Mi permetto di copincollare da Facebook (un intervento in cui mi lamento — fra le altre cose — della facebookizzazione dei forum )
[tl;dr] Non giudicateci male, nessuno in redazione pensa davvero che i tre dischi migliori del decennio siano di artisti che hanno dato il loro meglio 10+ anni fa.
"Dittatura dell'algoritmo" è una locuzione che circola in questi anni per indicare i tanti modi in cui le nostre vite e le nostre scelte sarebbero "schiave" delle procedure numeriche adottate dai vari Amazon, Google, Facebook, Spotify per stabilire al posto nostro cosa sarebbe meglio per noi.
L'espressione sottointende che le particolari modalità di calcolo con cui questi suggerimenti vengono prodotti sono opache e fuori dal nostro controllo, soggiogando dunque le nostre vite a una tirannide invisibile che non è possibile mettere in discussione.
Nel loro piccolo, le classifiche annuali (o decennali, come in questo caso) stilate dalle testate giornalistiche costituiscono da molto più tempo una curiosa prefigurazione di queste dinamiche, che proprio nell'era dei vari Spotify e similari esplode fino al punto da non potersi più nascondere.
Basta guardare la top three della classifica qui riportata (spoiler: Bowie - Low - Sufjan Stevens) per essere assaliti da almeno una di due sensazioni: "questi sono totalmente fuori di testa", o "qualcosa non deve avere funzionato".
Poiché ho il timore che la prima reazione sarà la più diffusa, voglio provare ad argomentare a favore della seconda, e indicare un colpevole: l'algoritmo.
Questo listone improbabile è il frutto di una "somma" di elenchi individuali, ciascuno rappresentativo delle scelte di un redattore del sito e — fatto questo non trascurabile — tutti quanti più interessanti e assai meno deliranti del "riassuntone" che campeggia a inizio pagina.
Un fatto balza all'occhio ed è particolarmente significativo: nessuna delle classifiche propone un decennio dominato da Bowie, e solo poche ne indicano uno in cui altri relitti delle decadi precedenti come Sufjan Stevens o i Low occupino le prime posizioni. Le classifiche individuali, poi, mostrano una coerenza, un'originalità e una poliedricità decisamente superiori al "sommone" finale.
In che modo, allora, la follia di un decennio governato dalle cariatidi arriva a imporsi come bilancio complessivo tratto dalla redazione di una webzine tanto seguita quanto Ondarock?
La risposta sta tutta in una formula: $P(X) = \sum_{i=1}^n} (31-p_i(X))$: il punteggio ottenuto dal disco X è la somma dei punteggi pi_i conferiti al disco in base alle classifiche dei singoli redattori, calcolati assegnando 30 punti alla prima posizione, 29 alla seconda, ecc. La classifica redazionale è infine compilata ordinando i dischi da quello col punteggio più alto in giù.
Va da sé che un simile metodo di calcolo non rifletta un "consenso redazionale" per virtù intrinseche, ma rappresenti un metodo zerosbatti per individuarlo quando esso esiste. Se gran parte degli interrogati ritiene che il disco X sia il capolavoro del decennio, automaticamente il classificone finale lo indicherà come tale. Non è purtroppo vero il contrario: se un disco appare in cima al classificone, non è detto che esista tra gli interrogati un effettivo consenso circa il fatto che esso rappresenti il meglio che il decennio ha da offrire.
Il meccanismo si "rompe", in effetti, proprio quando il consesso degli interrogati non ha alcun "consenso" da esprimere. Quando le classifiche individuali sono così divergenti da andare d'accordo soltanto su pochi nomi che la fama e l'età hanno reso poco divisivi, se non del tutto ecumenici.
E ci troviamo, forse anche grazie agli algoritmi di Spotify et similia, proprio in questa situazione. Il secondo decennio del 21° secolo ha infatti rappresentato un'epoca di grandissima dispersione musicale; un periodo ricchissimo anche e soprattutto fuori dal mainstream di idee e correnti stimolanti, ma incapace di produrre perfino tra gli ascoltatori da 100+ album l'anno una "linea comune", una mappa condivisa dell'enorme territorio delle novità musicali. Ciascuno ha le sue nicchie, ciascuno segue il suo percorso, e se ci si incontra lo si fa soltanto in quegli "hub" geografici che le ere precedenti hanno consolidato come punti di riferimento irrinunciabili.
I luoghi di discussione e scambio — newsgroup e forum — che i due decenni precedenti avevano promosso a snodi della circolazione di conoscenze musicali sono stati rimpiazzati dal modello individualistico dei social network e hanno finito per morire o imitarne le dinamiche fino a rendersi irriconoscibili. I "thread" infervorati e ultra-partecipati dei primi Anni Zero sono stati sostituiti da sassi nel vuoto che riproducono lo schema "post-commento" delle bachece Facebook.
Questo processo è andato in onda circa ovunque, e il duro a morire forum di Ondarock (un tempo la fucina dalla quale la webzine traeva il grosso del suo slancio) non ha saputo esserne esente. La sua redazione, negli Anni Zero ricca soprattutto di appassionati la cui recente "formazione" musicale era merito soprattutto delle pagine del forum, ha manifestato negli Anni Dieci le stesse progressive divergenze di inclinazione che caratterizzavano in tutto il mondo l'intera comunità degli appassionati. Questo ha garantito alla webzine un pluralismo invidiabile rispetto a blasonatissime testate internazionali, rese prevedibili se non ridicole dalla pervasività della loro linea editoriale; al tempo stesso, però, ha reso iniziative come la "classifica somma" di cui sotto (e sopra) incapaci di esprimere qualcosa di davvero distinto dal rumore di fondo.
Perdonateci dunque. E date, se possibile un'occhiata alle singole classifiche individuali. Assicuro che quelle hanno tanto da suggerire. E comunque, state tranquilli: altre classifiche saranno forse frutto di algoritmi più efficienti o redazioni più unanimi, ma il senso di ridicolaggine complessiva che se ne può trarre non è poi così diverso.
Meglio convergere inavvertitamente su Bowie che scegliere deliberatamente Kendrick Lamar.