ecco, qui - Cipriani a parte - le nostre strade si separano.
Il mio interesse va alla comprensione di un fenomeno, quello delle BR per rimanere nello specifico, che al di là degli evidenti fenomeni di "eterodirezione" in alcuni passaggi chiave (questa è la tesi avanzata da Galli nel suo primo libro, con la quale mi sento di concordare) ha radici endogene che ne fatto un aspetto - esecrabile quanto si vuole ma non rimuovibile - della storia dell'Italia repubblicana. Nei libri che ho citato si ricorda ad esempio la coincidenza tutt'altro che casuale tra la nascita delle BR e le strategie eversive fragorosamente emerse con la strage di Piazza Fontana (ben più che la "delusione del '68"), l'idea di una "resistenza tradita" sedimentata in una minoritaria (ma anche qui non inesistente) frangia della popolazione, la delusione per le promesse di alcune esperienze politiche del dopoguerra che pure sembravano preannunciare un compimento della democrazia e un progresso sociale (il primo centrosinistra, le giunte a guida comunista di alcune città tra cui Torino). Insomma: non sono allettato né dalle letture rigorosamente giudiziarie che tu citi e che pure hanno "sequestrato" (scusa l'abominevole gioco di parole) a lungo il tema, né da tutte le altre che dai dettagli del sequestro Moro, dagli appuntamenti alle 9 di mattine tra agenti di Gladio, dalla militanza giovanile missina di Moretti o da altre amenità del genere deducono una pacificante quanto improbabile lettura del fenomeno del terrorismo politico come corpo estraneo alla storia della nazione, creato ad arte da burattinai di ogni provenienza o dall'interno degli apparati statali per preservare se stessi. Si licet, il caso ricorda un po' quello che per decenni ha negato che in Italia ci sia stata stata una guerra civile in un paese spaccato tra il '43 e il '45 (e che ha lasciato tracce di lunghissimo periodo), perché bisognava dire che gli italiani erano tutti da una parte e dall'altra c'erano solo i tedeschi (prima che arrivasse il buon Claudio Pavone a fare tana libera tutti). Insomma: ognuno è libero di impiegare il proprio tempo, scarso per definizione, nelle letture che più lo aggradano;
Questa parte molto consistente di quello che hai scritto mi trova molto d'accordo. E non mi soffermo perché davvero la sottoscrivo senza bisogno di aggiungere altro.
Sul resto faccio delle precisazioni, ben sapendo - lo ripeto - che nessuno ha la verità in tasca, ma l'importante è porsi domande oneste e possibilmente scomode, magari antipatiche, pur di aggiungere nuovi pezzi. Non potrei sostenere che Galli per una parte del suo percorso sia stato onesto e misurato, mentre nella restante parte si stato guidato dalla venalità, perché non ho prove di questo; anzi, mi sembra, per quel che ne so, che sia sempre rimasto uno storico e politologo rigoroso e credibile. Se non ci piace quello che ha scritto da un certo momento in poi, possiamo sempre sostenere che si stesse sbagliando, senza delegittimarlo.
Stessa cosa per Flamigni: perché volerlo svilire con delle insinuazioni quando si può dire dove e come si sbagliava (non pretendo mica di farlo adesso)? Apro parentesi: ci sono stati senatori del PD nell'ultima legislatura che in tre avevano un tasso di cultura politica (senza contare l'esperienza) venti, trenta volte superiore a quello del loro segretario. In un post scritto a Simon menzionavo questi tre, seduti uno accanto all'altro: Tronti, Zavoli, Manconi. Tre vecchi rimbecilliti? No, tre fieri personaggi che avevano fatto una scelta di campo tra quelli possibili nell'arco costituzionale e che capivano che la politica è servizio allo Stato, che l'appartenenza a un partito è condivisione di una tradizione e non cieca obbedienza a un segretario o rinuncia ai proprio valori. Avessi visto Flamigni nel PD o in altri partiti, avrei pensato lo stesso di lui perché ho letto il 90 per cento dei suoi libri (e consiglio vivamente quello sulla P2, che a mio parere rimane il migliore, e se ne conosci altri consigliameli) e capisco lo sforzo. Poi si può arrivare a conclusioni diverse o opposte sulla base di altre letture con altre tesi.
Dal mio punto di vista Flamigni è persino moderato, rispetto all'esperto in materia De Lutiis nel suo Golpe di via Fani, il quale non sostiene di poter dimostrare, ma comunque lancia spunti pesanti su cui riflettere.
E sono talmente cauto nel mettere in dubbio l'onestà intellettuale di alcuni autori, che mi faccio anche scrupolo a deridere il libro di Paolo Guzzanti su Ustica (che non ho letto, ma ho appreso che sarebbe molto a favore della tesi della bomba a bordo), personaggio politicamente alquanto screditato.
Più banalmente, sappiamo anche che molti brigatisti non hanno mentito per negare chissà quali indicibili congiure, ma semplicemente per non tradire loro compagni ancora liberi o per coprire responsabilità non ancora emerse. Però hanno mentito, quindi non si poteva dare per scontato che fosse andata proprio come raccontavano. Ma soprattutto ci sono anche cose che non sanno, per il semplice fatto che intere organizzazioni sono state usate per scopi ignoti ai loro membri (vedi i Lupi grigi turchi o vedi anche una galassia di sigle usate da israeliani che si facevano passare, faccio un esempio, per danesi o canadesi o russi). Questo ovviamente non nega che le intenzioni dei partecipanti alla lotta armata fossero genuine, che intendessero fare davvero quel che è accaduto, che il loro percorso - dal loro punto di vista - sia stato o sembrato lineare.
Scrivo tutto questo con profondo sospetto per i complotti, persino quelli dimostratisi veri, figuriamoci quelli a cui mancano dei bei pezzi. E scrivo questo non volendo legare vicende lunghe e complesse ad eventi esauritisi in 55 giorni che si vorrebbero banalizzare per fare dei bei film di spionaggio. Ma Simioni è esistito, le sue vicende e quelli dei suoi sodali sono davvero degne di maggiore approfondimento e Moretti per andare a trovarlo a Parigi prendeva il treno prendendosi dei bei rischi. Non penso mica che andasse per gite di piacere, mentre in apparenza avrebbe avuto tutto l'interesse a starsene nascosto.
E' poi parzialmente vero che chiarire alcuni dettagli "non aggiunge niente alla comprensione della storia recente del paese e sulle sue conseguenze per noi", però sapere tutta la verità aiuta a vedere quel che c'è stato sopra il nostro paese, anche dentro il nostro paese e che ha avuto pure delle conseguenze, all'insaputa di quasi tutti noi. Non potremo confermarlo mai? Intanto Steve Pieczenik, nel primo libro che ho postato, lo dice apertamente: tutti hanno fatto la loro partita genuina (il presidente del consiglio, le BR, i socialisti, la DC, il PCI) ma la strategia per avviarla alla conclusione voluta no: quella doveva salvaguardare, prima di singole persone, degli equilibri e degli interessi che hanno avuto grande impatto sulla storia del nostro paese e su tutti noi. E così è andata, infatti.
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