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Il sistema universitario nel sistema paese


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269 replies to this topic

#1 oblomov

    Mommy? Can I go out and kill tonight?

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Inviato 13 novembre 2011 - 15:28

Metto un mega quotone di qualche intervento dall'altro topic,proviamo a parlarne qui




Sono d'accordo che se siamo arrivati qui è colpa di tutti, abbiamo esattamente i dirigenti che ci rappresentano meglio.
ma forse dovrei evitare di parlare di tutto ciò perché sono una studentessa fuori corso che in gran parte si fa mantenere dai genitori


Andrebbe bene se almeno ti stai laureando in chimica o ingegneria, ma, tirando a indovinare, punto invece su filologia romanza o storia del cinema ucraino*. Ti dico due cose:

- appoggio il tuo proposito di parlare di meno e tentare di cambiare le cose con le proprie azioni
- ti svelo un altro segreto: a mantenerti non sono solo i risparmi (a rischio) dei tuoi, sono anche i soldi dei contribuenti tutti, perchè il costo del tuo corso è ben più alto della retta universitaria. Alcuni di questi contribuenti sono lavoratori più poveri della tua famiglia, i cui figli non andranno mai all'università, quindi stiamo trasferendo soldi dai più poveri ai più ricchi (cioè tu).

La prossima volta che ci indigniamo con la casta etc., pensiamo anche a queste cose che sono meno eclatanti ma moltiplicate per milioni di persone, non mille parlamentari. E pensiamo se di indignarci abbiamo il diritto. Oggi magari mi faccio anche io un asd con te di questa situazione, qualche anno fa quando pagavo il 50% di tasse (su uno stipendio già ridicolo) allo stato per mantenere i fuoricorso, ridevo meno.


* altro segreto di Pulcinella: il 99% dei laureati fuoricorso in materie per cui non c'è domanda nel mondo andranno a fare un lavoro che non richiede il loro livello di studi, e conseguentemente non paga un salario che ripaga l'investimento universitario, il quale è (vedi sopra) sostenuto in larga parte della collettività. Tantomeno si tratta di profili che creeranno posti di lavoro per gli altri. Quindi il quadretto da un punto di vista di PIL, è questo: paghiamo cinque o più anni di mancato lavoro, il mantenimento, il costo universitario per ottenere zero incremento di ricchezza derivante dalla maggiore educazione.

Questo non è un giudizio, è un fatto: se facciamo tutti così, il default non ce lo evita neanche il mago Zurlì, mera questione di numeri.

Questi sono i problemi dell'Italia (e non solo), al cui confronto Berlusconi è una correggia.

Ad onor di cronaca studio una matematica, una materia che ho sempre sperato di poter insegnare; della mia situazione di fuori corso ho ben poco di cui andare fiera e non sei certo tu che me lo fai capire tirando fuori le tasse (che pagano anche i miei).
Forse di indignarmi non ho il diritto, ma quello ad avere un'opinione allo stato attuale ancora ce l'ho: è così disdicevole?

Detto questo, sono seriamente d'accordo col tuo discorso, ma non con il tono (i motivi li ha spiegati Giovanni Drogo sopra), tutto qui.


Riusciamo per piacere a uscire dal discorso individuale (che non ho fatto, è stupido e non potrei neanche fare non conoscendoti)? Nel dire "tiro a indovinare" intendo che i due terzi dei fuoricorso nostrani sono in materie per le quali non c'è domanda: non è ovvio? Se tu fai matematica mi rallegro sinceramente perchè c'è tanto bisogno e hai fatto una scelta intelligente.

L'argomento "le tasse le pagano anche i miei" però cosa vuol dire? Io voglio solo passare un messaggio: il tuo corso di studi è finanziato in larga parte, oggi, dalla collettività, in gran parte più povera di te. È un fatto. Mi dispiace sinceramente se la cosa ti irrita, e lo capisco, ma è così: il fatto che i tuoi paghino le tasse non lo nega. È un sistema che deve essere cambiato*.

Mi spieghi poi dove avrei negato il tuo diritto ad avere un'opinione?

* e la cosa farebbe paradossalmente anche il tuo bene: se la tua famiglia non potesse permettersi di mantenerti un giorno di più all'università, avresti probabilmente trovato la motivazione per finire gli studi in tempo, saresti più contenta, e incidentalmente rappresenteresti ora una risorsa e non un costo per l'Italia. Lo riscrivo dato che incredibilmente non è chiaro: prendo te, di cui non so niente, come esempio, ma sto esprimendo un argomento generale. Magari per te non è così, ma per la maggior parte degli altri sì, guardiamo la luna, non il dito. Va bene? Abbastanza politically correct così? Benissimo


Io sono d'accordo con ortodosso sul tema del costo dell'istruzione di livello universitario.
Il fatto che le tasse siano così basse conduce a svariati ordini di problemi:
a. il costo è ridistribuito su tutti indipendentemente dalle qualità del singolo studente, e questo è profondamente sbagliato
b. qualunque facoltà universitaria è spesso vissuta come un parcheggio, e questo è profondamente stupido
c. i corsi umanistici (sulla cui utilità non voglio esprimermi, anche se potrebbe essere stimolante farlo, soprattutto visto che stiamo seduti su una miniera d'oro, quella costituita dal nostro passato, che trattiamo come fosse il pozzo nero) sono pieni di gente che non ha nè le motivazioni nè l'intelligenza nè la volontà di portarli a termine decentemente. E questo è un danno per tutti coloro che invece vi sono portati e sono in grado di farli come si deve



Io sono d'accordo con ortodosso sul tema del costo dell'istruzione di livello universitario.
Il fatto che le tasse siano così basse conduce a svariati ordini di problemi:


Che le tasse oltre i 1.000 euro sian basse è la prima che sento.
Che il sistema universitario vada cambiato è cosa ovvia (ma se è per questo andrebbe cambiato tutto il sistema dell'istruzione).
Non bisogna per forza far schizzare le tasse a prezzi folli: basterebbe introdurre quel paio di test e rendiconto annuali. Sei studente fisso in città e invece che finire l'anno a 60 crediti lo finisci a 40? Fuori. Sei studente lavoratore e lo finisci a 24? Fuori. Sei pendolare >70 km e lo finisci a 36? Fuori. E' troppo difficile? Perché medicina ha il test di ingresso che ti devi fare un mazzo così e invece lettere evidentemente no se poi escono laureati che a 30 anni scrivono "perchè" e "qual'è"? Non esiste il controllo sotto questo aspetto, gli esami sono poco più che timbrare un cartellino (e quelli che non li danno se ne accorgeranno solo alla fine, di quanto facile sarebbe stato). Avessimo più scadenze e limiti da rispettare, non servirebbe alzare le tasse universitarie, anzi le si potrebbe tranquillamente abbassare, e anzi in una visione ellenica e totalmente fantascientifica della cosa si potrebbero togliere del tutto le tasse universitarie. Per toglierle del tutto, il paese, la regione, la città, dovrebbe avere i soldi per permetterselo. Ma i soldi da dove arrivano se non da una gestione intelligente delle risorse umane=della vita=del mondo? E cosa produce una cosa del genere se non l'ISTRUZIONE, la conoscenza, la ricerca?

E poi perché durante il corso di studi bisogna esclusivamente concentrarsi su carta e penna quando le università potrebbero anche stringere più partnership con enti, istituti, banche, edicole, malghe per poter offrire agli studenti stage e tirocini, cosa che in Italia per quanto ricordi è tabù?

@ortodosso.
Io non ho ben capito il taglio che dai quando parli delle classiche facoltà tipo ginecologia romanza e filosofia dei circuiti.
Le vuoi eliminare, le vuoi sottoporre a controllo qualità? Che ci vuoi fare? Io nella mia esperienza universitaria ho conosciuto tanti stronzeggiatori e sia in ambito umanistico e sia in ambito economico-giuridico. Un cattivo studente di economia e giurisprudenza farà la stessa fine di un cattivo studente di lettere. Ma poi, tra l'altro, 'sta cosa dei fuori corso ecc. io non è che l'abbia proprio capita. In facoltà a mia a Padova eravamo a centinaia, di tutta la mia cerchia di conoscenze ce ne saran stati due massimo tre che si son laureati oltre un anno in ritardo. Ma, come detto, quelli ci son ovunque (non ne parliamo a Giurisprudenza, dove liceali incapaci ma orgogliosi e attirati dal dinero e dal prestigio si buttano in una facoltà che proprio non è cosa, e lì rimangono).

Uno studente talentuoso in Filologia Romanza saprà PRODURRE. Chi ha qualcosa da dire è sempre PRODUTTIVO. Scrivi un libro? Fai lavorare la casa editrice e chi te lo deve stampare. Se poi te lo leggono in quattro perché a pochi frega dell' ars poetica nella Caserta del 1276 te ne verranno forse meno soldi a te. Pure un astrofisico è per certi versi una figura inutile. Una idea, una produzione di pensiero, è sempre qualcosa che muove tutto il circo. O no?


Le tasse universitarie italiane, a quanto mi risulta, sono tra le più basse del mondo occidentale. La questione è semplice, secondo me: l'istruzione di livello universitario non è un obbligo e comporta costi notevoli per la comunità, inclusi quelli che all'università non ci vanno.
Un sistema con tasse più alte spingerebbe ad un maggiore senso di responsabilità e coprirebbe più costi. Darebbe anche adito, secondo me, ad una migliore selezione per quanto riguarda i servizi offerti.
Ovviamente bisognerebbe equilibrarle con un più ampio sistema di sostegno agli studenti meritevoli ma poco dotati economicamente.

Sull'utilità delle lauree umanistiche non ha nessun senso esprimersi. Una società umana vive anche e soprattutto della propria produzione culturale. Se però parliamo della produttività delle stesse allora il discorso si può impostare. La spinta deve essere duplice in tal senso. Da un lato si deve un creare un sistema a numero chiusissimo: ti vuoi laureare in archeologia egea? benissimo ma devi dimostrare da subito di avere le qualità per poter scrivere il tomo definitivo sul tardo elladico II. Dall'altro sarebbe necessaria un'azione politica che incentivasse la valorizzazione dei beni culturali di questo paese e promuovesse sinergie per il loro proficuo sfruttamento. Nel resto del mondo sfruttano, bene, anche i siti e i musei più miserabili, facciamolo pure noi, che abbiamo migliaia di musei, siti, città d'arte ecc... Entrare in un museo e trovarci sempre i soliti 500 custodi che fanno la maglia e parlano in dialetto è un'angoscia tutta nostrana. Uno va in qualunque stronzo distretto francese e trova l'ufficio del turismo che organizza tutto quello che hanno da vedere, ti prenota le guide, ti suggerisce questo e quello. Ce la fanno i mangiarane ce la faremo pure noi, prima o poi.


Che con la cultura non si mangi è un'idiozia tutta italiana, per giustificare perlopiu' gli incapaci piazzati a gestire potenziali miniere d'oro visto il nostro
patrimonio. Per dire a Roma c'è lo GNAM che in magazzino ha un quantità di capolavori che appunto, restano beatamente in cantina a fare la muffa.
Hanno fatto una mostra fantastica sul primo novecento italiano e non l'hanno detto a nessuno. Una mostra segreta in pratica io l'ho saputo da un altro pittore complottista.
Altro esempio è la mostra al vittoriano sui gatti di Damiano ve lo ricordate? I gatti che disegnava durante i consigli dei ministri. Al Vittoriano, dove poi paghi non so quanto di spese fisse per far vedere i gatti di Damiano. Non parlo dei concorsi biennale etc perchè ci sarebbe da piangere. L'ultima organizzata da Sgarbi ammucchiava i quadri l'uno sull'altro sembrava di stare al mercatino dell'usato. Con gli operatori del settore esteri che venivano a farsi due risate su quanto siamo incapaci.
Sulle lauree umanistiche, si può fare es. networking con altre università europee per creare eventi, musica, teatro, qualsiasi cosa. Ma da noi l'impressione è che non si faccia niente perchè se c'è qualcuno che fa qualcosa poi chi non fa un cazzo si sente in difetto e non è carino.
..
Sulle tasse, ma perchè non si fa una cosa molto semplice: bassissime se sei in linea con gli esami e se dopo il primo anno già sei in ritardo comincio ad alzartele fino a diventare insostenibili per i fuori corso che sarebbero cosi incentivati a trovarsi un lavoro invece di diventare finti portavoce di finti movimenti (es. questo qua: http://www.youtube.c...feature=related)


Si può fare l'università anche dopo una scuola tecnica eh. Anzi, se l'università è tecnica spesso si è anche avvantaggiati.
So che non lo dico per te, ma in generale noto come (da me almeno) ci sia la tendenza a "o liceo o nulla"


Certo, questa però è un'altra deformazione del nostro percorso di istruzione, nel quale pare che più tardi vedi il lavoro e meglio è. Se ti dico che al secondo anno di magistrale/specializzazione se non fosse per mio impulso ad uscire fuori dal seminato e tentare di capirci qualcosa di applicativo non saprei in cosa minchia consista il mondo del lavoro capirai che forse c'è qualcosa che non va. Gente che a 25-26 anni ha ancora un curriculum nullo e non di certo perché sia stupida o svogliata, anzi. Organizzassero anche all'università più occasioni di contatto col mondo del lavoro sarebbe meglio per tutti (nell'università in cui sono io per fortuna lo fanno di più che in altre ma sembrano comunque occasioni che fuoriescono dal normale svolgimento dei corsi). Poi ti confronti con studenti stranieri e a 22-23 anni questi hanno già fatto il mondo.

Concordo, effettivamente io sono uno di questi dal curriculum nullo.
Devo iniziare a lavorare a giorni poi ti saprò dire come va...c'è da dire però che a me è piaciuto molto studiare e lavorare (per la tesi) in ambiti che sono prettamente di ricerca e chiaramente con pochi o nulli punti di contatto con quello che è il (triste) mondo del lavoro. Mentre il discorso dei fuoricorso come affrontato qui, dei fancazzisti etc., secondo me è un po' fuori di testa...come già accennato in 2 post fa.
Vabbè, siamo ampiamente OT e, come dicono anche altri, il sistema scolastico italiano andrebbe ri-sistemato e pesantemente dalle elementari all'università, senza escludere alcun dettaglio: dalla mentalità dei genitori, alla formazione dei professori e presidi, metodi di assunzione, valutazione, programmi etc.
E non siamo nel topic giusto.
Inoltre ho già postato abbastanza in questa sezione che cerco sempre di evitare, ma certi commenti generalizzanti non posso sentirli, anche se provenienti da persone informate, acculturate e della cui opinione ho rispetto.

L'università la puoi fare anche mettendoci un po' di più, è verissimo. Lasciarsi dietro 20 cfu l'anno mi sembra una cosa già onesta, calcolando la tesi (in triennale) mi pare sia un anno in più. Ma vabhè, non è questo il punto. Già iniziando a copiare un po' il modello liceale si farebbe qualche passo avanti. I tempi e i modi poi si trovano poi in modo naturale.

@oblomov
Io non so se l'Italia sia piazzata come la meno avida in fatto di tasse universitarie. So però che nel 90% dei Länder tedeschi l'università costa 0 euro. Costa 0 perché ti fanno pagare una cagata di iscrizione (fa conto 400 euro l'anno) e poi ti smollano giù il tesserino del viaggiatore che ti permette di scenderti il Land aggratis (treni, metro, bus, pedalò). Poi arriva uno e dice Grazie Al Cazzo, Intanto Però Uno Sfigato Qualsiasi Per Farsi 50 km Di Treno Spende 20 Euro. Vero, ancora più vero che i più furbi si organizzano la macchinata su internet e 'sti 50 km se li fanno insieme e dividono le spese, cosa che in Italia è 2001: Odissea nella drogaz.
Germania che tra l'altro inizia a fare una selezione qualitativa (una sorta di orientamento eh, nulla di prescrittivo) già durante il "liceo".
Per non parlare del fatto che finito il liceo ti dicono "che cazzo vuoi fare qui a 19 anni che neanche sai pisciare dritto?, prepara la sacca e vattene un anno a fare qualcosa, che sia pulire culi in Baviera o lavorare in ostello all'Isola di Pasqua". Risultato: 60% dei tedeschi ti parla l'inglese come mio papà parla l'italiano, 30% ti parla una seconda lingua (per lo più spagnolo-francese). E questo a 23-24 anni. Io lo chiamo europeismo, lo chiamo progressivismo, la chiamo fottuta flessibilità.
C'è poco da fare, noi gli diamo il paglione su stile e 'core, loro hanno uno stato sociale che da noi boh.
L'istruzione è la prima cosa, c'è poco da fare.
Ci vuole "cultura" anche nel saper quando annaffiare una pianta di basilico, by the way.




paggio è vero che in germania hai max 3 appelli per un esame e che se ti segano la terza volta vieni "espulso" dall'università?
me l'ha detto un mio collega tedesco però magari era così 20 anni fa quando l'ha fatta lui e ora è diverso...


C'est vrai.
Ovviamente accade per lo più in facoltà tipo Giurisprudenza o cose più freestyle tipo Tecniche del calciomercato.
Uno l'ho conosciuto, mi pare fu tri-segato all'esame di Penale. Vabhè ma quello è il minimo, anche se in Italia già sarebbe qualcosa. Tipo c'ho un mio amico del liceo che appunto fa Giurisprudenza ed è sotto un esame da cinque anni, cioè, renditi conto. Lo stesso che ancora parla che lui vuole fare avvocatura a livello internazionale o chennesò. E non si fa i cannoni. Boh.
Nelle facoltà umanistiche penso non sia mai successo, anche perché la maggior parte delle volte gli esami consistono in lavori scritti aka tesi, cosa che già di per sè rappresenta un lavoro bello grosso; lì al massimo ti becchi il voto dello sfighez e una coppa del nonno, ma mica il segone.

Comunque aggiungo una cosa ancora: la Italia che conosco io ja fà, con calma e non ora, ma ja fà.




boh paggio nonloso, provo con un esempio concreto: mettiamo che se non fai minimominimo 42 cfu: raus. lo studentello(aka Nijinsky) ne fa a luglio 20 e un po' perchè tanto c'è settembre(nero). d'estate poi come tutte le persone normali non studia perchè c'è il mare e il numero grosso di bup, i prati sono verdi e le ragazze in minigonna. a settembre, che è il mese del ripensamento sugli anni e sull'età, bello fresco e abbronzato studia per il primo esame e ok: 33, -9. ma l'altro è la merda e cazzo una settimana non ce la posso fare. 6 ottobre: casa-stazione-metro, varca un po' così la soglia di viafestadelperdono, cerca il dipartimento, aspetta. Nijinsky tocca a lei. 10 minuti. il professore dice che no, non può bastare, ha lacune di qui e di lì. ma sa prof, mi mancano sti 9 sennò mi mandano a raccogliere il riso nel laos, ho avuto la broncopolmonite e poi ho un deficit dell'attenzione riconosciuto dall'unesco. qua i professori dell'unimi che conosco io fanno una smorfia di disgusto, scrivono 18, mettono la firma e fanno la battutina che di solito è vada in pace. il mondo gira più o meno così, poi che non è giusto e non è bello e la vita è un'altra cosa, ragazzo! lo so anche io. bisogna fare orientamento serio già alle medie, pensare a scuole superiori in cui insegnano qualcosa che non sia tradurre Diodoro Siculo o sapere la data precisa al mese e al giorno della capitolare di Quierzy e giùgiù fino al nido. insomma l'uni figa-selettiva è DECISAMENTE l'ultima delle cose perchè se alla mia amica F. le dici sei fuori dall'uni perchè sì, lei col diploma del classico va a pulire i cessi alla stazione(magari no eh, è per dire) e allora si torna al punto di partenza perchè lo Stato(sempre sia dannato/lodato) ha speso per l'istru di F. soldi inutili chè a servire un Negroni a lei e uno al banco ci poteva andare anche dopo la terza media. poi vabè la barista è un mestiere figo e allora chissenefrega.

'parte che stai parlando con uno che c'ha messo 4 anni a finire la triennale (vabhè, plus erasmus) dopo che nemmeno fatti i 20 anni mi ero già ritirato una volta (per lo schifo di ambiente dove ero finito, finendo a spaccarmi il culo lavando piatti).
L'università ti chiede di fare esami perché ti chiede di dimostrargli che in qualche modo sei bravo a raccontare una cosa che ti piace. Una cosa che hai scelto perché ti piace. Come dice il sergente Hartman a Gomer Pyle vedi che se di là c'è una bella fica col cazzo che non superi l'ostacolo. Se tu arrivi a settembre che hai fatto 20 crediti (e già mi puzza che uno per ipotesi riesca a fare 20 crediti in 9 mesi e 18 in 3) la "colpa" è 70% tua. La tua laurea si chiama Triennale perché è stata pensata per esser finita in 3 anni, e non te lo devo dire che ci sono un casino di persone normali che fanno sport giocano a scacchi scopano suonano E finiscono l'università in 3 anni + il microkaz della tesi. Non mi sembra uno scenario poi tanto Oh My God How Can I Do, con tutto che appunto sarebbe giusto concepire delle tempistiche che mettano in conto (per quando sia difficile concepire qualcosa di unico per milioni di individui) che tu magari potrai avere una settimana di sfogo al culo o la tipa che ti lascia e tu che per due settimane scrivi su S&A. Qui parliamo piuttosto di tagliare una fetta (seppure non poi così grande) di utenza che ci mette magari non il doppio ma quasi. Fatti il conto di quanti individui così becchi per ogni corso di laurea e moltiplica per lo Stivale. è già qualcosa o no? dai, almeno quello.
La tua amica che ha fatto il classico sicuramente non ci metterà una vita a finire Lettere, e se ci mette una vita son sicuro che è perché ha fatto altro (vedi: tenere a conto chi FA ALTRO) e se c'ha avuto la candida cronica che ci teneva la vagina in fiamme la notte allora le faremo un cazzo di foglio che attesti che la notte non poteva dormire perché ci teneva la candida brutal.

Che poi, poniamo uno che fa Lettere. Cosa vuoi farci col pezzo di carta? Vuoi fare il Prof.? Bene, se vuoi fare il Prof. devi tenere in conto che ci sarà un macello di gente che finirà 'sta fottuta triennale in tre anni e magari con voti pazzeschi e magari senza leccare il culo ai prof anzi presentandosi all'esame coi panta rotti e l'incazzatura più grunge che tu possa immaginare. Questa gente sarà per cause preternaturali davanti a te (c'ha messo un cazzo e/o ha fatto meglio) nel caso pure loro volessero fare i Prof., che sia liceo che sia uni che sia medie. Vuoi fare l'editor? Per fare l'editor non ti serve la laurea in lettere ma una rubrica bella grande nel cellulare. Vuoi scrivere yeaz sul forum? Lo fai senza laurea. Vuoi fare il giornalista? Lo fai pure senza. Ci sono un sacco di cose che teoricamente puoi fare senza la laurea. Fai ingegneria informatica e pensi che senza la specialistica non ti assumono manco alla Olivetti? Beh i volti noti del nerdismo computazionale sono quelli che conosciamo io e te, e manco lì, ualà: niente laurea. La laurea è un attestato che certifica che tu forse hai interiorizzato una cosa. Senza la laurea magari riesci a fare lo stesso quello che vuoi fare, magari ti sbatti un pelo di più, magari no. Per le facoltà umanistiche io la vedo così. Io iniziai tipo a lavorare per il giornale della mia provincia così, feci ed escrementi domanda, mandai un paio di articoli sulla psittacosi e sul massimalismo grafico di frankie de la teardroppe, e iniziai a scrivere di cose che farebbero vomitare chiunque. Fossi rimasto lì, ora forse sarei nella posizione di assumerti a te, perché sì, tu mi piaci tatto.

Tipo ora ci sta leggendo un utente che si è accorto da solo che magari non era cosa. Lui ci tiene dieci volte il talento linguistico di una Elisabetta Canalis qualsiasi (diplomata al linguistico, mi pare) però l'uni forse se l'era tagliata male, per mille motivi, chissenefrega perché. Magari lui ha avuto la fortuna di rendersene conto da solo, altri magari non glielo dice nessuno e vanno avanti a inerzia finché si ritrovano con una laurea e un voto che ci sborro sopra. Ci fosse qualcuno che glielo dice alla gente che veish forse non è roba tua ma mica stiamo dicendo che sei scemo, si inizierebbe a fare un passo in avanti, si metterebbe più responsabilità alla gente, e soprattutto gli si farebbe perdere meno tempo. Perché tanti forse non se ne rendono conto, ma essere "parcheggiati" all'università è una cosa brutta per per il parcheggiato stesso, perché ti preclude un sacco di cose: viaggiare, fottersi i weekend in droga tanto mica devo studiare, comprarsi le pedaline coi propri soldi, decidere di studiarsi per i cazzi propri quello che si vuole e quando si vuole.
Nessuno in Italia ci dice nulla, ci limitiamo alle battutine sulle scienze delle merendine e le cazzate, e ce la ridiamo insieme come dei coglioni, ahah tu fai scienze della comunicazione, ah beh ahah tranqui io faccio filosofia son pure io al quinto anno diventiamo amichetti. It's wrong, it's totally wrong.


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#2 Giovanni Drogo

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Inviato 13 novembre 2011 - 15:41

Chiedo solo una cosa, si può cambiare leggermente il titolo ed unirlo a considerazioni sull'istruzione primaria elementari-medie-superiori?

Intendo mettere come argomento generale l'istruzione.
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Statisticamente parlando, non lo so.


#3 oblomov

    Mommy? Can I go out and kill tonight?

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Inviato 13 novembre 2011 - 15:50

Possiamo anche, però credo che andrebbero scisse in quanto l'università presenta più differenze (la ricerca, la professionalizzazione, la scelta individuale) che affinità con il sistema della scuola dell'obbligo.

In particolare mi piacerebbe che si potesse provare a capire in che direzione e con quali mezzi si potrebbe riformare efficacemente il sistema in modo che sia qualitativamente adeguato, meritocratico e produttivo.

Io rimango dell'idea che un sistema di incentivi individuali per il corpo docente che si basino su valutazioni esterne di qualità della ricerca e dell'insegnamento sia fondamentale per creare un minimo di meritocrazia
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#4 astrodomini

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Inviato 13 novembre 2011 - 15:54

Da me a Padova non riescono nemmeno a farci scavare, il mio professore è il più importante archeologo medievale italiano ma i suoi studenti per imparare il mestiere devono affidarsi ad altre università le quali non ti danno certo i ruoli di responsabilità che ti aiutano a crescere professionalmente e che riservano ai loro studenti. Risultato: sto seguendo una ragazza per la sua tesi triennale e non sa distinguere uno strato dall'altro, a un passo dalla laurea in archeologia non sa come comportarsi su un cantiere.
Certo, ci sono un sacco di possibilità e diverse le ho anche colte ma se l'università smette di formare sul campo (magari preferendo allo scavo progetti sulle nuove tecnologie, tanto cool quanto distanti dalle competenze di base richieste a un archeologo) è la morte del concetto stesso di studi di alto livello.
Oltre a questi problemi ce ne sono altri mille, a partire da corsi di laurea strutturati in maniera penosa e distaccati dal mondo del lavoro, ma per ora mi fermo qui.
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the music that forced the world into future


#5 Giovanni Drogo

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Inviato 13 novembre 2011 - 15:58

valutazioni esterne di qualità della ricerca e dell'insegnamento sia fondamentale per creare un minimo di meritocrazia


Secondo me valutazioni sulla ricerca vanno separate nettamente da valutazioni sull'insegnamento. Almeno la mia esperienza mi dice che un curriculum da far impallidire Isaac Newton spesso non si sposa con una didattica meticolosa, anzi, troppo spesso mi sono capitati docenti che con i millemila impegni e progetti che avevano non riuscivano ad organizzare decentemente un stralcio di corso. E poi ad insegnare bisogna essere capaci, non è cosa da tutti.
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Statisticamente parlando, non lo so.


#6 oblomov

    Mommy? Can I go out and kill tonight?

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Inviato 13 novembre 2011 - 16:01

Da me a Padova non riescono nemmeno a farci scavare, il mio professore è il più importante archeologo medievale italiano ma i suoi studenti per imparare il mestiere devono affidarsi ad altre università le quali non ti danno certo i ruoli di responsabilità che ti aiutano a crescere professionalmente e che riservano ai loro studenti. Risultato: sto seguendo una ragazza per la sua tesi triennale e non sa distinguere uno strato dall'altro, a un passo dalla laurea in archeologia non sa come comportarsi su un cantiere.
Certo, ci sono un sacco di possibilità e diverse le ho anche colte ma se l'università smette di formare sul campo (magari preferendo allo scavo progetti sulle nuove tecnologie, tanto cool quanto distanti dalle competenze di base richieste a un archeologo) è la morte del concetto stesso di studi di alto livello.
Oltre a questi problemi ce ne sono altri mille, a partire da corsi di laurea strutturati in maniera penosa e distaccati dal mondo del lavoro, ma per ora mi fermo qui.


Quello fortunatamente da noi non capita (io avrò partecipato a circa 15 campagne di scavo, da anni ormai con ruoli di responsabilità), però siamo di fatto tagliati fuori, per motivi che risalgono alle guerre puniche, dal sistemaccio di scambi che consente di piazzare qua e la dottorandi e raccattare borse e fondi.


valutazioni esterne di qualità della ricerca e dell'insegnamento sia fondamentale per creare un minimo di meritocrazia


Secondo me valutazioni sulla ricerca vanno separate nettamente da valutazioni sull'insegnamento. Almeno la mia esperienza mi dice che un curriculum da far impallidire Isaac Newton spesso non si sposa con una didattica meticolosa, anzi, troppo spesso mi sono capitati docenti che con i millemila impegni e progetti che avevano non riuscivano ad organizzare decentemente un stralcio di corso. E poi ad insegnare bisogna essere capaci, non è cosa da tutti.


assolutamente, ed è proprio per quello che vanno ripensate e reintrodotte le figure dei ricercatori strutturati.
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#7 ---

    Classic Rocker

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Inviato 13 novembre 2011 - 16:38

Son d'accordo con tutti, volevo solo far notare un dato ulteriore: nel nostro Paese la percentuale della popolazione con la laurea è tra i più bassi d'Europa. Tra le riforme occorrerebbe anche, secondo me, tenere conto di questo e possibilmente fare in modo che ci sia più comunicazione tra gli studi inferiori e l'università. Magari in molte zone d'Italia questo già c'è, ma parlando per la mia esperienza prima della maturità non avevo la più pallida idea in cosa mi sarei imbattuta (e i risultati si sono visti, anche se non pretendo dipendano da questo :lol: ).
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#8 Karmasukia

    PATTY PRAVO, AMICIZIA LUNGA

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Inviato 13 novembre 2011 - 17:42

Storiella (io la metto sul piano antropologico; di più nizzò).

Uno dei miei migliori amici è per me uno dotato di un certo tipo di intelligenza emotivo-sociale che raramento vedo in giro. Lui per me è Top.
Finito il liceo più che dignitosamente arriva il grande punto di domanda; il babbo terrone ci tiene l'impresa e siccome lui non ha velleità intellettuali e si sente impacciato e non osa osare e si ok studia ma mica 10 ore al giorno per preparare Anatomia ecc. ecc. opta per economia, disciplina che fino ai 19 anni gli era arabo. Va a Verona. A fare la triennale ci mette cinque anni, senza lavorare e stando dietro la fuckoltà.
Cinque anni di merda. Lui che becca quasi mai corsi che gli interessano, il pudore nel raccontare che ci sta mettendo parecchio, l'ansia (perché è un mega-ansioso) ogni esame che deve fare, l'incapacità di buttarsi nelle discussioni economiche anche coi mentecatti (io) dei suoi amici causa il sentirsi inferiore nel studiare una cosa e comunque non sentirsela nel sangue. In cinque anni si appassiona poco, non si specializza, non sa che cazzo fare quando si laurea. Si laurea, va a fare la specialistica un po' più giù, ci infila pure l'orgasmus, e ora si sta per laureare. Non sa che cazzo farà. Dice che non c'è lavoro ma soprattutto dice che non sa cosa vuole fare, economia l'ha fatta perché a 19 anni pensava di finire dal babbo nel paesello, ora nel paesello non ci vuole proprio tornare. Dovrà trovarsi un lavoro che presumibilmente gli farà cagare, cosa che gli azzererà i già pochi entusiasmi e la voglia di progredire in quello che ha studiato. Avrà studiato sette anni per andare a fare un lavoro che quindici anni fa lo si faceva con ragioneria. Lui ovviamente lo sa, ma una situazione UMANA di ignavia, pigrizia, quel cazzo che è, l'ha legato al banco per sette anni. Metà della roba che ha studiato, tra l'altro, l'ha già dimenticata.
Questo è il sistema universitario italiano.
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#9 oblomov

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Inviato 13 novembre 2011 - 17:50

Questo è il sistema universitario italiano.


Con tutto il rispetto, questo non è un problema di sistema universitario. Se una persona fa una cosa che non gli da soddisfazione solo per darla al padre con il pezzo di carta e se sceglie a caso solo per sfuggire ad una situatio ambientale che non lo sgrulla, se la va a cercare. E ora se la tiene, se non si sveglia.
Io, per dire, ho mollato la bocconi in cui ero stato infilato dai parenti per andare a fare il coglionazzo ceramologo con tutti trenta e lode e menzioni e minchiate simili.Se finisco in un call center mica mi posso lamentare.
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Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni.

#10 Karmasukia

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Inviato 13 novembre 2011 - 17:56

Piano, piano. Questa cosa, ci scommetto il culo, solo in una città universitaria come Padova succedeva a centinaia e centinaia di studenti.
Succede perché è permessa. E' la cosa più vecchia del mondo. Sneijder in Olanda col cazzo che andava giù ogni contatto, gli avrebbero dato del simulatore, qua in Italia sono in due a rendersi conto di quando simula. Gli è permesso simulare, e simula. Il sistema glielo permette. Siamo tutti fatti della stessa materia. In molti paesi europei la situazione del mio amico sarebbe pure un stereotipo comune, ma forse c'è una spinta da dietro che mette le cose come dovrebbero essere.
Se tu Oblomov hai avuto la fortuna di tenera una cabeza tosta e le gonadi che ti fumano, cosa che ti ha portato ha scegliere al meglio il tuo futuro, è un merito tutto tuo. Altri "purtroppo" vanno indirizzati, spronati (come detto, il mio amico è uno che scapperebbe spesso sotto i tavoli). Questo non succede. ISTRUZIONE è ISTRUZIONE anche nell'istruirti al cosa poter fare.

Poi effettivamente tutto questo esula anche dalla dimensione solamente universitaria.
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#11 oblomov

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Inviato 13 novembre 2011 - 18:03

Che vadano indirizzati ok, va benissimo, però e qui ritorniamo a quanto discutevamo tempo fa: quali correttivi efficaci introdurre?
Io più che colpire sia nel soldo (alzando le tasse di base e alzandole de più al fuori corso) che nell'orgoglio (con il numero chiuso e la selezione dura e seria -non "lei signorina con la gonna corta non ha studiato tanto, manco ricordava il titolo del corso, va bene 24?") non saprei proprio come fare. Hai voglia dire "guarda i crucchi duri come il fuhrer che vanno in giro per il mondo a fare gli stage a 17 anni", siamo italioti, poco altro da fare, discendiamo dalla tradizione dell'otium cum dignitate ciceroniano (che va benissimo, mica no, ma insomma, nel mondo produci e crepa di oggi, ti mette già nell'angolo se non sei un premio nobel a cui basta accendere un attimo il cervello e da la merda a tutti).
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#12 Karmasukia

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Inviato 13 novembre 2011 - 18:17

Ma per fortuna che non siamo crucchi! Sai che percentuale lipidica, pensa chiamarsi Holger Badschtuba.
Io non so che misure introdurre, certo se ci mettiamo attorno a 'sto cazzo di tavolo qualcosa ne viene fuori. Ma ad oggi l'Uni italiana è senza regole. Quelli bravi E intelligenti E caparbi E sicuri vanno avanti e vanno avanti bene, gli altri no. Ma siccome non siamo tutti come para-doxa che a 19 anni sapeva cosa voleva fare a 30 e sapeva già che lo avrebbe fatto bene, allora servirebbe che lo Stato, la Cultura, la Nazione tuteli l'individuo come una grande mamma, che gli insegni a buttarsi nel mondo del lavoro e del sociale.
Ripeto, iniziare a porre regole e paletti per limitare il numero di mega-fuori-corso sarebbe già un passo avanti.

Ma poi: la vogliamo tirare via sta cazzo di ora di RELIGIONE dai licei e istituti superiori?
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#13 satyajit

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Inviato 13 novembre 2011 - 18:26

I laureati italiani non hanno particolari difficoltà a trovare lavoro all'estero.
Le aziende italiane non assumono laureati stranieri.
Ergo, IL problema dell'Italia non è nel sistema scolastico ma nel sistema delle imprese.

Chi insiste sulla scuola colpisce un bersaglio facile, perché in effetti si stratta di un sistema enormemente migliorabile.
Ma al contempo fa depistaggio.
Spesso in buona fede, qualche volta in cattiva: non vuol far altro che dare soldi pubblici alle scuole private "amiche" e a coccolare e compatire all'infinito gli imprenditori, improduttivi, evasori, retrogradi, ma altrettanto "amici".
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#14 debaser

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Inviato 13 novembre 2011 - 18:28

I laureati italiani non hanno particolari difficoltà a trovare lavoro all'estero.


Questa da dove viene? (Chiedo, non affermo il contrario)
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
non si dice, non si scrive solamente si favoleggia


#15 satyajit

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Inviato 13 novembre 2011 - 18:33


I laureati italiani non hanno particolari difficoltà a trovare lavoro all'estero.


Questa da dove viene? (Chiedo, non affermo il contrario)


In effetti dati precisi li cerco da tempo ma non li trovo; la mia aneddotica personale conferma l'impressione ma ovviamente non fa testo. Però i rapporti di Migrantes, Almalaurea eccetera mi sembra (è un po' che non li riprendo) che suggeriscano ciò, così come la percentuale di laureati sul totale degli emigranti dall'italia, in netta crescita negli ultimi anni (secondo le stesse fonti, che continuo a citare a memoria).
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#16 debaser

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Inviato 13 novembre 2011 - 18:37

Boh, la gente che conosco io e che lavora all'estero in genere avrebbe trovato benissimo anche in Italia. Cose probabilmente meno soddisfacenti (e non solo da un punto di vista economico), lo concedo, ma.
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
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#17 satyajit

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Inviato 13 novembre 2011 - 18:42

Boh, la gente che conosco io e che lavora all'estero in genere avrebbe trovato benissimo anche in Italia. Cose probabilmente meno soddisfacenti (e non solo da un punto di vista economico), lo concedo, ma.


La "mia" esperienza è molto diversa, ma appunto chissenefrega. Se qualcuno ha i dati li leggo molto volentieri.
Resta il fatto che gli immigrati in Italia sono per la stragrande maggioranza lavoratori poco qualificati, questa è questione ampiamente sviscerata.
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#18 satyajit

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Inviato 13 novembre 2011 - 18:47

Sarebbbe anche molto interessante sapere quanti sono gli studenti universitari stranieri in Italia, e quanti i lavoratori laureati*. Se qualcuno riuscisse a recuperare le statistiche e a riportarle darebbe un bel contributo alla discussione.

*che facciano il lavoro per cui hanno studiato, ché di ingegneri egiziani che fanno gli operai è pieno il Belpaese.
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#19 Ortodosso

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Inviato 13 novembre 2011 - 19:19

*
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Che le tasse oltre i 1.000 euro sian basse è la prima che sento.


Perchè evidentemente senti da quelli che, male italiano, giudicano in base a principi astratti ed arbitrari al posto di puntare all'ottimo possibile. Mi spiego.

Se prendiamo il totale della spesa universitaria pubblica e dividiamo per il numero di studenti, otteniamo la spesa media per studente all'anno: è una cifra attorno ai 6500 euro (dati di Perotti 2004-5, sono sicuramente su lavoce, non ho tempo di ritrovarli e me ne scuso). Le tasse medie pubbliche non so quante siano ma facciamo attorno ai 1500-2000.

a) È un fatto, e non un'opinione, che il resto è finanziato dalla collettività tramite le tasse.

b) È un fatto, e non un'opinione, che circa la metà del gettito pubblico italiano viene da gente che laureata non è. È altrettanto un fatto che la gente non laureata manda all'università i propri figli con frequenza inferiore rispetto ai laureati.

Se ne conclude matematicamente che c) il finanziamento pubblico all'università con questo mix 25% paghi diretto 75% tasse è un trasferimento di soldi a favore dei più ricchi (dai piccoloborghesi in su) da parte dei più poveri (operai, lavoratori in nero, immigrati): ovvero quelli che non hanno neanche i duemila + spese accessorie per mandare il figlio all'unversità --e sono tanti, anche se non sono qui sul forum.

Ecco, adesso giudichiamo se questo sistema è moralmente giusto o no, oltre magari a farci due risate quando quelli del primo gruppo dichiarano di essere progressisti e di sinistra con la tastiera mentre le loro azioni li rendono perpetuatuori del conservatorismo più bieco.

Io sarei per alzare tutte le tasse al costo completo dello studente (cosa che promuoverebbe il controllo degli sprechi e della qualità perchè adesso paghi tu in prima persona). POI, con questi capitali seri a disposizione, si abbassa il prezzo, fino a zero (anzi meno, perchè le spese accessorie dovrebbero pure essere coperte), sulla base di un giudizio individuale in considerazione di criteri quali il merito, il bisogno, la domanda da parte del mondo del lavoro.

Dettaglio sotto rispondendo ad altri punti specifici. Notare che non ho neanche affrontato gli effetti positivi che questo avrebbe sulla motivazione/felicità individuale nè sulla sostenibilità dell'università.

Che il sistema universitario vada cambiato è cosa ovvia (ma se è per questo andrebbe cambiato tutto il sistema dell'istruzione).
Non bisogna per forza far schizzare le tasse a prezzi folli: basterebbe introdurre quel paio di test e rendiconto annuali. Sei studente fisso in città e invece che finire l'anno a 60 crediti lo finisci a 40? Fuori. Sei studente lavoratore e lo finisci a 24? Fuori. Sei pendolare >70 km e lo finisci a 36? Fuori. E' troppo difficile? Perché medicina ha il test di ingresso che ti devi fare un mazzo così e invece lettere evidentemente no se poi escono laureati che a 30 anni scrivono "perchè" e "qual'è"? Non esiste il controllo sotto questo aspetto, gli esami sono poco più che timbrare un cartellino (e quelli che non li danno se ne accorgeranno solo alla fine, di quanto facile sarebbe stato).

Avessimo più scadenze e limiti da rispettare, non servirebbe alzare le tasse universitarie, anzi le si potrebbe tranquillamente abbassare, e anzi in una visione ellenica e totalmente fantascientifica della cosa si potrebbero togliere del tutto le tasse universitarie. Per toglierle del tutto, il paese, la regione, la città, dovrebbe avere i soldi per permetterselo. Ma i soldi da dove arrivano se non da una gestione intelligente delle risorse umane=della vita=del mondo? E cosa produce una cosa del genere se non l'ISTRUZIONE, la conoscenza, la ricerca?


Ah, la ricetta tedesca, però in completa contumacia di un'ordine di grandezza dei numeri o delle condizioni sottostanti. Praticamente equivale a dire "ah, mi piacerebbe che gli italiani fossero come i tedeschi". Anche a me piacerebbe la pace nel mondo, ma non credo che la soluzione sia sventolare la bandiera arcobaleno. Spiego.

Questa soluzione si basa sulla fiducia, ovvero non tolgo il finanziamento a pioggia di cui al punto sopra, anzi lo innalzo, metto incentivi disciplinari e mi fido che, nel complesso, questo investimento mi generi un ritorno positivo (istruzione -> miglior lavoro/impresa -> ricchezza -> gettito fiscale), con il corollario che tutti possono studiare e oltre a farci più soldi io stato in tasse, anche i miei cittadini sono più ricchi.

Servono due cose perchè questo funzioni:

1. che i cittadini-studenti siano razionali e informati e scelgano per il loro bene;
2. che il merito accademico si rifletta nel merito lavorativo e in una migliore produttività.

Nessuna delle due cose è presente in Italia.

1. In Germania la gente studia chimica e ingegneria a tassi tripli di quelli italiani. A parità di bravura, il chimico trova lavoro, un tenore di vita e paga tasse che ripagano il finanziamento collettivo dei suoi studi, lo scienziato della comunicazione no.

Archetipo/generalizzazione basata sui numeri: lo studente tedesco rispetta il finanziamento dei suoi studi e ripaga lo stato andando a fare qualcosa che serve, e incidentalmente fa il suo bene. Lo studente italiano, per ignavia e paura di fallire, pensa a breve termine appropriandosi di quante più risorse pubbliche possibile senza pensare a restituire: faccio lettere e vado pure fuori corso che paradossalmente è la scelta razionale, dato che mi approprio di un anno in più di finanziamento pubblico (oltre a non dovermi porre il problema di che cazzo fare nella mia vita). Il discorso è esattamente parallelo e speculare a quello sul debito pubblico.

2. sul fatto che rendite di posizione, propensità nulla all'impresa, privilegi, clientelismi e una cultura che rende la ricerca di successo professionale (specialmente femminile) quasi una colpa, facciano sì che anche molti bravi vadano a rendere una frazione del loro potenziale non credo serva spendere parole.

Morale: il tedesco prende il finanziamento e, in aggregato, lo restituisce con gli interessi, e lo vediamo negli indicatori di dimensione media d'impresa, industria come percentuale del PIL, produttività. Noi, come sempre, se c'è qualcosa che arriva a pioggia la mettiamo nel sacco a più possibile e via andare.

In questa situazione, la ricetta tedesca non è semplicemente possibile, non abbiamo i soldi perchè gli investimenti passati non hanno pagato. Le banalità su "se gestiamo le risorse bene, ce la facciamo" sono tali. Le risorse bene le si gestiscono dando gli incentivi adeguati. Come?

- Alzo le tasse al costo, così vedi che la fretta di laurearsi arriva (e se sai che non è per te, eviti di perdere tempo)
- Perchè buttare fuori il ricco fuori corso? Lo faccio invece pagare il doppio, ricavandoci una borsa di studio VERA per quello più povero e più bravo.
- Merito, bisogno, mercato.

Spiego l'ultimo punto sotto.

@ortodosso.
Io non ho ben capito il taglio che dai quando parli delle classiche facoltà tipo ginecologia romanza e filosofia dei circuiti.
Le vuoi eliminare, le vuoi sottoporre a controllo qualità? Che ci vuoi fare? Io nella mia esperienza universitaria ho conosciuto tanti stronzeggiatori e sia in ambito umanistico e sia in ambito economico-giuridico. Un cattivo studente di economia e giurisprudenza farà la stessa fine di un cattivo studente di lettere. Ma poi, tra l'altro, 'sta cosa dei fuori corso ecc. io non è che l'abbia proprio capita. In facoltà a mia a Padova eravamo a centinaia, di tutta la mia cerchia di conoscenze ce ne saran stati due massimo tre che si son laureati oltre un anno in ritardo. Ma, come detto, quelli ci son ovunque (non ne parliamo a Giurisprudenza, dove liceali incapaci ma orgogliosi e attirati dal dinero e dal prestigio si buttano in una facoltà che proprio non è cosa, e lì rimangono).

Uno studente talentuoso in Filologia Romanza saprà PRODURRE. Chi ha qualcosa da dire è sempre PRODUTTIVO. Scrivi un libro? Fai lavorare la casa editrice e chi te lo deve stampare. Se poi te lo leggono in quattro perché a pochi frega dell' ars poetica nella Caserta del 1276 te ne verranno forse meno soldi a te. Pure un astrofisico è per certi versi una figura inutile. Una idea, una produzione di pensiero, è sempre qualcosa che muove tutto il circo. O no?


Premetto che la nozione che "un anno in ritardo" sia normale e financo salutare è solo italiana. Moltiplica un anno per milioni di persone e vedi cosa hai perso, in un paese dove per recuperare briciole di produttività si pensa di fare un giorno di festa in meno all'anno. Pensa invece laurearsi nei tempi preposti.

I criteri: a) merito b) bisogno c) domanda di mercato non sono esclusivi ma complementari. Ovvio che è meglio far studiare semantica a Eco che ignegneria a un ciuccio anche da un punto di vista economico, dato che Eco ha pagato milioni in tasse mentre il ciuccio è disoccupato. Altrettanto ovvio che abbiamo più bisogno noi di umanisti seri che altre nazioni, anche da un punto di vista economico. Tuttavia:

- la sproporizione tra studenti in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM) e il resto vs. il numero che c'è bisogno degli uni e degli altri è enorme (per i motivi di cui sopra)

- il matricolando medio è, appunto, medio nelle capacità e totalmente indeciso.

- gli standard qualitativi non sono uniformi ma variano in maniera preoccupante (una media del 27 a lettere fa cagare, a ingegneria è oro), spiengendo ancora di più verso corsi facili e inutili (qua si apre tutto il discorso sul relative grading che lascio stare).

Morale, ha detto bene oblomov: se io ho bisogno di 100 archeologi all'anno, faccio una selezione assassina per prendere i migliori cento e questi LI PAGO IO stato per studiare seriamente una materia umanistica, perchè questi mi servono di più che un ingegnere: ma sono l'eccezione.

Al grosso, cioè lo studente medio che non sa che cazzo fare, devo fare due cose:

- spingerlo a studiare cose di cui c'è bisogno e mancanza (STEM), per fare il bene dello stato e il suo: con borse di studio, e dando le appropriate informazioni

- dargli le informazioni per poter arrivar elui autonomamente a questa scelta.

E arrivo all'ultimo punto: il fallimento dell'amico di pAggioni non è un fallimento universitario, nè un fallimento individuale: è un fallimento dell'istruzione media.

L'assurdità per cui concentriamo le scelte in due momenti a tredici (= fatta dai genitori) e diciotto anni mi fa impazzire: ma come può uno scegliere una facoltà universitaria quando non è stato esposto a un'ampia varietà di discipline prima? Come mi posso stupire che nessuno scelga matematica quando la matematica vera non la puoi fare alle medie superiori? Come mi posso lamentare che nessuno sceglie computer science quando essa alle superiori non c'è? Il paradosso per cui l'80% degli studenti decide cosa fare all'università ad agosto della maturità è sconvolgente, come sconvolgente è il fatto che per cambiare si debba ripartire da capo o quasi: uno dovrebbe essere in grado di scegliere la sua specializzazione/i al minimo a metà del corso universitario, tra un'ampia scelta di corsi che ha avuto la possibilità di sperimentare, non per sentito dire o per esclusione di quello che uno non si ritiene in grado di fare.

Se ripenso ai tredici anni passati a chiedersi perchè a Bayside School gli studenti scegliessero le proprie classi e lavorassero d'estate (da noi lavorare è una diminutio) mi passa un brivido per la schiena, perchè io ho avuto culo genetico e non, ma altri si ritrovano ad anni venticinque senza avere la minima idea di cosa sia un posto di lavoro. Mondi di possibilità si chiudono di fronte ai giovani italiani prima ancora che essi (specialmente quelli nati peggio) siano lontanamente in grado di capire che sono fottuti.

I laureati italiani non hanno particolari difficoltà a trovare lavoro all'estero.


Questa è la più classica baggianata nata dalla confusione di correlazione e causalità: molti laureati itailani hanno successo all'estero perchè quelli che vanno all'estero sono molto più bravi della media nazionale, quindi troverebbero dappertutto (anche in Italia). Inferenza 101.
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#20 Purchaser

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Inviato 13 novembre 2011 - 19:33

Io non sono un granchè come studente universitario, anzi, rientro in quella categoria di fuoricorso che pesano sulle strutture e secondariamente anche sulle statistiche.
Credo che ci debba essere una profonda modifica che parta dall'inizio e quindi dall'iscrizione. Test d'ingresso per tutte le facoltà a ottobre, e inzio posticipato del primo anno a primavera. Nel periodo intermedio farei corsi propedeutici per livellare i numero di studenti che sono risultati idonei ai test. Al termine un esame di sbarramento. O dentro o fuori.
In questo modo non avremmo delle facoltà sovradimensionate ma un numero di studenti ridotto (relativamente) ma tutti all'altezza.
Immagino che possa sembrare un sistema un po' troppo rigido ma è l'unico modo per avere nei corsi le persone giuste.

In secondo luogo occorre ridurre il numero degli esami. In alcune facoltà si arriva a fare 45-50 esami (e anche più) in 5 anni, alcuni dei quali sono francamente poco funzionali (es: giurisprudenza: vari corsi di storia del diritto, filosofia e economia politica non devono essere obbligatori ma opzionali) e tutto fanno tranne che rendere una persona uno specialista della materia.

Evitiamo che le persone entrino in università senza una motivazione, studino a memoria e in molti casi si presentino in azienda una volta ottenuta la laurea senza sapere nemmeno spiegare le motivazioni che l'hanno spinta a scegliere una facoltà piuttosto che un 'altra.
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1 1/2 oz Scotch Whisky
1/2 oz Drambuie Scotch Whisky
1 twist lemon peel

Pour the scotch and Drambuie into an old-fashioned glass almost filled with ice cubes. Stir well. Garnish with the lemon twist.

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#21 Karmasukia

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Inviato 13 novembre 2011 - 19:34

Ma tu parAdoxa invece di fare tanto il giuliano fèrara nel forum di ondarock, perché non te ne stavi in Italia e cercavi nel tuo piccolo di muovere un po' tu le cose? Qui sei sempre un fiume di parole tra noi, però vedi che al prossimo crack del server anche 'ste parole finiscono nel buio. C'hai tante cose da dire: non hai mai sentito l'esigenza di dirle ad un pubblico più vasto? Seriamente eh.

Con tutto che sono d'accordo al 60% con quello che dici (che poi boh tante cose le avevo dette simili pure io), il resto 40% ci devo pensare sopra, perché non son convinto.
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#22 Ortodosso

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Inviato 13 novembre 2011 - 19:41

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Ma siccome non siamo tutti come para-doxa che a 19 anni sapeva cosa voleva fare a 30 e sapeva già che lo avrebbe fatto bene, allora servirebbe che lo Stato, la Cultura, la Nazione tuteli l'individuo come una grande mamma, che gli insegni a buttarsi nel mondo del lavoro e del sociale.


Niente, devo fare l'excursus personale che evito da dieci anni qui sopra, perchè se no attraverso il mio esempio si perpetua questa visione per cui i destini sono determinati alla nascita, io sono quello mantenuto dal paparino (cit. Satjayit) alla bboccòni che però ha anche fatto il corso di self-help americano e mo' è un bot neoliberista con la spinta del coniglietto energizer.

- Paradosso adesso lavora nell'Internet. A diciannove anni compiuti, cioè undici, Paradosso sull'internet non ci era MAI andato, figurati cosa sapeva di voler fare o di saper fare bene
- Paradosso ha scelto la sua università col criterio più stupido possibile, quello del sentito dire, e il suo corso di laurea con la monetina (letteralmente: con la monetina).
- Paradosso ha passato mesi ventuno della carriera universitaria durante i quali si sarà recato in Ateneo cinque volte e dato esami zero, quindi forse del tuo amico con la depressione accademica qualcosa ne capisco.
- Paradosso l'ha messo parzialmente a posto, face to face, uno che mi dicono sia da un'ora il presidente del consiglio, dopo essere andato a due millimetri dall'espulsione dall'università.
- Paradosso si è laureato "in corso" (la stessa definizione di in corso è una barzelletta, la gente si dovrebbe laureare a giugno) avendo dato esami dodici in un mese in maniera indegna, e profittando della mediocrità generale come neanche un Soros nel 1992.
- Paradosso a ventiquattro anni non aveva la minima idea di che cazzo fare ed esperienza lavorativa zero, e gli è andata di culo one more time che qualcuno l'ha preso a fare l'apprendista
- Paradosso è pure il figlio di una single mother, sta con una borsa di studio dalle elementari, è andato all'estero la prima volta durante la sua terza decade, ha uno stipendio più alto di quello dei vostri genitori e un mutuo però pure (preso per studiare, non per la casa che non ha), e più della metà di quello che guadagna lo dà alle banche e alla famiglia in Italia, per cui quando legge le cazzate "de sinistra" sul telefono mentre è in fila al Western Union insieme ai fratelli peruviani i coglioni gli girano a turboelica
- Paradosso se si rigioca i primi venticinque anni di vita dieci volte, nove volte e mezzo finisce male
- Paradosso quando è ministro dell'istruzione (e succede) mette relative grading, via appelli a settembre, scuola superiore unica, voti relativi, college di quattro anni con major e minor solo all'ultimo, internship obbligatoria o calcinculo, triplica le tasse e le borse di studio e ne manda a casa talmente tanti che Brunetta al confronto è Cofferati. Tel chi le misure necessarie.
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#23 ---

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Inviato 13 novembre 2011 - 19:51

@Ortodosso

Per il discorso dell'altro giorno comunque hai ragione tu, in effetti l'avevo presa sul personale sbagliando.
Anyway, le cose che dici le condivido: ho troppi amici che fanno lingue e filosofia che non sanno perché sono lì, come me del resto dopo aver avuto una carriera alquanto deprimente.
La nostra università, in questo momento fa selezione in base a quanto una persona riesce a sopportare il logoramento: non richiede continuo impegno come nel resto del mondo ma continua sopportazione (quando non è la didattica a far pena lo è la burocrazia e la mancanza di prospettive che ti viene ricordata ogni minuto, che poi sia vero è un altro paio di maniche). Molti ci entrano vittimisti e ne escono ancora più vittimisti (me compresa).
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#24 totem

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Inviato 13 novembre 2011 - 20:08

- gli standard qualitativi non sono uniformi ma variano in maniera preoccupante (una media del 27 a lettere fa cagare, a ingegneria è oro), spiengendo ancora di più verso corsi facili e inutili (qua si apre tutto il discorso sul relative grading che lascio stare).

Questo è un punto fondamentale a mio avviso. Sarei interessato al discorso del relative grading e del togliere gli appelli a settembre se hai voglia e quando puoi.
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#25 ---

    Classic Rocker

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Inviato 13 novembre 2011 - 20:15

Ah ma poi questa cosa degli appelli è aleatoria al massimo comunque, io per dire ne 4 all'anno mentre altre università/facoltà ne hanno uno al mese...
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#26 steinbeck

    Groupie

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Inviato 13 novembre 2011 - 20:36

Secondo me il fatto di avere più appelli compensa il fatto che gli esami sono soprattutto orali (almeno nelle facoltà umanistiche), e quindi sottoposti a variabili decisamente aleatorie (il voto può essere pesantemente influenzato dalle funzionalità digestive dell'esaminante).
A me per dire è successo di dare lo stesso esame due volte nel giro di 15 giorni, la prima volta sono stato bocciato, la seconda ho preso 30 (e non è che nel frattempo avessi studiato chissà quanto di più, semplicemente la seconda volta il prof aveva digerito bene)

Con esami scritti, come all'estero, allora ha senso ridurre il numero degli appelli
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#27 oblomov

    Mommy? Can I go out and kill tonight?

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Inviato 13 novembre 2011 - 20:46

Non è tanto quello, è che 10/12 esami all'anno si possono fare ma inevitabilmente la qualità della didattica ne risente. Io sono sicuro che nelle facoltà umanistiche si tornasse al vecchio quinquennio con 5-6 esami all'anno (mattoni che spaccavano la schiena in genere: ogni tanto con il mio docente di riferimento attacco sti pipponi su dove stiamo andando e una volta mi ha tirato fuori le dispense di un corso sostenuto negli 80s, saranno state 3000 pagine, ma senza iperbole) sicuramente si avrebbe un generale livellamento verso il basso dei voti, che è un bene, ed una minore dispersione in corsi che sono sempre e solo superficiali e pressoché mai approfonditi.
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Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni.

#28 oblomov

    Mommy? Can I go out and kill tonight?

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Inviato 21 febbraio 2012 - 19:47

Massimo Sandal, 29 anni, laureato in biotecnologie industriali all’Università di Bologna e attualmente ricercatore a Cambridge in Inghilterra – si era parlato del suo lavoro sul morbo di Parkinson tre anni fa – ha scritto dieci giorni fa sul suo blog un lungo post in inglese sulle frustrazioni del lavoro nella ricerca scientifica. Si concludeva con un’annunciata intenzione di “riprendersi la vita” e ha avuto nei giorni seguenti una notevolissima circolazione e discussione in rete (Sandal è tornato sull’inattesa dimensione del dibattito qualche giorno dopo). Il Post gli ha chiesto di spiegare ai profani quali siano le ragioni di tanta sensibilità ai temi della vita dei ricercatori.

Molti guardano la ricerca scientifica dall’esterno, come fosse una torre d’avorio in cui personaggi dal cranio rigonfio di materia grigia discutono con apollinea serenità i misteri dell’universo. Chi vede la cosa da fuori cosa vede? Quando va bene, professori sorridenti che spiegano la nuova (possibile) cura per il cancro, che commentano le ultime foto di Hubble o il riscaldamento globale. L’impressione che danno i media è quella di un mondo di mattacchioni che discutono serenamente di bosoni, scioglimento dei ghiacci e DNA, senza nessun’altra preoccupazione al mondo.

Sono fesserie. Chi fa ricerca giorno dopo giorno non sono i professori (che hanno un ruolo fondamentale, per carità: ma più di guida, networking e fundraising che altro). Sono i giovani: i dottorandi e i cosiddetti “postdoc” (ricercatori post-dottorali, che hanno un titolo di dottorato ma che non lavorano ancora indipendentemente). Costoro, benché anonimi, sono quelli che fanno tutto il lavoro vero e proprio e sono alla base di una piramide, e questo di per sé sarebbe normale (le gerarchie sono ovunque, di operai ce ne sono tanti e di Marchionne uno solo). Il problema è che si tratta di una piramide su cui non puoi mai fermarti: devi scalarla o perire.

Mi spiego meglio. Se io entro in FIAT per fare l’operaio o l’impiegato, è probabile che io possa rimanere in eterno a fare l’operaio o l’impiegato. Nessuno (che io sappia: potrei sbagliarmi) mi obbliga a fare carriera per diventare dirigente. Nella scienza invece tu non puoi rimanere a fare il ricercatore ad libitum.
La carriera funziona così. Quando uno inizia il dottorato, neolaureato, inizia a fare ricerca vera e propria. Fa esperimenti, calcoli, ipotesi, teorie eccetera: tutto quello che ci si aspetta faccia uno scienziato, magari sotto l’occhio vigile di un dottorando più vecchio o di un postdoc.

Alla fine se tutto va bene il nostro dottorando, dopo tre-quattro anni (o anche più fuori dall’Italia) vissuti chiuso in un laboratorio, rinunciando alle serate e ai weekend, grottescamente malpagato, senza la minima rappresentanza professionale a difendere i suoi inesistenti diritti, avrà realizzato un paio di lavori scientificamente dignitosi, e li avrà pubblicati su una rivista scientifica “peer reviewed”.

Se il suo capo non è un totale figlio di buona donna, avrà avuto riconosciuto il suo lavoro con il primo nome nella lista degli autori: una finezza che significa tutto (avere articoli come primo autore è conditio sine qua non per qualsiasi progresso di carriera; uscire dal dottorato senza un “first-author paper” significa una quasi certa condanna a morte accademica. Avere il primo nome significa che il lavoro “è tuo”, gli altri nomi sono collaboratori secondari o supervisori. E no, non esiste nessun meccanismo di controllo: tutto sta alla correttezza del proprio supervisore. Se il tuo supervisore vuole far andare avanti qualcun altro e non te, il primo nome te lo puoi scordare, anche se hai fatto tutto il lavoro da solo. Non capita spessissimo, ma capita).

A questo punto il dottorando, ora dottorato, dovrà fare la via crucis del postdottorato. Ovvero, lavorare per vari anni in 2, 3, 4 laboratori, 2-3 anni alla volta, finché non si sia fatto un curriculum abbastanza robusto per il passo successivo. Ma mentre durante il dottorato viene pagato in qualche modo dall’università, dopo il dottorato è spesso necessario (anche se non sempre: ma nei posti più prestigiosi è pratica comune) reperirsi da soli i fondi per pagare il proprio stipendio.

La competizione per tali fondi è spietata, e diventa sempre più spietata man mano che si prosegue. Il motivo è semplice: le agenzie che danno i fondi (in generale si tratta di agenzie internazionali o nazionali di natura governativa, oppure di fondi privati o derivati da donazioni, come Telethon in Italia, o il Wellcome Trust in Inghilterra) di norma non finanziano più del 20% delle application che ricevono, e spesso ne finanziano intorno al 5%. Inoltre fare tali application comporta un’enorme perdita di tempo: non si tratta semplicemente di inviare un curriculum e una lettera, ma di scrivere papiri di 10-40 pagine in cui devi convincere un panel di revisori su ogni aspetto della tua ricerca, in cui devi limare ogni parola perché il tuo progetto sia realistico, brillante, convincente. Insomma, devi fare marketing: ma invece che con uno slogan lo devi fare con dozzine di pagine di pubblicità. Aggiungete che, per avere delle speranze, devi fare domanda a numerose agenzie alla volta, e capite che circa il 40% del tempo di molti ricercatori è speso soltanto a fare domande di fondi. Ovviamente le possibilità di avere fondi dipendono essenzialmente dal proprio curriculum, ovvero dalle pubblicazioni (specie come primo autore).

Tali fondi, qualora vinti, sono a termine (quasi mai durano più di tre anni, spesso due) e quindi praticamente ogni anno uno fa nuove domande per garantirsi i prossimi due anni di stipendio. Ed ecco che qui arriva il nodo: tutte le agenzie di fondi che danno soldi per postdoc pongono dei limiti di età o di esperienza. In pratica, raggiunti i 35 anni avere una borsa per postdoc inizia a diventare impossibile. C’è solo un’alternativa: sperare di trovare una posizione come ricercatore indipendente, diventare in altre parole un giovane “group leader” e iniziare a coordinare il lavoro altrui.



La competizione a questo punto diventa spaventosa. A essere ottimisti, il 10% dei postdoc può sperare di raggiungere una “tenure track” (ovvero quel percorso in cui sei un group leader “in prova”, per un periodo di solito sui 5 anni). Fermiamoci un attimo e ricapitoliamo cosa significa quanto detto:

1) La grande maggioranza degli esperimenti scientifici nel mondo è fatta da gente sotto i 35 anni, grottescamente sottopagata (specie in Italia, ma non solo) e priva di qualsiasi riconoscimento di tipo “sindacale”. Nel caso della ricerca i giovani non sono il futuro: sono il presente. La ricerca scientifica mondiale è letteralmente in mano (provette, computer e strumenti) a migliaia di ragazzi che rinunciano a vita, stipendio e carriere lucrose (se un giovane biologo brillante fresco di laurea o dottorato va all’estero e prova a lavorare nell’industria, le chance di trovarsi all’estero a fare il ricercatore nel privato sono piuttosto alte, e il trattamento economico e sociale decisamente più alto) per una passione, senza ricevere quasi nulla in cambio.

2) La ricerca scientifica funziona come un’azienda che sostituisse tutto il suo dipartimento ricerca e sviluppo ogni dieci anni. Non so se questo sia normale, ma mi colpisce sempre: è come se uno buttasse via tutti gli ingegneri in una azienda tecnologica e ne riassumesse di nuovi, neolaureati, ogni 10 anni, a parte i pochissimi che diventano dirigenti.

3) La competizione a livello postdottorale fa sì che, specie nelle istituzioni più prestigiose, si creino facilmente situazioni estremamente tossiche. Scordatevi una platonica torre d’avorio. Significa che la gente sabota regolarmente il lavoro altrui, fa di tutto per accaparrarsi il credito di lavoro a cui ha partecipato poco o nulla, e altro che condivisione delle conoscenze: ognuno tiene i propri progetti praticamente secretati nel terrore che gli vengano rubati dalla concorrenza. Aggiungete il fatto noto che questo conduce sempre piú ricercatori (una piccola minoranza, per fortuna, ma in crescita) a darsi alla frode scientifica pur di sopravvivere: si parte da casi in cui semplicemente si riducono i controlli, o si scopiazzano articoli da una parte all’altra, a storie eclatanti in cui si inventano dati di sana pianta per garantirsi il
successo.
Nota generale: “competitivo” non significa necessariamente “meritocratico”. Spesso le due parole vengono considerate sinonimi. La cosa andrebbe tenuta bene in mente da chi chiede più “competitivita`” nella ricerca italiana. La ricerca italiana dev’essere più meritocratica, non più competitiva. Si compete già, in Italia, solo che non si fa in base al merito.

4) Intorno ai 30-35 anni abbiamo numerose persone con un curriculum buono o anche brillante che hanno fatto scienza tutta la vita e si trovano improvvisamente in mezzo alla strada, “overqualificati” per moltissimi lavori, e viceversa non qualificati per molti altri. Ci sono aziende che hanno come politica esplicita quella di non assumere persone con un dottorato o un postdoc perché ormai troppo slegati dalla “realtà”. Queste persone sono intorno al 70-90% di quelle che hanno iniziato una carriera accademica.

5) Il fatto che tutto giri intorno alle pubblicazioni e alle esigenze delle agenzie di funding, aggiunto al fatto che la ricerca scientifica è sempre una scommessa, fa sì che attualmente la ricerca scientifica sia in una spirale che la rende sempre meno coraggiosa, sempre più applicata e sempre più dipendente dalle politiche delle agenzie. In campio biologico è pressoché impossibile avere fondi se non si hanno chiare e immediate ricadute mediche o industriali della propria ricerca. Charles Darwin oggi non riceverebbe un soldo da un’agenzia di funding. Inoltre, tutti i postdoc tendono a cercare progetti più “sicuri”, a scavarsi piccole nicchie in cui sono certi di ottenere qualcosa, anche di piccolo, invece di tentare di imparare tecniche e discipline nuove, o di dedicarsi a esperimenti più coraggiosi, perché questo è quasi sempre solo un modo per suicidare la propria carriera.

Torniamo al nostro ex-dottorando ed ex-postdoc. Mettiamo che sia stato molto bravo, che abbia sgomitato il dovuto e che abbia vinto una tenure track. Questo cosa gli da? Cinque anni in cui avrà raggiunto l’indipendenza accademica, gestirà un progetto “suo” (purché piaccia a chi gli da i soldi) e in cui magari ha un paio di dottorandi a lavorare per lui. Bellissimo. Peccato che gli serviranno ancora soldi per pagare il laboratorio, la strumentazione, eccetera, e quindi dovrà fare ancora altre domande ad altre agenzie. Lo stesso ciclo di prima, eterno, solo peggiorato: ora la grande maggioranza del suo tempo sarà spesa a fare marketing della ricerca (che il ricercatore guida ma che fanno i suoi dottorandi) e sempre meno alla scienza vera e propria. Inoltre l’università gli fa pressione, perché a questo punto i grant che ottiene servono anche a finanziare il dipartimento stesso, non solo lui. E anche qui, non vincono tutti: una buona metà se ne torna a casa dopo cinque anni. A questo punto il ricercatore ha 40 anni, ha fatto ricerca tutta la vita (anche se negli ultimi 5 ha fatto più che altro fundraising), e maledettamente sovraqualificato e maledettamente troppo vecchio per trovare facilmente lavoro.

Si è mangiato la vita: non ha mai avuto un weekend libero, non si è mai liberato dal suo lavoro (la ricerca è un lavoro che divora, da cui non stacchi mai, a livello mentale), ha subito probabilmente mobbing e scorrettezze da numerosi colleghi, ha forse rinunciato o quantomeno messo in secondo piano famiglia e figli, non ha mai avuto una stabilità economica o geografica (molti ricercatori cambiano Stato 2, 3, 4 volte nella vita, spesso anche di più), ha dovuto conquistare tutto palmo a palmo, per cosa? Per ritrovarsi a 30, 35, 40 anni con in mano un pugno di mosche e qualche oscura pubblicazione, quasi certamente persa in un mare magnum di mille altre.

La torre d’avorio dell’accademia è solo la parte che si vede. Sotto terra, sotto la torre, brulica un sottosuolo di giovani brillanti, fortissimi lavoratori e tenaci sognatori ma il cui futuro è una lotteria, una mera illusione. Ovviamente chi vive nella torre d’avorio (cioè chi ha raggiunto finalmente un posto stabile come professore universitario) ha tutto l’interesse a mantenere lo status quo, o anzi ad aumentare a dismisura il numero di dottorandi e postdottorati: manovalanza a carico dell’università o delle agenzie esterne di funding; cervelli e mani che fanno tutto il reale lavoro di ricerca, e che è sempre sostituibile, pronta a essere buttata via e rimpiazzata nel giro di pochi anni.

Quello che ho raccontato nasce naturalmente dalla mia esperienza; ci sono ovviamente eccezioni e c’è ovviamente il dritto della medaglia. C’è lo stimolo psicologico, ovvero il fatto che spesso chi fa ricerca ha sempre sognato di farla e la cui personalità è in qualche modo dipendente/definita da questa realizzazione professionale. Significa da una parte che spesso è un mestiere a livello psicologico totalizzante, in cui si entra per vocazione spesso fin dall’infanzia, per spirito di conoscenza – e che quindi finisce per definire la tua persona; trovarsi di fronte alle dighe poste sul cammino della ricerca è spesso enormemente frustrante e infine, quando ci si trova costretti a cambiare cammino, la sensazione di aver fallito nella propria vita è ben più profonda di quanto normalmente sia per un altro tipo di carriera. Ma fare scienza è anche suo modo un mestiere meraviglioso, in cui sai di portare avanti, nel tuo piccolo, la gigantesca impresa dell’umanità di comprendere il mondo in cui vive e, alla fine, te stesso. La libertà intellettuale può essere inebriante. Forse troppo inebriante: forse gli scienziati riflettono troppo sui loro progetti e troppo poco sul sistema che li mantiene, li porta avanti per qualche anno e alla fine in tanti casi li getta via. Se mi chiedete quali sono le vie di uscita da questo gioco al massacro, io non so dare una risposta. Ma gli scienziati, e la società di cui fanno parte, dovrebbero chiedersi se questo è veramente l’unico modo di mandare avanti la ricerca. Non solo per gli scienziati stessi, ma per tutti.

http://www.ilpost.it...-scientifica/2/

L'autore vive nel mondo della ricerca anglo-americano, dove il fund-raising è la base minima, qui in italia possibilmente è anche peggio, perchè la gestione dei fondi spesso è affidata a quelli che stanno già nella torre d'avorio.
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#29 debaser

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Inviato 21 febbraio 2012 - 20:04

L'articolo è di un anno fa e al tempo c'era stata una discreta discussione online, sia lì sotto, nei commenti, sia in altri lidi.
Lui fa un pochino troppo il ganzo, comunque quello che dice è giusto [tra l'altro pare su linkedin che abbia mollato il suo nuovo lavoro a ottobre 2011, sarei curioso di sapere che fa ora, magari si è ributtato nella ricerca, non credo ma sarebbe il colmo asd]
  • 0

Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
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#30 ArchieFisher

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Inviato 21 febbraio 2012 - 21:02

Mamma mia che toni apocalittici...
Togliendo la drammaticità, comunque dice cose vere, soprattutto queste qua:

Chi fa ricerca giorno dopo giorno non sono i professori (che hanno un ruolo fondamentale, per carità: ma più di guida, networking e fundraising che altro). Sono i giovani: i dottorandi e i cosiddetti “postdoc” (ricercatori post-dottorali, che hanno un titolo di dottorato ma che non lavorano ancora indipendentemente).

se un giovane biologo brillante fresco di laurea o dottorato va all’estero e prova a lavorare nell’industria, le chance di trovarsi all’estero a fare il ricercatore nel privato sono piuttosto alte, e il trattamento economico e sociale decisamente più alto

La ricerca scientifica funziona come un’azienda che sostituisse tutto il suo dipartimento ricerca e sviluppo ogni dieci anni. Non so se questo sia normale, ma mi colpisce sempre: è come se uno buttasse via tutti gli ingegneri in una azienda tecnologica e ne riassumesse di nuovi, neolaureati, ogni 10 anni, a parte i pochissimi che diventano dirigenti.

ora la grande maggioranza del suo tempo sarà spesa a fare marketing della ricerca (che il ricercatore guida ma che fanno i suoi dottorandi) e sempre meno alla scienza vera e propria.



L'ultima frase che riporto qua sotto non mi trova affatto d'accordo (fra l'altro nega una di quelle precedenti): ci sono un sacco di aziende che assumono dottori di ricerca proprio perché rappresentano personale altamente qualificato e possono essere inseriti per potenziare i reparti di ricerca e sviluppo (parlo dell'estero, ovviamente, in Italia capita molto di rado - e di solito con lo stipendio di un neolaureato).

Ci sono aziende che hanno come politica esplicita quella di non assumere persone con un dottorato o un postdoc perché ormai troppo slegati dalla “realtà”. Queste persone sono intorno al 70-90% di quelle che hanno iniziato una carriera accademica.


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#31 sud afternoon

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Inviato 26 febbraio 2012 - 13:46

Paradosso quando è ministro dell'istruzione (e succede) mette relative grading, via appelli a settembre, scuola superiore unica, voti relativi, college di quattro anni con major e minor solo all'ultimo, internship obbligatoria o calcinculo, triplica le tasse e le borse di studio e ne manda a casa talmente tanti che Brunetta al confronto è Cofferati. Tel chi le misure necessarie.


Questa sopra è anche per me grosso modo la soluzione, ma per allinearsi agli standard del mondo occidentale basterebbe questo sotto:


esami scritti, come all'estero


Per la precisone: esami scritti, la settimana dopo la fine del corso, open document (= te porti gli appunti, le course notes del docente, i libri, la treccani quello che cazzo vuoi), obiettivo della prova: capire se c'hai capito qualcosa e se sai usicchiare un po' quel qualcosa in un contesto più o meno controllato ("più o meno" a seconda della difficoltà che la class in questione vuole darsi).

E' ovvio che non ci vuole niente a occumulare settimane di ritardo per anno (ergo mesi e anni di ritardo per carriera di studio) quando si va avanti con l'ottocentesco approccio del "vieni all'esame orale a mostrarmi che hai memorizzato anche i più miseri dettagli del manuale". Che magari sei uno studente di matematica o fisica e devi stare lì a ripetere a memoria decine di dimostrazioni (e non oso immaginare a cosa si riduca l'attività di studio dei disgraziati che studiano chimica, biologia, ingegneria...). Ma si può dire lo stesso pure per studi di tipo "umanistico" eh. Il resto del mondo sembra averlo capito da un secolo. L'Italia no. Ma è una cosa talmente evidente, porca miseria, che la si intuisce anche da dentro il sistema, da studente univesitario italiano voglio dire.
  • 2

#32 oblomov

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Inviato 26 febbraio 2012 - 14:02

sull'accumulare ritardi folli il 3+2 e l'assoluta arbitrarietà nella corposità delle tesi assegnate è fondamentale

io mi sono iscritto nel 2004-2005, a novembre 2007 avevo finito gli esami della triennale: 180 p di tesi e laurea a giugno 2008, quindi iscrizione alla specialistica, finisco gli esami a settembre 2010 (media 29,8), mi viene assegnata una tesi di ricerca per cui vado fuori dalla mia sede per più di tre mesi, al solo scopo di raccogliere i dati bruti, ad ora sono a circa 350 p e ancora non vedo la luce.
Finirò con un ritardo di 3 anni, con relative tasse, pur avendo fatto, credo, quanto dovevo
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#33 debaser

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Inviato 26 febbraio 2012 - 14:07

vabè lì te la sei cercata te eh asd
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
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#34 oblomov

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Inviato 26 febbraio 2012 - 14:24

si, questo è vero asd
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#35 astrodomini

    ...

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Inviato 26 febbraio 2012 - 14:43

sull'accumulare ritardi folli il 3+2 e l'assoluta arbitrarietà nella corposità delle tesi assegnate è fondamentale


Per non parlare della riduzione degli esami attuata dalla riforma. Io per laurearmi ho dovuto sostenere 29 esami, chi si laurea adesso 18 (e da noi sono sostanzialmente gli stessi anche se valgono più crediti).
La tesi è un piccolo incubo anche per me. Il mio lavoro è inserito in un progetto di ricerca e la prima parte me la sta facendo una triennalista (sarà la sua tesi), sfortunatamente questa ragazza è semianalfabeta incapace di crearsi un piano di lavoro serio. Risultato ho terminato gli esami con sei mesi di anticipo e media alta a Settembre ma sto ancora aspettando di iniziare, per fortuna nel mezzo ci ho messo due mesi di lavoro e un po' di soldi.
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#36 oblomov

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Inviato 26 febbraio 2012 - 15:01

io ho già annunciato che qualunque cosa succede pretendo la firma non appena ho esaurito di scrivere le parti che ho nell'indice, spero entro un mese e mezzo al massimo, altrimenti mi iscrivo ai terroristi
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#37 totem

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Inviato 26 febbraio 2012 - 15:49


Paradosso quando è ministro dell'istruzione (e succede) mette relative grading, via appelli a settembre, scuola superiore unica, voti relativi, college di quattro anni con major e minor solo all'ultimo, internship obbligatoria o calcinculo, triplica le tasse e le borse di studio e ne manda a casa talmente tanti che Brunetta al confronto è Cofferati. Tel chi le misure necessarie.


Questa sopra è anche per me grosso modo la soluzione, ma per allinearsi agli standard del mondo occidentale basterebbe questo sotto:

Non capisco cos'è il relative grading. Sarebbero i voti normalizzati rispetto allo studente che ha preso di più?
Poi non capisco che senso avrebbe togliere gli esami di settembre e triplicare le tasse. Casomai aumentare le tasse per chi va fuori corso, però anche qui bisognerebbe valutare i vari casi, perché le motivazioni per cui uno va fuori corso possono essere molteplici
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#38 Nihor

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Inviato 26 febbraio 2012 - 17:16

Un pò di tempo fa ho letto un paio d'articoli (non chiedetemi dove non ricordo) dove si sosteneva che al netto di baronate, inefficenze e ruberie varie prendendo da qualche parte in Italia potesse succedere che (col vincolo naturale di determinati corsi e luoghi geografici) mediamente i laureati italiani fossero più preparati dei corrispettivi esteri e che nonostante l'università sia slegata completamente dal mondo lavorativo quantomeno dia delle solide basi teoriche.

Ora non conoscendo il livello delle altre università che siano europee o americane mi chiedevo se ci fosse una parvenza di verità oppure facesse il paio con "gli ingegneri italiani degli anni '80 campioni del mondo" e nazional stronzate similari. Magari se qualcuno lavora all'estero (o ha avuto esperienze) e può toccare con mano mi potrebbe dire cosa ne pensa.
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#39 ArchieFisher

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Inviato 26 febbraio 2012 - 18:49

Un mio amico sta facendo un post-doc ad Harvard.
Secondo quanto mi diceva (si parla della facoltà di ingegneria), il livello medio di un laureato negli Stati Uniti è nettamente inferiore a quello di un laureato in Italia; di contro, il livello medio di chi finisce il dottorato è nettamente superiore (e ai fini della ricerca, conta quello).
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#40 sud afternoon

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Inviato 26 febbraio 2012 - 23:58

Negli USA il sistema è 4 anni undergraduate seguiti da 4 anni di phD, dei quali però il primo è un anno di master, sono i successivi tre ad essere dedicati alla tesi di dottorato. Insomma noi europei preferiamo chiamare "phD" il periodo esplicitamente dedicato alla tesi, in nord america si parla già di phD un anno prima (ma alla fine è lo stesso, lì se non passi il primo anno master fatto di esami e compiti vari, mica te li fanno fare gli altri tre...).

Tenuto conto di ciò, il "laureato" americano va comparato con lo studente italiano laureato triennale, non con quello che ha la magistrale.


E infatti il problema in italia è la cattiva interpretazione del 3 + 2. Non si è capito che il "2" deve constituire un vero avanzamento di qualità nel tipo di lavoro richiesto allo studente (e non solo fare altri esami con lo stesso approccio dei tre anni prima...). Oggi uno studente italiano nei fatti fa "cinque anni undergraduate". Si stava meglio quando si stava peggio, ossia quando gran parte dei corsi di laurea italiani erano di quattro anni seguiti da eventuali di dotorato (fino al 99?), così da fare dell'Italia involontariamente una sorta di "cellula nord-americana" in Europa (con riferimento alla ripartizione degli anni di cui si diceva sopra).
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#41 debaser

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Inviato 27 febbraio 2012 - 00:08

In realtà in genere credo siano 5 gli anni di PhD in america, partendo da un BSc.
Concordo col fatto che le specialistiche sono spesso pensate abbastanza di merda, per quanto ho visto. Non puoi solo pensare di continuare a fare esami più o meno nozionistici, con corsi frontali-sono passato-evviva, ma devi cominciare a dare opportunità di assaggiare da una parte la ricerca o lo sviluppo 'attivi', non solo al momento della tesi, dall'altra cose più pratiche incoraggiando internship e cose varie al contorno. Purtroppo molte aziende italiane gli stage li prendono come sfruttamento del lavoro aggratiss, non è per niente facile trovare qualcosa di decente
Nei piani di studi poi spesso ci sono poi troppi paletti dettati più dalla tradizione o da chissà quali politiche interne che dall'effettiva utilità all'interno del percorso [io ho dovuto dare alla specialistica 5 cfu di fisica, non c'entrava una sega]
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
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#42 gulliver

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Inviato 27 febbraio 2012 - 00:33

Purtroppo molte aziende italiane gli stage li prendono come sfruttamento del lavoro aggratiss


che scoperta asd
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#43 debaser

    utente stocazzo

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Inviato 27 febbraio 2012 - 10:35


Purtroppo molte aziende italiane gli stage li prendono come sfruttamento del lavoro aggratiss


che scoperta asd

E quindi?
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
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#44 gulliver

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Inviato 27 febbraio 2012 - 13:03



Purtroppo molte aziende italiane gli stage li prendono come sfruttamento del lavoro aggratiss


che scoperta asd

E quindi?



se trovo una frase pleonastica perchè non dovrei scriverlo, solo per la tua bella faccia?
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#45 debaser

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Inviato 27 febbraio 2012 - 13:10

Ma pleonastica de che? Mica pretendo di essere illuminante, scrivo un post. Te quando capisci qualcosa fai un fischio.
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
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#46 gulliver

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Inviato 27 febbraio 2012 - 13:15

e chi ti impedisce di scrivere post? scrivili e zitto no?
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#47 Moreno Saporito

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Inviato 27 febbraio 2012 - 13:16

tocca a deb, forza
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#48 Farzan

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Inviato 27 febbraio 2012 - 13:17

fagli male!!
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#49 debaser

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Inviato 27 febbraio 2012 - 13:18

asd
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
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#50 gulliver

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Inviato 27 febbraio 2012 - 13:18

debaser, nun te temo (cit)
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