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Respiro Internazionale De Che?


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122 replies to this topic

#101 Seattle Sound

    Non sono pigro,è che non me ne frega un cazzo.

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Inviato 13 dicembre 2014 - 16:44

 

 

 

 

 

 

esatto, qua ci dimentichiamo dei concorrenti di Sarabanda, dei marino bartoletti della porta accanto.

 

 

 

se non altro parlano di cose che conoscono e a cui si avvicinano con un'idea propria, magari anche limitata, lo ammetto

 

non pensavo che Ranieri fosse considerato trash come Toto, lo ritengo più uno su cui c'è una condivisione di giudizio abbastanza ampia, dalla casalinga di Voghera al giovane hipster  (ti cito)

 

 

no, non ho mica detto che Ranieri è trash, ma che sia fondamentalmente un reazionario (di grande stile) penso si possa ammettere.

 

 

quello sì, boh vabbeh, poi il termine reazionario nel suo caso funziona solo in ambito strettamente musicale perché come contenuti tra lui e Celentano (che avevi citato tra gli innovatori), anche per ideologie politiche apertamente dichiarate più volte da entrambi (Ranieri è anche attivo), direi che il reazionario è Adriano

 

 

anche extra-musica con la patata bollente 


  • 1

Alfonso Signorini: "Hai mai aperto una cozza?"
Emanuele Filiberto: "Sì, guarda, tante. Ma tante..."
(La Notte degli Chef, Canale 5)

 

"simpatico comunque eh" (Fily, Forum Ondarock)

 

"passere lynchane che finiscono scopate dai rammstein"

"Io ho sofferto moltissimo per questo tipo di dipendenza e credo di poterlo aiutare. Se qualcuno lo conosce e sente questo appello mi faccia fare una telefonata da lui, io posso aiutarlo"
(Rocco Siffredi, videomessaggio sul web)


"Ah, dei campi da tennis. Come diceva Battiato nella sua canzone La Cura"


#102 slothrop

    Enciclopedista

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Inviato 13 dicembre 2014 - 17:22

beh, cavoli, per il livello della tv generalista italiana i programmi di Ranieri sono di livello clamoroso a dir poco.


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#103 veryc

    E i ramo' ?

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Inviato 13 dicembre 2014 - 17:53

Il topic è veramente molto interessante.

Solo che leggo un po' di generalizzazioni tagliate con l'accetta di cui non sono convinto e che forse richiederebbero più cautela.

Dalla mia minima esperienza vedo ormai una frammentazione degli ascolti sempre più incredibile ed una difficoltà sempre maggiore a delimitare il pubblico di ascoltatori in categorie. Parlate molto di pubblico di Pitchfork, indie tedeschi, commenti stranieri su rym come un unicum, ma io inizio a pensare che non sia proprio così. Cosa ascoltano gli indie italiani?

 

Wago potresti approfondire ancora di più perchè che gli Uochi Toki abbiano respiro internazionale e i Perturbazione no? (per citarne due che hai nominato)


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Ha già fatto tutto Black Mirror

 


#104 Gozer

    Grande eletto non anglofonista Kadosch

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Inviato 13 dicembre 2014 - 18:05

 

Wago: Provo a riportare un po' IT e fuori dal bieco autobiografismo. 

Intanto, non penso che nel caso mio e di altri ci sia di mezzo un consapevole e deliberato "precludersi universi musicali completamente differenti". Esattamente come un appassionato di rock che si appassiona a una determinata scena non sceglie di "precludersi" le altre - o generi come il jazz o la classica - ma semplicemente li mette fra parentesi, li rinvia a un altro momento, non li mette al centro della sua attenzione del momento
 

Per risponderti però mi fai uscire dall'autobiografismo tuo e mi fai entrare nel mio. ashd

Certo che è come dici tu, tuttavia jazz e classica stanno lì, li subiamo più o meno involontariamente con gli stessi meccanismi del pop-rock, seppur in maniera minore. Tutti sappiamo della loro esistenza, tutti ne conosciamo un tot di pezzi grossi, tutti prima o poi l'ascoltiamo per i fatti nostri, o siamo comunque consapevoli che stanno lì a fianco e ci basta un passo. 
 
Della musica di cui sto parlando io non siamo consapevoli manco per niente. Te lo sto dicendo adesso io che c'è (sto schematizzando il discorso, so che della cosa avevi una certa consapevolezza, ma per molti altri non è così: per capirsi, qualche tempo fa feci un sondaggino fra miei conoscenti chiedendogli quale fosse la band giapponese più famosa fra un tot di nomi elencati. La maggior parte rispose i Boredoms, mettendoli sopra a gente che in patria ha venduto decine di milioni di copie).
Però tu mi rispondi che siccome non capisci i testi - che leggi una volta su duecento - non ti ci interesserai, e lo scrivi con un tono che mi sembra anche abbastanza perentorio e sa di "mai". 
 
 

Interessarsi a queste musiche immagino abbia voluto dire per te rivedere alcuni aspetti del tuo approccio alla musica, rinunciare ad alcuni paletti e punti cardinali per costruire mappe diverse, e magari scoprire di dover abbattere alcuni pregiudizi che manco sapevi di avere. 

Così come a te è successa questa cosa - e non penso tu potessi aspettartela, qualche anno fa - lo stesso può succedere ad altri, ognuno per la sua strada. Ciascun ascoltatore però ha bisogno di un motivo, di una strada che lo conduca lì.

Ovviamente anche io mi ci sono interessato nel momento in cui ero cotto abbastanza per potermici interessare, il punto è che io non ho avuto nessuno che mi facesse rendere conto di queste scene, mi ci sono imbattuto in maniera del tutto casuale in un momento in cui ero un po' annoiato dagli schemi della musica anglofona e che mi ha quindi visto da subito ricettivo. In retrospettiva però mi rendo conto che è stata una semplice coincidenza e che ho rischiato di perdermi tutto ciò.

 
Ora, noi siamo qui per scambiarci consigli e pareri su ciò che ascoltiamo. Dunque per quale motivo non dovrei tentare di spacciare questa roba? Tanto tempo qui ce lo perderei comunque, come voi, quindi se anziché buttarlo sui Pink Floyd lo butto su Luis Alberto Spinetta a me all'atto pratico non cambia niente. Potrebbe però cambiare qualcosa a chi si trovasse in una situazione di ricettività analoga alla mia di qualche anno fa e, per pura coincidenza, rischiasse di perdersi tutto ciò. 
 
Quello che semmai mi stupisce è vedere come a grosso di voi le cose stiano bene così, cioè come la musica anglofona (e quel poco di non anglofona ma filtrata secondo i punti che ho elencato a inizio thread) davvero soddisfi il vostro fabbisogno: posso capire che valga per ascoltatori giovani e con pochi ascolti, lo capisco meno per chi ha mangiato quintali di musica.
 
Fai l'esempio dell'ascoltatore che fino a oggi non ha mai sentito musica di un determinato genere e poi all'improvviso ci si apre. Ma la lingua è una barriera enormemente più alta del genere. Se sei convinto che l'apertura a generi che prima non conoscevi abbia rappresentato un grande salto nel tuo percorso, tutto quello che posso dirti è che lo pensavo pure io, ma che quando ho iniziato a ascoltare musica in altre lingue mi sono reso conto che si trattava di minuscoli passetti rispetto al penetrare la musica di altre culture, anche quando questa si esprime mediante generi a cui ero già avvezzo (e infatti fai l'esempio del prog dell'est, che ti suona diverso dal prog anglofono. Non so invece quanto credere al fatto che lo ritieni "sbagliato", visto che oggi su Facebook hai postato con un certo entusiasmo i Solaris, più ungheresi di Bela Lugosi - ok, era un disco strumentale).
In sostanza sì, serve la scintilla, ma la scintilla potrà arrivare più facilmente nel momento in cui sei consapevole che questa roba esiste, rispetto a uno che la ignora.

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#105 solaris

    Simmetriade.

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Inviato 13 dicembre 2014 - 20:18

Personalmente mi curo poco della provenienza geografica di ciò che ascolto, ma questo non vuol dire che la mia libreria sia infarcita di brani dalla provenienza esotica. I testi non sono una discriminante quanto piuttosto il "suono" delle lingue - il portoghese ad esempio è molto caratterizzante e si porta dietro una connotazione molto marcata -, e in generale è il suono dell'album la discriminante, la fonte di un pregiudizio culturale a cui anche l'esotico deve attenersi per avere visibilità (Tinariwen?).

Questo causa una serie di fenomeni curiosi, per cui godo delle influenze arabe in Battiato o ascolto Passion - Sources probabilmente solo perché Gabriel ci ha messo un'etichetta su, accontentandomi di quell'assaggio di quel mondo senza andarmi a spulciare centinaia di dischi egiziani o marocchini, confidando che la scelta di un curatore di spessore mi eviti la fatica della ricerca. Probabilmente non sono interessato alla vera "conoscenza della cultura altra", quanto alla suggestione di quell'immagine. Il punto del "respiro internazionale" più che nella comprensibilità del testo (molto di ciò che ascolto ne è privo) sta nella consapevolezza del discorso artistico nel mondo, nel saper trovare una propria collocazione in esso o per propria modernità/attualità sonora (penso ai port-royal nostrani) o per la capacità di proporre di sé un'immagine comprensibile (che però spesso vuol dire aderenza a uno stereotipo culturale, dall'africano col ritmo nel sangue al francese raffinato e bohemien).

Su tutto sta la priorità data ad un proprio percorso, per cui talvolta può emergere un'esigenza di un certo tipo di suoni senza che vi sia la voglia di esplorare per intero una scena (scena subordinata al percorso personale, e non il contrario).

 

Spero ci sia qualche concetto sensato.


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#106 coltivatore di amicizie

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Inviato 14 dicembre 2014 - 09:04

 

Lo stato della musica nell'era digitale è inafferrabile, quasi intenzionalmente frammentaria o nostalgica,  per impedire che una visione più organica e culturalmente rilevante aggreghi di nuovo le masse giovanile in un fronte rivoluzionario o destabilizzante. Musica per la musica, che non ha più connotazione con il luogo e il linguaggio, o che resta fruibile solo al ghetto o alla realtà associata (da qui il valore di proposte come sleaford mods ma anche la sua impossibilità di essere esportato). Quindi una musica che abbia un respiro internazionale oggi significa una musica corrotta dalla mediazione, mentre in passato aveva i contorni di una dichiarazione di autonomia culturale.   

 

 

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#107 wago

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Inviato 14 dicembre 2014 - 09:06

Wago potresti approfondire ancora di più perchè che gli Uochi Toki abbiano respiro internazionale e i Perturbazione no? (per citarne due che hai nominato)

 

Premetto che considero i Uochi Toki un po' borderline: la loro formula musicale è a mio avviso assolutamente "di respiro internazionale"; la scelta di affidarsi a sbrodolate enormi di testo in italiano - il cui contenuto ha un peso così importante sul bilancio complessivo dei pezzi - li rende tuttavia troppo ostici per poter davvero attecchire all'estero. Non a caso, per il progetto coi Nadja - dunque potenzialmente destinato a un target più cosmopolita - hanno scelto di utilizzare un pastiche linguistico, esoterico per tutto ma escludente per nessuno più che per altri.

Il motivo per cui, in ogni caso, li trovo una band dalla "vocazione internazionale" comunque è che nel rifuggire dinamiche e riferimenti dell'indie italico - tra i pochi pool nostrani in grado di "sostenere" delle band al di fuori del mainstream - si collocano automaticamente in relazione col discorso musicale globale: non sono insomma una band "a uso e consumo" del pubblico italiano, la cui ricetta musicale si basa unicamente sul "fanservice" alla sottocultura indie nostrana e non presenta elementi di interesse per chi non ne facesse parte.
Di contro, i Perturbazione sono una declinazione italica di un fenomeno indie morto da tempo, non brillano musicalmente né per capacità tecniche, né per capacità compositive, né per originalità o che. "Funzionano" (tra l'altro di recente manco troppo, ma non voglio farne un discorso di qualità) inseriti nel contesto indie/alternativo italiano, ma non riesco a immaginare un possibile pubblico straniero che vi scorga elementi interessanti. Il loro ambito è il cortile di casa nostra, non si pongono in relazione con le tendenze musicali attuali e non portano avanti un discorso musicale fortemente personale che possa renderli in qualche modo un "unicum" a cui guardare con ammirazione anche a livello mondiale. Sono insomma una band a uso e consumo del pubblico indie/alternativo italiano, non si preoccupano minimamente di "uscire" (oddio, han registrato un disco in inglese ma non credo l'intento fosse "facciamo sfaceli all'estero"), già alla nascita erano "fuori moda" per il pubblico non-italico e in nessun momento della loro carriera hanno presentato elementi musicali che potessero essere utili per "lanciarli" fuori.

 

Mi rendo conto che le due caratterizzazioni sembrino create ad hoc sui due artisti in questione. Probabilmente è anche così; eppure sono convinto che "sotto" qualcosa ci sia, che la distinzione non sia puramente pretestuosa ma rifletta davvero caratteristiche se non musicali almeno sociomusicali. Forse sbaglio, ma la facilità con cui mi sento di discriminare "questa di qua, questa di là" a prescindere da qualità, successo e altri indicatori mi pare indice di qualcosa.


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#108 Moreno Saporito

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Inviato 14 dicembre 2014 - 09:21

sul discorso della lingua a me viene da fare una considerazione semplice

 

noi non riusciamo a esportare con grande successo neanche i generi strumentali (o comunque dove il testo ha importanza nulla); per intenderci l'elettronica, l'ambient piuttosto che certe sperimentazioni

 

Luca Mortellaro (Lucy) lavora prevalentemente a Berlino (se non sbaglio è siciliano) e gestisce un'etichetta (Stroboscopic Artefacts), nel 2014 ha fatto un disco techno che in Italia, tra gli addetti ai lavori e il pubblico che segue la scena (anche sul forum), ha riscosso grande successo, più di molti colleghi provenienti da paesi dove la techno ha una storia decisamente importante; in quegli stessi paesi però non è andato così forte

 

cosa succede in questo caso?

e lo stesso fenomeno accadeva 30/40 anni fa nei territori sperimentali: sicuramente a livello quantitativo non siamo/eravamo paragonabili all'Inghilterra ma come qualità a casa nostra sono stati prodotti ottimi dischi (che ora, grazie ai blog e a al web in generale, hanno avuto una certa diffusione con decenni di ritardo e  vengono ristampati da label straniere)

 

poi magari il nome di Mortellaro diventerà un culto grazie alla riscoperta delle nostre perle da parte di qualche artista famoso (vedi la pubblicità fatta da Aphex Twin a Marco Passarani)

 

la musica di Lucy non è identificabile neanche con il termine "italiano", nessuno lo capirebbe se non leggesse "Luca Mortellaro"


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#109 wago

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Inviato 14 dicembre 2014 - 10:20

 

 

Però tu mi rispondi che siccome non capisci i testi - che leggi una volta su duecento - non ti ci interesserai, e lo scrivi con un tono che mi sembra anche abbastanza perentorio e sa di "mai". 

Non è esattamente quello che dico. Quello che dico è che le volte che ci ho provato ho riscontrato il problema dei testi (che tra l'altro non è l'unico fattore, altrettanto importante seppur meno tangibile è quello delle "storie parallele") e la cosa mi ha reso la fruizione difficile; difficile al punto che mancandomi forti motivazioni a persistere ho abbandonato.
È insomma un discorso riassuntivo delle esperienze dirette passate, non un veto sul futuro. Nelle condizioni attuali, se non sopravvengono ulteriori fattori, non mi sento spinto ad approfondire le scene pop di paesi coi quali non mi sento culturalmente in contatto. Sul futuro, anche relativamente immediato, non mi sento di fare pronostici: mai avrei detto che mi sarei interessato a robe urlate discendenti dirette da quell'hardcore che a oggi è tra le mie bestie nere in campo rock, eppure così è andata; spero che il futuro mi riservi ancora sorprese e non pongo limiti alla provvidenza. Insomma, non è vero che "mi precludo universi musicali" ecc. ecc.: semplicemente non ho piani per andarci nell'immediato futuro. Non ho manco mai messo piede in Nuova Zelanda, né ho piani per andarci, ma mica mi precludo la cosa nel caso nel futuro si determinasse la possibilità.

 

 

 

fai l'esempio del prog dell'est, che ti suona diverso dal prog anglofono. Non so invece quanto credere al fatto che lo ritieni "sbagliato", visto che oggi su Facebook hai postato con un certo entusiasmo i Solaris, più ungheresi di Bela Lugosi - ok, era un disco strumentale

Visto che fai l'esempio specifico, ti rispondo in modo specifico:

La sensazione di "sbagliato" che mi genera una parte importante del prog slavo è analoga a quella che mi generano tante band fuori da quelle che ex-post sono state identificate come le "correnti principali" del prog. Tutta una serie di band al confine col blues, col jam-rock psichedelico, o con la sperimentazione dark-freak, col pop, oggi mi suonano "fuori dal canone" in modo quasi urtante: non funzionano bene quando gli applico gli "occhiali 3D" con cui nel tempo ho imparato a leggere il genere, mi risultano piatte e sgraziate perché le mie chiavi di lettura "pronte all'uso" affinate in anni di ascolto del genere girano male su di loro o non aprono nessuna porta.

Nel caso delle band "secondarie" britanniche, tuttavia, i punti di riferimento generali rimangono piuttosto chiari. Se ti muovevi negli anni Settanta potevi essere strampalato quanto ti pareva, ma comunque nell'epoca di X e Y ti trovavi, è ovvio che i termini di paragone siano alcuni piuttosto che altri e anche la tua stramberia o il tuo essere démodé sono tali proprio in riferimento a un contesto che per me ascoltatore rodato è piuttosto familiare.
La cosa si fa già diversa quando si entra in scene meno frequentate come quella francese, spagnola o tedesca. Già quelle galassie - tutte molto vicine a quella inglese - sono non sterili "satelliti" privi di caratteristiche specifiche, ma mondi a sé che riecheggiano sì i tratti fondamentali della bestia principale ma mostrano anche dinamiche e peculiarità proprie. Gli spagnoli sono partiti molto dopo e hanno avuto un importante filone legato alla musica andalusa, i francesi al di là del notissimo zeuhl hanno avuto legami col prog-folk perfino più forti degli inglesi, i tedeschi hanno dato all'elemento jazz/jam un'importanza che non esiste nelle correnti principali britanniche. Già queste isole, dicevo, sono stranianti per un ascoltatore esperto, ma vuoi grazie alla facile identificabilità dei riferimenti anglosassoni dominanti, vuoi per la sostanziale contemporaneità e omogeneità ideologica/di funzione sociale della musica, vuoi anche per l'esempio italiano di una "geografia alternativa prog" conosciuta da vicino, mi sono risultate in un modo o nell'altro abbastanza accoglienti da riuscirle almeno in parte a decodificare "a orecchio", senza dover intellettualizzare a monte. Metto su un disco e non mi dice nulla perché troppo lontano dai miei canoni, ma ne metto su un altro e dico abbastanza in fretta "figata!" (ormai ste cose le faccio con YouTube, ma poco cambia).

Nel caso delle band est-europee la cosa è diversa. Quella cosa che noi chiamiamo "prog" lì non è esistita. Ne è esistita un'altra con caratteristiche in parte sovrapponibili e in parte no, ma frutto di influenze musicali arrivate per vie traverse attecchite su un contesto musicale figlio di una storia e di una cultura profondamente diverse - almeno negli anni di cui stiamo parlando.
Il disco dei Solaris è l'esempio sbagliato da prendere in esame, perché non solo in quanto strumentale è molto, molto, molto vicino a proposte progressive dell'occidente europeo. Rapportarcisi da ascoltatore non edotto sulle caratteristiche del rock est-europeo è facilissimo: me lo spacciassero per un tardo disco inglese o italiano io ci crederei.

Ben diverso è parlare di band come i Bijelo Dugme o i Transilvania Phoenix o i primi SBB o gli Arsenal (questi ultimi fighissimi proprio perché "alieni" - forse sono abbastanza vicini a cose che già mi piacciono per "arrivarmi" senza intermediazioni): queste sono band che hanno elaborato una formula propria in un mondo in cui il prog non si concepiva in opposizione col blues, in cui l'assolone schitarrone caciarone non era interpetato come una cosa "poco fine" da cui l'illuminato musicista prog deve stare alla larga, il lentone a guida pianoforte era del tutto ok, le tastierazze scrause a tappeto erano percepite come una figata e non come una roba cheap buona per forse giusto per la sala prove (sono esempi a caso, non per forza associati alle band citate), in cui le nostre barriere di genere erano inesistenti, diversi canoni stilistici erano assenti o ribaltati, e in cui probabilmente anche l'idea di "musica rock" aveva connotati sociali diverse. Ascoltate con le orecchie di un profano sembrano band "inglesi" di bassissima lega, gente che non aveva capito un cazzo sostanzialmente; questo perché si tende spontaneamente ad applicare chiavi di lettura, parametri e categorie elaborate per musiche apparentemente analoghe che in realtà non lo sono affatto. 


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#110 mongodrone

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Inviato 14 dicembre 2014 - 10:44

 

 

1. L'africano per noi deve fare uga baluga, suonare le percussioni e essere estremamente ritmico: quindi bene Bombino e bene Tinariwen. Se prova a fare pop è fuori dai giochi. 

 

 

questa comunque non l'ho capita proprio: Bombino e Tinariwen sono conosciuti proprio perché popular, fanno blues-rock. è l'"uga baluga" come lo chiami te che non viene considerato.


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#111 coltivatore di amicizie

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Inviato 14 dicembre 2014 - 11:22

credo che i casa del mirto siano la nostra band più "international caliber"


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#112 PinkFreud

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Inviato 14 dicembre 2014 - 11:49

International Breathing Of What?  Edizioni OR Forum pagg.6 


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superstereo!

*lastfm*

 

 


#113 corrigan

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Inviato 14 dicembre 2014 - 12:04

credo che i casa del mirto siano la nostra band più "international caliber"


Visti dal vivo all'INIT qualche anno fa mentre aprivano per Toro y Moi, tremendi
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#114 coltivatore di amicizie

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Inviato 14 dicembre 2014 - 12:20

 

credo che i casa del mirto siano la nostra band più "international caliber"


Visti dal vivo all'INIT qualche anno fa mentre aprivano per Toro y Moi, tremendi

 

 

 

perchè? cosa cambia rispetto ai colleghi glo-fi stranieri? troppo banali? troppo reminiscenti della italo-disco, in certi pezzi?


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#115 corrigan

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Inviato 14 dicembre 2014 - 12:57

be' quella sera fece pure schifo e non poco Toro Y Moi. cmq i Casa del Mirto se le sognano le melodie e le atmosfere di Memory Tapes, del primo ep di Washed Out o di un pezzo come Blessa di TyM.

 

semplicemente cambia che i CdM sono dei semplici imitatori


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#116 wago

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Inviato 14 dicembre 2014 - 14:17

 

 

 Il punto del "respiro internazionale" più che nella comprensibilità del testo (molto di ciò che ascolto ne è privo) sta nella consapevolezza del discorso artistico nel mondo, nel saper trovare una propria collocazione in esso o per propria modernità/attualità sonora (penso ai port-royal nostrani) o per la capacità di proporre di sé un'immagine comprensibile (che però spesso vuol dire aderenza a uno stereotipo culturale, dall'africano col ritmo nel sangue al francese raffinato e bohemien).

Direi comunque che il 90% del thread è sintetizzabile in questo.


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#117 Gozer

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Inviato 14 dicembre 2014 - 14:24

@Wago: 

I Bijelo Dugme grazie al cavolo che sembrano prog sbagliato: non suonavano prog, erano una band hard rock!

Sarebbe come lamentarsi che i Boston suonassero prog sbagliato: non ne suonavano proprio, ne erano al massimo influenzati di traverso.

I primi SBB erano estremamente acerbi sì, ma semplicemente perché ancora dovevano trovare la propria strada. Non mi pare che Yes e Genesis siano partiti con capolavori del prog. Sui tardi SBB che hai da ridire a livello stilistico? E se perdoni la jam di stampo jazzistico ai tedeschi, non capisco perché per i polacchi (che se mi permetti sul jazz ai tedeschi gli fanno il mazzo) non debba andare.

Sui Solaris dici che ti vanno bene perché il disco potrebbe essere occidentale: spero tu non sia serio. Nel 1984 chi avrebbe mai prodotto quella roba in occidente? Prog strumentale con synth pomposissimi e orchestra? Non conosco un solo disco occidentale che somigli al debutto dei Solaris.

Poi citi il prog spagnolo, quello francese ecc. ma da quanto mi risulta nessuno di questi ha rispettato i canoni del prog anglofono. In quei casi però è tutto ok, perché sì, c'è la musica andalusa di mezzo. Toccherà poi capire perché il folk spagnolo possa contaminare il loro prog e andare ideologicamente bene, mentre se è il folk polacco a contaminare, delitto delitto.

 

 

 

questa comunque non l'ho capita proprio: Bombino e Tinariwen sono conosciuti proprio perché popular, fanno blues-rock. è l'"uga baluga" come lo chiami te che non viene considerato.

Se non sono uga baluga puri gli sono comunque vicinissimi, basta vedere come si conciano, proprio allo scopo di evocare quell'immaginario. 

Quanti invece conoscono musicisti africani che suonino pop-rock vero e proprio, per quanto contaminato? Rachid Taha per dire? Eppure è enormemente più famoso di tutti i Bombini di questo mondo, e producendo talvolta musica con suoni sperimentali impressionanti. 

Però è algerino e quindi civilizzato, una vergogna!


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#118 wago

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Inviato 14 dicembre 2014 - 15:10

 

I Bijelo Dugme grazie al cavolo che sembrano prog sbagliato: non suonavano prog, erano una band hard rock!

Sarebbe come lamentarsi che i Boston suonassero prog sbagliato: non ne suonavano proprio, ne erano al massimo influenzati di traverso.

I primi SBB erano estremamente acerbi sì, ma semplicemente perché ancora dovevano trovare la propria strada. Non mi pare che Yes e Genesis siano partiti con capolavori del prog. Sui tardi SBB che hai da ridire a livello stilistico? E se perdoni la jam di stampo jazzistico ai tedeschi, non capisco perché per i polacchi non debba andare.

Sui Solaris dici che ti vanno bene perché il disco potrebbe essere occidentale: spero tu non sia serio. Nel 1984 chi avrebbe mai prodotto quella roba in occidente? Prog strumentale con synth pomposissimi e orchestra? Non conosco un solo disco occidentale che somigli al debutto dei Solaris.

Poi citi il prog spagnolo, quello francese ecc. ma da quanto mi risulta nessuno di questi ha rispettato i canoni del prog anglofono. In quei casi però è tutto ok, perché sì, c'è la musica andalusa di mezzo. Toccherà poi capire perché il folk spagnolo possa contaminare il loro prog e andare ideologicamente bene, mentre se è il folk polacco a contaminare, delitto delitto.

 

Non capisco assolutamente dove tu voglia arrivare. Mi attribuisci tesi caricaturali ("il folk spagnolo può contaminare il prog spagnolo, se invece è quello polacco delitto" e altre cose così), attacchi gli esempi insinuando che io abbia "qualcosa da ridire" a loro riguardo - quando il discorso è tutto un altro e dovrebbe pure portare acqua al tuo mulino.

I singoli esempi contano come il due di picche, il discorso che faccio è che avvicinarsi a musiche frutto di contesti culturali lontani dal nostro è difficile perché è facile essere tratti in inganno e scambiare per merda e piattume roba che invece semplicemente non si fa inscatolare nelle stesse scatole di quella a cui si è abituati.

Al di là del fatto che i Solaris davvero sono facilmente digeribili e stilisticamente "credibili" in un contesto prog europeo (richiedono meno "cambiamento di prospettiva" loro di gente come i Carnascialia, i Jan Dukes de Grey o i Thirsty Moon - e non facciamone una questione di date perché in tutta Europa UK incluso durante i primi anni Ottanta c'era gente che faceva ancora prog senza essere "neoprog", il fatto che non sia ricordata deve far credere che non sia esistita), vedo di riprendere il tuo controesempio dei Bjelo Dugme per esporre più chiaramente un punto chiave che ho cercato a quanto pare vanamente di evidenziare prima.

Tu dici "fanno hard-rock, dire che sbagliati come band prog è come dire che i Boston sono sbagliati quando fanno AOR e non prog". Eh, è esattamente questo il punto. Se io non sapessi dell'esistenza dell'AOR e sentissi - scusami se cambio band ma l'esempio mi pare più calzante - i Kansas di "Leftoverture", direi che è tutto sbagliato e non hanno capito una minchia. E commetterei un errore, perché cercherei di metterli in una scatola che non è davvero appropriata per la loro musica; pretenderei di valutarla secondo categorie che solo in parte gli si applicano e sì, qualcosa dell'analisi che ne farei funzionerebbe, ma altri aspetti sarebbero totalmente fuori fuoco. I Bjelo Dugme del primo disco sono pieni di elementi prog, ma non sono una band prog, sono pieni di elementi hard-rock ma non mi paiono onestamente analizzabili in modo corretto neppure piazzandoli in quella scatola lì: esattamente come i Kansas non sono una band prog strictu sensu e non sono una band hard-rock pura e semplice.

 

Che cosa voglio dimostrare? Assolutamente non che "se i Kansas mischiano hard-rock e prog va bene, mentre se lo fa un gruppo iugoslavo è un delitto". Voglio dimostrare una cosa che sai benissimo e non capisco davvero perché ora neghi: che le categorie che noi abbiamo forgiato per il contesto musicale anglosassone non si esportano in maniera naturale agli altri contesti culturali, e la loro risistemazione richiede un lavoro di comprensione delle dinamiche musicali, sociali e culturali dei paesi oggetto di esame. Lavoro che in alcuni casi (es. States, o nel mio caso Francia) è reso soggettivamente più semplice dalla pervasività e prossimità culturale, dalla facile superabilità delle barriere linguistiche e magari dalla familiarità con qualche elemento musicale ricorrente; in altri casi è invece reso progressivamente più difficile (es. Spagna, Germania, Polonia) dalla presenza di fattori storici, linguistici, culturali alieni.

Niente che non possa essere superato con qualche ricerca (estremizzando, oserei dire che nessuno mi impedisce di imparare il polacco), ma bisogna averci la voglia, che nel mio caso è più facile venga per una cultura che mi affascina di per sé o di cui conosco qualcosa capace di incuriosirmi piuttosto che per una di cui - vedi Polonia - non conosco una mazza (Chopin - Lem - Copernico - Giovanni Paolo Secondo - il Trattato Molotov-Ribbentrop - la zuppa di barbabietole: questo so della Polonia, sostanzialmente).
Questo mica significa che io mi crogioli nella mia ignoranza, anzi mi piace esplorare nuove cose: lo faccio però nell'ordine che preferisco e partendo da quelle per cui per prime scopro una curiosità e con cui per prime osservo dei punti di contatto. Altrimenti finisco come quel tale che si ascoltava le discografie complete di artisti scelti in ordine alfabetico, per puro spirito enciclopedico e non per effettivo interesse, sintonia, fascinazione.


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#119 Gozer

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Inviato 14 dicembre 2014 - 15:46

Non capisco assolutamente dove tu voglia arrivare. Mi attribuisci tesi caricaturali ("il folk spagnolo può contaminare il prog spagnolo, se invece è quello polacco delitto" e altre cose così), attacchi gli esempi insinuando che io abbia "qualcosa da ridire" a loro riguardo - quando il discorso è tutto un altro e dovrebbe pure portare acqua al tuo mulino.

I singoli esempi contano come il due di picche

Il problema degli esempio che hai fatto è che non compongono un quadro neanche messi insieme. Non mi sono attaccato al singolo esempio, li ho osservati tutti e mi sono sembrati tutti sbagliati.  

 

 

Al di là del fatto che i Solaris davvero sono facilmente digeribili e stilisticamente "credibili" in un contesto prog europeo (richiedono meno "cambiamento di prospettiva" loro di gente come i Carnascialia, i Jan Dukes de Grey o i Thirsty Moon - e non facciamone una questione di date perché in tutta Europa UK incluso durante i primi anni Ottanta c'era gente che faceva ancora prog senza essere "neoprog", il fatto che non sia ricordata deve far credere che non sia esistita)

Chi avrebbe suonato quel tipo di prog lì nel 1984 senza essere neoprog? Neanche le band prog vecchie suonavano più prog vecchio stile, i Camel nel 1984 pubblicavano un disco a metà fra new wave e AOR, gli Yes idem, i Jethro Tull persino avevano provato i synth. 

Se intendi band sghembe tipo Art Bears e roba simile, non posso proprio contarle come prog classico. Chi rimane dunque? Chi faceva prog sinfonico con lo stile dei Solaris e i suoni dei Solaris? Mi va bene anche qualche anno prima se non ne trovi proprio nel 1984. 

 

 

I Bjelo Dugme del primo disco sono pieni di elementi prog, ma non sono una band prog, sono pieni di elementi hard-rock ma non mi paiono onestamente analizzabili in modo corretto neppure piazzandoli in quella scatola lì: esattamente come i Kansas non sono una band prog strictu sensu e non sono una band hard-rock pura e semplice.

Beh, i Bijelo Dugme sono hard rock eccome, come altro li vuoi definire? E' il prog a essere in minoranza nel loro primo album. 

 

 

Voglio dimostrare una cosa che sai benissimo e non capisco davvero perché ora neghi: che le categorie che noi abbiamo forgiato per il contesto musicale anglosassone non si esportano in maniera naturale agli altri contesti culturali, e la loro risistemazione richiede un lavoro di comprensione delle dinamiche musicali, sociali e culturali dei paesi oggetto di esame. Lavoro che in alcuni casi (es. States, o nel mio caso Francia) è reso soggettivamente più semplice dalla pervasività e prossimità culturale, dalla facile superabilità delle barriere linguistiche e magari dalla familiarità con qualche elemento musicale ricorrente; in altri casi è invece reso progressivamente più difficile (es. Spagna, Germania, Polonia) dalla presenza di fattori storici, linguistici, culturali alieni. Niente che non possa essere superato con qualche ricerca (estremizzando, oserei dire che nessuno mi impedisce di imparare il polacco), ma bisogna averci la voglia, che nel mio caso è più facile venga per una cultura che mi affascina di per sé

Quello che non capisco è che da come parli tu pare che ci si possa interessare soltanto alla musica di una nazione non anglofona da scegliere fra le tante. Ma chi l'ha detto? Io mi sono interessato a tutte contemporaneamente e m'è riuscito benissimo.

 

Quindi sì, posso credere al fatto che sia una questione di voglia, non credo invece affatto alla questione del tempo, stiamo parlando fra gente che ogni anno non batte ciglio nell'ascoltare anche un centinaio di dischi. Beh, io ho deciso che invece di sentirmene un centinaio tutti anglofoni, me ne sento un po' anglofoni, un po' in spagnolo, un po' in tedesco, un po' in giapponese, un po' in lingue slave.

 

Il tempo è esattamente lo stesso, il punto è che in generale qui si preferisce conoscere anche il più insignificante pelo di culo della provincia dell'Arkansas o delle Midlands, piuttosto che un gigante di un'altra cultura. Beh, io invece vivo bene anche senza quelle mezze tacche del Focus Group, e sono ben felice di essermi imbattuto in Yumi Matsutoya, che nonostante i quaranta milioni di dischi venduti non l'ho mai sentita nominare da nessuna rivista, nessun critico e nessun sito occidentale.

 

Quindi sì, ho scelto deliberatamente di rinunciare a un po' di moscerini delle culture a noi più vicine e di conoscere un po' più giganti delle culture a noi più lontane, non credo che possa farmi male e non credo possa in generale fare male a nessuno. Certo pur essendo il tempo impiegato lo stesso di prima, ci vuole un po' più di concentrazione e se lo si desidera qualche lettura a corredo (che pure non sarà un problema, visto che quando vi pare leggete articoli interminabili in inglese sui musicisti più misconosciuti), ma altrimenti a che serve internet?


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#120 slothrop

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Inviato 14 dicembre 2014 - 17:43

Non ho letto tutta la diatriba, ma direi che il perchè nel mondo musicale non accade quello che auspica Gozer, ossia che il pubblico più curioso e musicomane non va a cercarsi i musicisti di successo mainstream dei Paesi lontani ma solo quello che comunque gli viene rifilato da siti/blog/distributori etc... e che di solito pesca più nell'underground che non nel mainstream, si può spiegare in cinque modi.

1 - critica e ascoltatori sono semplicemente pigri

2 - quella musica mainstream straniera che dice gozer non vale una cippa e se ne accorge meglio chi vive al di fuori del mercato e del contesto di riferimento di quella musica

3 - quella musica mainstream straniera che dice gozer non può interessare a gente che non sia di quel Paese per motivi ai limiti dell'oggettivo

4 - complotto dell'industria musicale anglofona che fa in modo che le uniche musiche non anglofone che penetrano davvero nei vari Paesi non siano appetibili per il grande pubblico e vadano bene solo per il mercato di nicchia che tanto alle major cattive anglofone non interessa

5 - sistematici travisamenti culturali, forse persino involontari, per cui Battisti all'estero viene spacciato per un misto fra Scott Walker e gli Os Mutantes (fonte Forced Exposure) e l'unico Battiato buono è quello strumentale (in questa opzione c'è una buona fetta della 1 ma forse anche qualcosina della 4).

 

Se devo dire la mia, la 1 è senz'altro vera, ma non penso che da sola basti a giustificare un fenomeno così vasto e così netto. La 2 non può andare più che altro perchè non si possono generalizzare/oggettivizzare i gusti e i valori. La 3 però è la versione sofisticata della 2, e andrebbe presa seriamente in considerazione (però bisogna trovarle ste ragioni). La 4 penso sia assurda, la 5 almeno in parte è vera, ma poi si torna al problema iniziale perchè sappiamo che si cercò di vendere Battisti sul mercato americano con pessimi esiti, il fatto che in ambiti indie/cult oggi circolino vagamente solo le sue cose più sperimentali (leggi "Anima Latina", ma non certo i dischi bianchi) non credo sia frutto tanto di una macchinazione quanto di uno schema culturale, che ci riporta o all'opzione 1 o all'opzione 3.

Purtroppo faccio fatica a penetrare la faccenda perchè l'unico mercato estero che conosco un po' è quello giapponese ma è particolarissimo. Intanto è estremamente importante (dovrebbe essere il secondo del mondo), sproporzionato rispetto alla grandezza del Paese e quindi appetibilissimo per tutti, di conseguenza ammorbato da strategie commerciali che confondono le acque per un'eventuale analisi antropologico-culturale. Inoltre se da un lato i musicomani indie-underground hanno una buona cognizione del Giappone underground e non sanno quasi niente del mainstream, la cosa si ribalta del tutto presso i giapponofili e mangamaniaci che invece il maistream nipponico lo conosco molto bene, ignorando quasi completamente l'underground (e non solo quello giapponese). E' una particolarità assoluta, non è un buon esempio per sostenere la tesi gozeriana sull'oscuramento del mainstream e quindi non sarà (credo) parlando del Giappone che arriveremo a dirimere la questione.

 

Forse dovremmo analizzare bene gli italiani che vanno all'estero, cercando di non cadere nella trappola di quelli che vanno all'estero ma poi cantano solo per gli emigrati.


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#121 Guybrush Threepwood

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Inviato 14 dicembre 2014 - 21:34

vabbuó, che poi se non sbaglio per certi versi vale anche la cosa per l'italia no? che ci sono gli appassionati di prog che conoscono magari meglio degli italiani la scena, peró poi adriano celentano per dirne una non sanno manco chi sia.

 

per me di molti dei paesi di riferimento conoscono essenzialmente la musica indie/alternativa perchè la maggior parte delle persone con cui noi ci confrontiamo (dal vivo e online), ascolta musica indie/alternativa. ognuno si specializza nella sua nicchia di interesse/riferimento (vedi wago con i vari gruppi prog).

 

probabilmente il jazzofilo/ascoltatore di classica/etc. invece se gli parli di giappone ti saprá citare qualche eminente jazzista nipponico, ma non saprá manco chi siano i boredom e cosí via.

 

il mainstream straniero invece magari semplicemente è meno conosciuto perchè di solito chi ascolta mainstream tende ad un ascolto piú "passivo" e meno di ricerca.


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#122 slothrop

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Inviato 14 dicembre 2014 - 22:36

allora sì, ma è questione già affrontata in passato. L'ascoltatore curioso è quello che dedica alla musica un sacco di tempo, tipicamente se parliamo della rete è un ascoltatore più indie che non mainstream (sto escludendo il concorrente di sarabanda perchè forse su internet ci sta il giusto, dato che le informazioni che gli servono le trova altrove, ma alla musica dedica comunque un sacco di tempo). Quindi è naturale che indie chiami indie, peraltro più si scende nell'underground e più l'estero si avvicina (per capirci, gli Zu vendono molto meno di Dente ma vanno all'estero con regolarità mentre Dente non so nemmeno se sia mai stato in Val d'Aosta).

Questo però lo stavamo dando per scontato. La novità è che ormai quasi tutto lo scibile si sta scoprendo, nelle newsletter di oggi di forced exposure c'erano almeno 3 raccolte di "garage-soundz from perù" e roba del genere. Il punto è che l'ubriacatura per l'underground esotico ormai c'è stata ed è in corso (vedi il successo crescente di sublime frequencies e simili) ma allora perchè (e questa è la questione di gozer) non si vede nemmeno la partenza di un processo collettivo di scoperta che riguardi le musiche estere mainstream, quelle che hanno venduto davvero in quei Paesi?

Forse perchè l'ascoltatore indie già rifugge il mainstream del suo Paese, figuriamoci che gli frega dell'estero? Beh, almeno un po' è vera anche questa ipotesi ma magari non è tutto.


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#123 wago

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Inviato 14 dicembre 2014 - 22:37

La tassonomia di Sloth è tutto meno che esaustiva ma è divertente ed è un bel tentativo, quindi thumbs up.
Io mi sento di dire che se il giornalismo musicale che segue le altre scene nazionali sta messo come quello italiana - i vari Indierock per l'ambito indie, praticamente un agenzia di promoting se non di self-promoting punto e stop; e non parliamo dell'infima critica mainstream che ci ritroviamo - la vedo assai frustrante arrabattarsi a tirarne fuori qualcosa di buono.

In merito alla tua ripartizione, comunque, credo anche io che la verità stia da qualche parte tra 1, 2, 3 e 5: l'ascoltatore (lasciam stare il critico, per semplicità) è pigro (1), non è nella posizione di poter apprezzare i prodotti "non internazionali" di scene locali se non cercando di calarsi in un punto di vista che non è il suo (2/3: non è che la musica "non vale una cippa", è che se la guardi con la lente usuale non capisci che cazzo possa esserci di interessante*), e facilmente si imbatte in indicazioni e categorizzazioni che sono più travisanti che altro (5).
Detto ciò, comunque, non capisco come nella discussione si stia passando a ritenere in qualche modo "di serie B" i prodotti culturali "di respiro internazionale" prodotti al di fuori del mondo anglosassone. Che ha di male la band russa che fa ambient/techno priva di appeal per i media locali ma apprezzabile in tutto il mondo dal maniaco dell'idm dronosa (a parte suonare un genere oggettivamente orrendo, ma vabbé)? 

* Attenziò, questa prospettiva apre a posizioni di relativismo assoluto del tipo "qualunque cosa vista dal punto giusto è valida" AKA ogni scarrafone è bello a mamma sua, che mi vedono del tutto d'accordo ma so che non saranno mai condivise dai più (anche perché portano immediatamente alla domanda "ma allora perché sbattermi per erudirmi sul pop egiziano, quando potrei semplicemente decidere di farmi piacere Arisa?").
 

Quello che non capisco è che da come parli tu pare che ci si possa interessare soltanto alla musica di una nazione non anglofona da scegliere fra le tante. Ma chi l'ha detto? Io mi sono interessato a tutte contemporaneamente e m'è riuscito benissimo.
 
Quindi sì, posso credere al fatto che sia una questione di voglia, non credo invece affatto alla questione del tempo, stiamo parlando fra gente che ogni anno non batte ciglio nell'ascoltare anche un centinaio di dischi.

 
Non lo ha detto nessuno, infatti non lo ho mai sostenuto a un livello generale :P
Ho parlato di quella che è stata la mia personale esperienza con queste cose: per ora è andata che mi sono interessato ora a questa ora a quella scena; tendenzialmente il mio incuriosirsi alle cose musicali funziona così (anche coi generi, per dire). Non mi vedo a mettermi a farmi una full-immersion contemporanea in tutte le storie musicali del mondo, e non mi vedo a seguire al tempo stesso le scene mainstream di quattro o più stati (per essere onesti, non seguo la scena mainstream o mainstrindie di praticamente nessun paese, figurarsi farlo con quattro o quindici - peraltro mi mancherebbero le fonti per farlo).
Per quanto riguarda il tempo, non ho mai preso la questione in esame e non ne ho mai fatto un discrimine, ma sei tu il primo a dire che l'allocazione delle risorse cambia se uno vuole seguire più scene straniere e non limitarsi alla scena "internazionale": serve più ricerca, più tempo speso a informarsi su cose di cui si sa poco, un approccio all'informazione musicale meno settario e meno basato su parole-chiave - insomma, è un modo diverso di gestire la propria passione musicale sia in termini di impegno che di utilizzo del tempo. E di nuovo si torna al punto centrale, che non è che manchi il tempo bensì che se uno non ne vede il perché difficilmente potrà venirgli la voglia (che poi non vuol dire non abbia voglia di approfondire e confrontarsi con altre mentalità e culture in assoluto; magari lo fa 10 ore al giorno in altro modo e per altri motivi e nel caso della musica preferisce seguire la corrente un minimo di più, o molto legittimamente e anarchicamente farsi i cazzi sua in base agli sghiribizzi del momento).
 
ps., ormai del tutto Off-topic (e chiedo scusa):
 

Chi avrebbe suonato quel tipo di prog lì nel 1984 senza essere neoprog? Neanche le band prog vecchie suonavano più prog vecchio stile, i Camel nel 1984 pubblicavano un disco a metà fra new wave e AOR, gli Yes idem, i Jethro Tull persino avevano provato i synth. 
Se intendi band sghembe tipo Art Bears e roba simile, non posso proprio contarle come prog classico. Chi rimane dunque? Chi faceva prog sinfonico con lo stile dei Solaris e i suoni dei Solaris? Mi va bene anche qualche anno prima se non ne trovi proprio nel 1984. 

 
Ben sapendo che in quel "con lo stile dei Solaris e i suoni dei Solaris" si nasconde il cavallo di Troia con cui vincere qualunque battaglia (è ovvio che nulla è identico, ci sarà sempre qualcosa di diverso), dico che artisti come gli Enid e i Solstice in UK, gli Asia Minor e i La Rossa in Francia, i Rousseau e gli Anyone's Daughter in Germania, o in casa nostra gente come gli Slogans di Protosynthesis hanno prodotto dischi "prog fuori tempo massimo" negli anni Ottanta, senza essere neoprog e mantenendo tratti settantiani. Non sono certo "uguali ai Solaris", anzi non si somigliano manco gli uni con gli altri se pensi che i Solstice sono un mezzo ripoff dei Renaissance con tastiere ammodernate mentre i Rousseau stavano (orribilmente, ma non c'entra) tra i Pink Floyd e i Camel. Ma non fanno parte delle "code avant" del genere, notoriamente partite in ritardo e proseguite a modo a loro lungo gli anni Ottanta, né del filone fusion o dell'esplosione neo-prog.
In ogni caso non mi sembra che la questione sia davvero determinante: il fatto è che quella dei Solaris è musica bella, non che sia particolarmente originale rispetto a quanto fosse stato prodotto nel corso della storia prog dell'Europa occidantale - cosa che non è, prova ne sia che stiamo qui a sindacare sulle date e il suo eventuale essere un "pesce fuor d'acqua" rispetto alle mode del tempo, anziché andare su argomentazioni di tipo strettamente stilistico.


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