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Genere Noir


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329 replies to this topic

#151 Dudley

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Inviato 07 maggio 2009 - 18:34

Altro "polar" di cui mi piacerebbe avere maggiori notizie: "Peur sur la ville"
(in italiano: "Il poliziotto della brigata criminale"), di Henry Verneuil, con Jean-Paul Belmondo.
Qualcuno l'ha visto? Cosa ne dite?

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#152 corey

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Inviato 08 maggio 2009 - 13:08

Ultimo domicilio conosciuto (Dernier domicile connu, 1969) di José Giovanni con Lino Ventura, Marléne Jobert, Michel Constantin, Paul Crauchet, Philippe March

Trasferito ingiustamente in un commissariato periferico per motivi cautelativo-punitivi (ha arrestato il figlio di un influente avvocato per guida in stato di ebbrezza), l'ispettore Marceau Leonetti (Lino Ventura) passa le sue giornate ad occuparsi di furtarelli e piccoli arresti, finché un suo amico messo al comando di un servizio particolare gli assegna il compito di pizzicare i maniaci che molestano le donne nelle sale cinematografiche della sua zona. Per svolgere l'ingrata mansione a Leonetti è affiancata un'ausiliaria: la novellina Jeanne Dumas (Marlène Jobert). Dopo un periodo di "pesca al maniaco" tanto fortunata quanto avvilente, alla squadra Leonetti-Dumas viene affibbiato un nuovo incarico: un mandato d'arresto nei confronti di un certo Roger Martin (Philippe March), ultimo domicilio "cité de la Glacière" (XIII Arrondissement). Martin, ricercato invano da cinque anni, è il testimone chiave di un processo per omicidio che sta per essere celebrato: i due poliziotti hanno soli otto giorni per trovarlo e portarlo davanti al giudice, altrimenti il criminale Soramon la farà franca.

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ATTENZIONE: SPOILER SPARSI!

Titoli di testa: un giovane, pistola in pugno, fugge tra la folla sparando a chiunque tenti di fermarlo. Quasi riuscito a seminare gli inseguitori, il criminale in fuga viene freddato da Leonetti, che gli scarica addosso il caricatore del suo revolver. Una volta abbattuto il giovane, Leonetti contempla il suo cadavere con un'espressione di disprezzo misto ad amarezza. Ed è proprio l'amarezza, irrobustita da massicce dosi di disincanto e stanchezza, a costituire il tono dominante di "Ultimo domicilio conosciuto" (finalmente un titolo italiano che rispecchia fedelmente quello originale).

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Adattamento del romanzo noir di Joseph Harrington "The Last Known Address", "Ultimo domicilio conosciuto" è il terzo lungometraggio dello scrittore, sceneggiatore e regista José Giovanni, nonché il suo riconosciuto capo d'opera. Vigorosamente sbozzata e caratterialmente complementare, la ricerca dell'anomala coppia Leonetti-Dumas è resa perfettamente dalle interpretazioni di Lino Ventura e Marlène Jobert: se il primo presta all'ispettore burbero e disilluso la sua corporatura granitica e la sua andatura implacabile, la seconda assicura al proprio personaggio di novellina un'ingenuità e un entusiasmo che le permettono di tenere il passo del più scafato collega.

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La lunga e complicata caccia all'uomo, spunto narrativo logoro e convenzionale quanti altri mai, si fa interessante per un motivo essenziale: ogni passo avanti nella ricerca produce nei protagonisti un'ammaccatura psicologica (soprattutto in Jeanne, il cui ottimismo si sgretola cammin facendo) o fisica (segnatamente nell'ispettore Leonetti, vittima di uno dei pestaggi più duri visti su grande schermo), raggiungendo il culmine dello smarrimento quando i due, convinti di aver finalmente raggiunto l'abitazione dell'introvabile Martin, scoprono che al posto dell'edificio c'è soltanto un cumulo di macerie.

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Parigi, esplorata tanto nei suoi centri vitali (Rue de Rivoli) quanto nelle sue torri di cemento (la "cité de la Glacière"), più che un labirinto vero e proprio è un mosaico di spazi dissonanti e caotici, un aggregato incoerente di luoghi frammentati e spiazzanti. In questo intrico metropolitano dominato dallo squallore, Leonetti e Dumas battono a tappeto ogni vicolo e ogni casa, ora alla grigia luce del giorno, ora sotto la pioggia, ora in piena notte, seguendo fino in fondo tutte le piste praticabili. E quando l'entusiasmo della giovane Jeanne crolla sotto i colpi della stanchezza e della delusione, l'infaticabile ispettore continua il lavoro da solo, indovinando la traccia giusta.

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Ma la ricerca, pur andando a buon fine, non può che avere un epilogo drammatico: la poetica di José Giovanni, radicalmente protesa a celebrare gli individui deboli e a condannare la disumanità delle istituzioni, dissocia nettamente la legge dalla giustizia, facendo della prima la carnefice della seconda. Man mano che si sale verso l'alto (i funzionari della polizia, i giudici) la rappresentazione dell'autorità si fa sempre più astratta e invisibile, mentre è solo ai piani bassi e umili che l'umanità, perseguitata e sfruttata da interessi superiori, può parlare concretamente il linguaggio degli affetti.

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Non c'è dubbio che la posizione morale di José Giovanni, ex galeotto scampato alla pena di morte in virtù di un'amnistia, sia schematica e un tantino semplicistica, tuttavia, quanto meno in "Ultimo domicilio conosciuto", riesce a tradurla limpidamente in cinema grazie a una messa in scena potente e incisiva: stringente attenzione ai dettagli (le sequenze si aprono spesso con inquadrature strette che vanno allargandosi in zoom all'indietro o in ariosi movimenti di macchina), primi piani incalzanti durante i dialoghi in spazi chiusi, angolazioni marcate per filmare la spigolosità delle torri di cemento e audaci soluzioni visive in bilico tra espressionismo e surrealismo per rappresentare le situazioni più stranianti (il trasferimento iniziale di Leonetti, il sogno di Jeanne, la testimonianza di Martin). Impossibile, infine, non elogiare l'aggressiva partitura sonora del grande François de Roubaix, che accompagna, scandisce e detta i tempi dell'azione, assicurando tensione e pathos anche alle sequenze potenzialmente più dispersive. In definitiva, uno dei polar imprescindibili degli anni '60-'70.

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i periti hanno dimostrato che non vi è alcuna certezza.

#153 Dudley

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Inviato 08 maggio 2009 - 15:31

Grazie, Corey, impeccabili come sempre le tue recensioni/proposte!  :)
Ora corro ad ordinare (pure) questo DVD!

A proposito: ma non c'é un apposito "topic" sui films "polar"?  :D

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#154 corey

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Inviato 08 maggio 2009 - 16:00

Grazie a te, Dud  :)

Magari quando ti arriva, se ci scappasse una copia (io ho una vhs zeppa di pubblicità)...

Ci hai ragione, un bel topic polar nel quale convogliare le elucubrazioni in tema non sarebbe affatto fuori luogo. Se lo apri tu, poi del trasloco me ne occupo io (quanto meno delle mie masserizie).
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i periti hanno dimostrato che non vi è alcuna certezza.

#155 popten

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Inviato 14 settembre 2009 - 08:27

i noir di Fritz Lang del periodo americano, insuperabili

la donna del ritratto
...


un film dove tutto funziona alla perfezione, regia, grandi attori (grande Edward G. Robinson), storia che coinvolge.
E poi l'epilogo è magistrale :)
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#156 Guest_eustache_*

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Inviato 14 settembre 2009 - 22:12

Secondo me il noir può essere l'approccio che meglio esprime le potenzialità del cinema...
contiene allo stesso tempo la natura realista del cinema (ontologia dell'immagine fotografica) e la sua tensione espressionista e trasfigurante: è sia Mito che verità.

tra i miei preferiti:
Detour (Strade perdute di David Lynch ne è un potenziale remake come Mullholland dr lo è di Viale del tramonto)

Solo chi cade può risorgere (tutti gli stereotipi del genere)
Un angelo è caduto di Otto Preminger
Le catene della colpa
Il grande caldo di Fritz Lang
Il bandito (noir all'italiana e anticipatore di Arrivederci amore ciao da Massimo Carlotto)

tutti i film diretti da Ida Lupino (quasi introvabili), noir riletti in chiave femminista (in netto anticipo sui tempi)

Il grande sonno, come tutti quelli con Marlowe: Ombre del passato, la parodia nostalgica de Il lungo addio, la versione postmoderna di Marlowe poliziotto privato, anche la super soggettiva de la donna del lago. Attendo sempre con ansia nuovi adattamenti da Marlowe...
avevo letto che se ne era interessato Frank Miller, autore che ha stilizzato alle estreme conseguenze il noir con Sin City (città che incrocia le due capitali del genere: Los Angeles e New York), creando un mondo che ha per cardini etici Humphrey Bogart e Clint Eastwood, e come coordinate estetiche Veronica Lake e Marlene Dietrich. vorrebbe girare un adattamento del romanzo incompiuto Trouble is my busines. con Clive Owen nel ruolo sia del detective che di Raymond chandler... sembrerebbe un'operazione alla soderbergh

intanto il mio sogno è vedere i moderni autori del noir dare una loro interpretazione all'icona chandleriana:
David Lynch potrebbe fare un Marlowe onirico e surreale, magari con Justin Theroux
Michael Mann potrebbe fare un noir teso e adrenalinico
Clint Eastwood con se stesso nel ruolo di un vecchio e disilluso detective

sono tutti registi che hanno reinventato il noir (spesso girati a Los Angeles, la città di marlowe)


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#157 William Blake

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Inviato 14 settembre 2009 - 22:19

Secondo me il noir può essere l'approccio che meglio esprime le potenzialità del cinema...
contiene allo stesso tempo la natura realista del cinema (ontologia dell'immagine fotografica) e la sua tensione espressionista e trasfigurante: è sia Mito che verità



esattamente ciò che penso anche io e che forse pensano tutti coloro che amano il noir, IL genere del Cinema. che poi, non essendo nemmeno completamente (o non più) un genere, ha la capacità di pervertire qualsiasi codice narrativo.


però ci sono anche:
Detour (Strade perdute di David Lynch ne è un potenziale remake come Mullholland dr lo è di Viale del tramonto)


quotissimo. Ulmer andrebbe riscoperto: grandiosa anche la versione dell'Amleto: Sangue sulla luna.


tutti i film diretti da Ida Lupino (quasi introvabili), noir riletti in chiave femminista (in netto anticipo sui tempi)


nel prossimo week-end su fuori orario. mi sa che li registrerò...
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Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#158 Reynard

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Inviato 15 settembre 2009 - 10:31

Un angelo è caduto di Otto Preminger
Il grande caldo di Fritz Lang


Belle scelte.
"Il grande caldo" è forse il mio preferito del Lang americano (anche se se la gioca con "La donna del ritratto").
"Un angelo è caduto" viene troppo spesso dimenticato, forse perché oscurato dallo straordinario "Vertigine". Eppure, pur essendo meno innovativo e stilisticamente geniale, lo trovo molto più maturo ed 'umano'. E decisamente demistificante nella rappresentazione della femminilità, che in "Vertigine" veniva posta in una sfera di quasi intangibile perfezione (d'altronde, Gene Tierney è Gene Tierney).

Ti vedo appassionato del personaggio di Marlowe, immagino avrai già visto "Il lungo addio" di Altman.
  • 0
La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#159 Guest_eustache_*

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Inviato 15 settembre 2009 - 10:44


Un angelo è caduto di Otto Preminger
Il grande caldo di Fritz Lang


Belle scelte.
"Il grande caldo" è forse il mio preferito del Lang americano (anche se se la gioca con "La donna del ritratto").
"Un angelo è caduto" viene troppo spesso dimenticato, forse perché oscurato dallo straordinario "Vertigine". Eppure, pur essendo meno innovativo e stilisticamente geniale, lo trovo molto più maturo ed 'umano'. E decisamente demistificante nella rappresentazione della femminilità, che in "Vertigine" veniva posta in una sfera di quasi intangibile perfezione (d'altronde, Gene Tierney è Gene Tierney).

Ti vedo appassionato del personaggio di Marlowe, immagino avrai già visto "Il lungo addio" di Altman.



geniale parodia nostalgica, l'ho messo nella mia pedante lista,

sono perfettamente d'accordo con te su Un angelo è caduto (demistificatorio nei confronti del noir stesso)
il titolo originale era Fallen Angel, da cui hanno tratto una meravigliosa serie tv negli anni '90, prodotta da sidney pollack, con contributi di ellroy, chandler, chaz palmitteri, ecc
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#160 Armonica

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Inviato 16 settembre 2009 - 11:06


"L'uomo che non c'era" dei Cohen secondo me gioca molto con le forme e i codici del noir, anche se lo vedo un pò troppo "tangenziale" per poter rientrare a pieno titolo nel filone..
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#161 Reynard

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Inviato 20 settembre 2009 - 18:34

Un paio di giorni fa mi sono visto (finalmente) La fuga di Delmer Daves. Ne sono rimasto decisamente impressionato. In tutto e per tutto un film di ricerca, e senza bisogno di sbandierarlo.
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La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#162 William Blake

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Inviato 20 settembre 2009 - 18:42

Un paio di giorni fa mi sono visto (finalmente) La fuga di Delmer Daves. Ne sono rimasto decisamente impressionato. In tutto e per tutto un film di ricerca, e senza bisogno di sbandierarlo.


bel film nel complesso...la parte finale mi deluse tantissimo.
Bogart che se ne cammina con la faccia fasciata (e tu sai già che là dietro si cela Boogey) è un momento immenso :-*
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Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#163 Reynard

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Inviato 20 settembre 2009 - 19:03


Un paio di giorni fa mi sono visto (finalmente) La fuga di Delmer Daves. Ne sono rimasto decisamente impressionato. In tutto e per tutto un film di ricerca, e senza bisogno di sbandierarlo.


bel film nel complesso...la parte finale mi deluse tantissimo.

E' lo shock di passare da un film in cui lo spettatore è completamente identificato col protagonista nel suo processo di perdita e ridefinizione dell'identità, ad un film "normale".
Mi chiedo se Daves fosse consapevole di quel che stesse facendo, ed avesse scelto consapevolmente di interrompere l'andamento sperimentale del film, oppure se il suo scopo fosse solo quello di narrare una storia, e quindi ha inserito quella prima parte senza badarci più di tanto.
In ogni caso, ti dirò, l'ho trovato affascinante anche per quel senso di non finito e di "mezzo sprecato" che dà. Gli esperimenti tanto rigorosi quanto asettici mi affascinano meno dei tentativi a mezzo.
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La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#164 Guest_eustache_*

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Inviato 20 settembre 2009 - 19:14



Un paio di giorni fa mi sono visto (finalmente) La fuga di Delmer Daves. Ne sono rimasto decisamente impressionato. In tutto e per tutto un film di ricerca, e senza bisogno di sbandierarlo.


bel film nel complesso...la parte finale mi deluse tantissimo.

E' lo shock di passare da un film in cui lo spettatore è completamente identificato col protagonista nel suo processo di perdita e ridefinizione dell'identità, ad un film "normale".
Mi chiedo se Daves fosse consapevole di quel che stesse facendo, ed avesse scelto consapevolmente di interrompere l'andamento sperimentale del film, oppure se il suo scopo fosse solo quello di narrare una storia, e quindi ha inserito quella prima parte senza badarci più di tanto.
In ogni caso, ti dirò, l'ho trovato affascinante anche per quel senso di non finito e di "mezzo sprecato" che dà. Gli esperimenti tanto rigorosi quanto asettici mi affascinano meno dei tentativi a mezzo.

un esperimento analogo, più estremo ma meno riuscito è quello di Una donna nel lago di e con Robert Montgomery, con un marlowe in soggettiva per tutta la durata del film
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#165 William Blake

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Inviato 20 settembre 2009 - 19:23



Un paio di giorni fa mi sono visto (finalmente) La fuga di Delmer Daves. Ne sono rimasto decisamente impressionato. In tutto e per tutto un film di ricerca, e senza bisogno di sbandierarlo.


bel film nel complesso...la parte finale mi deluse tantissimo.

E' lo shock di passare da un film in cui lo spettatore è completamente identificato col protagonista nel suo processo di perdita e ridefinizione dell'identità, ad un film "normale".
Mi chiedo se Daves fosse consapevole di quel che stesse facendo, ed avesse scelto consapevolmente di interrompere l'andamento sperimentale del film, oppure se il suo scopo fosse solo quello di narrare una storia, e quindi ha inserito quella prima parte senza badarci più di tanto.


Daves era un professionista e certamente non uno sprovveduto. L'idea di girare in soggettiva e poi di tornare alla normalità segue il percorso di ricostruzione del volto come segno tangibile della personalità (l'ambiguità che si staglia per tutto la prima parte è quella di non poter mai vedere negli occhi il protagonista di non capire se stia mentendo oppure no) è forse venuta da sè, seguendo anche l'esperimento un po' fine a se stesso di un noir ad esso contemporaneo, "La donna del lago", nel quale vediamo per tutto il tempo tramite gli occhi del Marlowe protagonista.
Comunque, il limite de "La fuga" è quello di sbrodolarsi una volta finita la parte in soggettiva: finisce la tensione, finisce la cupezza, diventa un film troppo hollywoodiano (e quel finale è la ciliegina sulla torta), probabilmente per colpa della Warner..  
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#166 Reynard

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Inviato 20 settembre 2009 - 19:39




Un paio di giorni fa mi sono visto (finalmente) La fuga di Delmer Daves. Ne sono rimasto decisamente impressionato. In tutto e per tutto un film di ricerca, e senza bisogno di sbandierarlo.


bel film nel complesso...la parte finale mi deluse tantissimo.

E' lo shock di passare da un film in cui lo spettatore è completamente identificato col protagonista nel suo processo di perdita e ridefinizione dell'identità, ad un film "normale".
Mi chiedo se Daves fosse consapevole di quel che stesse facendo, ed avesse scelto consapevolmente di interrompere l'andamento sperimentale del film, oppure se il suo scopo fosse solo quello di narrare una storia, e quindi ha inserito quella prima parte senza badarci più di tanto.


Daves era un professionista e certamente non uno sprovveduto.

Non volevo implicare questo. Semplicemente, non conoscendo i retroscena della realizzazione di questo film né la carriera di Daves, sono andato cauto in merito ad attribuirgli certe intenzioni, solo sulla base di quel che è parso a me.
Che sarebbe: rispetto a "La donna del lago", l'uso della soggettiva (che poi non è esclusivamente soggettiva) da un lato mi pare assai meno gratuito, dall'altro molto più tematicamente (e non solo formalmente) dirompente. Ad esempio, mi ha colpito la primissima sequenza, appena dopo che Bogart si fa cadere dal camion all'interno del bidone: appena ne esce, vediamo il torrente in cui è caduto in soggettiva, e sentiamo i suoi pensieri mentre fa rapidi calcoli e conclude che ha quindici minuti di tempo prima che gli inseguitori lo raggiungono. Subito siamo portati ad identificarci col soggetto narrante, ma questo è privo di volto e il suo campo d'azione ridotto allo spazio immediatamente circostante e al presente. Come a portarci ad un punto zero su cui ricostruire la personalità. Insomma, mossa geniale, e tutt'altro che fine a se stessa.

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#167 William Blake

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Inviato 20 settembre 2009 - 19:41

Insomma, mossa geniale, e tutt'altro che fine a se stessa.


e su questo non penso ci possa essere disaccordo  ;D
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#168 flagello

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Inviato 24 settembre 2009 - 09:50

Beh nomn so se Blade Runner può definirsi un noir di fantascienza...ditemi voi  asd
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#169 Reynard

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Inviato 24 settembre 2009 - 12:33

Omaggia a mani basse il noir classico, questo è indubbio.
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#170 Dudley

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Inviato 16 ottobre 2009 - 16:46

Truands (2007) di Frédéric Schoendoerffer con Benoît Magimel, Philippe Caubère, Béatrice Dalle, Oliver Marchal, Mehdi Nebbou, Tomer Sisley, Ludovic Schoendoerffer

Parigi, il microcosmo della criminalità contemporanea. Franck (Magimel) e Jean-Guy (Marchal) sono due battitori liberi: lavorano con tutti, ma non si legano a nessuno. Claude Corti (Caubère) è il maturo e feroce capo della banda dominante. Hicham (Nebbou) e Larbi (Sisley) sono "les cousins", due giovani gangster arabi in ascesa che insidiano gli affari di Corti.

Terzo lungometraggio di Frédéric Schoendoerffer, Truands è semplicemente il più bel polar francese degli ultimi dieci anni insieme a 36, Quai des Orfèvres (2004) di Olivier Marchal, qui attore nel roccioso ruolo di Jean-Guy, il socio del giovane e scaltro Franck (Benoît Magimel in un'interpretazione monumentale). Un'immersione di impressionante esattezza nella lotta per il controllo del milieu parigino: ecco che cos'è Truands, un polar brutale e polifonico innervato dalla ferocia sanguinaria del capobanda Claude Corti, interpretato con aderenza pornografica da Philippe Caubère.

La radiografia del grande banditismo contemporaneo tracciata da Schoendoerffer (anche sceneggiatore insieme a Yann Brion) è di inaudita precisione: rapine, traffici di droga, esecuzioni, estorsioni e soprattutto tradimenti si susseguono con ritmo incalzante, solo episodicamente interrotti da parentesi in cui i truand si accordano, parlamentano o si concedono pause di piacere. Abolito ogni sentimentalismo: l'amicizia non è materia di discussione ma di azione, l'amore una questione privata da assaporare nell'intimità delle proprie stanze. Fuori è la guerra, il tutti contro tutti.

Se l'azione è senza dubbio il fulcro del film (palesemente debitore all'estetica del Mann di Heat, più volte evocato nel corso della pellicola), Truands non trascura affatto le psicologie: la tirannica irruenza di Corti tiene banco, ma gli altri caratteri si stagliano chiaramente sulla tela morale del film. La felina scaltrezza di Franck e la laconica lucidità di Jean-Guy disegnano un rapporto di profonda e sfaccettata complicità, così come un saldo affetto non privo di divergenze lega "les cousins" (Hicham e Larbi), i due intraprendenti criminali che vogliono fare le scarpe al vecchio Corti.

Non un solo personaggio è fuori parte: tutti gli interpreti hanno la perfetta "gueule de l'emploi" (sublime André Peron nel ruolo del fido Ramun e incredibilmente irritante Ludovic Schoendoerffer, fratello del regista, in quello di Ricky, il braccio destro di Corti). Ma è Béatrice Dalle, la donna del navigato gangster, a svettare su tutti: condivide col suo uomo i piaceri della carne e le sofferenze dello spirito. E quando il suo Claude finisce in carcere non si perde d'animo, restandogli vicina e adoperandosi affinché il ritorno in libertà non gli sia fatale.

Girato con scattante famelicità (camera sempre in movimento concentrata su gesti, espressioni e dettagli), incapsulato in una fotografia metallica (Jean-Pierre Sauvaire) e avvolto da una composizione musicale di vibrante intensità (Bruno Coulais), Truands è un trattato di micidiale eleganza sulla filosofia del tradimento. Sui titoli di coda, colpo di grazia finale, Marianne Faithfull sibila dolcemente A lean and hungry look.


Questo l'ho visto ieri sera, posso confermare quanto di buono scritto da Corey. "Polar" violento e brutale, ben girato e ben interpretato. Il mio giudizio é un pelino meno euforico rispetto a quello di Corey, in quanto il "plot" non mi ha convinto al 100%. Ma ammetto che forse qualcosina mi é sfuggito anche per problemi linguistici miei. Infatti, ho visto il film in versione originale senza sottotitoli - CanalPlus, produttrice del DVD: VERGOGNA!!! -, me la cavo bene con il francese, ma nel film parlano a raffica, mangiano le parole, non é facile seguire quanto dicono ...). A parte questo, alcune scene sono davvero magistrali, una su tutte la sparatoria nel parcheggio, di una violenza e di un realismo spaventosi. Se vi piace Michael Mann, se cercate un film adrenalinico, non perdetevi "Truands".


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#171 corey

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Inviato 17 ottobre 2009 - 10:19

Gazie Dud. Quanto alle tue riserve, ti assicuro che alla seconda visione si dissolveranno come neve al sole.

Ma c'è una piccola rettifica che devo fare: se è vero che Truands è il più bel polar dal 2000 ad oggi, questo titolo lo condivide da una parte col già citato 36 di Olivier Marchal e dall'altra con lo splendido Le petit lieutenant (2005) di Xavier Beauvois, che ho visto nei giorni passati.

Chi fosse interessato al polar (e al cinema francese di genere o supposto tale) degli ultimi dieci anni può recarsi domani pomeriggio alle 17 al Lucca Film Festival (Teatro San Girolamo, via San Girolamo), dove ci sarà un dibattito dedicato e sarà presente anche il regista Guillaume Nicloux (scioperi aeroportuali permettendo). Se siete in zona e non avete niente di meglio da fare...
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#172 Dudley

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Inviato 17 ottobre 2009 - 10:40

Gazie Dud. Quanto alle tue riserve, ti assicuro che alla seconda visione si dissolveranno come neve al sole.

Ma c'è una piccola rettifica che devo fare: se è vero che Truands è il più bel polar dal 2000 ad oggi, questo titolo lo condivide da una parte col già citato 36 di Olivier Marchal e dall'altra con lo splendido Le petit lieutenant (2005) di Xavier Beauvois, che ho visto nei giorni passati.

Chi fosse interessato al polar (e al cinema francese di genere o supposto tale) degli ultimi dieci anni può recarsi domani pomeriggio alle 17 al Lucca Film Festival (Teatro San Girolamo, via San Girolamo), dove ci sarà un dibattito dedicato e sarà presente anche il regista Guillaume Nicloux (scioperi aeroportuali permettendo). Se siete in zona e non avete niente di meglio da fare...


Ciao Corey, e cosa mi dici di "Le convoyeur" di Nicolas Boukhrief? Ne ho sentito parlar bene ...

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#173 corey

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Inviato 17 ottobre 2009 - 11:01

L'ho visto ieri, guarda caso. Non è affatto male: l'atipica ambientazione in una compagnia privata di portavalori è ben sostanziata. Dupontel è di una fisicità sconcertante e recita con un'espressione di spaesamento costantemente stampata in faccia. Non troppo dissimile lo stile di Boukhrief: massiccio e poderoso nelle sequenze d'azione, ma con strani intermezzi pensosi che smorzano efficacemente il ritmo, modulandolo in chiave introspettiva. Niente di indimenticabile, ma con più di un motivo di interesse (non solo questa tonalità altalenante tra dinamismo e stasi pensanti, ma anche la riscrittura degli stilemi action americani secondo un'ottica squisitamente francese: una caratteristica, questa, che contraddistingue il polar della metà degli anni 2000). Senz'altro da vedere e tenere in considerazione.
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#174 Çorkan

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Inviato 18 ottobre 2009 - 22:12

Scusate, ma "L' Imbalsamatore" di Garrone" ?

Secondo me è noir, secondo voi?

E poi, altri eventuali film di genere noir italiani? Ho letto tutta la discussione e non mi pare sia venuto fuori molto. Forse perchè la parte del leone la fanno Usa e Francia, ma mi pare che in Italia sia un genere minore. Sbaglio?


Comunque grazie per tutti i film consigliati.  La mia "Lista di film da vedere" si allunga sempre più. Spero che quando sarò vecchio questo forum esista ancora, così potrò parlare di cinema con un po' di cognizione di casua   ;D


P.S vedo che sorge spesso il problema sottotitoli. Volevo segnalare questo sito http://www.podnapisi.net E' sloveno ,e ci si trovano subs che spesso non si trovano da altre parti (ho trovato quelli di Betty Blue)
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#175 bluetrain

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Inviato 19 ottobre 2009 - 22:59

 
Il fascino del delitto
Dopo Melville non c'è più spazio per la tragedia: il polar si tinge di grottesco. Adattando "A Hell of a Woman" di Jim Thompson, Corneau indovina il neopolar perfetto: protagonista svitato, ambientazione straniante e assurdità dilagante. Surreale.


Visto stasera, bellissimo e unico. Eccezionali le scene di apertura e chiusura, da musical decadente, sporco e surreale.
Patrick Dewaere immenso nei panni del (neo)truand pazzoide.
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#176 corey

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Inviato 20 ottobre 2009 - 09:45


 
Il fascino del delitto
Dopo Melville non c'è più spazio per la tragedia: il polar si tinge di grottesco. Adattando "A Hell of a Woman" di Jim Thompson, Corneau indovina il neopolar perfetto: protagonista svitato, ambientazione straniante e assurdità dilagante. Surreale.


Visto stasera, bellissimo e unico. Eccezionali le scene di apertura e chiusura, da musical decadente, sporco e surreale.
Patrick Dewaere immenso nei panni del (neo)truand pazzoide.


Che roba, eh? "Il fascino del delitto" è Dewaere: è lui a decidere il film in ogni sua sfumatura. Convinto dal direttore della fotografia nonché amico Pierre-William Glenn, Corneau abbandona per la prima volta il partito preso della messa in scena iperframmentata, girando con due cineprese leggere sempre in moto che ronzano attorno agli attori. Quando una cinepresa non inquadra sufficientemente la scena, è l'altra a coprire il campo e viceversa: ne esce un film totalmente consacrato alla fisicità disarticolata di Dewaere e alle dinamiche di interazione createsi sul set.
Una prassi simile, anche se meno estrema, sarà impiegata da Guillaume Nicloux per il terzo pannello della sua trilogi policière: "La Clef".
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#177 popten

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Inviato 05 dicembre 2009 - 00:18

legittima difesa - henry george cluzot

un film che ho trovato bellissimo. è passato del tempo da quando ho visto i diabolici, ma forse questo mi è piaciuto di più.

un film solido sotto tutti gli aspetti, sia esteticamente che come dialoghi, sviluppo della vicenda(tra l'altro lineare, ho trovato, ma non per questo scontata),personaggi ben caratterizzati, grandi interpretazioni, bene anche la musica -chanteuse!-.
alcune cosucce piuttosto avanti per l'epoca, soprattutto in quanto ad analisi della società.

fortemente raccomandato!
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#178 Dudley

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Inviato 06 dicembre 2009 - 22:39

Visto "French connection II" (in italiano: "Il braccio violento della legge II") di John Frankenheimer. Purtroppo ne sono rimasto deluso, siamo lontani dalle vette toccate da Friedkin con il primo volume della serie. La storia non decolla mai, a mio modo di vedere il film non ha un buon ritmo, é fiacco, persino banale in certi suoi risvolti. Troppo lunga la parte dedicata alla "tossicodipendenza" (e relativa disintossicazione) del poliziotto americano, che inoltre poco apporta al film stesso o alla costruzione dei personaggi. Maluccio pure il finale, sia l'inseguimento che le ultime sbrigative sequenze non mi hanno affatto convinto. Pollice verso.
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#179 corey

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Inviato 14 maggio 2010 - 10:44

Post-noir 1958-1980


Dopo la stagione classica - generalmente racchiusa tra il 1941 e il 1958 - il noir si è aperto a riformulazioni di varia natura, prendendo traiettorie sperimentali (Assassinio per contratto), assimilando suggestioni di stampo Nouvelle Vague (Cronaca di un assassinio), trasportando l'universo del crimine alla luce del sole (Contratto per uccidere), sventrando la temporalità del racconto (Senza un attimo di tregua), dialogando serratamente col road movie (L'ultima fuga), esasperando la parabola dello scacco esistenziale (Bersaglio di notte) e abbandonandosi pienamente alle derive dell'improvvisazione (L'assassinio di un allibratore cinese).

Un repertorio di temi, situazioni e soluzioni visive (fatalismo, cinismo, sparatorie, inseguimenti, bianco e nero contrastato, distorsioni ottiche) che nell'arco di venti anni si è riconfigurato totalmente, passando dallo scabro nitore delle pellicole di Lerner e Baron ai colori saturi di quelle di Siegel e Boorman, per smorzarsi nelle tonalità densamente malinconiche dei film di Fleischer e Penn. E rosseggiare antispettacolarmente nel Crazy Horse West di Cassavetes. Sette noir arbitrariamente scelti che, nella loro irriducibile singolarità, hanno riscritto e perpetuato al tempo stesso la gloriosa tradizione del crime movie statunitense.

Assassinio per contratto (Murder by Contract, 1958) di Irving Lerner

Immagine inserita

Laconico, oggettivo, fattuale, lo splendido noir di Lerner fa di Los Angeles un luogo luminosamente ansiogeno. Un teatro tragico di angosciosa, implacabile solarità.
Noir in the sun.


Cronaca di un assassinio (Blast of Silence, 1961) di Allen Baron

Immagine inserita

In una New York chiassosamente natalizia, il killer Frankie "Baby Boy" Bono è assediato dal gelo e dai ricordi. Al primo lungometraggio cinematografico Allen Baron incrocia scioltezza Nouvelle Vague, secchezza (proto)kubrickiana e irruenza fulleriana.
Blast of Noir.
 

Contratto per uccidere (The Killers, 1964)

Immagine inserita

In netta controtendenza rispetto all'oscurità e alla claustrofobia del noir classico, Siegel trascina l'underworld criminale in piena luce e in spazi aperti. Inondate dal sole californiano, violenza e tensione appaiono ancora più prosciugate e destabilizzanti.
Noir under the sun.
 

Senza un attimo di tregua (Point Blank, 1967)

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Il tempo della narrazione si sparge come liquido fuoriuscito da una boccetta di vetro in frantumi. Un gorgo acido che risucchia tutto, fuorché la furibonda perseveranza di Walker: "I want my money. I want my $93,000".
Point Noir.
 

L'ultima fuga (The Last Run, 1972)

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Un'ultima corsa per vedere se è ancora capace, se nove anni passati fuori dal giro non lo hanno arrugginito del tutto: Harry è una di quelle persone che non trovano un loro posto, allora mette a punto la sua BMW 503 e schiaccia l'acceleratore.
Noir on the run.


Bersaglio di notte (Night Moves, 1975)

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Il noir esce dai confini del genere e invade l'intera esistenza. Non è Harry Moseby a spingersi nell'oscurità, è la notte a muoversi.
Noir Moves.


L'assassinio di un allibratore cinese (The Killing of a Chinese Bookie, 1980)

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L'omicidio è il tema, il solo di Cosmo Vitelli l'improvvisazione. Il noir lo spartito da assassinare.
The Killing of a noir book(ie).

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#180 Çorkan

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Inviato 14 maggio 2010 - 18:15

Ho visto solo Bersaglio di Notte. Bellissimo.
Point Blank m'attira molto, non foss'altro perchè l'omonima canzone è una delle mie preferite di Springsteen (anche se ovviamente non c'entra niente). E poi è di Boorman
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#181 popten

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Inviato 27 febbraio 2011 - 19:14

legittima difesa - henry george cluzot

un film che ho trovato bellissimo. è passato del tempo da quando ho visto i diabolici, ma forse questo mi è piaciuto di più.

un film solido sotto tutti gli aspetti, sia esteticamente che come dialoghi, sviluppo della vicenda(tra l'altro lineare, ho trovato, ma non per questo scontata),personaggi ben caratterizzati, grandi interpretazioni, bene anche la musica -chanteuse!-.
alcune cosucce piuttosto avanti per l'epoca, soprattutto in quanto ad analisi della società.

fortemente raccomandato!

rivisto. confermo le impressioni molto positive e raccomando quindi ancora la visione a chi non lo conoscesse.
altra considerazione è che ero indeciso se lo avessi gia' visto o meno O....O
certamente ci sono delle sequenze ben caratterizzanti del film che ricordavo ma avevo il dubbio che fosse un soggetto messo in scena da piu' registi.
che memoria : sto proprio 'nguaiato!!!
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#182 bluetrain

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Inviato 17 novembre 2012 - 18:33

Solo chi cade può risorgere
(Dead Reckoning, John Cromwell, 1947)

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Spesso e volentieri elogiamo un film perchè è originale, perchè aggiunge un tocco di follia alla canonicità di un genere. Ma quante volte ci capita di dire: “questo film è un capolavoro perché rispetta pedissequamente tutti i clichè del genere in maniera paradigmatica”? Quasi mai. Quasi, perché Solo chi cade può risorgere (Dead Reckoning) rappresenta uno di questi fantomatici casi.
È la quintessenza del cinema noir di matrice hard boiled, c’è tutto, ma proprio tutto, quello che uno potrebbe (e forse dovrebbe) aspettarsi guardando un film simile, ovviamente eseguito ad altissimi livelli: il bianco e nero dai forti chiaroscuri di matrice espressionista, la dark lady / femme fatale (la splendida Lizabeth Scott), la voce fuori campo del protagonista, la trama intricata e ammantata di sfumature torbide, il predominio delle scene notturne, Bogart al suo massimo splendore, e via discorrendo.
Sublimemente citato dai Coen ne L’uomo che non c’era (The Man Who Wasn't There), con la scena della soggettiva del protagonista nel momento in cui riprende conoscenza.
Per quel che mi riguarda, è anche meglio dei super classici (e super belli, sia chiaro) di John Huston e Howard Hawks Il mistero del falco (The Maltese Falcon) e Il grande sonno (The Big Sleep).
Obbligatorio.

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#183 bluetrain

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Inviato 17 novembre 2012 - 18:44

Murder by Contract
(Murder by Contract, Irving Lerner, 1958)

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Il punto zero del nuovo corso del cinema noir, che troverà conferme sostanziose negli anni a seguire in film come Odds Against Tomorrow di Robert Wise, Blast of Silence di Allen Baron (un capolavoro, per chi scrive) e Underworld U.S.A. di Samuel Fuller.
I canoni classici del genere vengono parzialmente rimodellati: si inserisce una certa dose di ironia e si inizia a plasmare una psicologia più complessa del killer, che diventa unico e vero protagonista della vicenda e che inizia a rammostrare elementi della sua personalità assolutamente nuovi. Nella fattispecie, Claude – impersonato da un eccellente Vince Edwars, non a caso già fra i protagonisti di The Killing di Kubrick – fa il sicario per poter acquistare una casa che con il suo precedente impiego non si sarebbe potuto permettere, se non a dopo anni di risparmi e sacrifici, e considera la sua nuova occupazione un mestiere come un altro, cercando anzi di essere un cittadino modello in ogni altro aspetto della sua vita.
Per quanto non si tratti certo di un film dal budget faraonico, la regia di Irving Lerner è puntuale e impeccabile, volutamente asciutta e (astutamente) scevra da ogni rappresentazione di violenza.
Bellissima ed originalissima la colonna sonora (anche questa fuori dagli schemi), prettamente chitarristica e lontana dalle tipiche fumose atmosfere noir.
La scena dal barbiere è stata doverosamente omaggiata dai Coen in The Man Who Wasn't There.
Nota di colore: è uno dei film preferiti di Martin Scorsese.

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#184 bluetrain

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Inviato 28 novembre 2012 - 11:44

Il fuorilegge
(This Gun for Hire, Frank Tuttle, 1942)

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È un ottimo noir, incorniciato in una vicenda a sfondo spionistico, con la coppia di nanetti più esplosiva di quel periodo (pare che l’unico motivo che abbia convinto la Paramount a scritturare Alan Ladd, sia stata la sua non eccessiva altezza, che gli permetteva di poter stare decorosamente accanto alla tappissima Veronica Lake) in grande spolvero.
Le componenti psicoanalitiche del film, che tentano di indagare la natura solitaria e in qualche modo disturbata del killer di professione, rappresentano in nuce alcuni degli elementi che Jean-Pierre Melville svilupperà nel suo Le samouraï (per decoro, taccio il titolo italiano). Per stessa ammissione dell'incommensurabile regista franzoso, infatti, Il fuorilegge, unitamente al romanzo di Graham Greene da cui è stato tratto il film, è stata la fonte di ispirazione principale per la stesura della sceneggiatura della pellicola interpretata da Delon e per la creazione del personaggio di Jef (tristemente, quasi criminalmente, Frank “faccia d’angelo” per noi italiani) Costello, che per altro omaggia il Phillip Raven di Ladd anche nell’abbigliamento.
È il film che ha lanciato nel firmamento Alan Ladd: notare il primo manifesto (così come i titoli di coda), dove era relegato in quarta posizione, e quello successivo, dove il suo nome si accoppia naturalmente con quello di Veronika Lake, in primissimo piano.

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#185 bluetrain

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Inviato 29 novembre 2012 - 14:14

La vendetta del gangster
(Underworld U.S.A., Samuel Fuller, 1961)

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In ambito noir, tra i film di Fuller, è anche meglio del più noto Mano pericolosa (Pickup on South Street, 1953). Fotografia splendida, al servizio di un linguaggio assolutamente personale, asciutto ed algido, ma che si riserva la volontà di tentare l'indagine su aspetti più emozionali di alcuni protagonisti (in particolare, Sandy), stilisticamente sottolineata dall'utilizzo copioso di primissimi piani.
Vendetta, amore, corruzione (delle istituzioni e dei costumi), morte, e chi più ne ha più ne metta. C'è di tutto in questo film, ma la regia distaccata di Fuller, che pone l'occhio dietro la macchina di presa come fosse un giornalista di cronaca nera, sembra quasi non farcene accorgere. Se esiste un antipode del mèlo, beh, ci siamo.
Il rapporto d’amore di Fuller con al nouvelle vague, e con Godard in particolare, è noto (farà anche un cameo in Pierrot le fou); nella fattispecie, omaggia nel finale À bout de souffle, il punto zero per il movimento dei "giovani Turchi".

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#186 bluetrain

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Inviato 11 dicembre 2012 - 10:57

Crocevia della morte
(Miller's crossing, Joel [& Ethan] Coen, 1990)

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L'ho rivisto dopo un po' di anni e devo dire che - viste le decine e decine di film noir scorsi dinnanzi ai miei bulbi oculari nel frattempo - Crocevia della morte brilla davvero di una luce diversa. La sua nuova visione (in lingua originale, per godermelo appieno) mi ha di colpo illuminato sul fatto che, alla fin fine, pur nella loro caleidoscopica natura cinematografica, i fratelli Coen altro non sono che autori di film noir. E che il noir rappresenta il grosso del bacino culturale dal quale pescano e hanno pescato e dal quale hanno tratto fonte per le loro rivisitazioni.
Certo, in alcuni casi come il presente, Blood Simple o L'uomo che non c'era (The Man Who Wasn't There) la loro appartenenza al cinema nero è ovvia, dichiarata (seppur sempre originalissima), ma a scorgere bene la loro filmografia, sono davvero rarissimi, ammesso che vi siano, i film in cui la componente noir sia del tutto assente. Un esempio su tutti: il celeberrimo Il grande Lebowski (The Big Lebowski), noto ai più per essere una pellicola di natura spiccatamente comica, altro non è che Il ribaltamento in chiave grottesca del The Big Sleep chandleriano (sin dal titolo!). A ben pensarci, The Dude (Drugo per noi italiani…) altri non è che l’irriverente e grottesca versione post moderna di Marlowe, è l’estremizzazione del discorso (già a tratti semiserio) imbastito da Robert Altman con il suo Il lungo addio (The Long Goodbye) (grazie anche ad un superlativo Elliott Gould). L’ambientazione è sempre quella, L.A., la trama è (fittiziamente) complessa e l’intelaiatura formale ricalca proprio quella del noir chandleriano. Certo, poi su questa intelaiatura sono state incastonate una serie di pietre appartenenti al altri mondi cinematografici, ma l’impianto, per quanto forse non evidente ad un non appassionato del genere, è quello. E analoghe considerazioni potrebbero essere svolte su film come Barton Fink, Fargo, Non è un paese per vecchi (No Country for Old Men)...
Tornando a Crocevia della morte, la cui natura noir è evidente in tutto e per tutto, vorrei soffermarmi su un aspetto che mi ha piacevolmente colpito: il fatto che sia il più melvilliano dei film dei Coen, visto l’almeno triplice omaggio fatto dai fretelli di Minneapolis al maestro francese. A partire dalla natura del protagonista Tom Reagan, che si muove nello scacchiere narrativo in una maniera ambigua del tutto simile al Silien di Lo spione (Le Doulos) (con la differenza che mentre il personaggio di Belmondo è lucido e predeterminato nel suo disegno di falso tradimento in nome dell’amicizia, quello di Byrne è un giocatore e scommette su ogni mossa che compie, non sapendo mai con precisione come andrà a finire).
Così come sono piuttosto evidenti l’omaggio all’appartamento asettico e spoglio di Frank Costello faccia d'angelo (Le samouraï) e il richiamo alla foresta, ovvio riferimento a I senza nome (Le cercle rouge).
Tra gli extra del dvd c’è un’interessantissima intervista al direttore della fotografia (poi divenuto regista) Barry Sonnenfeld.
  • 2

#187 jeaneustache

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Inviato 11 dicembre 2012 - 15:46

Solo chi cade può risorgere
(Dead Reckoning, John Cromwell, 1947)

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uno dei miei noir cult,

come scrisse un critico francese, più o meno, " uno di quei film in cui la politica del genere vince su quella d'autore"
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#188 William Blake

    Titolista ufficiale

  • Redattore OndaCinema
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Inviato 11 dicembre 2012 - 15:49

Crocevia della morte
(Miller's crossing, Joel [& Ethan] Coen, 1990)


grande film. sono molto d'accordo col tuo commento, non molto lontano da quanto scrissi nella mia parte di monografia: http://www.ondacinem...ethan_coen.html
  • 0
Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#189 jeaneustache

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Inviato 11 dicembre 2012 - 15:56

DETOUR
di Edgar G. Ullmer

Sicuramente se ne è già parlato. Opera kafkiana e lynchiana ante litteram, strutturata sul nastro di moebious (Strade perdute è un potenziale remake di Detour, esattamente come Mulholland Dr. lo è di Viale del tramonto). L'immagine è evocata dalle figure geometriche contrastanti della retta, il viaggio (il protagonista è un pianista di new york che cerca di raggiungere la sua ragazza a los angeles - le due metropoli simbolo del noir) e il cerchio (il disco su cui è incisa la canzone tormento, la struttura ad anello che chiude il flashback con un movimento circolare della cinepresa). Una rigida prigione che delimita il destino tragico dei suoi personaggi.
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#190 jeaneustache

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Inviato 11 dicembre 2012 - 16:04

POINT BLANK

di John Boorman

in Italia "Senza un attimo di tregua"
Visionario e barocco revange movie,
come se uno script alla don siegel fosse stato girato da godard. un contrasto che possiamo ritrovare nel recente Drive dove un plot western (Shane - Il cavaliere della valle solitaria) è raccontato in stile noir, i due generi agli antipodi per eccellenza.
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#191 Dudley

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Inviato 12 dicembre 2012 - 09:27

POINT BLANK è davvero fantastico!
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#192 bluetrain

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Inviato 23 dicembre 2012 - 14:05

Drive
(Drive, Nicolas Winding Refn, 2011)

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Non ho letto il romanzo di James Sallis né ho visto gli altri film di Nicolas Winding Refn per cui, in un certo senso, parto da zero.
Il film mi è piaciuto, è certamente uno dei lavori migliori del 2011. Bellissima la fotografia, che gioca in maniera quasi caleidoscopica con luci ed ombre della L.A. notturna e stradale messa in scena (la città è certamente uno dei protagonisti dei film, quasi a rendere omaggio all'hard boiled di altri tempi), per poi ricoprisi di una patina livida e satura nelle scene diurne, funzionale alla scelta registica della valorizzazione della profondità di campo e dell'uso di obiettivi grandangolari.
Le scene d'azione, in particolare quelle incentrate sugli inseguimenti ed acrobazie automobilistiche sono non poi così numerose (come ci si potrebbe attendere), ma perfette. Girate praticamente solo in "soggettiva automobilistica", hanno un non so che di magnetico e algido; ad ogni modo sono originali e coinvolgenti. Così come è coinvolgente la delineazione dei tratti psicologici (a volte quasi psicotici) del protagonista, semplicemente Driver, senza nome, dal passato misterioso e dal futuro segnato (quasi un incrocio genetico tra gli archetipi degli antieroi di certo western revisionista e del noir classico), magnificamente e sommessamente interpretato da Ryan Gosling (a tal proposito: rifuggite il doppiaggio italiano che, come spesso accade, ha enfatizzato oltremodo l'underplaying dell'interpretazione originale), che dà anima e corpo a questo personaggio stilizzato, stunt-man e meccanico di giorno e autista per le "rape" di notte, che ha nella sua abilità al volante quasi un super potere, quasi come fosse il protagonista di un fumetto (nero). Il tutto si inserisce alla perfezione alla dimensione fabulistica (e lontanissima dal realismo, per quanto certe scene possano apparire intrise di un certo verismo, che altro non è che un registro espressivo nel caso di specie) che lo stesso regista afferma di aver voluto dare alla pellicola.
L'impianto di base è tipicamente noir, per quanto poi il film percorra anche strade parallele: femme fatale, l'ineluttabilità degli eventi dinnanzi a certe scelte, prevalenza delle scene notturne e, non ultima, l'ambientazione a L.A.
Tra i vari riferimenti cinematografici non si può non evidenziare la similitudine tra certi aspetti della personalità di Driver (un tizio piuttosto taciturno e maniaco delle auto e della loro messa a punto) e i protagonisti del (rectius: uno dei) capolavoro di Monte Hellan, Strada a doppia corsia (Two-Lane Blacktop, 1971).
Bravissimi anche tutti gli altri attori.
Infine, la colonna sonora. Molto elettronica e, soprattutto, molto anni '80. Ovviamente, a tratti ho fatto una fatica del diavolo con quella roba synth-pop, ma a conti fatti l'ossimoro (glamour plasticoso versus aura bituminosa) mi duole ammetterlo, funziona alla grande.
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#193 bluetrain

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Inviato 27 dicembre 2012 - 13:46

La strada scarlatta
(Scarlet Street di Fritz Lang, 1945)

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Un anno dopo La donna del ritratto (The Woman in the Window, 1944) Fritz Lang ripesca Edward G. Robinson (e Joan Bennett) snaturandone nuovamente l’innata essenza gangsteristica, cucendogli addosso dei sobri abiti da babbeo, indossati, per altro, con la solita classe.
È il Lang hollywoodiano, e come tale agisce, ma nel gran finale si ricorda delle sue origini: nel raccontarci la discesa agli inferi di Chris Cross, ci regala un magnifico pezzo di cinema espressionista, perfetto per sottolineare il prorompente climax di delirio, disegnato dall'ineluttabilità del tragico destino riservato al protagonista, dopo aver assaggiato la mela avvelenata rappresentata dalla dark lady di turno.

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#194 bluetrain

    Fourth rule is: eat kosher salamis

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Inviato 12 gennaio 2013 - 16:58

Rapporto confidenziale
(Mr. Arkadin di Orson Welles, 1955)

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Sublime nel suo essere barocco sin dai titoli di testa, risulta essere uno dei lavori più originali (e forse più wellesiani) di Orson Welles. Qua tutto è sopra le righe: la sceneggiatura, che sembra quasi non avere a cuore la ricerca della quadratura di tutti i conti, ma per contro si preoccupa fondamentalmente di mettere delle basi solide per la bislacca rappresentazione di questo circo noir a cielo aperto.
La regia, non ne parliamo, è un appetitoso costante esercizio di virtuosismo allucinato, fatto di inquadrature estreme, ricerca di spazi quasi grotteschi e surrealisti (a volte sembra di avere a che fare con uno dei più estremi film espressionisti o di essere in un quadro di Dalì che ha improvvisamente preso vita), cambi forsennati di ambientazioni (Napoli, Parigi, Monaco, Messico, Tangeri, Copenhagen, Spagna...) e di fotografia.
I personaggi, Arkadin (perfettamente incarnato da Welles) ma soprattutto i comprimari e le comparse, sono un campionario mai visto di freaks, quasi delle magnifiche macchiette fumettistiche (si pensi al domatore di pulci, l'antiquario, Sophie, il marito militare messicano e l'ex marito eroinomane), immortalati nella loro benevola mostruosità come pochi registi al mondo sarebbero stati in grado di fare.
Pure il commento musicale è costantemente fuori misura, perfetto nel suo essere circense, bandistico, quasi fosse uscito dalla mente di un Kurt Weill sotto acido.
Insomma, da bave alla bocca.

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#195 davidep

    attendente

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Inviato 07 marzo 2013 - 15:39

Approfitto del topic noir per parlare di polar, la variante francese del genere. Poliziesco venato di nero (con tutte le contaminazioni del caso).
Di seguito un paio di playlist già pubblicate sul sito www.film.tv.it.

Polar je t'aime

Amo oscenamente questo genere popolato da sbirri disillusi e senza divisa, truand protervi e amicizie a fior di pelle. Azione e malinconia, tradimenti e codici d'onore, locali notturni e patrie galere: la tragedia in borghese.

1. Notte sulla città
Se "Le samouraï" Jef Costello fosse "Un flic", sarebbe Edouard Coleman: un professionista disumanizzato.

2. Il commissario Pelissier
Come per Edouard Coleman, anche per il commissario Pelissier la legge esclude i sentimenti. Ma per lui, ex giudice istruttore, la giustizia è un'ossessione, un'attrazione fatale che ha il volto di Romy Schneider.

3. Police Python 357
L'ispettore Marc Ferrot è tutt'uno con la sua arma, ma tra una camera e l'altra del suo revolver s'incunea la fragile Silvia. La detonazione è devastante: un'implosione che spappola ogni sicurezza.

4. Per la pelle di un poliziotto
Detective privato anarcoide, l'ex flic Choucas viene incastrato dalla polizia in un losco affare di denaro sporco e droga. Dal romanzo di Jean-Patrick Manchette "Piovono morti", la prima regia di Delon: un polar gagliardamente atletico e caotico.

5. La chambre des morts
La detective Lucie sulle tracce del serial killer di Dunkerque. Cerimoniali macabri, conti alla rovescia e sublimazioni necrofile: il polar sui tavoli della morgue.

6. MR 73 - L'ultima missione
Louis Schneider è ciò che resta di un poliziotto dopo la caduta nell'abisso della colpa. Il rimorso ha ottenebrato ogni cosa, la giustizia è solo vendetta autopunitiva: il polar slitta irrimediabilmente nell'horror.

7. Truands
Banditi i poliziotti, restano soltanto i banditi veri e propri: Parigi come lussuoso teatro del crimine, il milieu come tempio del tradimento. "Truands": il polar, oggi, è nero come la pece.

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Polar, je t'adore

Altri sette polar da pelle d'oca. Signori, chapeau bas!

1. Asfalto che scotta
Il lungometraggio d'esordio di Claude Sautet è un polar secco, documentaristico, ferocemente melvilliano. Quanta solitudine nell'aristocratica lealtà di Davos, quanta amarezza negli occhi di Lino Ventura!

2. La fredda alba del Commissario Joss
Tra squarci pop e deformazioni espressionistiche, il polar secondo Georges Lautner: sbirri compromessi, le alte sfere che mettono i bastoni tra le ruote e un Gabin più implacabile e incarognito che mai: "Sarà la notte di San Bartolomeo per la teppaglia".

3. Ultimo domicilio conosciuto
Il capolavoro di José Giovanni è il polar più "antinouvellevague" della storia del genere: la poetica "flânerie" si abbrutisce in pedestre caccia all'uomo, la Parigi d'ovatta si indurisce in asfalto per topi. La stagione dei sogni è finita per sempre.

4. Il fascino del delitto
Corneau firma il suo capo d'opera tallonando le mercuriali e psicotiche gesta di Frank Poupart, l'antieroe più pazzo e imprevedibile che si sia mai visto sullo schermo. Patrick Dewaere è una marionetta che fa festa nel cuore della tragedia. "Série noire".

5. Casino totale
Potabile adattamento dell'immenso "Total Khéops" di Jean-Claude Izzo. La messa in scena è meccanica e gastronomica, ma Marsiglia biancheggia aspra e Fabio Montale (interpretato dal rugoso Richard Bohringer) è malinconico al punto giusto.

6. 36, Quai des Orfèvres
Il più bel film di Marchal e, insieme a "Truands" di Frédéric Schoendoerffer, il miglior polar dal 2000 ad oggi. Vrinks contro Klein, BRI contro BRB: rivalità, ambizione e tradimenti dardeggiano dagli sguardi di due flic semplicemente monumentali.

7. La chasse à l'homme (Mesrine)
La caccia al nemico pubblico n.1 osservata attraverso gli occhi del poliziotto dell'O.C.R.B. (Office Central de la Répression du Banditisme) Lucien Aimé-Blanc. Ancora una lotta per il potere tra flic, ancora una storia di avidità: la carriera del polar.

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bel post
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#196 jeaneustache

    aspirante indie

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Inviato 08 marzo 2013 - 08:34

Drive
(Drive, Nicolas Winding Refn, 2011)

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quasi un incrocio genetico tra gli archetipi degli antieroi di certo western revisionista e del noir classico


secondo me il punto interessante è proprio questo incontro tra i due generi agli antipodi.
La struttura i personaggi e l'intreccio di un western (Shane - il cavaliere della valle solitaria) declinato in un noir metropolitano. Per questo motivo mi ha fatto pensare a Point Blank di Boorman
Tra le citazioni (oltre OldBoy), la sequenza iniziale è un omaggio a La sanguinaria (con la rapina raccontata dall'interno di un'automobile)
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#197 bluetrain

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Inviato 13 dicembre 2013 - 11:45

Pietà per i giusti
(Detective story di William Wyler, 1951)

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Bellissimo poliziesco dalle tinte noir, che può essere considerato speculare ad un altro capolavoro di Wyler, Ore disperate. Là giganteggiava Bogart nei panni del malvivente, qua troviamo un Kirk Douglas in stato di grazia a ricoprire il ruolo del poliziotto dai metodi spicci e violenti ma turbato da una morale eccessiva - al punto di essere perversa - che lo isola dagli affetti che lo circondano fino al tragico epilogo. In un certo senso, Jim McLeod è l’antesignano dello sbirro cinematografico che dagli anni 70 in poi ha preso largamente piede fino a diventare un topos.
Come in Ore disperate, anche qua l’azione è scenograficamente molto teatrale svolgendosi principalmente fra quattro mura (la casa dei sequestrati là, il commissariato di polizia qua), così come l’arco temporale in cui si consuma la vicenda è compresso in poche ore, nel corso delle quali prende via via il sopravvento l'aspetto psicologico dei personaggi (aspetto decisamente predominante rispetto ad un'azione quasi statica).
Ottimi tutti i comprimari (William Benedix su tutti, grande caratterista del cinema di genere del periodo) e i ruoli femminili.
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#198 jeaneustache

    aspirante indie

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Inviato 13 dicembre 2013 - 14:21

faccio una digressione sul noir e neo noir seriale:

FALLEN ANGELS serie antologica del 1996, di cui intravidi soltanto un episodio tratto da Ellroy. Prima o poi la recuepererò

e poi è appena iniziata MOB CITY, nuova serie, Chandleriana (più che Ellroyiana), creata da Frank Darabont, tratta dal romanzo L.A. Noir: The Struggle for the Soul of America's Most Seductive City di John Buntin.
Per ora gli archetipi ci sono tutti, speriamo non si appoggi solo su questi...
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#199 bluetrain

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Inviato 09 dicembre 2014 - 22:12

Femmina folle

(Leave her to heaven di John M. Stahl, 1945)

 

 

femmina-folle-img-17318.jpg

 

Noir anomalo, nella forma innanzitutto. Il bianco e nero di matrice espressionista, cupo e claustrofobico (uno dei marchi distintivi della premiata ditta) lascia il posto ad una fotografia caratterizzata dal colore vivido e dominato dalle tinte calde, talvolta persino sgargianti e ad un’ambientazione naturalistica - a tratti addirittura western nella connotazione, come nella scena dello spargimento delle ceneri - che appare anni luce dai bituminosi acquerelli metropolitani che fanno da sfondo alla maggior parte delle vicende cinematografiche colorate di nero. 

La vicenda, per contro, è assolutamente cupa e capace di andare a sfiorare i meandri più oscuri e perversi dell’animo umano, ed anzi osa decisamente di più rispetto alla media dei film coevi: ci sono un paio di sequenze che risultano ancora modernissime nell’impianto emozionale e riescono addirittura a turbare - lievemente - la sensibilità dell’individuo cinematografico postmoderno, ormai assuefatto a di tutto e di più.
La resa della pellicola è dovuta in buona parte ad una Gene Tierney bellissima, algida (notevole il contrasto con i suoi vestiti variopinti ed il trucco sempre calcatissimo) e davvero brava nel rendere palpabile un personaggio che usa l’amore come arma letale per avvolgere la sua preda fino al soffocamento.

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#200 cinemaniaco

    FЯEAK ON A LEASH

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Inviato 08 aprile 2015 - 20:21

red rock west (1993) di john dahl

 

220px-Redrockmovieposter.jpg

 

neo-noir americano in piena regola (disastro commerciale compreso): un veterano texano (nicolas cage) va in wyoming per lavorare come operaio in un pozzo petrolifero; a causa però di una gamba malconcia non viene assunto. riparte quindi con la sua auto finché non arriva a red rock, tipico buco di provincia, dove viene scambiato dal gestore di un bar per il killer texano che ha assunto per uccidere la moglie. il barista gli offre 10.000 dollari per portare a termine il compito. il nostro cowboy sembra accettare, ma in realtà gli eventi si complicano... e di molto

 

non sto a spoilerare ma il film si trasforma in una tipica parabola sull'amoralità generale, sull'avidità (guarda caso alla fine sarà tutta una questione di soldi), che non risparmia nessuno (entreranno poi in scena la moglie e il killer, un istrionico dennis hopper) tranne il nostro veterano che alla fine del film, dopo essere stato legato, picchiato, usato, diventerà un po' il baluardo morale della storia, l'unico punto fermo con i suoi "sani" principi texani (uno scambio di battute con la femme fatale di turno: "tendo a stare lontano dalle donne sposate", "perché? il matrimonio è uno stato mentale", "non in texas")

 

con il tempo questo film è diventato un piccolo cult, anche se molti dei neo-noir americani che sono venuti dopo e che hanno trattato tematiche affini lo hanno decisamente rigettato nell'oblio. non è infatti un film imprescindibile, sicuramente interessante per l'appassionato ma a mio avviso dopo una prima parte molto buona dimostra soprattutto nella mezz'ora finale di essere un film più convenzionale di quello che vorrebbe essere. poco audace, poco violento, poco cinico. tutti ingredienti che non devono mancare ad un noir e che qui un po' latitano

 

da segnalare l'interpretazione di cage. della serie: "quando nicolas cage era ancora un attore". fantastico ad inizio film quando fa le flessioni sulla strada in mezzo al deserto. a true american spirit

 

cage-push-ups.gif


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