A giudicare dalla battle italiana, pare che un vecchio criterio come il "respito internazionale di un brano di una band italiana" aka la mitica "esportabilità" sia considerato ancora un valore. Tralasciando il fatto che trattandosi di una battle storica può aver senso anche considerare criteri storicizzati come questo (aka le polemiche sulla battle facciamole nel thread apposito, please), apro questa discussione per capire quanto e come ci si basa ancora sull'esportabilità nel giocare una canzone o un progetto musicale.
A mio parere il concetto è ormai vetusto come pochi, pur restando il termine "esportabile" utilizzabile in senso meramente descrittivo, per qualificare un suono di taglio genericamente internazionale, buono per le radio di tutto il mondo. Dico che il concetto è sorpassato a causa dell'evoluzione di uno scenario che oggi più che mai va in cerca di espressioni peculiari e localistiche. Vedi ad esempio il successo della battle non anglofona su questo forum, vedi il successo di dischi che hanno poco a che vedere con il linguaggio rock classico. Roba come war on drugs, horrors e altre cose indubitabilmente rock che van forte nelle playlist 2014 penso rappresentino più una sacca di resistenza al cambiamento (che polarizza le preferenze su pochi nomi, nuovi ma dal linguaggio certamente legato al rock classico, stessa cosa degli Sleaford Mods su blow up) che non un trend in futuro sviluppo. E' sempre più frequente vedere esibirsi in contesti indie musicisti dalla forte connotazione etnica (quest'anno in un locale a vocazione americana e internazionale come il bronson son venuti diversi africani, dai tinariwen a bombino, oltre a un festival pieno di musicisti macedoni e dell'este europeo), poi c'è la visibilità in grande crescita di un'etichetta come la sublime frequencies che una decina d'anni fa era nicchia totale (lo so perchè la conoscevo), abbiamo una conoscenza clamorosa dell'underground storico e talvolta pure attuale di paesi ignoti, che vanno dalla colombia alla corea, poi ci sono alcune delle derive sviluppatesi dall'hypnagogic-pop e dall'elettronica più basica, penso ad esempio a Fatima Al Qadiri, che hanno avuto notevoli riscontri indie e producono un suono non così lontano dall'epoca della fourth world music, che guarda caso fu all'incirca coeva allo sviluppo della prima world-music dei peter gabriel and so on. Penso poi alla tantissima musica che va forte sempre in ambito indie e che si basa su ritmiche tutt'altro che quadrate e dalle vaghe assonanze tribali o comunque poliritmiche (da neneh cherry a fka twigs, senza contare la crescita di visibilità dell'hipster-jazz dei gruppi di mats gustaffson etc...).
Non si tratta di mere espressioni etniche, intendiamoci, ma di operazioni fortemenete contaminate e non poco concettuali, nelle quali comunque qualche elemento di straniante alterità roots, molto poco occidentale e standard, ce lo trovi sempre, anche sbattuto in faccia.
Direi che da un lato si cercano in modo inesausto e sempre più velleitario contaminazioni nuove e originali e che dall'altro questo rappresenti una forma di fuga dalla forza accentratrice che per anni il mainstream occidentale-anglosassone ha esercitato. Sono forme di compromesso, perchè poi per paradosso quasi ogni cosa oggi potrebbe, almeno in teoria, avere una spendibilità internazionale, ma il punto è che quella dell'internazionalità non mi sembra più una ricerca, un obiettivo (a meno che uno non voglia fare soldi facili assecondando vecchie logiche mercantili prima che si esauriscano del tutto), ma quasi un dato storico acquisito e sempre meno importante, quasi quasi un po' fastidioso.
Alla fine, come effetto paradossale, penso possa tornare di moda il rock classico (non gli horrors, pià roba tipo ryan adams, ma vedi anche un mainstream come nutini) proprio perchè espressione in qualche modo "etnica", storicizzata e in quanto tale pulsante vita vera ma per forza di cosa condannata alla nicchia (se non altro rispetto ai fasti passati) dove poi ogni genere si sta rintanando.