andiamo a nozze allora.
sto cercando di sintetizzare sotto l'espressione tutt'altro che cartesiana "psichedelia espansa ai limiti" in soli sedici giga, una sorta di morphing disumano/lancinante/post morte che riesca a soddisfare la mia voglia musicale di un quindicennio di miserabile ricerca di ogni mostruosità sonora possibile, ma anche tiepida. cerco di passare da una sorta di soffice acid rock americano dei tardi sessanta con chitarre fuzz a profusione all'estrema ricerca della struttura tisica del doom che amo di più quello dei Saint Vitus, attraversando la metropoli impazzita di stomatiti industriali e post industriali tendenti all'ambient noise che per illusione toccano l'ambito cristologico di una nuova musica cosmica; dalla ricerca vocale applicata all'elettronica di una diamanda galas alle purezze degli stereolab attraversando selciati marci di ambient house di marca strettamente orb e lepidezze-cisti della scena psichedelica rock innocente mica tanto dei primi ottanta, preparando una mega torta di post rock inglese e retroazione violentissima giapponese e quasi silenzi americani firmati jim o'rourke sbracando come un cane randagio nelle menti malate dei più grandi avanguardisti piegati alla musica per librerie borgesiane intrippandomi con gruppi che solo scaruffi e giorgio armani conoscevano, tipo i migliori pram di sempre. un mix che tende alla completa trascendenza personale, al delirio-estasi non testimoniabile, in completa polemica con tutta la fenomenologia di prima applicazione husserliana tendente a un solipsismo-fondazione che non contesto ma nemmeno mi rende virtualmente concorde: provo anche i biscottini del death metal americano ma quello meno conosciuto avvolto da un mistero apocalittico e mischio questa valanga stridente con altra malta tipo secondi neurosis e ritorno in patria per ballare il tango con maurizio bianchi e certi bastoncini findus di prog che non strizza troppo l'occhio al cromatismo para orchestrale di quello britannico.