Ciò che mi dà tanto fastidio in questa orrenda battaglia (non) referendaria è esattamente la continua delegittimazione delle ragioni per il sì e per il no, che invece trovo in larga parte legittime e fondate (e da qui nasce - o dovrebbe nascere l'indecisione della scelta). Non parlo ovviamente dei salviniani decerebrati che come al solito non c'hanno capito un cazzo, o dei grillini duri e puri che fanno palese disinformazione; né della patetica retorica renziana contro "chi dice sempre no" o di quelli che "bisogna fare qualcosa". Mi spiego meglio: prendete queste due schede, per quanto sintetiche e troppo schematiche:
http://www.corriere....rincipale.shtml
http://www.corriere....rincipale.shtml
Si può ragionare su questo e non sulle cazzate e l'arruolamento dei morti nei due fronti? In fondo, se passerà, sarà una riforma destinata a durare ben più a lungo di Renzi e del m5s (e per fortuna in entrambi i casi).
Però le due schede, oltre a essere troppo sintetiche, sono veramente troppo parziali e anche disinformanti. Prendo quella del no, che è la più cazzara (quella del sì si limita a tacere i difetti).
1. Il bicameralismo non viene superato, chi sostiene il contrario dice una bugia. Continuiamo ad avere due Camere che legiferano insieme su molte materie, anche se non su tutte, quando invece si poteva abolire il Senato e passare al monocameralismo.
Infatti nessuno ha detto che questa riforma supera il bicameralismo, ma che supera il bicameralismo paritario (come sta scritto nel quesito). Si comincia con un bell'argomento fantoccio in cui si confuta una tesi creata a propria convenienza. Notare che chi usa quest'argomento (dovevate fare il monocameralismo!) magari poi è lo stesso che paventa, in assenza del salvifico bicameralismo paritario, la deriva autoritaria.
3. Verrebbero risparmiati 50 milioni di euro per ogni esercizio annuale del Senato. Ovvero quanto costa un solo aereo F35 ordinato dalla Difesa. Diminuiscono i senatori ma la struttura del Senato rimane tale e quale.
I 50 milioni citati sono quelli certificati dalla Ragioneria, che però prende in considerazione solo lo stop agli stipendi dei senatori e i risparmi del CNEL (gli unici risparmi misurabili fin d'ora), mentre la riforma abolisce anche i fondi dei gruppi consiliari, mette un tetto agli stipendi dei consiglieri (non potranno prendere più di un sindaco di capoluogo), abolisce totalmente le Province; poi un Senato a basso regime produrrà risparmi molto maggiori di quelli dei soli stipendi cancellati (meno senatori = meno strutture). Alla fine si andrà, più che verso le decine, verso le centinaia di milioni.
4. Per la richiesta di referendum abrogativo le firme richieste aumentano da 500 mila a 800 mila. E anche le firme per la richiesta di leggi di iniziativa popolare passano da 50 mila a 150 mila, con buona pace della democrazia partecipativa.
Altra cazzata. Per i referendum abrogativi le firme rimangono 500 mila (col quorum della maggioranza degli aventi diritto), mentre se si raggiungono le 800 mila firme si abbassa il quorum alla maggioranza dei votanti alle ultime politiche. Le firme per le leggi di iniziativa popolare vengono sì triplicate, ma solo per assicurare che abbiano un autentico valore popolare visto che si inserisce in Costituzione il principio per cui la Camera dovrà esaminarle e deliberare obbligatoriamente e in tempi certi. Plus, si introduce il referendum propositivo.
Queste son proprio le inesattezze. Poi ci sarebbe da ridire anche sulle altre obiezioni. Punto 5, sulla minoranza che con l'italicum prende tutto: a parte che questa connessione (il combinato disposto) tra italicum e riforma rimane sempre a un livello enunciativo, e non ci si spiega mai dove le due leggi andrebbero a compenetrarsi e a far danno, e detto che si vota sulla riforma, quasi mai succede in democrazia, e quasi da nessuna parte, che il Governo sia espressione di un partito o di una coalizione che prende il 50 percento dei voti (se non forse in Turchia). L'italicum prevede un premio di maggioranza di 25 seggi su 630 per chi al primo turno raggiungesse il 40 percento, o al ballottaggio la metà più uno dei voti. Dove sarebbe questa infima minoranza che, raccattati due voti qua e là, prende il potere? Al punto 6, sul cosiddetto voto a data certa: ci si dimentica di dire che è contestuale a una riforma dell'uso della decretazione da parte del governo. In pratica la riforma dice: i decreti del governo hanno un iter più rapido (rispetto a quelli parlamentari), ma non ne puoi più fare alcun abuso. Vabbe', lasciamo perdere il punto 7, che sulla riforma del titolo V dice "Il disegno complessivo è di favorire un governo centrale più snello per assumere le decisioni strategiche" (cosa verissima), come fosse a stento condivisibile.