
1941
QUARTO POTERE di Orson Welles. Con Orson Welles, Everett Sloane, Paul Stewart, Joseph Cotten, Alan Ladd, Agnes Moorehead
"Il più grande film di tutti i tempi", come lo incoronano da decenni quasi tutte le classifiche dei critici, è un film misterioso come il suo protagonista. Welles gira un film di quasi due ore su un personaggio la cui personalità alla fine risulta indefinibile e inaccessibile, come d'altra già il celebre cartello che apre il film parla chiaro: "NO TRESPASSING".
Chi era Charles Foster Kane? Un mediocre reso grande dalla sua fortuna economica, o un sognatore la cui ricchezza era un paradossale fardello? Un bambino abbandonato o un eterno bambinone viziato? Un arido o un sentimentale? Un traditore o un tradito dagli amici? Un reazionario o un socialista? Praticamente in ogni singola sequenza del film ci troviamo davanti ad un personaggio sempre diverso, contraddittorio e sfocato.
Rivedendo il film per l'ennesima volta mi sono reso conto di quanto questa scelta sia ancora oggi disturbante, visto che Welles infrange la regola numero uno di ogni racconto (rispettata anche da quasi tutto il cinema d'autore e sperimentale): la coerenza psicologica del personaggio. Peggio, non rispetta neanche la riconoscibilità fisica del personaggio, cambiando pettinatura, modo di vestire, trucco ed espressioni ad ogni cambio di età di Kane. Muta come tutti mutano nella vita, ma come nei film non succede mai.
Allo stesso modo anche il film è un oggetto indecifrabile, o decifrabile in decine di modi diversi. E' un film biografico, politico e colossale, ma anche intimista ed esistenzialista. Senza soluzione di continuità si alternano commedia, dramma, satira, melodramma, finto documentario, musical, noir, ambienti fantastici, atmosfere surreali. Il ventiquattrenne Welles (e a scriverlo non ci credo quasi che un film così sia stato girato e soprattutto interpretato da poco più che un ragazzo!) fa a pezzi tutte le buone maniere del cinema hollywoodiano, girando un capolavoro visionario che ancora oggi romperebbe parecchi tabù stilistici e tecnici.
Su una cosa sola si può essere certi, e la dice lo stesso Kane all'inizio del film, Charles Foster Kane e Quarto potere sono assolutamente americani. C'è dentro tutta la cultura USA nella storia di questo Re dell'era moderna, un campionario inesauribile di immagini, simboli, caratteri, ossessioni, dialoghi e tematiche assolutamente americani. Solo una cosa manca, ma è un'assenza enorme, probabile causa del sospetto e quasi rancore che in fondo l'America prova ancora oggi nei confronti di Welles: manca il Sogno Americano. Welles lo nega fin dalle fondamenta. Kane non è affatto l'uomo che si è fatto da solo, la sua ricchezza è un frutto grottesco del caso, tutto quello che farà nella vita sarà tentare di sperperala. E forse il suo più grande fallimento sarà quello di non riuscirci. Tutti i personaggi del film, nessuno escluso, sono destinati all'infelicità e alla solitudine. L'uomo per Welles è destinato sempre e comunque alla sconfitta, "l'uomo americano" non meno degli altri.
Il finale nell'immenso e sinistro magazzino con tutte le assurdità accumulate da Kane nella sua esistenza è un monumento alla mancanza di senso dell'esistenza. L'ultima inquadratura sul pennacchio di fumo del forno, che sta letteralmente bruciando i simboli ormai privi di senso dei ricordi della vita un uomo, è una delle chiusure più nere e inquietanti della storia del cinema.