Ok non è propriamente vero, anzi, ma mi andava di aprire una conversazione a parte su un fenomeno che non è certo nato adesso ma che sta sicuramente dando i propri frutti anche in questo 2023. Sto parlando di quegli album di estrazione "jazz" eccessivamente lunghi e magmatici, contorti e colorati, talvota cervellotici o lascivamente rilassanti, insomma quel tipo di ascolto impegnativo ma che può risultare tremendamente appagante nelle mani e ai momenti giusti. Ad arricchire la palette, il fatto che la matrice jazz venga manomessa e diluita dagli stessi autori per dirottare il suono verso lidi più personali, che sia ambient, elettronica, funk, rock o chissà quali altre fusioni di confine.
Questo non vuol essere un topic esclusivamente celebrativo - anzi, sovente si può incappare in lungagnate, sbrodolate e auto-compiacimenti da segaioli incalliti. Tuttavia, il fenomeno è interessante e mi piaceva sentire il parere del forum. Io al momento ho notato questi dischi qui sotto, li divido grossomodo per "sottogenere" in base a quel che ne ho capito, ma prendete le definizioni con le pinze.
Jazz puro e dintorni medio-piccoli:
London Brew - London Brew
Durata: 88 minuti
Dodici musicisti britannici uniscono le forze negli studi di Paul Epworth per un omaggio libero al celebre Bitches Brew di Miles Davis. Un ascolto pachidermico, pesante e acciaccato, che a tratti stride e strepita tra sibili di ottoni e bassi cavernosi, ma con un collante elettronico di sottofondo che lo rende vischioso e - per l'appunto - magmatico. Negherei se dicessi che si tratta di un disco perfetto o comparabile all'ispirazione dell'originale, d'altro canto la costosa e gentrificata Londra 2023 non è certo la delirante America anni Sessanta di un Miles in preda all'estro creativo e una debilitante dipendenza da eroina. Ma rimane al progetto London Brew una carica velatamente rabbiosa, sempre sul punto di scattare in avanti e mordere l'ascoltatore quando meno se lo aspetta. Il cast, del resto, si compone di tutti nomi clou della scena.
Per chi fosse interessato, un mini-documentario:
Fire! Orchestra - Echoes
Duarata: 110 minuti
Fire! Orchestra - Echoes :: Le Recensioni di OndaRock
Questo mi ha proprio confuso, lo ammetto. Una strumentazione gigante, brani che si snodano all'infinito tra pianissimi orchestrali e puntate di rumore, salvo poi planare verso edulcorate partiture bop anni Quaranta. Certo è un ascolto ricco e affascinante, ma non riesco a togliermi di dosso la sensazione che sia più una bella tappezzeria che si elogia criticamente che non un ascolto emotivo e passionale. Comunque ho visto che Good ha apprezzato molto - illustraci!
Verso l'ambient:
Colin Stetson - When we were that what wept for the sea
Durata: 70 minuti
Colin Stetson - When We Were That What Wept For The Sea :: Le Recensioni di OndaRock
Qui non posso dire molto perché non l'ho ancora ascoltato tutto, ma da quel che ho sentito m'è parsa una notevole dipartita verso lentezze ambient e atmosfere dilatate. Aspetto semmai i vostri commenti (ma quel titolo poetico suona malissimo e mi dà fastidio solo vederlo...).
Arooj Aftab, Vijay Iyer, Shahzad Ismaily - Love In Exile
Durata: 75 minuti
Arooj Aftab, Vijay Iyer, Shahzad Ismaily - Love In Exile :: Le Recensioni di OndaRock
Suoni bellissimi, atmosfere mediorientali zeppe di fascino e mistero, la voce di lei sempre molto evocativa pur senza mai prendere il sopravvento - assieme questi tre hanno una bella intesa e il risultato è uno dei crogiuoli ambient più curati dell'anno. Certo però, dal punto di vista della struttura, a tratti il trio indugia e perde tempo in maniera davvero autocompiaciuta, non sempre la lunghezza aiuta a creare atmosfera e l'impressione è che potevano portare tutto a casa con efficacia ben sotto i sessanta minuti. Ad ogni modo, nei momenti giusti, è davvero incantevole.
Verso il rock & dintorni:
Dave Okumu And The 7 Generations - I Came From Love
Durata: 65 minuti
Dave Okumu And The 7 Generations - I Came From Love :: Le Recensioni di OndaRock
C'ho messo un po' a entrarci dentro, ma questo mi è piaciuto davvero tanto. Okumu, già dentro ai London Brew di cui poco sopra, ha creato un magma dub-rock/post-punk oscuro e disperato ma catartico e venato di speranza, con tanta elettronica in sottofondo ma la salsa rimane profondamente blues. Una buona selezione di ospiti pure qui, tra i quali spiccano Eska e soprattutto Grace Jones - il cui ultimo album di studio, Hurricane, in un certo senso fa da presagio a sonorità come queste.
Ospiti da Jools Holland con Amnesia:
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