Continuano la scaramucce aeree tra USA e Russia in Siria. Una domanda forse ingenua, che cosa ci fanno ancora gli USA in Siria? A rigor di logica, dovremmo sanzionarli e fornire armi al governo siriano per cacciarli, l'autodeterminazione è un valore importante, sacro per noi democratici. Ma la situazione è complessa, li non c'è una democrazia quindi l'autodeterminazione non ci piace. C'è stato un voto di recente sul possibile ritiro delle truppe da uno stato sovrano, curiosamente non si fece. Si decise di restare. Chiedo a chi ne sa di aiutarmi a capire perchè siamo nel giusto, a volte sbando e mi ritrovo nelle parole di un trumpiano.
Sarebbe una tentazione quella di saltare subito alle opinioni-conclusioni sulla presenza americana in Siria, come è di prassi nei bar e sui social, ma purtroppo ti sei messo i bastoni tra le ruote da solo quando hai menzionato (secondo me erroneamente) il principio di autodeterminazione, che è un concetto delicato. A questo punto non te la posso fare breve.
Però, dai, è interessante. E soprattutto non mi esimo minimamente dal rispondere alla domanda sul senso della presenza americana.
In principio* fu... John Locke (fine del Seicento), padre del giusnaturalismo liberale secondo cui il diritto connesso alla natura degli uomini supera il diritto scritto dagli uomini. E Locke è fondamentale perché parlò in sostanza di
diritto alla resistenza a un potere (la tirannide). Era avanti 300 anni Locke. Saltiamo alla Carta delle Nazioni Unite, che sebbene è una Carta tra Stati (da chiunque retti purché riconosciuti dalla comunità) già all'articolo 1 dice che il rispetto dell'autodeterminazione (dice auto-decisione) dei
popoli è uno dei fini dell'ONU.
Tale articolo va poi a completarsi con gli articoli 55 e 76.
Altrettanto fondamentale è l'articolo 1 comune ai due Patti internazionali sui diritti umani del 1966, adottati dall'Assemblea generale dell'ONU: "Tutti i popoli hanno il diritto all'autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo..." ecc.
Cosa sono dunque le primavere arabe se non delle sollevazioni popolari per decidere liberamente del proprio statuto contro un tiranno? A maggior ragione valgono per Libia e Siria, dove i rispettivi tiranni scatenarono una ignominiosa repressione violentissima, quando invece avrebbero dovuto saggiamente concedere qualcosa. E' in quei casi che la legittimazione del potere sostanzialmente cessa o viene compromessa, e magari viene meno il sostegno della comunità e il riconoscimento. Motivo per il quale oggi a riconoscere la legittimità del tiranno Assad non ci sono Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito e Italia, ad esempio, che hanno negato validità al sospetto risultato plebiscitario delle elezioni presidenziali del 2021. Intanto il regime zoppo di Assad si presenta più come un
protettorato russo (alleato tradizionale degli Assad) e inoltre parliamo di un paese ancora molto frammentato, quasi un non Stato, con un territorio su cui sono presenti russi, turchi, israeliani, iraniani, curdi, americani, mille fazioni siriane in lotta e mercenari vari legati ai suddetti paesi (una sorta di Libano degli anni Ottanta).
Ovvio che Assad intende tenersi attaccato al potere con i denti e più guadagna terreno più si legittima, e che il ruolo destabilizzante dell'ISIS gli ha quasi fatto un favore in quanto la priorità americana è cambiata (portando poi Trump a decidere di sganciare una buona parte delle truppe dalla Siria).
Posto dunque che il regime di Assad non lo riconosciamo ed è la negazione dell'autodeterminazione, la presenza americana sul terreno non può essere contraria a tale principio. Probabilmente i meno numerosi sul terreno sono proprio gli americani (me ne risultano appena 900, anche se da qualche fonte non proprio affidabile apprendo che ne sarebbero in arrivo altri 1500?), che fondamentalmente sono lì per dar man forte alle SDF (le Forze democratiche siriane) a maggioranza curde (YPG) il cui scopo è quello di creare una Siria democratica e federale (principio ambizioso ma saggio, considerato il mosaico siriano) e sostenute da un'ampia coalizione internazionale.
Passiamo dal diritto al realismo, che mi è più consono: credo si sia disposti a non mettere in discussione il porto di Tartus, importante base navale russa (così come credo non si voglia mettere in discussione quella di Sebastopoli in Crimea), né si mira a organizzare grandi operazioni militari anti-Assad. Di fatto gli americani lì conservano solo forze speciali congiunte per: lanciare raid contro esponenti di primo-secondo piano dell'ISIS, proteggere le forze curde e impedire nell'area l'infiltrazione iraniana (
maligna, secondo la definizione del sito internet del Comando centrale americano, CENTCOM, che vi invito a consultare perché c'è davvero tanto, quasi come fosse un trasparente sito aziendale) e delle milizie affiliate all'Iran.
La faccenda dei pozzi petroliferi (Konako ecc.) è men che secondaria, secondo me, e viene tirata in ballo dalla propaganda antiamericana. Sono portato a considerarla una questione ininfluente.
Strategicamente e realisticamente parlando, la presenza americana credo miri a far sì che nessuna delle potenze regionali (Assad, Turchia, Iran) riesca ad attribuirsi una posizione dominante rispetto alle altre, favorendo dunque l'affermazione di un equilibrio regionale.
Con questi specifici obiettivi dell'operazione Inherent Resolve (con quel numero di forze non potrebbero fare di più), e con il ruolo ben più destabilizzante di altri attori sul terreno, direi che la presenza americana io non la vedo di cattivo occhio, semmai il contrario.
Tecnicamente parlando (quindi senza guardare alle bandiere), però, mi ha fatto sorridere il modo
smart con cui il caccia russo ha messo fuori uso il drone americano. I giornali occidentali parlano di razzi sparati contro il drone, ma è una balla: ha semplicemente rilasciato dei
flares che non sono armi ma anzi il sistema difensivo di ultima istanza di un aereo militare, e questi hanno danneggiato le eliche. Pulito ed efficace.
*prima di Locke a parlare dei diritto alla resistenza erano i monarcomachi, ma è un'altra storia.