Oh, non è che sono ossessionato dall'horror anni 90, solo è un argomento di cui mi piace tornare a scrivere avendone già scritto.
E col cinema di genere, ogni volta che pensi di aver esaurito un discorso, il discorso poi è tutt'altro che esaurito.

1992 Tale of Vampire Shimako Sato
Affascinante esordio occidentale di una regista giapponese. Sonnambolico e ieratico, vagamente ispirato a Poe (ma per una volta a una delle sue poesie), è un vampirico moderno costruito a scatole cinesi, con scene e personaggi che acquistano senso solo man mano che si svela la trama, che alla fine risulterà anche parecchio nera e angosciosa. Protagonista il povero Julian Sands, che dimostra come per incarnare un vampiro eterno ci voglia prima di tutto sintomatico mistero, non trucchi e faccette (sì, dico a te Tom Cruise). Da mettere nello stesso scaffale di altri film dell'epoca coi vampiri "slacker", a ben vedere forse il filone più peculiare del decennio: The Reflecting Skin, Cronos, Nadja, The Addiction, Habit, Shadow of the Vampire.

1992 Fool's Fire Julie Taymor
Allucinato mediometraggio televisivo, figlio di quel davvero strano momento in cui un attore come Michael J. Anderson, alias "il Nano di Twin Peaks", poteva essere considerato un'attrattiva bastante per costruirci attorno un intero progetto. Si mette in scena uno dei racconti più grotteschi e truci di Poe, Hop Frog, rincarando pure la dose con sottintesi di stupri e perversioni impossibili per lo scrittore. Girato come un'opera sperimentale ed espressionista, più nel senso della pittura che del cinema, con pupazzi grotteschi e scenografie impossibili, sembra un film dei Muppet girato come un video grunge di quelli belli malesserosi.

1996 Moebius Gustavo Mosquera
Tratto da un racconto degli anni 50, che si immaginava una Buenos Aires attraversata da un rete metropolitana immensa e labirintica, racconta della ricerca di un intero convoglio scomparso in un'altra dimensione. Un film fatto di spazi, gallerie e corridoi, dove ogni luogo appare misterioso e inquietante. Un piccolo miracolo di creatività, considerato che è stato fatto nell'ambito di un laboratorio didattico da un docente universitario con i suoi studenti. Fratello meno efferato, ma altrettanto inquieto, di "The Cube" dell'anno successivo. Forse nel finale un po' ingenuamente sentenzioso, ma col grosso merito di lasciar scorgere solo in controluce tematiche come quella dei desaperecidos e dello sfarinamento sociale del paese. A parte l'inevitabile e puntualmente citato Borges, non si fa fatica ad immaginarsi il tutto scritto e disegnato come nella miglior tradizione delle fu historietas argentine.

1995 Tales from the Hood Rusty Cundieff
Al giorno d'oggi non è esattamente di moda farlo notare, ma il cinema black degli anni 90 fu una bella fucina di sòle. Escludendo il solito Spike Lee, ci si trova quasi sempre davanti a film rozzi, non di rado di volgarità simil-cinepanettonica. Quindi è stata una bella sorpresa scoprire che questo film a episodi all-black è una gustosa ed efficace bombetta. (Verrebbe da far notare che c'è di mezzo proprio Spike Lee come produttore esecutivo, non fosse che come produttore il Nostro non è mai stato una garanzia, anzi.) Sorta di cine-fumetto alla "Creepshow", che con velenosa ironia e belle invenzioni macabre centra tutti i suoi bersagli sociali e politici, sia esterni (polizia razzista, ku kux klan, ipocrisia politica) sia interni (la violenza domestica nelle comunità nere, il mito delle armi, l'idiozia gangsterista).

1992 Two Fisted Tales Tom Holland, Richard Donner, Robert Zemeckis
Altro antologico, ma assurdo spreco di grossi nomi. Richard Donner, Robert Zemeckis, Brad Pitt, David Morse, Kirk Douglas, Dan Aykroyd, Lance Henriksen, Harvey "Mad" Kurtzman, Frank Darabont: tutti insieme (poco) appassionatamente per partorire un filmetto fiacchissimo, ispirato a un'altra delle riviste pulp della EC Comics. I primi due episodi sono talmente insulsi che pur avendolo visto poco tempo fa sono dovuto andare a leggermi la trama anche solo per ricordare che si trattavano di un western vagamente paranormale e un thriller automobilistico. Un curioso capriccio il terzo episodio di Zemeckis, specie di remake di "Orizzonti di Gloria"(!) con addirittura Kirk Douglas, stavolta però dall'altra parte della barricata, ad interpretare un generale che deve mandare sotto processo per vigliaccheria suo figlio, interpretato da un suo vero figlio: lo sconosciuto Eric Douglas però, non Michael. Sicuramente non horror, manco weird, a malapena curioso.

1991 Popcorn Mark Herrier
Film uscito nel 1991 per varie sfighe produttive e distributive, ma guardandolo si capisce subito che è roba girata due o tre anni prima. Non è solo una questione di colori, stile e pettinature, si respira ancora un'aria di (finta) ingenuità 80s, anche se c'è già un po' di disillusione 90s nel trattare lo slasher come un filone ormai esaurito e impossibile da prendere ancora sul serio (35 anni fa, già). L'ambientazione "meta" in una sala cinematgrafica e il citazionismo creano affinità con "Matinee" di Dante (l'omaggio ai classici del camp anni 50 e 60) e "Scream". Più divertente che inquietante, comunque non merita l'oblio che lo circonda, forse causato dell'assurdo titolo, che fa più pensare a commediola giovanilistica che a una variante pop del Fantasma dell'Opera.

1991 The Unborn Rodman Flender
Altra bella sorpresina. Graffiante fanta-horror ostetrico e genetico, nobilitato da un'attrice non banale come Brooke Adams e (dettaglio un po' meno nobilitante) prodotto da Corman. Non è esattamente un film di Cronenberg, inevitabile riferimento di questo tipo di storie, ma siamo nei paraggi non meno interessanti degli Yuzna e Gordon. Dunque serie B di quella bella e cattiva, che non rinuncia a qualche finezza e si prende qualche rischio, come nel finale. Titolo sconsigliato a donne incinta o che stanno provando ad avere figli. O consigliato, volendo far loro cambiar idea.

1995 Haunted Lewis Gilbert
Regista di ben tre 007 classici e soprattutto di un gioiello di disagio 60s quale "Alfie" con Michael Caine, il dimenticato veterano Lewis Gilbert dirige un misconosciuto film di fantasmi, che anticipa clamorosamente in più punti i futuri trionfi de "Il sesto senso" e di "The Others". Tratto da un romanzo dello specialista James Herbert, è un film molto inglese e d'atmosfera, henryjamesiano ovviamente, ma anche con un aplomb vagamente surrealista. Il che, personalmente, me lo rende più simpatico dei suoi suddetti e un po' secchioncelli fratelli di celluloide. Anche se sospetto l'uso di controfigure, una giovanissima Kate Beckinsale si spoglia con gran frequenza e generosità: anche quello un tipo di illusione che fa parte della magia del cinema.
1996 Thinner Tom Holland
Vedendolo mi sono reso conto che l'avevo anche già visto, ma totalmente cancellato dalla memoria. Il romanzo di Richard Backman/Stephen King nella sua brutale semplicità era un ben oliato meccanismo d'angoscia. Naturalmente inutile cercare qui un'efficacia simile, anche perché all'epoca era impossibile riprodurre il calvario fisico del protagonista (un attore più magro in partenza potevano sceglierlo, però). Eppure, nella sua assoluta mediocrità, questa specie di reperto archeologico dell'epoca remota delle VHS, mi ha suscitato una sorta di tenerezza. Che simpatia vedere un film da cassetta che con dimessa e ovattata modestia televisiva non da comunque scampo a nessuno, mettendo in scena solo personaggi odiosi e conservando il nerissimo nichilismo della pagina scritta.

1992 Nero. Giancarlo Soldi
Giuda ballerino, finalmente sono riuscito a rivederlo dopo più di trent'anni. E ne è valsa la pena più di quel che pensavo. Scurdámmoce 'o passato, anche se mi ricordo bene il tenore delle stroncature unanimi dei tempi. Ma per una volta non faccio il polemico, anche perché ricordo le mie di perplessità, probabilmente perché ero troppo fresco del romanzo di Sclavi. Il film della meteora Soldi era un tentativo di fare un film alla Coen in chiave italiana, con tanto di scena in cui i personaggi parlano di "Blood Simple", più varie dosi di Polanski, come sempre quando c'è di mezzo Sclavi. Valeva anche solo il tentativo, ma trent'anni dopo ci si accorge che c'erano pure riusciti, con un film originale e compatto. Raramente di un film italiano degli ultimi 40, 45 anni si può dire che becca in pieno l'atmosfera di un anno in particolare, ecco questo per me urla "1992!" quasi ad ogni inquadratura. A cominciare dall'avere in colonna sonora il solitamente poco soundtrack-oso Guccini: la sua "Acque", composta appositamente per il film, me la ricordavo un po' appiccicata lì, invece è un tappeto perfetto per creare una atmosfera uggiosa e padana. Chiara Caselli non si spoglia quasi (stranamente, per l'epoca) e fa un personaggio di rara odiosià, ma cavolo, tagliarsi le vene e commettere qualche omicidio per lei era il minimo.

1994 L'amico d'infanzia Pupi Avati
Altro titolo italiano svanito nel nulla, recuperabile solo rippato male da una VHS. Roba che tipo il primo piano di Jason Robard III qui sopra è l'unica immagine ad una definizione decente che si trova googlando. Come soggetto è un campionario di ossessioni dell'Avati "pauroso": il solito mistero racchiuso in un passato che nessuno vuole ricordare, la solita presenza inquietante di una figura femminile paraplegica, le solite case vuote con le solite stanze-nascondiglio. Ma stavolta Avati gira tutto in USA, con attori americani e facendo di tutto per girare all'americana. Ne è uscito un prodotto ibrido un po' anonimo, che comunque intriga, inquieta e qualche scena da brivido la regala. Oggi più d'attualità che mai tutto il discorso sul giornalismo sensazionalista e populista, che sfrutta l'indignazione de a gggente, ma come spesso succede al cinema il linguaggio televisivo è riproposto attraverso luoghi comuni goffi e innaturali, che smorzano l'efficacia dell'accusa.


1999 The Haunting Jan de Bont
1999 House on Haunted Hill William Malone
Due reperti archeologici di un tempo lontano, in cui la CGI era l'invenzione definitiva e sembrava che ci si potesse far di tutto, anche se poi non veniva bene un cazzo di niente. Il film di de Bont lo ricordavo un ciofecone totale, pur associandolo a una gran bella serata tra amici dell'epoca. Niente panico, non l'ho rivalutato, resta una pisciata in faccia sia al romanzo che alla trasposizione anni 60 di Robert Wise. Il film di Malone invece non l'avevo mai visto ed è un remake solo nominale del vecchio film di Castle, di cui cita solo qualche scena isolata. 'Na cafonata pure questo, ma più simpatico nella sua natura da b-movie cialtrone. Ecco, perlomeno sono riusciti a diventare due efferati delitti d'epoca, due Grand Guignol grondanti CGI invece che sangue, due manifesti di un kitsch di cui non ci siamo più liberati, ma che almeno ai tempi aveva la scusa di essere davvero una novità. Comunque più figli di "Alone in the Dark" che non di Shirley Jackson e William Castle.