
1980 Popeye - Braccio di ferro di Robert Altman. Con Robin Williams, Paul Dooley, Shelley Duvall, Ray Walston, Paul Smith.
Mentre oggi fior di esperti ci spiegano quanto sia assurdo e ingenuo pretendere che nel passaggio al cinema vengano rispettate le caratteristiche e la personalità di un fumetto, ma che anzi "tradire" sia lecito e persino auspicabile, trent'anni fa, non un Kevin Munroe qualsiasi, ma due acidi iconoclasti come il regista Robert Altman e il fumettista Jules Feiffer realizzavano una versione cinematografica di Braccio di Ferro assolutamente rispettosa e fedele, sia visivamente sia nello spirito, alle strisce originali di Segar.
Quindi mettendo in scena un personaggio molto diverso da quello reso celebre dai cartoni animati e noto in Italia per le storie dal taglio disneyano realizzate per anni da autori nostrani. Un personaggio che si muove in un mondo grottesco e vagamente inquietante, con una sua morale surreale e anticonformista: se gli viene affidato un bebè chiedendogli di fargli da mamma, lui esegue alla lettera senza curarsi del paradosso sessuale - idea ripresa proprio dalle strisce. (E tanto per cambiare... nella monografia del Castoro dedicato a Altman negli anni '80, il critico di turno attribuiva il tono grottesco e i paradossi dei personaggi alla volontà iconoclasta di Altman di "elevare" la vile banalità del fumetto, l'idea che il regista fosse invece perfettamente fedele al tono del fumetto non lo sfiorava nemmeno.)
Stroncatissimo all'epoca e poi quasi invisibile (oltre che in Italia orrendamente doppiato e sforbiciato di quasi mezz'ora), mi è sembrato invece uno dei migliori comic movie di sempre (non che ci voglia molto per quanto mi riguarda). Se per Segar il mondo di Popeye era l'immagine ilare e distorta dell'America della Grande Depressione, per Altman e Feiffer è una deformazione dell'America dell'allora neoeletto Ronald Reagan: all'inizio del film gli abitanti di Sweethaven, lo splendido paesino in cui è ambientato il film, cantano in coro "Ci piace star così senza democrazia /chi una volta viene qui non se va più via". Se da una parte Altman rispetta il fumetto, dall'altra fa letteralmente a pezzi l'idea di uno spettacolone colorato per bambini, realizzando il suo film più squinternato e anarchico, roba che "M.A.S.H." o "Nashville" sembrano film normali e tradizionali. Ai produttori della Disney(!) deve essere venuto un colpo quando hanno visto il film finito. Tra le tante: Popeye canta "Io sono quel che sono" in un bordello, circondato da inequivocabili baldracche. Le canzonacce da musical sono inserite quasi a caso e cantate dagli attori con le loro vere, sgraziatissime voci, la gag si accumulano vertiginose e insensate, gli abitanti di Sweethaven sono interpretati da dei saltimbanchi da strada che durante le riprese Altman invitava a fare le cose più assurde senza curarsi della storia. Per due terzi ne è uscito un film geniale, caotico, irreale, autenticamente folle. Più sottotono l'ultimo terzo, dove la storia prende il sopravvento sull'improvvisazione e si perde l'aria di follia corale.
Perfetto il cast. Già famoso per "Mork e Mindy" (che Altman detestava) Robin Williams al suo esordio cinematografico dimostrava di essere un immenso attore comico, peccato che invece si specializzerà come attore melenso e lagnoso. Shelley Duvall sembra nata per la parte di Olivia. Nella parte di Bluto c'è Paul Smith, che negli anni '70 aveva girato parecchi film di serie C in Italia come sosia di Bud Spencer e anche qui sembra spesso di vedere in azione l'attore nostrano.