Posso dire la mia? Sti ragazzi sono una delle mie band della vita, sicchè mi sento in diritto/dovere di puntualizzare qualcosina circa la mono (bravo comunque Enrico anche se,diciamolo, leggere tre volte "cavalcata sonora" è francamente troppo).
Allora
Le ascendenze
Se ci può stare il richiamo al post punk, sarebbe stato oltremodo doveroso il rimando alla coeva scena scozzese (Big Country, Simple Minds) o irlandese (U2 su tutti, basta ascoltare le chitarre di "Rags"), alla stessa wave, per dire. Quisiquilie? Nemmeno tanto. Inoltre: Scott era un grande fan di Springsteen (non sarà hype qui dentro il buon Bruce, ma in quegli anni l'impatto del fenomeno Springsteen sugli adolescenti fu enorme) al punto di chiamare la sua fanzine Jungleland; al punto che certe atmosfere A Pagan Place (ascoltate l'incipit di All the things she gave me) rimandano a Darkness (se ne è accorto anche Scaruffi, figuriamoci). Così come la fluvialità incontenibile di Born To Run aleggia un po' su tutto il capolavoro This is the sea. Il cerchio si chiude oi con la "centralità" che assume il sax di Thistlewaite nell'opera dei Waterboys, così come quello di Clemons (buonanima) l'ebbe per Springsteen.
Poi.Le influenze.
I Waterboys erano (e sono) una band di culto; non famosissima forse, ma molto seguiti ed amati dagli stessi musicisti. Se penso a Wonderstuff, Blue Aeroplanes, agli stessi Afghan Whigs, non posso non collegarli a Mike Scott e compagni di merenda.
Infine - errore/omissione da matita rossa - La dimensione Live
E' vero che Scott era un perfezionista e non sentiva in cuor suo di poter rendere dal vivo l'impatto del lavoro in sala d'incisione, ma è altrettanto vero che dal vivo i ragazzi erano una fottuta macchina da guerra. Nella primavera del 1984 This is the sea non era ancora stato licenziato alle stampe (viniliche,all'epoca), ma la maggior parte delle canzoni che andarono a comporre quel quadro potente e ispirato erano già pronte, e i Waterboys già le eseguivano dal vivo. Erano la band di supporto ai Pretenders (la cosa poteva tranquillamante rivolgersi upside down, per quanto mi concerne) e quasi nessuno li conosceva. Ma quando attaccavano Don't bang the drum per aprire i concerti avveniva un miracolo corale di rapimento: la potenza che esprimevano, l'intensità, la passione, lo stesso impatto fisico di quel muro di suono sul pubblico era travolgente: la gente veniva sedotta, ipnotizzata dal carisma di Scott e dalle sue facoltà sciamaniche di essere tutt'uno con la musica che suonava. Ne ho visti solo due in tutta la mia vita fare così, uno era Van Morrison (che andava proprio in trance, chiudeva gli occhi e cantava improvvisando per mezz'ore abbondanti) e poi vabbè, Springsteen.
Ricordo in particolare una Red Army Blues dilatata ben oltre i dieci minuti, in cui Scott duetta con Thistlewaite mente il pubblico, soggiogato come in un rito tribale (o pagano, se più vi garba) inneggia sommessamente quel coro tra il tragico e il militaresco che è l'essenza del brano; qualcosa di difficile a spiegarsi, ma di incredibile a viversi. La drammaticità della guerra, la follia della dittatura vengono dipinte in un affresco tragico e al contempo bellissimo.
I dettagli
Wallinger
Per quanto mi riguarda l'uscita di Karl Wallinger dal gruppo segna il punto di non ritorno della loro musica - tant'è che da Fisherman la rotta, musicalmente, cambia. Difatti io personalmente (ma conosco tanti fan che la pensano allo stesso modo) non considero quel disco un capolavoro e gli preferisco (di gran lunga) A Pagan Place. Wallinger era un elemento di equilibrio tra la passionalità dilagante di Scott e le esigenze strettamente compositive; diciamo che era l'anima pop dei Waterboys che servì a sintetizzare alchemicamente, contemperandole tutte, le influenze che avevano portato alla formazione della band (difatti lui all'inizio non c'era). Uscito lui, la parabola è andata verso il basso ma ci sta; la passione brucia in fretta, così deve essere; The thrill was gone, ma che importa? Avercene.
Grazie per le tue puntualizzazioni: sono interessanti e meritano una risposta dettagliata.
Sulle "cavalcate sonore" (in realtà una cavalcata "semplice" e due sonore

) hai assolutamente ragione, ma che posso dirti? La ripetizione mi è sfuggita nonostante diverse riletture del testo. A mia parzialissima discolpa posso solo aggiungere che, avendo l'abitudine di analizzare in maniera certosina gli album canzone per canzone, il rischio di ripetermi in qualche termine/definizione è evidentemente alto. Me ne scuso, ma voglio francamente sperare che non sia questo errore (tutto sommato abbastanza veniale) ad inficiare un intero lavoro.
Hai ragione anche per quanto riguarda le ascendenze/influenze: avrei sicuramente potuto scrivere di più ed analizzare in maniera più approfondita la questione, anzi, ti dico che, probabilmente, avrei potuto scrivere molto di più per ogni singolo argomento trattato, ma ho preferito fare delle scelte ed evitare di trasformare una mono in un'interminabile mattonata. Rischio, peraltro, assai concreto, te lo assicuro, dal momento che provare a riassumere la storia dei Waterboys significa aprire uno spaventoso vaso di Pandora di aneddoti, storie, citazioni, cambi di formazione e chi più ne ha più ne metta. Mike Scott, poi, è un vero grafomane, autore di molteplici minuziose testimonianze sul suo lavoro, sulle sue influenze, sulla storia della sua band, fino ad arrivare a scrivere una ponderosa autobiografia. Ho fatto del mio meglio, ma tanta roba mi è sicuramente sfuggita e, se anche avessi aggiunto le integrazioni che mi hai suggerito, mi sarebbero comunque sfuggiti tanti altri elementi altrettanto significativi. Mettiamola così... la mia mono è il fiume (ma in realtà molto meno... un fiumiciattolo, un torrente, un rigagnolo) e la vera storia dei Waterboys è il mare (dai... di' la verità... questa non era male...

).
Questione live... qui non sono troppo d'accordo con te: non sul valore del gruppo dal vivo, ci mancherebbe, ma molto banalmente sull'opportunità di analizzare anche questa dimensione nell'ambito della mono. Non è stato un "errore" come dici, magari sicuramente un'omissione, ma un'omissione assolutamente voluta. I Waterboys suonano da ormai trent'anni, in mille formazioni e fasi diverse della loro carriera, affrontare anche l'elemento live mi avrebbe probabilmente trascinato al totale impazzimento. Inoltre non ho testimonianze dirette delle loro esibizioni dal vivo, non avendo mai avuto la fortuna o la possibilità di assistere ad un loro concerto e, dal momento che sono una persona seria, non mi metto a dissertare di argomenti dei quali non ho conoscenze di prima mano.
Karl Wallinger: del peso e dell'importanza dell'apporto del musicista gallese nell'evoluzione della musica dei Waterboys ritengo di aver diffusamente parlato.