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Prospettive e compromessi per l’orso sulle Alpi
Se ci guardiamo indietro sono quasi 25 anni che l’orso è stato riportato sulle Alpi allo scopo di salvare la popolazione residua, un paio di esemplari maschi prossimi all’estinzione. [...] Da allora di errori ne sono stati commessi tanti e di ogni colore politico: a cominciare dalla mancata prosecuzione del progetto LIFE Ursus, terminato nel 2004 e che sarebbe dovuto essere replicato e rinnovato nel corso degli anni successivi alla sua conclusione con un focus verso le comunità locali, fino ad una narrazione dell’orso spesso insufficiente, preda delle mire politiche e troppo slegata dalla realtà Alpina.
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Oggi la sfida è enorme: naturalisti, tecnici, amministratori e associazioni devono comprendere che quella dell’orso sulle Alpi è una delle più grandi e complesse iniziative legate alla coesistenza tra uomo e grandi carnivori che l’Europa sta affrontando e con questo spirito da oggi bisognerà cambiare rotta e iniziare a lavorare con un approccio nuovo e condiviso che veda il dialogo, lo scambio e il compromesso come ingredienti principali. Siamo coscienti che non tutti vorranno farlo e che sarà difficile che la politica comprenda che dinanzi a questa tragedia stridono i proclami come le deportazioni di massa o le rimozioni forzate: indipendentemente dal numero di orsi presenti sul territorio di una valle o dalla quantità di informazione che si farà rispetto alle buone pratiche da adottare bisognerà ricordarsi che quando si parla di animali selvatici il rischio zero non esiste ma che molto può essere ancora fatto allo scopo di ridurlo. Oggi più che mai è il momento di lasciare ai tecnici e alle persone competenti la gestione di questi temi, ritrovando la fiducia di tutti, anche di coloro che l’hanno persa rispetto all’operato istituzionale, prendendo decisioni serie in ottica di conservazione della natura al fianco dell’uomo, in un panorama ambientale enormemente complesso.
In questo scenario appare evidente l’urgenza di promuovere una nuova consapevolezza nell’approcciarsi alla natura e da oggi più che mai sarà necessario per tutti noi sviluppare un modo differente di vivere e rapportarsi al mondo selvatico. All’atto pratico significa accettarne e comprenderne i rischi così come goderne dei privilegi, praticando scelte e facendo rinunce, allo scopo di comprendere che la montagna è sia la casa della fauna selvatica, ma anche lo spazio in cui le comunità locali hanno costruito la propria cultura e sviluppato la propria vita. Occorre infine ribadire che il rapporto tra questi due elementi non può essere ridotto ad un dibattito in cui da una parte ci si limita a constatare che “l’orso ha fatto l’orso e che quella è casa sua” giudicando criticamente i comportamenti dei malcapitati tra i boschi di casa durante l’aggressione di un animale da 150 chili, dall’altra pensando di “dimezzare o rimuovere del tutto un’intera popolazione animale” per dare risposte semplicistiche a domande molto complesse.
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