Il culto invisibile. Il vuoto a perdere. La meteora bionda. I'm a loser
baby so why don't you kill me. Il mio regno per una vagina. Mr. pussy
power. Lacrime di coccodrillo e occhi bagnati di luce. Sparizione
annunciazione. L'accensione. Il corpo fuori. Più hardcore di Alberto
Camerini. Astro lucente della perdita di sè. Autismo situazionismo. Più
fottuto di testa e "out there" di Juri Camisasca, più trash di Totò
Cutugno. Un enigma tra Bugo e Pupo. Il Beck italiano, con un cuore
pulsante al posto della robotica (il Kurt Cobain italiano, con il
baratro al posto della bara). Il ridicolo come segno di
incontrovertibile superiorità. Un uomo libero. Il vero, unico simbolo
generazionale partorito dall'Italia dei '90, pronto a sacrificarsi in
nome degli '80 per gli anni Zero. Uno che ovunque sia adesso, di sicuro
sta alla grande. E' il 1992 quando con l'album "Hanno ucciso l'uomo
ragno" esplode la macchina 883. Teenage Rock con grooves, una
comunicatività Pop violentemente diretta e testi che centrano
l'immaginario medio della post-adolescenza italiana, tra diaristica
metropolitana spicciola, sogni televisivi e una corposa innocenza
piccolo borghese. Dalle onde di una sempre più ascendente Radio Deejay
la voce di Max Pezzali, tagliente e grave, arriva al cuore di una
nazione: è successo istantaneo. La televisione il passo successivo. E'
lì che il duo irrompe nella sua spiazzante flagranza. Il moro Pezzali
canta con una schiettezza timida e una faciloneria di ragazzo adulto che
conquista. Intorno a lui piroetta uno che apparentemente sembra il
perfetto contraltare vacuo alla sua solidità, Mauro Repetto: l'altro,
quello biondo con i capelli lunghi, coautore dei pezzi e sporadicamente
seconda voce, uno come ne incontri tanti sulle Golf di quei primi '90 e
che balla come deve ballare un figlio dei primi '90, con uno stile un
po' ravey che però è mixato a memorie della grande dance televisiva anni
'80, da Truciolo alla Parisi. Il joker perfetto. Una sorta di Bez
nostrano. Solo che guardando la sua scintillante ebetitudine (non)
capisco che rispetto a Bez dentro ha tutto un mondo. Nel primo album
Repetto canta da solo un unico pezzo, Te la tiri, con un'interpretazione
di netto più traballante rispetto al subito autorevole Pezzali. Nel
secondo "Nord Sud Ovest Est" del '93, non una sola canzone.
I due album, realizzati via Cecchetto, sono maturati, scritti e
respirati dal talentuoso duo. Sull'innovazione Pop e i meriti
linguistici di Pezzali sono state fatte tesi di laurea e si è parlato a
lungo. Solo che c'è un pezzo che manca. La coscienza. Quella che inizia
a covare, agitata dall'ambizione, dentro Mauro Repetto. Pezzali è
vulcanico e il suo talento si espande irrefrenabile nel secondo album. I
due fanno in tempo a scrivere la struggente Aeroplano per una ragazza
che si chiama Caterina, e si dividono. O meglio, Repetto lascia e va
negli Stati Uniti con un sogno folle, fare un film con una modella
chiamata Brandi di cui si era innamorato e intitolarlo "Brandi's smile".
Anni dopo Pezzali interpreterà così l'abbandono del partner: "Finchè
scrivevamo canzoni in cantina andava tutto bene. Il problema secondo me
iniziò con i concerti dal vivo, durante i quali io cantavo e lui no.
Certo, Mauro ballava, ma faticava a trovare una sua dimensione sul
palco. Credo che alla lunga sia stato questo non sentirsi a proprio agio
in scena il vero problema". Ma non era una questione di ego. Mauro aveva
delle cose da dire. Cose che non riuscirà a raccontare nel film, che non
riesce a realizzare, con tutte le porte americane a cui bussa che gli si
chiudono davanti, tra le quali quella della Brandi che gli aveva fatto
perdere la testa. Ma quel viaggio negli Stati Uniti non era stato
inutile. Era stato anche un viaggio verso la fine dell'adolescenza e del
suo post, uno sputnik lanciato verso la crisi, fantasmi della maturità
tutt'intorno. Repetto prende la chitarra e si mette a nudo. Cecchetto
avalla, e ne esce un disco. Scioccante, purissimo. Doloroso. Ridicolo.
Di una bellezza che abbaglia. Di una trashitudine che spaventa. Un disco
"basso" come nessun altro nella storia della canzone italiana. E "alto"
come nessun altro. Senza baricentro. E dove il baricentro affiora, in
qual magma psicoticamente funky, toglie il respiro. Registrato nei Power
Station Studios newyorchesi, realizzato insieme a Jeffrey M. Alexander e
St. Martin Bertrand, con Michele Chieppi alla chitarra acustica (i tre
si spartiscono le musiche) e una vocalist eccellente come Francesca
Touré, "Zucchero Filato Nero" esce nel 1995 e sarà l'ultimo segnale di
vita riconosciuto di Mauro Repetto. Immaginate lo spettro di Syd Barrett
che scompagina l'immaginario degli 883, in un suono che unisce hip hop
primi '90 e sketches acustici lo-fi come un Beck maturo, tagliando il
tutto con cascami FM '80, e avrete un'idea. Shakerando e allucindando la
poetica fumettisca degli 883, in una dialettica fatta di fighe da sogno
e fighe di legno, America e Italia, due di picche e televisioni,
guasconismo e esistenzialismo, sogno e realtà, psicosi e ordinarietà, in
questa cornice dove lo zucchero filato nero del titolo è il pelo
femminile, incorniciato in copertina e leit motiv ossessivo del disco,
in mezzo a tutto questo prende forma l'imprevisto. Un viaggio dove
l'inesauribile fame di f**a fa pendant con il sogno di una famiglia,
della donna della vita, di una figlia, di uno straccio di serenità,
oscurato dalle nubi dell'instabilità mentale, scortate da una violenta
serenità di fondo. My love prende di petto il problema: rime sciorinate
con piglio rocky e venature rap, un'effervescente immediatezza melodica,
l'interpretazione che declina verso una naturalezza claudicante. La
title-track è già persa tra luci, "Stereo di mani su di te", a metà tra
taglio r'n'b americano e un ideale melodico immateriale. Con Baciami qui
non si torna più indietro. E' il singolo, di cui ai tempi c'è anche un
video che fatica ad attecchire, con il rap demente di Repetto (che
immagina i tragitti di una futura figlia) in un corpo a corpo con un
desolato controcanto deepsoul tutto pad malinconici e Francesca Touré
manovre. Nervoso rappa in una sorta di versione trash dell'appuntamento
battistiano di Dio mio no. E Un grande sì è il momento della verità,
quando si capisce che quello a cui si sta assistendo è veramente
qualcosa di così abbandonato. "Giorni di ghiaccio e di cacca/mi sembra
di essere una candela nel vento/e vorrei solo chiedere al cielo una
donna/che ami me" sciorina spiritato l'uomo in una stanza acustica, con
un piede che affonda nell'abisso. E l'abisso ha il nome di Brandi's
Smile, quando le emozioni balenano in un antro di morte. Con il titolo
del film tanto sognato e mai realizzato, Brandi's Smile, voce, archi
sintetici e un sax sullo sfondo, pulsa maligna e blocca il respiro in
gola. Repetto, con la voce precipita in un paradiso, insegue rassegnato,
oltre il fallimento del suo film, il film del suo fallimento. Le
immagini scorrono al rallentatore, e un clima di inesorabilità si
impossessa della scena. E' un momento di una purezza che fa male,
un'oasi di candore brutalmente senza sovrastrutture. Musicalmente,
qualcosa come un blues di plastica. "Ora volo giù nella mia
nostalgia/Max era l'amico il successo l'allegria/ora atterro qui nella
mia follia/Brandi's smile... sono sempre mio papà e Claudio
Cecchetto/che si preoccupano per me che io abbia perso il mio
rispetto/mi dicono di non buttare via al vento troppi soldi/e di stare
molto attento a New York a chi frequento".
Come in tutto l'album, la narrazione sfiora il ridicolo ma è un ridicolo
sublimato da una sorta di onestà visionaria (la voce di Repetto è
allucinata e spiazzante, come fosse sempre in acido), da una bontà
strutturale, e da un senso musicale che lascia a bocca aperta. La testa
è in fiamme. Voglia di cosce e sigarette, Bugo un bel po' di anni prima,
è uno stomp kamikaze chitarra e voce, lo slancio suicida siglato da
ululati, l'inseguimento dell'abbruttimento massimo, della ricompensa
masochistica, voglia di sesso a LA: Voglia di cosce e di sigarette/più
che mangiare respiro la gente/ste cameriere cerbiatte puttane/del loro
volto inquadro le labbra/e dagli specchi il corpo dall'alto...vedo tre x
e le scale in discesa/giù coreane che ballano in pista/non è il mio
target riesco su in strada/buio e coriandoli di calze e tacchi/donne e
stivali che battono il tempo/Michi il mio amico senza vino
s'angoscia/come i giocattoli ci piacciono tutte£". Un climax nevrotico.
E' a questo punto che sfila la seconda parte del disco. Due fumetti
funky come Però dai sì, disegnato attorno a Francesca Touré ("Su va da
lui Francè"), e Porno a Las Vegas, con la sarabanda di due di picche che
si conclude con la Pay TV in hotel. Per poi aprire vertiginosamente ai
tre capolavori finali. La sospesa bossa brasiliana di Nual. L'ultima
convulsa, psicotica, scena di caccia di Ma mi caghi?, con sporchi
hip-hop grooves accelerati, pompa urbana e la voce di Repetto mai così
abbandonata e in fuga, inseguita da un sax in febbre free. E la
conclusiva Fiori o formiche?, chitarra e voce, un quadretto di una
purezza toccante che suona come un testamento perfetto, catturato nel
cuore della vita, e sigilla un lavoro immacolato, non solo
generazionale, che trascende quello status da culto trash che lo ha
accompagnato in questi anni per spiegarsi semplicemente come uno dei più
importanti dischi della storia della canzone italiana: "Dio sarà un
mattino/boom di luce tra mare e sabbia/Dio è un bambino che sta giocando
a Subbuteo/blu blu dammi la forza di guardare giù/blu blu dammi la forza
di guardare giù/Dio sarà mia moglie e le sue calze e il suo
reggiseno/Dio è una sbronza ***** oggi se ho lavorato /stelle: fiori o
formiche cosa siamo/stelle: fiori o formiche cosa siamo/Dio sarà un
anello di mia figlia al suo matrimonio/Dio è quel momento che ho già
visto in un'altra vita/blu blu dammi la forza di guardare giù/blu blu
dammi la forza di guardare giù/Dio sarà una cena con mio padre e il bene
che gli voglio/Dio è il profumo di mia sorella al primo dormo
fuori/stelle: fiori o formiche cosa siamo/stelle: fiori o formiche cosa
siamo".
Subito dopo "Brandi's Smile", che è un flop totale, sembra che Mauro
Repetto si sia trasferito a Parigi, dove è diventato responsabile
marketing di Eurodisney. Residente a Mareuil Les Meaux, "vive d'arte e
d'amore": si è sposato con una designer e ha realizzato un
cortometraggio intitolato "Point Mort".