Function – Existenz (2019, Tresor)
https://www.youtube....eWZJYw4wyIwOqfL
sicuramente ne avete parlato ma non trovo nulla; come solista il suo disco migliore, perfetta sintesi tra sperimentazione, battiti e umanità electro, in italiano ho trovato questa rece di S&A:
Il newyorchese David Sumner aka Function incarna in tutto e per tutto il tipico caso di “ritorno al futuro” in ambito avant-techno. A cinque anni di distanza da Games Have Rules (in combutta con quell’altro genietto di Vatican Shadow / Dominick Fernow), e a ben sei dal suo precedente CD solista (Incubation, del 2013), David sforna un disco doppio nel formato e almeno quadruplo per ambizioni estetiche.
In effetti Existenz, con le sue 17 tracce prodotte nell’arco di tre anni (2016-2019) per un totale di due ore di musica, potrebbe di primo acchito apparire come un mastodonte persino un po’ ripetitivo. Ma ascolto dopo ascolto, all’orecchio attento si fa chiara la strategia dell’ex Sandwell District: compendiare l’escapismo primitivo futuribile dei dj set di Jeff Mills e di casa Tresor, passando attraverso tutta una serie di (micro-)citazioni elettroniche che vanno dai primi Human League ai sempiterni Kraftwerk. Dunque, Existenz è un balzo in avanti che si compie saltando a piè pari all’indietro. Paradossi della moderna scena techno, direte voi. E forse avete ragione: perché Sagittarius A (Right Ascension) è un superbo numero rétro-techno che si apre a squarci sci-fi più che millsiani, mentre le varie Ertrinken (ambient e psichedelica come nei pezzi dei migliori Boards Of Canada) o ancora gli otto lunghi minuti di Zahlensender (uno degli apici del disco, con quel suo pulsare rarefatto eppure magnetico, e le interferenze da short-frequency radio station), aprono degli squarci non da poco sul noto e sul già detto del genere di riferimento.
Ancora meglio fa Nylon Mood, che fiorisce pian piano come qualcosa a metà fra l’industrial storica, la psichedelia ambientale e certa trance (e ovviamente l’unico disco dei Sandwell District – Feed Forward del 2010 – progetto in cui militò il Nostro assieme a Juan Mendez, Karl O’Connor e Peter Sutton). Ognuno dei pezzi qui in scaletta ambisce a decostruire e poi ricostruire gli elementi tipici della techno (melodia, armonia, ritmo, lineare o spezzato che sia), ma lo fa tenendosi agganciato a una idea di compostezza che potremmo definire “classica”, ovverosia ideale, inscalfibile, a suo modo eterna. Ecco, Existenz è uno zibaldone dell’Eterno ritorno della techno alle sue origini, e allo stesso tempo è anche una fuga dai luoghi del delitto, che nel caso di David Sumner è senza dubbio classificabile come “passionale”, perché ci vuole davvero tanta competenza, tanto enciclopedismo, e anche tanta ispirazione per mettere assieme una specie di London Calling per le technohead del futuro prossimo veturo.
Va da sé che questo disco non può né vuole avere l’ambizione di quel doppio clashiano di cui è da poco ricorso il quarantennale. E va altrettanto da sé che il mio paragone è velleitario e azzardatissimo. Però, Existenz è e rimarrà un disco a cui forse manca il guizzo felino che potrebbe renderlo epocale, ma non di meno funziona alla grande, e scommetto che col passare del tempo si creerà attorno a queste 17 canzoni un piccolo culto di devoti ammiratori. O forse no. Chi può dirlo. In fondo, aveva ragione Nietzsche: ogni futuro è già trascorso, quindi smettiamola di romperci le palle a suon di parole su questo bel CD, e godiamoci appieno questo Eterno Ritorno del Grande Spirito della Techno (che è, è stata e presumibilmente sarà ancora a lungo uno dei generi musicali più fecondi di sempre).