Oltre agli aspetti sportivamente rilevanti e a quelli drammatici, i miei amarcord preferiti sono legati alle scuderie - spesso dalle livree improbabili - perennemente nelle retrovie e alla categoria di piloti mai a meno di cinque secondi al giro dai battistrada, quelli inquadrati solo da doppiati o, molto più mestamente, a bordo pista.
Sperando anche in vostri contributi, vorrei iniziare col citare il mitico Giovanni Lavaggi.
Ingegnere meccanico con patente di nobiltà (mi pare fosse conte o qualcosa del genere), riuscì ad esordire in Formula 1 grazie ad alcuni sponsor personali, che ingolosirono la Pacific Racing, scuderia britannica dal poco invidiabile palmares (zero punti in trentatre gare e due stagioni), alla continua ricerca di capitali. Da spendere male, si capisce.
Esordisce ad Hockenheim nel novantacinque, concludendo le qualifiche in ventiquattresima (e ultima) posizione, a dieci secondi e rotti dal capofila Damon Hill. In gara, non riesce ad andare oltre il ventisettesimo giro, tradito dal cambio.
Pochi giorni dopo, in Ungheria, i miglioramenti sono evidenti: riesce a "contenere" lo svantaggio a nove secondi e mezzo in qualifica, pur non migliorando posizione in griglia. La sua gara dura solo cinque giri, poi un testacoda lo costringe al ritiro.
A Spa i distacchi non possono non essere abissali, infatti chiude la sua qualifica a dodici secondi dalla Ferrari di Berger. Stavolta, però, riesce a sopravanzare il brasiliano Pedro Diniz su Forti (altro squadrone). Partito dalla ventitreesima posizione, conclude anzitempo la sua gara, visto che il cambio dura ancora una volta ventisette giri.
Scende in pista per il suo quarto Gran Premio a Monza. Si qualifica - si fa per dire - ventiquattresimo ancora una volta. Al sesto giro, un testacoda lo costringe ad una scena già vista. Il che induce la Pacific - nonostante aspettative non certo esaltanti - ad optare per il cambio pilota.
Nella stagione successiva viene ingaggiato dalla Minardi per le ultime sei gare.
Inizia male in Germania, subendo la regola del centosette percento e restando fuori dalla gara.
In Ungheria riesce a qualificarsi per il rotto della cuffia, ovviamente in ultima posizone. In gara l'exploit: decimo. Su dieci. E senza finire i settantasette giri previsti, visto che esce in testacoda al sessantanovesimo.
A Spa viene ancora una volta estromesso dalla gara per non essere rimasto entro il centosette percento, mentre a Monza riesce a qualificarsi in ultima posizione, per poi fondere il motore Ford al quinto giro.
All'Estoril prova per la prima volta in carriera l'ebbrezza della bandiera a scacchi. Chiude quindicesimo su sedici, davanti al compagno di squadra Lamy.
Nella successiva gara, in Giappone, chiude la propria carriera in Formula 1 di sabato, a otto secondi da Villeneuve, mancando la qualificazione.
Chiudiamo con alcune diapositive: