non poteva essere compreso a suo tempo, perchè ci voleva ancora tempo, perchè noi impariamo solo dai morti: «Un giorno forse capiranno che ho compiuto come nessun altro il mio destino di interprete di una parte del nostro secolo; e quando lo capiranno, scriveranno che nella mia epoca sono stato incompreso, che sventuratamente sono vissuto nell'indifferenza e che è un peccato che così sia stato. E colui che scriverà questo fraintenderà allora, così come quelli che ora mi circondano, il mio omologo di quel tempo futuro. Perché gli uomini imparano soltanto a pro dei loro antepassati, che sono già morti.»
Ho amato molto questa raccolta di frammenti, l'ho trovata a tratti una lettura molto faticosa ma ci starò ancora dentro per un po'.
Ora inizio Cuore di Tenebra di J. Conrad.
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12337
Inviato 05 giugno 2015 - 16:30
Si può dire che quel libro e non solo mi abbia bruciato e annichilito tout court, e dalle ceneri non rinacque né la fenice né i fior
Patetismi scherzosi a parte, è un libro anche filosofico e che ti dà modo di scavare a fondo, risultando pesante se sei la persona giusta nel momento sbagliato.
Molto interessante anche la questione degli eteronimi e ortonimi, non solo per il felice(?) cognome di Nando.
A proposito del Maurizio Costanzo show, a me l'ospitata del Joker al programma del personaggio di De Niro ha ricordato una di Aldo Busi, ma proprio uguale, compreso il balletto con cui si presenta al pubblico. Dubito che Phoenix si sia ispirato a quella, ma in certe parti, quando si mette a checcheggiare, la somiglianza era impressionante.
il primo maggiorenne che vedrò vestito da joker a carnevale, halloween o similia lo prendo per il culo di brutto
minimo un A STRONZOOOO, ANCORA STU JOKER? STRONZOOOO, vieni a casa mia che ho bisogno di una mano a sgomberare la mansarda, STRONZOOOO
There is a duality between thought and language reminiscent of that which I have described between dreaming and play
Man the sum of his climatic experiences Father said. Man the sum of what have you
#12338
Inviato 05 giugno 2015 - 16:39
Patetismi scherzosi a parte, è un libro anche filosofico e che ti dà modo di scavare a fondo, risultando pesante se sei la persona giusta nel momento sbagliato.
Molto interessante anche la questione degli eteronimi e ortonimi, non solo per il felice(?) cognome di Nando.
Si, infatti non è stata una lettura propriamente leggerissima e di sicuro una sola lettura non basta
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12339
Inviato 05 giugno 2015 - 20:17
(Finito, non senza qualche difficoltà, Il Libro dell'Inquietudine.
In libreria lo collocherei negli scaffali della Poesia; sebbene sia definibile come romanzo, in fin dei conti non è altro che un finto diario che Pessoa fa scrivere a Bernando Soares, uno dei suoi eteronimi (sarebbe meglio dire semieteronimi, infatti come scrive Pessoa, in una lettera : «perché pur non essendo la sua personalità la mia, dalla mia non è diversa, ma ne è una semplice mutilazione: sono io senza il raziocinio e l'affettività»).
In quest'opera, come dice bene Tabucchi nella prefazione, l'autore non è tanto un romanziere, quanto un poeta che usa il romanzesco; non fornendo, quindi, una narrazione dei fatti, semplicemente i "fatti" non ci sono, l'autobiografia immaginaria di Soares è una serie di frammenti in cui lui stesso riflette su se stesso e su tutto ciò che lo circonda.
Il libro resta un work in progress di Pessoa a cui lavorerà per vent'anni; non riuscirà a terminare il libro, che è stato formato attraverso il ritrovamento di varie carte (io ho letto l'edizione Feltrinelli curata da Tabucchi e Maria José de Lancastre, ho visto che esistono altre edizioni - come quella Newton Compton - in cui sono stati aggiunti altri testi).
Ho trovato varie difficoltà nel leggerlo proprio per la sua natura frammentaria e anti-narrativa, ma ho proseguito nella lettura grazie ad autentiche gemme che ritrovavo nel testo di continuo: «Quello che ci circonda diventa parte di noi stessi, si infiltra in noi nella sensazione della carne e della vita e, quale bava del grande Ragno, ci unisce in modo sottile a ciò che è prossimo, imprigionandoci in un letto lieve di morte lenta dove dondoliamo al vento. Tutto è noi e noi siamo tutto; ma a che serve questo, se tutto è niente?»
Soares, che lavora in un ufficio in Rua dos Douradores, è afflitto dalla malattia del tedio, che lui considera come «sentire che non vale la pena di fare alcunché» e scrive tormentandosi e tempestandosi di inquiete domande. Non si deve, però, pensare che il testo sia una sequenza impazzita di seriosità depresse; è colmo di un certo tipo di macabra e amara ironia.
Come è altresì pieno di impietose analisi di sè: «Ho sempre rifiutato di essere compreso. Essere compreso significa prostituirsi. Preferisco essere preso seriamente per quello che non sono, ignorato umanamente, con decenza e naturalezza»; «Perchè scrivo, se non scrivo meglio? Ma cosa ne sarebbe di me se non scrivessi ciò che riesco a scrivere per quanto nello scrivere io sia inferiore a me stesso? [...] Per me scrivere è disprezzarmi; ma non posso smettere di scrivere. Scrivere è come la droga che odio e che prendo, il vizio che disprezzo e in cui vivo. [...] Sì, scrivere significa perdermi, ma tutti si perdono, perché tutto è perdita».
Folgoranti i passi in cui Soares analizza il rapporto fra la sua identità e la presenza degli altri: «Una delle mie preoccupazioni costanti è capire com'è che esista altra gente, com'è che esistano anime che non sono la mia anima, coscienze estranee alla mia coscienza; la quale, proprio perché è coscienza, mi sembra essere l'unica possibile. [...] Gli altri non sono per noi altro che paesaggio e, quasi sempre, il paesaggio invisibile di una strada nota.»
La solitudine riempie la vita di Soares, ma anche un indefinito disprezzo dell'altro: «D'altronde, detesto essere obbligato a un contatto con gli altri. Un semplice invito a cena con un amico mi causa un'angustia difficile da definire. L'idea di un qualsiasi obbligo sociale [...], soltanto l'dea mi sconvolge i pensieri per l'intera giornata, e a volte mi preoccupo fin dalla vigilia, dormo male; e poi il fatto in sé quando si verifica, è un fatto assolutamente insignificante, non giustifica tanti problemi; ma la cosa si ripete e io non imparo mai a imparare.»
I travagli di Soares, le sue debolezze, le sue paure, il suo "non aver niente da dire", lo dipingono per quello che è: un uomo del nostro tempo, un uomo della modernità che non poteva essere compreso a suo tempo, perchè ci voleva ancora tempo, perchè noi impariamo solo dai morti: «Un giorno forse capiranno che ho compiuto come nessun altro il mio destino di interprete di una parte del nostro secolo; e quando lo capiranno, scriveranno che nella mia epoca sono stato incompreso, che sventuratamente sono vissuto nell'indifferenza e che è un peccato che così sia stato. E colui che scriverà questo fraintenderà allora, così come quelli che ora mi circondano, il mio omologo di quel tempo futuro. Perché gli uomini imparano soltanto a pro dei loro antepassati, che sono già morti.»
Ho amato molto questa raccolta di frammenti, l'ho trovata a tratti una lettura molto faticosa ma ci starò ancora dentro per un po'.
Ora inizio Cuore di Tenebra di J. Conrad.
bella roba
Stai passando da una delle più grandi opere letterarie del 900 alla più grande opera letteraria del 900 (con Le voyage)
Auguri
mi ricorda un po' Moro.
Con trepidazione vivo solo le partite dell'Inter.
Io non rispondo a fondo perchè non voglio farmi bannare, però una cosa voglio dirla: voi grillini siete il punto più basso mai raggiunto dal genere umano. Di stupidi ne abbiamo avuti, non siete i primi. Di criminali anche. Voi siete la più bassa sintesi tra violenza e stupidità. Dovete semplicemente cessare di esistere, come partito (e qui non ci si metterà molto) e come topi di fogna (e qui sarà un po' più lunga, ma cristo se la pagherete cara).
#12340
Inviato 05 giugno 2015 - 21:17
Finito, non senza qualche difficoltà, Il Libro dell'Inquietudine.
Ho amato molto questa raccolta di frammenti, l'ho trovata a tratti una lettura molto faticosa ma ci starò ancora dentro per un po'.
Ora inizio Cuore di Tenebra di J. Conrad.
un libro bellissimo
in effetti, a tratti è difficile seguire il flusso dei pensieri di Pessoa... però, ci sono tanti di quei labirinti di pensiero!
TYPE O NEGATIVE. SLOW, DEEP AND HARD. Parole, musica e gesta di PETER STEELE
C A P T A I N M A S K R E P L I C A. Vita e arte di Don Van Vliet, CAPTAIN BEEFHEART
MEET AROUND THE ROCK - BEST OF ROCK (con Claudio Dosa & Federico Frusciante)
三生石
#12341
Inviato 07 giugno 2015 - 21:53
Il grande Gatsby (The Great Gatsby) è un romanzo di Francis Scott Fitzgerald, pubblicato a New York nel 1925. Chi è Jay Gatsby? Un torbido affarista senza scrupoli, oppure un patetico sentimentale? Probabilmente, il fascino di questo personaggio risiede proprio nella sua ambivalenza. Ad un certo punto, Francis Scott Fitzgerald ce lo descrive così: <<La verità è che Jay Gatsby di West Egg, Long Island, era scaturito da una concezione platonica di se stesso. Era un figlio di Dio - frase che, se vuol dire qualcosa, vuol dire proprio questo - e doveva continuare l'opera del padre mettendosi al servizio di una bellezza vistosa, volgare, da prostituta. Così inventò con Jay Gatsby il tipo che poteva venir inventato da un diciassettenne e rimase fino alla fine fedele a questa concezione.>>
#12342
Inviato 07 giugno 2015 - 22:36
Terminato Cuore di Tenebra: non stento a credere che venga considerato una delle opere migliori del '900, di sicuro è una delle opere più ambiguamente potenti che abbia mai letto.
L'ambiguità deriva dal fatto che appena ho chiuso il libro sono stato impossessato da una strana sensazione, quasi una repulsione verso tutto ciò che avevo letto ma anche un'attrazione per la perfezione letteraria del personaggio di Kurtz; un personaggio che si vede poco e quando Marlow lo raggiunge non è in ottime condizioni, ma resta un personaggio in grado di stordire con le sue ambizioni.
Anche Conrad, come Pessoa, non ha scritto un romanzo facile. La complessità della narrazione l'ho trovata un modo compiuto per moltiplicare i sensi sottaciuti del testo.
Già alla prima lettura è chiaro che non sia solo un'opera che si scaglia contro il colonialismo, quello è il pretesto per parlare d'altro, o meglio: per inserire in un quadro di senso più ampio la mostruosità colonialista, per rendere universale il "fatto".
Conrad ha una delle migliori prose che abbia mai letto, mi pento di non averlo fatto prima; periodi lunghi e un continuo ricorso alla ripetizione, quasi come a voler rimarcare l'inafferrabile.
Addentrandosi nella lettura, e risalendo il fiume con Marlow, il romanzo diventa sempre più asfissiante, si appiccica addosso ma mantenendo una caratteristica costante: tutto assume dei contorni eterei, sembra di essere dentro un sogno. Lo scopo di Conrad sembra proprio essere quello di farsi strada nella coltre onirica del reale: per Marlow, Kurtz è "solo una parola".
«Do you see him? Do you see the story? Do you see anything? It seems to me I am trying to tell you a dream» dice Marlow al suo auditorio di marinai/dice Conrad ai suoi lettori, e continua specificando che raccontare il sogno è inutile, "un tentativo inutile", perchè è impossibile comunicare con le parole «that notion of being captured by the incredible which is of the one very essence of dreams...».
Quindi il testo, per cercare di afferrare la sfuggevolezza del reale, si fa metaforico, allusivo. Quell'Africa, mai nominata per tutto il testo, assume i contorni spettrali di un luogo fantastico, pieno di quelle "black shadow of disease" che Marlow non vede come nemici, notando piuttosto il legame indissolubile che persiste fra schiavo e padrone.
Un legame che Marlow percepisce anche fra lui e Kurtz. Pur non abbracciando i metodi e le idee di quell'uomo adorato come un dio dai selvaggi, sente di doverlo rispettare, sente di capirlo quasi, sente di non essere poi molto diverso da lui. Sente di doverlo difendere con la colossale menzogna che segna la fine del romanzo.
Quindi il "cuore della tenebra" dov'è? Conrad sembra suggerirci che non è nel cuore del Congo, in Africa, ma forse sta passeggiando per le strade di una rispettabile metropoli in questo momento.
Urge una rilettura, quest'opera ha ancora molto da dirmi. Adesso sto leggendo I Racconti di Giuseppe Tomasi da Lampedusa.
il mistico è soltanto la valvola di sfogo dei tuoi incubi peggiori oggi realizzati
#12343
Inviato 08 giugno 2015 - 09:27
si ride.
il faut se radicaliser.
#12344
Inviato 08 giugno 2015 - 09:28
Daniel Ekeroth - Swedish death metal
http://www.lastfm.it/user/PoisonArrows
http://www.anobii.co...2fb923f43/books
http://www.themurderinn.it/public/new/
#12345
Inviato 08 giugno 2015 - 16:26
Mi consigliate dei romanzi scritti negli ultimi trent'anni ca. al cui cuore vi sia una storia d'amore giovanile ben fuori dal convenzionale?
Solo libri bellissimi e scritti, se non da dio, da un suo vicario.
Grazie,
M.
Why should you want any other, when you're a world within a world?
#12346
Inviato 08 giugno 2015 - 17:23
Arthur Schnitzler "Amoretto"
scritti negli ultimi trent'anni ca.
Ah, perché, non siamo nel 1924?
#12347
Inviato 08 giugno 2015 - 17:52
un bel libro di coppie è Non abitiamo più qui di A. Dubus. ma non torna l'età giovanile (siamo tra i 25-30 e i 45-50) e poi non so cosa intendi quando scrivi "fuori dal convenzionale" (niente zoofilia, necrofilia etc.)
Siamo vittime di una trovata retorica.
#12348
Inviato 09 giugno 2015 - 09:42
Espiazione (Atonement, Mc Ewan, 2001 Einaudi) fa proprio al caso tuo
mi ricorda un po' Moro.
Con trepidazione vivo solo le partite dell'Inter.
Io non rispondo a fondo perchè non voglio farmi bannare, però una cosa voglio dirla: voi grillini siete il punto più basso mai raggiunto dal genere umano. Di stupidi ne abbiamo avuti, non siete i primi. Di criminali anche. Voi siete la più bassa sintesi tra violenza e stupidità. Dovete semplicemente cessare di esistere, come partito (e qui non ci si metterà molto) e come topi di fogna (e qui sarà un po' più lunga, ma cristo se la pagherete cara).
#12349
Inviato 09 giugno 2015 - 10:30
Ci sono libri per i quali desidero una temporanea cancellazione della memoria per rifare la prima lettura vergine.
E come SatanBurger passare dal Libro dell'Inquietudine a Cuore di tenebra. E godere di tutto il turbamento che mi provocarono. Costringendomi poi a cercare quelle sensazioni in altri libri, con ossessione e speranze deluse. Come con l'amore, che una volta finito lo si cerca in corpi di cui non rimarrà nulla. Mi domando quale sarà la tua prossima lettura dopo due libri simili. Anzi, ti domando (oltre ai racconti).
#12350
Inviato 09 giugno 2015 - 10:31
Tantissimo tempo fa anch'io mi sono imbarcato nella lettura del Libro dell'inquietudine ma non sono riuscito a leggerlo in maniera continuativa...
Forse è uno di quei libri fatti per essere aperti di tanto in tanto, al momento giusto, per lasciarsi travolgere dal suo nichilismo senza possibilità di uscita. Anche quando è in mezzo agli altri, anche quando è là fuori, Soares è sempre intimamente solo.
E' una lettura in progress sulla quale torno spesso e volentieri, ma non riesco ad andare oltre una manciata di pagine, sia per lo sconforto che quelle pagine esalano sia perchè l'ora tarda in cui mi avventuro nella lettura non è forse la più propizia (causa appennicamento...).
Ho da poco finito Lamento di Portnoy di Roth e mi è piaciuto un botto. Eccessivo, corrosivo, nevrotico, autodeprecatorio, Portnoy mi ha ricordato una versione più cinica e cattiva del solito personaggio del buon Woody Allen.
Da qualche giorno mentre ho iniziato Le anime morte di Gogol' e sono stato irrimediabilmente rapito.
L'equilibrio tra realismo e deformazione grottesca è ottenuto da Gogol' con una naturalezza che i più si sognano... Vedremo dove andrà a parare, ma al momento mi ha preso moltissimo e pare meritare l'appellativo di capolavoro.
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