ma quello alla sua sinistra è De Vincenti?! <3
Il Lavoro e i contratti in Italia
#251
Inviato 13 marzo 2012 - 15:42
Ciao, io sono una firma.
#252
Inviato 13 marzo 2012 - 16:19
Sinceramente trovo imbarazzante che il governo voglia chiudere una trattativa senza sapere dove andare a prendere le risorse.
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#253
Inviato 14 marzo 2012 - 14:51
http://espresso.repu...i-marzo/2176374
#254
Inviato 14 marzo 2012 - 16:59
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#255
Inviato 15 marzo 2012 - 11:26
di Daniela Del Boca , Letizia Mencarini e Silvia Pasqua 07.03.2012
Le principali "rivoluzioni silenziose" che la società deve fare perché ci sia una parità reale tra donne e uomini: quella dell'istruzione -in Italia quasi compiuta- quella del lavoro femminile -ancora ampiamente irrealizzata- quella dei carichi familiari -"tradita" dagli uomini"- e quella della presenza nella politica -timidamente incominciata. Il nostro paese, dunque, è indietro, soprattutto se raffrontato agli altri paesi europei. Ecco che cosa deve fare la politica per aiutare a colmare la differenza.
È di nuovo l’8 marzo e nonostante le tante pagine scritte, i discorsi, i blog, le manifestazioni di piazza e le dichiarazioni pubbliche, pochissimo è stato fatto per sostenere il lavoro delle donne. Eppure il cammino di quella “rivoluzione silenziosa” che ha trasformato la vita delle donne in molti paesi sviluppati attraverso cambiamenti, rivoluzionari appunto, nell’istruzione, nel mondo del lavoro e nella famiglia, è tutt’altro che completa in Italia.
ISTRUZIONE, UNA RIVOLUZIONE QUASI FATTA
La prima "rivoluzione", quella dell’istruzione femminile, è quasi pienamente compiuta: le giovani italiane sono ormai più istruite degli uomini, anche se scelgono spesso percorsi di studio meno remunerativi nel mercato del lavoro. Le giovani, infatti, sembrano preferire le discipline dell’area umanistica, caratterizzata da livelli occupazionali e retributivi più bassi, mentre gli uomini scelgono maggiormente le discipline dell’area scientifica e ingegneristica, caratterizzata da livelli occupazionali e retributivi più elevati.
Figura 1: Salario medio mensile e quota di donne iscritte alle diverse facoltà in Italia
Fonte: MIUR (2010) e Almalaurea (2010)
LA RIVOLUZIONE INCOMPIUTA: IL LAVORO
La seconda “rivoluzione”, quella del mercato del lavoro, resta largamente incompiuta. Il tasso di partecipazione lavorativa delle donne italiane è sempre il più basso di Europa, mentre il tempo dedicato al lavoro domestico e di cura è sempre il più alto. Tra le donne tra i 20 e i 34 anni nel 2010 il tasso di occupazione è addirittura sceso (al 48 per cento, contro il 50 per cento del 2000).
Una delle ragioni principali per la bassissima partecipazione delle donne italiane è dovuta al fatto che un quarto delle donne occupate esce dal mercato del lavoro alla nascita del primo figlio. Tra le giovani sono addirittura in crescita le interruzioni imposte dal datore di lavoro (oltre la metà del totale). (1) A sperimentare le interruzioni forzate del rapporto di lavoro sono soprattutto le giovani generazioni (il 13,1 per cento tra le madri nate dopo il 1973) e le donne residenti nel Mezzogiorno. Le interruzioni, poi, si trasformano nella maggior parte dei casi in uscite prolungate dal mercato del lavoro: solo il 40 per cento delle donne uscite riprende il lavoro (il 51 per cento al Nord e il 23,5% al Sud).
LA RIVOLUZIONE TRADITA: IN FAMIGLIA
Lontana dal compiersi e “tradita” (dagli uomini) è la rivoluzione all'interno della famiglia, nella ripartizione dei tempi e dei compiti familiari tra uomini e donne, così sbilanciata da creare, vista anche la scarsità di servizi di cura, enormi problemi di conciliazione tra lavoro e maternità e impedendo la crescita dell'occupazione femminile.
La rivoluzione di genere nella politica, poi, non è mai cominciata: ancora oggi, anche per la scarsa presenza di donne in parlamento (59 senatrici su 331 e 134 deputati donna su 630), le istanze e le proposte di legge su parità e politiche sociali a beneficio delle donne hanno un cammino lento e faticoso.
Se negli ultimi anni è mancata la volontà politica di cambiare e rendere più efficiente ed uguale per genere il nostro paese, adesso anche i più forti i vincoli finanziari della crisi economica portano a trascurare le donne nell’agenda politica del paese. Tuttavia ci sono interventi che sarebbero investimenti per il futuro, più che costi, e che potrebbero cominciare a cambiare il contesto in cui le donne (e gli uomini) vivono e lavorano.
COSA DEVE FARE LA POLITICA
Un primo intervento importante sarebbe quello di fornire alle donne incentivi nei settori della formazione tecnico-scientifica (obiettivo strategico già dell’Unione Europea). In Italia questi strumenti sono praticamente assenti.
Un secondo importante intervento sarebbe il ripristino della legge 188/2007 contro le dimissioni in bianco. Si tratta di una norma approvata da una maggioranza trasversale dal secondo Governo Prodi e cancellata dall’ex ministro Sacconi, che prevedeva l’uso di moduli numerati validi al massimo 15 giorni per presentare dimissioni volontarie. Un intervento davvero a costo zero, che consentirebbe di combattere questa pratica discriminatoria ottenendo maggiore occupazione femminile e favorendo la fecondità.
Occorre poi introdurre incentivi ad una più equa divisione del lavoro domestico tra uomini e donne. Interventi cruciali in questa direzione riguardano i congedi parentali. Nell’ottobre del 2010 il Parlamento Europeo ha approvato una legge per proteggere le donne dal licenziamento a causa della maternità e garantire anche ai padri almeno due settimane di congedo obbligatorio (remunerato). Si possono anche estendere i congedi ai padri e pensare a congedi part-time per ambedue i genitori (sull’esempio della Svezia) in modo da ridurre l’impatto negativo sulla carriera e sui salari delle madri. Si tratta, di fatto, di ridistribuire su ambedue i genitori i costi dei congedi parentali. Questo tipo di iniziativa dovrebbe essere sostenuta da campagne di sensibilizzazione per i padri e le imprese. Il congedo ai padri aiuterebbe inoltre a promuovere la cultura della condivisione della cura dei figli, delle responsabilità e anche dei diritti tra madri e padri.
Per le donne che lavorano è poi necessario un maggior sviluppo e monitoraggio delle politiche di conciliazione sul posto di lavoro, anche in applicazione dell’art 9 della legge 53/2000, che promuove e finanzia la messa in atto di buone prassi di conciliazione da parte le imprese. (2)
Infine è necessario aumentare la disponibilità e ridurre il costo per le famiglie dei servizi di cura per i bambini piccoli. Dopo l’intervento "Piano per i nidi 2007" del ministro Bindi, ben poco è stato fatto. In Italia, l'investimento pubblico nei bambini nella prima fase del ciclo di vita è limitato sia rispetto gli altri paesi europei, sia se si confrontano le spese pubbliche destinate a bambini di altre classi di età. La spesa media per i bambini in età 0-2 è infatti del25 per cento inferiore a quella media dei paesi Ocse e pari alla metà della spesa media destinata alle classi di età 6-11 e 12-16.
Figura 2: Spesa pubblica per tipologia di scuola nei paesi OCSE
Fonte: OCSE 2009
Di conseguenza, l’offerta nidi pubblici in Italia oggi è tra le più basse d'Europa e solo il 12 per cento dei bambini sotto i tre anni ha un posto al nido pubblico, contro il 35-40 per cento della Francia e il 55-70 per cento dei paesi nordici. Il legame tra offerta di nidi, lavoro delle madri e risultati scolastici dei bambini è fondamentale. Non solo avere la madre che lavora non pregiudica lo sviluppo della capacità cognitive e comportamentali, come invece erroneamente spesso ritenuto, specie se il minor tempo che la madre trascorre con il figlio è compensato dal tempo di personale qualificato in strutture di elevata qualità, i nidi pubblici appunto. Anzi, quanto minore è il livello di istruzione e di reddito dei genitori, quanto più l’asilo nido assume il ruolo di investimento precoce nei bambini.(3)
Se si riconosce il ruolo dei nidi nel processo di accumulazione di capitale, allora la proposta è quella di inserire il nido nel sistema dell’istruzione scolastica pubblica. Costruire nuovi nidi pubblici è indubbiamente costoso, ma essi sono meritevoli di spesa pubblica come il resto dell’istruzione scolastica. E poi, un maggior numero di asili nido significherebbe una maggiore occupazione (femminile) sia per gli effetti diretti (le educatrici assunte) sia per gli effetti indiretti (più donne con figli potrebbero lavorare). è credibile quindi che, almeno in parte, il costo dei nuovi nidi potrebbe essere sostenuto dagli introiti derivanti dalle imposte sui redditi delle nuove assunte.
(*) Del Boca D., Mencarini L. e Pasqua S. (2012), “Valorizzare le donne conviene. Ruoli di genere nell'economia italiana”, Il Mulino.
Questo artico è pubblicato anche su neodemos.it
(1) Dati dell'Indagine Multiscopo sull'Uso del Tempo dell'ISTAT (2008-2009).
(2) Visentini A. (2012), Sulla parità non bastano i buoni propositi, lavoce.info, 26.01.2012.
(3) Del Boca D., Pasqua S., Pronzato C. (2011) Il nido fa bene ai genitori e ai figli, LaVoce.info, 15.12.2011.
http://www.lavoce.in...ina1002920.html
Ciao, io sono una firma.
#256
Inviato 15 marzo 2012 - 12:20
Deve cazzo costare di meno, pensare di risolvere tutto facendo pagare di piu' la precarietà non ha senso. Detto ciò, due cose. Quando leggo che i dipendenti di Alitalia grazie al Governo Berlusconi e agli ineffabili
sindacati italiani, hanno 7 anni di cassa integrazione mi sento male. Un pò di autocritica non è stata fatta da nessuno, ottimo. Intanto IlFatto di oggi (la vicenda la segue Telese) è contrario comunque, perchè
non si barattano i diritti con i soldi. Detta cosi non vuol dire niente, infatti non vuol dire niente se non che Ilfatto ha cambiato linea editoriale. Prima era un giornale liberale e legalitario, adesso che c'è un governo
che prova a fare qualcosa di liberale è il giornale della FIOM se andrà al governo la sinistra diventerà il giornale di Casa Pound.
ROMA - "Buttate la chiave e firmate questo accordo". Pier Luigi Bersani vede il traguardo dell'intesa sul mercato del lavoro. È una corsa contro il tempo ma ormai il disegno è definito. Susanna Camusso dirà sì al modello tedesco per la revisione dell'articolo 18: i lavoratori potranno essere reintegrati o indennizzati.
Confindustria e le piccole imprese avranno i soldi necessari a garantire le nuove forme di ammortizzatori sociali: 2 miliardi, forse 2,5. E oggi il segretario del Pd, con il responsabile economico Stefano Fassina, vedrà sia Rete imprese sia Emma Marcegaglia, associazioni in grande sofferenza per la crescita sotto zero. "Io li posso incontrare perché conosco i loro problemi", dice con l'orgoglio dell'ex ministro e dell'ex amministratore emiliano. Che è anche una risposta alla recente folgorazione "laburista" di Alfano. Al segretario della Cisl Raffaele Bonanni, con cui si è incontrato ieri, Bersani infine ha chiesto l'impegno a non rompere l'unità sindacale, a tenere insieme il fronte dei lavoratori.
Dopo le frizioni di martedì e l'uscita infelice di Elsa Fornero sulla "paccata di miliardi", ieri è stato il giorno della svolta. In casa democratica danno l'accordo per fatto. "Bastava leggere tra le righe le reazioni alla battuta del ministro del Lavoro. Il web si è scatenato, ma sindacati e partiti sono rimasti zitti", racconta Bersani. Segno che i lavori era già molto avanzati. Nel
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vertice di ieri tra parti sociali e Fornero si è scesi nei dettagli e sono arrivati nuovi passi positivi.
Sindacati e datori di lavoro sigleranno l'intesa su alcune linee guida di riforma. Poi toccherà all'esecutivo preparare il disegno di legge. In pratica, si abbandona il modello della concertazione, ma rimane "il metodo del confronto. E servirà anche in futuro", precisa il segretario del Pd. L'attivismo del segretario ha una doppia lettura. L'attenzione naturale di un partito di sinistra ai temi del lavoro e la tenuta del Partito democratico.
Da subito è apparso evidente che il Pd si sarebbe spaccato in caso di accordo separato. Avrebbe cioè rischiato una scissione, da destra o da sinistra per via di un'ala filo-Cgil molto scettica fin dalla nascita del governo tecnico. Bisognava perciò tutelare i lavoratori e le imprese, ma anche le sorti del Pd. Con la firma della Camusso, fra l'altro, il Pd non avrà molto da temere neanche per le reazioni di Vendola e Di Pietro.
Mancano i soldi adesso. Ma se Bersani si è spinto così avanti qualcosa sul piatto dev'esserci. La sua mediazione serve a percorrere l'ultimo miglio. La Fornero non si sbilancia sulle risorse, tiene le carte coperte. Eppure qualche garanzia è spuntata nei colloqui con le parti sociali. Da Twitter ieri sono scomparse le indiscrezioni sulle riunioni a Palazzo Chigi diffuse in tempo reale dal profilo della Cgil nelle occasioni precedenti. Un altro buon segno. Il silenzio aiuta. Ora il segretario del Pd si prepara a chiudere almeno il match politico nel vertice di maggioranza stasera.
Nel partito ognuno tirerà la coperta dell'intesa dalla sua parte. L'ala laburista guidata da Fassina rivendicherà la difesa dei diritti, la non cancellazione dell'articolo 18, l'estensione di tutele ai precari e a chi rimane senza lavoro in età avanzata vedendo la pensione sempre più lontana dopo la riforma, la Cig estesa anche alle piccole imprese. I moderati metteranno l'accento sull'innovazione del sistema. "Il cambiamento è radicale - sottolinea Francesco Boccia - l'intero pacchetto degli ammortizzatori sociali viene rivoluzionato. Si taglia il cordone ombelicale che lega attraverso la cassa integrazione aziende decotte e lavoratori. E si sostituisce con l'indennità di disoccupazione".
Boccia pensa ad esempio ai lavoratori di Alitalia, che hanno una Cig di 7 anni. Ma le interpretazioni dell'intesa non avranno effetti sulla tenuta complessiva del centrosinistra, garantita soprattutto dall'adesione della Cgil.
Il quadro generale dell'intesa servirà a far uscire i soldi, attesi non solo dalle sigle dei lavoratori ma da grandi imprese e piccole. In questo senso, un aiuto è venuto anche da Corrado Passera, il ministro dello Sviluppo economico che siede sulla poltrona che fu di Bersani.
La promessa di sbloccare in parte i debiti dello Stato nei confronti delle aziende ha funzionato da acceleratore dell'accordo. E in un clima così mutato difficilmente stasera il Pdl potrà permettersi di impugnare ideologicamente la bandiera dell'abolizione dell'articolo 18.
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#257
Inviato 17 marzo 2012 - 04:31
Fiat-Volkswagen, paga e diritti: due operai a confronto
Intervista doppia a Franco Garippo, operaio del consiglio di fabbrica dello stabilimento Volkswagen di Wolfsburg, e a Nina Leone, operaia in cassa integrazione di Fiat-Mirafiori, Torino. Di Mario Caprara, Radio Capital
http://video.repubbl...eo=&ref=HREC1-9
Rodotà beato te che sei morto
A voi la poesia proprio non piace eh?Sempre a rompere il cazzo state.
Con trepidazione vivo solo le partite dell'Inter.
#258
Inviato 20 marzo 2012 - 18:01
Vorrei che qualcuno, sindacato o governo, ci spiegasse che cazzo stanno facendo di importante a parte alzare i contributi (ma vah!) che proprio non lo capisco. E perchè mai poi, questa roba dovrebbe attrarre investitori internazionali, addirittura. La FIOM già in sciopero è l'altra faccia della pantomima.
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#259
Inviato 20 marzo 2012 - 21:05
ricordiamoci che l'eventuale indennizzo per licenziamento economico non è trascurabile, da 15 a 27 mesi....
RICHARD BENSON
#260
Inviato 20 marzo 2012 - 22:32
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#261
Inviato 21 marzo 2012 - 11:22
RICHARD BENSON
#262
Inviato 21 marzo 2012 - 12:18
Io però vorrei capire, a parte i proclami, come si incentivano le aziende a stabilizzare perchè da quello che ho letto è un pò blanda la cosa.
Comunque, notevole la reazione della FIOM e dell'IDV.
Antonio Di Pietro "Siamo pronti ad un Vietnam parlamentare e a scendere in piazza con i lavoratori e i disoccupati".
http://www.repubblic...forma-31936725/
Oggi leggevo sul fatto l'esilarante editoriale di Travaglio, che ormai si è landinizzato. Io veramente, sentendo parlare la Fornero (che lui chiama la Sig.ra Fornero manco fosse una massaia), e leggendo
le reazioni avverto questa sensazione di sceneggiata permanente. Travaglio era quello che si definiva un liberale. Conservatore! In tre mesi è diventato una "tuta blu".
Io lo trovo ridicolo, va bene il marketing, ma adesso siccome non c'è Berlusconi bisogna leccare il culo a qualsiasi protesta.
Beppe Grillo dice cose piu' sensate, cioè che semmai l'art. 18 è un falso problema, poi però pubblica questi post in home page:
http://www.beppegrillo.it/
Qui addirittura la Fornero diventa "quel rottame della Fornero".
Io invece risentirei all'infinito le due parole dette da Monti ieri. Un mito. "Nessuno ha diritto di veto". In Italia poi, assurdo no? Magari ricordarselo anche quando si tratta coi tassisti sarebbe stato meglio.
Ma lui e la Fornero insieme fanno una corazzata, due alieni nello scenario politico italiano.
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#263
Inviato 21 marzo 2012 - 12:31
Quello che preccupa è che la cosa valga anche per il licenziamento "disciplinare". Quali sono i limiti di questa defnizione? Sapete quanto tempo ci vuole per arrivare dal giudice? Perché tutta sto popo di roba si deve decidere in 2 giorni?
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#264
Inviato 21 marzo 2012 - 12:48
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#265
Inviato 21 marzo 2012 - 13:32
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#266
Inviato 21 marzo 2012 - 14:00
Dopo tre anni assunzione coatta? Mi sembra che ci fosse già una norma del genere, aggirata con la conciliazione preventiva fra lavoratore e azienda.
EDIT:
Si sta creando un bell'ambientino:
http://www.repubblic...5/1/?ref=HREA-1
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#267
Inviato 21 marzo 2012 - 14:39
A parte che aspetto di leggere qualcosa di definitivo e completo, ora i dispacci dicono veramente poco.
Quello che preccupa è che la cosa valga anche per il licenziamento "disciplinare". Quali sono i limiti di questa defnizione? Sapete quanto tempo ci vuole per arrivare dal giudice? Perché tutta sto popo di roba si deve decidere in 2 giorni?
Quello che significa ora, suppongo. Il licenziamento possibile dopo almeno tre richiami nel biennio per violazione del regolamento disciplinare sul posto di lavoro o degli obblighi previsti dal contratto di lavoro.
#268
Inviato 21 marzo 2012 - 14:45
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#269
Inviato 21 marzo 2012 - 22:16
A parte che aspetto di leggere qualcosa di definitivo e completo, ora i dispacci dicono veramente poco.
Quello che preccupa è che la cosa valga anche per il licenziamento "disciplinare". Quali sono i limiti di questa defnizione? Sapete quanto tempo ci vuole per arrivare dal giudice? Perché tutta sto popo di roba si deve decidere in 2 giorni?
Quello che significa ora, suppongo. Il licenziamento possibile dopo almeno tre richiami nel biennio per violazione del regolamento disciplinare sul posto di lavoro o degli obblighi previsti dal contratto di lavoro.
Comunque se il problema è quello di chi decide se un licenziamento appartiene a questa o quella categoria, mi pare che la trattativa sia abbastanza semplice. Sentivo prima Bersani, che in effetti ha ragione su questo punto. Ma dovrebbe risolversi con il fatto che sarà il giudice a decidere la fattispecie (e quindi se c'è re-integro o meno). A quel punto tutti saranno contenti, la CGIL ha fatto lo sciopero, Monti la riforma che voleva, Bersani ha ancora un partito.
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#270
Inviato 22 marzo 2012 - 00:33
Oggi leggevo sul fatto l'esilarante editoriale di Travaglio, che ormai si è landinizzato. Io veramente, sentendo parlare la Fornero (che lui chiama la Sig.ra Fornero manco fosse una massaia), e leggendo
le reazioni avverto questa sensazione di sceneggiata permanente. Travaglio era quello che si definiva un liberale. Conservatore! In tre mesi è diventato una "tuta blu".
Io lo trovo ridicolo, va bene il marketing, ma adesso siccome non c'è Berlusconi bisogna leccare il culo a qualsiasi protesta.
io infatti non ho mai sentito fare da parte sua affermazioni che possano davvero ricondurlo a ideali di destra, se non il dire "sono di destra"
RICHARD BENSON
#271
Inviato 22 marzo 2012 - 09:11
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#272
Inviato 22 marzo 2012 - 09:20
difesa dai fannulloni
Ottimo, avanti così: di stereotipo in stereotipo finché a perdere saremo tutti quanti.
P.S.: non sono un lavoratore statale, ma lo sono stato, e ho visto meno fannulloni e inutili di quanti ne veda attualmente presso un privato.
Rodotà beato te che sei morto
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#273
Inviato 22 marzo 2012 - 09:25
Comunque bene così dai, ipertutelati da una parte, mazziati dall'altra. Giusto così.
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#274
Inviato 22 marzo 2012 - 09:30
Che cosa cambierà con l'articolo 18, i contratti a termine e i congedi di paternità, e come funzionerà la nuova "Assicurazione Sociale Per l'Impiego"
21 marzo 2012
La trattativa sulla riforma del lavoro tra il governo e le cosiddette “parti sociali”, cioè i rappresentanti dei lavoratori e quelli delle imprese, è arrivata a una svolta – e a una conclusione – ieri. Il governo aveva detto più volte di avere intenzione di chiudere il negoziato questa settimana e ieri, dopo settimane di incontri e riunioni, ha deciso di stilare un verbale con le posizioni dei vari soggetti coinvolti nella trattativa. Non c’è stato un accordo da firmare, ha spiegato Monti, perché «nessuno ha potere di veto» e perché il governo non apprezza «la cultura del consociativismo» propria della concertazione. Per questo motivo sarà il Parlamento a mettere mano alla proposta di legge, sui cui contenuti – in particolare relativamente all’articolo 18 – tutte le parti sociali acconsentono alle modifiche fatta eccezione per la CGIL. Un incontro conclusivo si terrà giovedì, domani.
Questo è il contenuto della riforma, a oggi. Va preso con le molle, perché sappiamo quanto può essere modificato – e persino stravolto e ribaltato – nel percorso di approvazione parlamentare.
Il contratto “dominante”
Il centro della riforma, ha detto il ministro Fornero, è il contratto a tempo indeterminato come contratto “prevalente” e “dominante” sugli altri. Oltre i 36 mesi di lavoro ogni contratto a tempo determinato diventa automaticamente a tempo indeterminato. Non sarà più possibile fare stage dopo la laurea, definiti dal ministro Fornero «lavoro non retribuito». L’ingresso dei giovani fino a 29 anni nel mondo del lavoro avverrà con un “contratto di apprendistato”, che diventa “contratto di inserimento” per chi ha più di 29 anni. L’apprendistato non potrà durare più di tre anni e dovrà prevedere un percorso di formazione: in caso di mancata assunzione, le competenze del lavoratore saranno comunque certificate.
Per l’intera durata dei contratti a termine, le aziende pagheranno un 1,4 per cento aggiuntivo di tasse. Queste tasse saranno restituite in caso di assunzione a tempo indeterminato del lavoratore – il “premio di stabilizzazione” – altrimenti andranno a finanziare l’ASPI, altra novità introdotta dalla riforma. Il rischio è che durante i contratti a termine l’aumento delle tasse possa essere pagato dallo stesso lavoratore, come già avvenuto in passato, visto che questo è privo di capacità negoziale sull’importo del suo stipendio.
Che cos’è l’ASPI
L’acronimo sta per Assicurazione Sociale Per l’Impiego ed è tecnicamente un ammortizzatore sociale, uno strumento di sostegno del reddito per chi perde il lavoro. Sostituirà a partire dal 2016 l’indennità di mobilità e di disoccupazione ordinaria e sarà, nella definizione del governo, “universale”: coprirà anche i lavoratori con meno anni di esperienza e quelli che hanno contratti atipici e precari, finora esclusi da qualsiasi ammortizzatore sociale (nonché apprendisti e artisti dipendenti).
I lavoratori con due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane di lavoro negli ultimi due anni potranno avere accesso a un assegno mensile da massimo 1.119,32 euro lordi, che si ridurrà del 15 per cento dopo 6 mesi e di un altro 15 per cento dopo altri 6 mesi. L’erogazione potrà durare fino a un anno per chi ha meno di 55 anni, 18 mesi per chi ha più di 55 anni.
Tutti i lavoratori contribuiranno a finanziare l’ASPI: l’1,4 per cento chi ha un contratto a tempo indeterminato, il 2,8 per cento chi ha un contratto precario (realizzando il meccanismo di incentivi e disincentivi di cui al paragrafo precedente). La sovrattassa sui contratti a termine non sarà applicata ai contratti stagionali, tipici delle aziende commerciali e turistiche. Le piccole imprese continueranno a godere di un regime agevolato, verseranno lo 0,40 per cento e non l’1,4 come le grandi imprese.
L’ASPI entrerà in vigore soltanto nel 2016 e “in regime transitorio” per dare il tempo ai lavoratori anziani oggi in mobilità di arrivare alla pensione, grazie anche ai contributi aziendali. La riforma degli ammortizzatori sociali non tocca la cassa integrazione ordinaria, quella straordinaria viene limitata alle aziende in ristrutturazione. Viene superata invece la cassa integrazione in deroga, introdotta nel 2009 per estendere i sussidi alle piccole imprese escluse dalla cassa integrazione. L’ASPI vorrebbe essere la concretizzazione del cambio di approccio del governo, dalla tutela del posto di lavoro alla tutela del lavoratore. Secondo il ministro Fornero l’ASPI arriverà a coprire 12 milioni di lavoratori, dove gli attuali strumenti ne coprono 4.
L’articolo 18
Le norme sui licenziamenti – anche, ma non solo, l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori – vengono modificate dalla riforma. Il governo ha detto di non avere intenzione di tornare sul tema, che considera “chiuso”. Di fatto esisteranno tre fattispecie diverse di licenziamenti, con tre trattamenti diversi (aggiornamento: nel pomeriggio i sindacati hanno chiarito che i lavoratori statali, non si capisce bene per quali ragioni, sono esclusi dall’applicazione delle norme).
Restano proibiti i licenziamenti discriminatori: il reintegro del lavoratore discriminato rimane obbligatorio.
Nei casi di licenziamenti per motivi disciplinari, per il lavoratore che fa ricorso al tribunale del lavoro è previsto il reintegro “se il motivo è inesistente perché il fatto non è stato commesso o se il motivo non è riconducibile al novero delle ipotesi punibili ai sensi dei contratti collettivi nazionali”. Negli altri casi il giudice – se ritenesse il licenziamento comunque ingiustificato – può disporre un indennizzo da 15 a 27 mensilità.
Nel caso dei licenziamenti per motivi economici, in caso di ricorso al tribunale del lavoro il giudice non potrà vagliare le motivazioni economiche – la cui valutazione, quindi, come da orientamento del governo, resta di pertinenza dell’imprenditore – e potrà eventualmente disporre un indennizzo tra le 15 e le 27 mensilità, se ritenesse comunque il licenziamento ingiustificato.
Tutto il resto
Saranno introdotti “vincoli stringenti ed efficaci”, ha detto il ministro Fornero, per evitare gli abusi sui contratti a progetto e intermittenti. Se i lavoratori a partita IVA avranno prestato servizio per un unico committente per sei mesi, scatterà automaticamente il contratto di lavoro subordinato. Il divieto di far firmare le dimissioni in bianco ai lavoratori viene rafforzato da meccanismi che ne impediscano l’aggiramento (la norma riguarda soprattutto le lavoratrici donne). Le associazioni in partecipazione saranno ammesse solo per i familiari di primo grado. Saranno introdotti in via sperimentale i congedi di paternità obbligatori, dice il ministro Fornero, «per far cambiare la mentalità: la maternità non è un fatto solo di donne».
http://www.ilpost.it...o-in-4-punti/
#275
Inviato 22 marzo 2012 - 10:42
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#276
Inviato 22 marzo 2012 - 11:01
Edit. Non a caso Ichino scrivendo Corriere pone esattamente questo tema:
nel caso di licenziamento per motivi economici dovrebbe essere garantita al lavoratore sempre e automaticamente, per evitare l'alea della controversia in tribunale e al tempo stesso per farne un efficace filtro automatico delle scelte imprenditoriali; per altro verso, in coerenza con l'idea di una tutela della stabilità che cresca col crescere dell'anzianità di servizio, si potrebbe rimodulare l'indennità di licenziamento in modo che essa consenta una maggiore facilità di recesso nella prima fase del rapporto e protegga invece di più il percorso verso la nuova occupazionel'indennità prevista
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#277
Inviato 23 marzo 2012 - 18:25
definire meglio la cosa e basta. Sono perplesso sul fatto che il giudice si metta a sindacare su cosa deve fare un'azienda per mantenersi in economia, cosi come non esiste che un'azienda si sceglie
la fattispecie e il giudice non può smentirla. Ieri intanto hanno protestato giustamente secondo me i precari, perchè questa riforma rischia di ammazzarli (ci). Se alzi i contributi (come chiesto dal PD tra l'altro) l'azienda te li scarica
sullo stipendio perchè non ha vincoli e non gli conviene assumerti visto che il co.co.pro rimane piu' conveniente dell'indeterminato. Bel risultato, una specie di tassa sul precario!
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#278
Inviato 23 marzo 2012 - 19:12
http://www.youtube.com/watch?v=QpF_slH7_ok
#279
Inviato 23 marzo 2012 - 21:25
Che dite, il testo devo leggerlo tutto, o potevo anche fermarmi “al solo scopo di abbattere il costo del lavoro aggirando gli obblighi previsti per i rapporti di lavoro subordinato”, cioè all'inizio del primo paragrafo?
http://www.anobii.com/satyajit/books
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#280
Inviato 23 marzo 2012 - 22:35
Voglio vedere ad esempio le compagnie di assicurazione come assumeranno d'ora in poi...
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#281
Inviato 24 marzo 2012 - 09:00
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#282
Inviato 24 marzo 2012 - 11:20
http://www.corriere....3f37f268b.shtml
REALTÀ, PREGIUDIZI E NOSTALGIE
Una trincea ideologica
La riforma del mercato del lavoro è molto più ampia della revisione dell'articolo 18. Estende gli ammortizzatori sociali a categorie che ne sono attualmente escluse, riduce la precarietà. Aspira a stabilizzare e a rendere più facili le assunzioni definitive. È emendabile, ma va nella direzione giusta. Un licenziamento dovuto a ragioni disciplinari, per il quale il giudice può ordinare il reintegro, è aggirabile con una motivazione economica e il solo risarcimento da 15 a 27 mensilità? Certo, lo è. L’abuso va contrastato con norme chiare e rigorose.
Le reazioni sindacali sono tutte comprensibili. Meno i ripensamenti di Bonanni e Centrella che al tavolo con il governo dicono una cosa e poi se la rimangiano, magari dopo aver ascoltato un esponente dell’episcopato. Il travaglio interno del Pd è da rispettare. La dialettica fra laburisti e liberali vivace e salutare. Colpiscono, però, sia la durezza di D’Alema, che parla del governo come un «vigilante di norme confuse», sia di Bersani che teme l’esautorazione delle Camere. Il Parlamento, ai tempi della concertazione, ratificava soltanto gli accordi tra le parti sociali. Il segretario del Pd se ne è uscito anche con la seguente frase: «Non morirò monetizzando il lavoro». Nobile e curioso. Solo l’1 per cento delle pratiche di licenziamento gestite dalla sola Cgil tra il 2007 e il 2011 è sfociato in riassunzioni o reintegri. E poi: gli accordi sui prepensionamenti e sugli esodi incentivati che cosa sono se non una monetizzazione di posti di lavoro che spariscono?
I toni apocalittici di molti commenti sono poi inquietanti. Descrivono un Paese irreale. Tradiscono una visione novecentesca, ideologica e da lotta di classe, che non corrisponde più alla realtà della stragrande maggioranza dei luoghi di lavoro. Dipingono gli imprenditori (che hanno le loro colpe) come un branco di lupi assetati che non aspetta altro se non licenziare migliaia di dipendenti. Come se adesso le aziende in crisi, e non sono poche purtroppo, non riducessero l’occupazione e non vi fosse il dramma di tanti lavoratori abbandonati in cassa integrazione o senza sussidi e possibilità di un reimpiego. E come se l’Italia non fosse ricca di tantissime realtà, grandi e piccole, in cui il lavoro è difeso e rispettato. E, ancora, tanti imprenditori e dipendenti non condividessero le stesse ansie e lo stesso amore per ciò che producono e per i valori comuni di cui sono portatori. Sono commenti che paventano il sibilo di una tagliola che cadrebbe, in un sol colpo, su decenni di conquiste dei lavoratori.
Scrive Guido Viale su il manifesto: «I capi girano nei reparti e minacciano i delegati non allineati e gli operai che resistono all’intensificazione del lavoro annunciando: appena passa l’abolizione dell’articolo 18 siete fuori!». Davvero è questo il clima che si respira nelle fabbriche, al di là di qualche isolato episodio? O è una ripetizione logora di schemi mentali del passato, il tentativo di creare un solco ideologico, una trincea fra capitale e lavoro, la costruzione artificiosa di un nemico di classe?
Lo Statuto dei lavoratori fu, nel 1970, un’importante conquista sociale. Sono passati 42 anni, la società è cresciuta, i diritti sono meglio protetti. Ma in parti del sindacato e della sinistra la nostalgia per quegli anni di lotte operaie e studentesche è forte. La storia andrebbe riletta, anche per risparmiarci le code spiacevoli e le derive violente di cui dovremmo coltivare la memoria.
Ferruccio de Bortoli
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#283
Inviato 24 marzo 2012 - 11:44
Le mie impressioni:
Cose positive:
- sulle p.iva non mi pare sia cosmetica, perchè i paletti sono difficili da aggirare (6 mesi di rapporto continuativo e 75% del tuo fatturato, come li aggiri?).
- nel 2018 enterà in vigore una specie di contratto unico, visto che i contributi dei contratti a tempo determinato ed indeterminato saranno uguali
- il contratto di apprendistato è un buon modo di favorire l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro
- gli ammortizzatori sociali vengono finalmente razionalizzati ponendo fine a casse integrazioni infinite (es. alitalia in cui sommandoci la mobilità si arrva a 7 anni senza fare un cazzo)
- viene introdotta la possibilità di licenziare gli incapaci pagando caro (ed è giusto perchè sei tu azienda ad averli scelti)
- tutto è meglio della situazione attuale.
cose negative:
- non è chiaro come funzionerà l'ASPI, soprattutto se sarà davvero universale perchè i criteri rimangono confusi (almeno per me).
- la mini ASPI sembra piu' un'elemosina che altro
- il ri-ordino dei contri impiego è molto vago e in là nel tempo (se non c'è questo salta tutto)
- la velocizzazione delle controversie è rimandata (anche qui, senza questo è il caos)
- se il sistema parte un pezzo prima e uno dopo, non funzionerà
- l'indeterminato continuerà a costare troppo quindi gli effetti sull'occupazione potrebbero essere addirittura negativi
- le sanzioni sui finti co.co.pro sono aggirabili e nel breve i lavoratori se la prenderanno nel culo
- la norma sui licenziamenti economici è aggirabile (ma su questo dovrebbero intervenire)
- sul tirocinio gratis è indietro tutta, il testo non torna con quanto dichiarato dalla Fornero.
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#284
Inviato 24 marzo 2012 - 12:00
- tutto è meglio della situazione attuale.
Sul resto si discuterà a lungo, ma questo principio non riesco a farmelo piacere, anche perché senza il reintegro si scatenerà un putiferio di cause giudiziarie che investirà pure la già difficile situazione della giustizia.
p.s.: tra l'altro, quello che mi manda fuori di testa delle cazzate che dice De Bortoli è che questa gente poi fa "communis opinio", e conclude con "i diritti sono meglio protetti". Revisionismo allucinante.
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#285
Inviato 24 marzo 2012 - 12:56
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#286
Inviato 24 marzo 2012 - 13:04
L'articolo di De Bortoli non l'ho letto leggendolo. Non dice niente.
Già il ricondurre ogni critica e opposizione a mera "nostalgia" è una delegittimazione degli interlocutori del governo, l'esatto opposto di qualunque spirito di confronto civile e democratico. Per il resto, fa affermazioni pretestuose e false sulla situazione del lavoro in Italia, senza portare uno straccio di numero o di prova. E oggi lo leggeranno milioni di persone, non poche di esse FUORI dal mondo del lavoro (pensionati ecc), e penseranno che ha ragione lui.
P.S.: tra l'altro, si è guardato bene dal citare le motivazioni della sentenza della Corte di cassazione di Potenza, che invece sarebbero utilissime per leggere la situazione attuale:
"Licenziati per liberarsi di tre sindacalisti", ecco la sentenza sul reintegro degli operai Fiat
Quei licenziamenti rappresentano "nulla più che misure adottate" dalla Fiat "per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo" nello stabilimento di Melfi (Potenza): lascia spazio a poche interpretazioni la convinzione a cui giungono i giudici del lavoro della Corte d'Appello di Potenza nelle motivazioni della sentenza letta lo scorso 23 febbraio. Un mese fa la Corte decise di reintegrare Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, i tre operai licenziati nel 2010 perché, secondo la Fiat, nella notte tra il 6 e il 7 luglio di quell'anno avrebbero bloccato volontariamente la produzione, con un grave atto di insubordinazione e di sfida, andando quindi oltre i limiti del diritto di sciopero.
http://notizie.tisca...otivazioni.html
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#287
Inviato 24 marzo 2012 - 13:38
Io aggiungerei fra le cose negative che probabilmente la riforma non sarà mai approvata dal parlamento il parlamento (a meno che prima o poi Monti non decida di porvi sopra la fiducia).cose negative:
Per la cronaca, Schifani ha detto che cercheranno di approvarla entro le ferie estive, basta poco perché vadano a ottobre quando però hanno da discutere la nuova finanziaria, allora slittano a inizio 2013 quando però siamo già in campagna elettorale per la fine legislatura, quindi la butteranno via allegramente.
in nineteen sixty-three
Ogni vita ha peso e dimenticanza calcolabili
"What kind of music do you usually have here?"
"Oh, we got both kinds. We got Country, and Western."
#288
Inviato 24 marzo 2012 - 13:43
Io aggiungerei fra le cose negative che probabilmente la riforma non sarà mai approvata dal parlamento il parlamento (a meno che prima o poi Monti non decida di porvi sopra la fiducia).
cose negative:
Per la cronaca, Schifani ha detto che cercheranno di approvarla entro le ferie estive, basta poco perché vadano a ottobre quando però hanno da discutere la nuova finanziaria, allora slittano a inizio 2013 quando però siamo già in campagna elettorale per la fine legislatura, quindi la butteranno via allegramente.
La fiducia non possono metterla, altrimenti il pd si sfila o capitola su tutta la linea.
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#289
Inviato 24 marzo 2012 - 14:07
in Spagna infatti esiste il sussidio di disoccupazione x tutti i tipi di contratto ed è molto generoso, ma non serve a nulla proprio perché i centri per l' impiego non funzionano e non controllano !!!! Oltretutto é a tempo determinato, una volta finito sei sulla strada. Esattamente come il modello della riforma della Fornero. Invece in Germania, in Francia e in tutti i Paesi nordici dopo si entra nel cosidetto reddito di reinserimento + un bonus affitto e altre cosette. Non si possono rendere facili i licenziamenti degli ultracinquantenni senza il reddito di reinserimento a tempo indeterminato perché a quell' etá é difficilissimo rientrare nel mondo del lavoro: tutti i casi che conosco vanno avanti a lavoretti e aiuti della famiglia !!!! Non é ammissibile la risposta che in Italia e sopratutto al Sud in molti se ne approfiterebbero. Basterebbe copiare almeno il modello di Cameron, la Destra inglese: il centro dell' impiego dovrebbe dare un serivizio di orientamento e corsi di riqualificazione, durissimi controlli su eventuali altre entrate, chiamate x lavoretti giusto x evitar un contemporaneo lavoro in nero, disponibilità ad accettare corsi e lavori offerti pena la perdita del sussidio.
Senza questo reddito minimo di reinserimento ci ritroveremo in pochi anni un durissimo conflitto sociale e storie di cronaca di stragi sul lavoro di parecchi disperati che perderanno la testa !!!!
#290
Inviato 24 marzo 2012 - 14:29
il centro dell' impiego dovrebbe dare un serivizio di orientamento e corsi di riqualificazione, durissimi controlli su eventuali altre entrate, chiamate x lavoretti giusto x evitar un contemporaneo lavoro in nero, disponibilità ad accettare corsi e lavori offerti pena la perdita del sussidio.
Senza questo reddito minimo di reinserimento ci ritroveremo in pochi anni un durissimo conflitto sociale e storie di cronaca di stragi sul lavoro di parecchi disperati che perderanno la testa !!!!
Infatti questo è un punto fondamentale senza il quale la riforma è completamente inutile. Gli attuali uffici di collocamento italiano sono un luogo mistico, entrarci dentro è come calarsi un acido. Gente che lavora ma non si capisce a cosa, file incrociate, annunci sparsi a caso sui muri, spacciatori di lavoro in nero fuori ad addescarti, ma soprattutto conosco gente che si è iscritta negli anni 90 ed è stata chiamata due anni fa per il primo colloquio. A me non mi hanno chiamato, per dire. Per non parlare dei corsi di formazione organizzati con i fondi UE. Li c'è poco di mistico, è proprio un furto palese di speranze e tempo, a vantaggio di una mafia che non si capisce nemmeno a chi faccia riferimento. Non si sa con chi prendersela.
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#291
Inviato 24 marzo 2012 - 14:41
Il contratto unico che volevano i sindacati era l'indeterminato per tutti con articolo 18 esteso anche alle PMI.
Io mi riferivo alla proposta diTito Boeri, non a quelle dei sindacati.
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#292
Inviato 25 marzo 2012 - 13:42
non accederanno! E' una cosa incredibile. Rimane l'una tantum (forse, manco è sicuro perchè non ci sono i fondi). E' una cosa che se non fosse tragica sarebbe da ridere a crepapelle. Una riforma fatta per i precari che gli fa pagare piu' tasse ma li esclude dalla protezione che vanno ad alimentare. Tra l'altro nessun partito ne parla, tutti concentrati su sto cazzo di articolo 18 e anzi soddisfatti della parte sui precari. E beh, ottimo eh. Poi i tecnici diocristo, ma che cazzo hanno studiato e insegnato a fare per arrivare ad una simile idiozia?
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#293
Inviato 25 marzo 2012 - 18:51
Addiritura si prospetta una situazione di precarietà peggiore della Spagna, dove anche se si puo licenziare come nulla, però tutti i contratti hanno diritto al sussidio, perche versano la stessa percentuale all' ASPI locale e basta un anno di lavoro per aver 4 mesi al 70 % per anno lavorato. Io attualmente vivo in Spragna, non percepisco bene come in Italia i precari vivano la prospettiva di questa riforma, ma mi chiedo come sia possibile che nessuno dica nulla, dov' è la Sinistra ?
#294
Inviato 25 marzo 2012 - 19:25
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#295
Inviato 25 marzo 2012 - 19:29
#296
Inviato 25 marzo 2012 - 20:27
http://www.corriere....cedimento.shtml
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#297
Inviato 26 marzo 2012 - 15:58
E' uscita una versione ri-arrangiata della norma sui licenziamenti economici. Vale la pena leggerla perchè è molto diversa dalla versione originale. Il corriere ha fatto una buona cover.
http://www.corriere....cedimento.shtml
Due cose francamente pazzesche:
- solo se vai in tribunale ti danno i soldi? Tra l'altro spero vivamente il Corriere abbia preso una cantonata* quando dice: "se il giudice accerta l'esistenza di un motivo economico". A logica sarebbe se accerta la "NON" esistenza di un motivo economico. Altrimenti saremmo al ridicolo al quadrato, cioè l'indennizzo spetterebbe a tutti i licenziati per motivi economici che vanno dal giudice. Agli altri che non vanno dal giudice no. Mentre ai licenziati ingiustamente spetta il reintegro? Cioè usano il filtro della giustizia per tagliare le richieste di indennizzo? Dai è folle o del tutto intenzionale, ditemi che non è così.
- la pre-commissione che precede il tribunale. Accadeva così fino ad un annetto fa. Ci sono passato anche io 2-3 volte. Sistematicamente le controparti la disertano, è solo un modo per perdere tempo. Aggiungete i tempi ridicoli della giustizia e il quadretto è completo.
* infatti nella prima versione si diceva che il giudice decideva o il reintegro o l'indennizzo.
Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.
#298
Inviato 26 marzo 2012 - 21:39
Non so dire se me l'aspettavo o no, in fondo è Giannino ma è sempre radio24, però in pratica il caro Oscar dà ragione
a tutte le critiche fatte a questo provvedimento (riuscendo a fare andare d'accordo Fassina con Cazzullo). A sentire
dai politici ospiti (Pd e PDL) non sembra nemmeno difficile trovare una soluzione. Il problema è piu' che altro l'orgoglio dei professori che questa volta hanno fatto un gran casino.
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#299
Inviato 27 marzo 2012 - 10:24
di Tito Boeri e Pietro Garibaldi 22.03.2012
La riforma del lavoro ha due pregi e molti difetti. I pregi consistono nell'aver messo fine al potere di veto delle parti sociali e nell'ampiezza dei temi affrontati. Sull'articolo 18, le nuove norme danno più potere ai giudici e aumentano l'incertezza. Non si allarga la platea dei potenziali beneficiari degli ammortizzatori sociali. Gli interventi sul dualismo possono peggiorare la condizione dei lavoratori e aggravano i costi delle imprese senza offrire una vera nuova modalità contrattuale in ingresso. Con il rischio che tutto questo riduca fortemente la domanda di lavoro.
La riforma del lavoro che si va delineando ha due pregi e molti difetti.
Il primo pregio è nel metodo. Sancisce, almeno sulla carta, la fine del diritto di veto delle parti sociali. Il lungo negoziato si concluderà senza firme, ma con un verbale in cui si annotano le differenti posizioni. E poi il governo procederà comunque. Staremo a vedere se il Parlamento permetterà all’esecutivo di intervenire senza il consenso delle parti sociali. Sembra, infatti, che si procederà non per decreto - come sin qui previsto nel caso di accordo - ma per legge delega e sappiamo quanto lungo, tortuoso e spesso inconcludente sia il loro processo di attuazione . Ad ogni modo, la novità è importante e positiva: le parti sociali non possono porre il veto su materie di portata così generale.
Il secondo pregio è nell’ampiezza della riforma. I problemi da affrontare erano quattro: 1) l’entrata nel mercato del lavoro 2) la cosiddetta “flessibilità in uscita” 3) il riordino degli ammortizzatori sociali e 4) il dualismo fra lavoratori precari e lavoratori assunti con i contratti di lavoro a tempo indeterminato. La riforma indubbiamente affronta tutti questi temi.
Purtroppo questa ampiezza avviene a scapito della profondità e si ha come l’impressione di un intervento voluto dal principe di Salina, “affinché tutto cambi perché nulla cambi”, per accontentare gli investitori esteri con il tabù infranto dell’articolo 18 e l’opposizione ricercata della Cgil (segnale del fatto che “è una riforma vera”), ma volendo di fatto conservare lo status quo. Vediamo perché, iniziando dalla flessibilità in uscita, dall’articolo 18.
L’ARTICOLO 18 E LE NUOVE REGOLE DELLA ROULETTE
La riforma dell’articolo 18 non riduce l'incertezza per le imprese dal partecipare alla roulette russa del licenziamento. La nuova norma, stando a quanto dichiarato dal ministro Fornero e ai testi circolati sino a oggi, lascia in vigore il fronte esistente tra licenziamento giuridicamente legittimo e illegittimo, ma ne apre uno nuovo: quello della distinzione fra licenziamenti economici individuali e licenziamenti disciplinari. Fino a oggi, il lavoratore licenziato in maniera illegittima non aveva interesse a chiedere di far valere la distinzione fra licenziamento disciplinare e licenziamento economico. Con la nuova norma, la distinzione diventa cruciale. Col licenziamento disciplinare, infatti, il lavoratore è maggiormente compensato e, giudice permettendo, può essere reintegrato. La distinzione fra licenziamento economico e disciplinare è nella pratica molto labile. Chi è davvero in grado di stabilire se un lavoratore è poco produttivo perché lavora male (licenziamento disciplinare) o perché inserito in un’unità in crisi in cui non può “dare di più” (licenziamento economico)? In verità, tutte e due le ragioni sono sempre vere, altrimenti l’azienda non lo avrebbe licenziato. Per questo il contenzioso inevitabilmente finirà per riguardare anche la qualifica, economica o disciplinare, del licenziamento.
Insomma, con la riforma si trasferisce un potere enorme ai giudici che, d’ora in poi, dovranno prendere le seguenti decisioni:
- Se il licenziamento è legittimo o illegittimo.
- Nel caso in cui fosse illegittimo, se è discriminatorio o non discriminatorio.
- Nel caso in cui non sia legittimo e non discriminatorio, se il licenziamento è economico o disciplinare.
- Nel caso in cui il licenziamento sia disciplinare, se si deve imporre la reintegrazione o solo il risarcimento del lavoratore.
Rimane l’incentivo per le imprese a procedere a licenziamenti collettivi anziché individuali. I primi costano molto di meno dei secondi. È paradossale che la legge incoraggi le imprese a decidere licenziamenti in massa anziché a graduarli nel corso del tempo onde ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro locale. Infine, nulla cambia per le piccole imprese, quelle con meno di 15 addetti, a dispetto da quanto dichiarato dal ministro Fornero. I licenziamenti discriminatori erano nulli per queste imprese già prima della riforma.
IL MANCATO RIORDINO DEGLI AMMORTIZZATORI
Non c’è allargamento nella platea dei potenziali beneficiari degli ammortizzatori sociali, estesa dalla riforma ai soli apprendisti e artisti-dipendenti, meno di 300mila persone in tutto. I lavoratori a progetto e i precari continueranno a essere esclusi. Non c’è riordino degli strumenti esistenti. Ad esempio, non verrà abolita la cassa integrazione straordinaria, né di fatto la cassa integrazione in deroga, che è destinata a trasformarsi in un ampio numero di fondi di solidarietà, presumibilmente uno per settore produttivo. Né viene soppresso il sussidio di disoccupazione a requisiti ridotti e l’indennità speciale per i lavoratori agricoli e nell’edilizia, che servono oggi per lo più a integrare i salari di chi già lavora, piuttosto che ad aiutare chi ha perso il lavoro e ne sta cercando un altro. Vero è che la riforma si propone di dare i sussidi solo a chi è disoccupato, ma non è chiaro come si raggiungerà questo obiettivo tenendo in vita strumenti (e amministrazioni che li gestiscono) che sin qui hanno operato in modo molto diverso.
L’obiettivo essenziale di una riforma degli ammortizzatori deve essere quello di costruire pilastri assicurativi che siano in grado di reggersi sui contributi degli assicurati, lavoratori e imprese. L’equilibrio finanziario degli strumenti non deve necessariamente valere anno per anno, ma nell’ambito di un intero ciclo economico. Un buon sistema dovrebbe accumulare dei surplus durante i periodi di crescita, se necessario aumentando i contributi di lavoratori e imprese quando l’economia tira, e usare i surplus per pagare i sussidi e ridurre i contributi di lavoratori e imprese durante le recessioni. Il tutto senza richiedere l’intervento della fiscalità generale. Questa deve servire solo per finanziare l’assistenza sociale di base, quella riservata a chi ha esaurito il periodo di fruizione massima delle assicurazioni sociali, schemi a orario ridotto e sussidi di disoccupazione, e altrimenti cadrebbe in condizione di povertà.
Avevamo già sostenuto che la recessione non è il momento migliore per avviare queste riforme. Si rischia, infatti, di far decollare nuovi strumenti che sono strutturalmente in passivo e che richiederanno, ben oltre la recessione, trasferimenti dalla fiscalità generale. Siamo sicuri che nell’ambito della trattativa sono state svolte simulazioni dei costi dei nuovi strumenti e delle entrate contributive che verranno loro destinate. Sarebbe opportuno rendere edotti di queste stime tutti i contribuenti, dato che rischiano di doverci mettere altro, non preventivato, di tasca loro.
IL DUALISMO PRECARI NON PRECARI E IL “PARADOSSO” DEL COSTO DEL LAVORO
La riforma ridurrà in parte le differenze tra lavori precari e non. I lavori precari costeranno di più in termini di contributi, sia nel caso di contratti a tempo determinato che di lavori a progetto. Ciò avviene aumentando il cuneo fiscale, la differenza tra costo del lavoro pagato dalle imprese e reddito netto percepito dal lavoratore. Nel caso di un vero riordino degli ammortizzatori, l’aumento dei contributi avrebbe potuto apparire ai lavoratori come un premio assicurativo piuttosto che una tassa. Così il legame fra contributi e prestazioni sarà tutt’altro che evidente.
In assenza di un salario minimo, nel caso di lavoratori a progetto e altri lavoratori parasubordinati, il maggiore carico contributivo potrà facilmente essere fatto pagare al dipendente sotto forma di salari più bassi. I lavoratori parasubordinati stanno già ricevendo lettere dai datori di lavoro in cui si annunciano riduzioni del loro compenso nel caso di riforme che aggravino i costi delle imprese.
I MECCANISMI DI ENTRATA
Il meccanismo principale di entrata sarà quello dell'apprendistato. È un contratto che offre poche protezioni durante il periodo formativo, perché può essere interrotto al termine del periodo di apprendistato senza alcun indennizzo. Inoltre si applica soltanto ai giovani fino a 29 anni, mentre oggi più del 50 per cento dei lavoratori precari ha più di 35 anni. Le parti sociali si aspettano anche un alleggerimento fiscale per l’apprendistato. Quello di aver aperto il portafoglio è stato forse il maggiore errore negoziale fatto del governo, poiché non è servito nemmeno a “comprare” il consenso delle parti sociali. E avrà effetti negativi sul deficit di bilancio. Non c’è neanche il gradualismo nelle tutele, il loro incremento progressivo con l’anzianità di servizio che avrebbe incoraggiato i datori di lavoro a offrire fin da subito contratti a tempo indeterminato.
In conclusione, gli interventi sul dualismo possono peggiorare la condizione dei lavoratori duali e aggravano i costi delle imprese senza offrire una vera e propria nuova modalità contrattuale in ingresso. Tutto questo rischia di ridurre fortemente la domanda di lavoro.
La vera sconfitta e il vero paradosso sarebbe proprio quello che la grande riforma non solo cambi tutto per non cambiare nulla, ma addirittura riduca il numero dei lavoratori occupati.
Ciao, io sono una firma.
#300
Inviato 27 marzo 2012 - 11:27
EDIT
Comincio a pensare che avesse capito tutto 30 anni fa Carmelo Bene (tra l'altro quest'anno è decennale della morte) quando diceva che lui voleva essere ignorato. Perchè quando si accorgono di te, scatta una specie di impulso per cui cominciano a caricarti di balzelli, procedure, ma soprattutto tasse. Mi immagino che se con la storia dei carburanti domani cominciassimo ad andare tutti in bici tempo qualche mese e il governo direbbe "C'è questo fenomeno nuovo, che va sostenuto" e quindi ti ritroveresti con l'obbligo della targa, del bollo, della revisione annuale, il tutto nell'ottica di aumentare le piste ciclabili. Nel frattempo però tutto quello che versi andrebbe in un fondo generale, utilizzato poi a piacimento.
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