Allora, di roba qua dentro ce n'è tanta, forse pure troppa, un album di due ore di solito neanche inizio ad ascoltarlo, epperò... c'è anche un mondo bellissimo qua dentro: lo-fi, canzonette, spirito sixties, vorticini di chitarrette delayed, surfismo, un Ariel Pink ecumenico e olistico, due ore in cui sembra che il mondo possa avere ancora una speranza, anche se sappiamo benissimo tutti che non è così, ma non importa.
Pitchfork gli dà 9.1, noi cosa si farà dopo l'otto a Taylor Swift?
Lo sto riascoltando in questo momento: questa è la colonna sonora di quando te ne vai a meditare per prati nella brezza frizzante del mattino, poi all'improvviso vieni colto da una terribile malinconia e allora ti devi fermare, mani sulle ginocchia, respiro affannoso, e in quel momento vieni bagnato da una breve pioggia primaverile, ed è esattamente in quell'istante che capisci che nulla ha più senso, anzi: che nulla ha mai avuto senso, e il sollievo che provi è così grande da riempirti il cuore e permetterti per la prima volta dopo tanto tempo di piangere.
Probabilmente il 69 Love Songs del 21esimo siècle, o molto più probabilmente no. Per alcuni una cagatina indie, indubbio; per altri un'àncora di salvezza, l'ingresso dalla porta di servizio di una sètta di iniziati al languore da fine del mondo come lo conoscevamo, e ci siamo, siamo lì, siamo sulla soglia.
(Troppo lungo, sì, ma non importa, una volta tanto)