E' un periodo in cui sto andando a vedere più o meno tutto quel che passa al convento, così, dovendo scegliere stasera con amici tra Zalone e Allen, non ho esitato un momento, e sono contentissimo di poter ora contraddire i pregiudizi e le impressioni "esterne" di cui ho dato sfoggio qua sopra, in questo thread, essendomi fatto condizionare dai per me incomprensibili giudizi negativi altrui. Perché Irrational Man, ragazzi, è un filmone. Fa il paio con Matchpoint; ma posso dire di averlo anche preferito a questo, sotto diversi aspetti.
Woody Allen, ad ascoltarlo nelle interviste degli ultimi anni, propugna una filosofia alquanto sconfortante, in cui tutto ruota intorno al principio che la vita non ha senso. Difficile perciò non leggere nel personaggio di J. Phoenix, professore di filosofia morale, un alter ego del regista. Tutti nel film - si tratta pur sempre dell'ambiente di cultura elevata o elevatissima di un'università - parlano con un tipo di linguaggio che va nella direzione di un certo intellettualismo, quindi ogni personaggio, soprattutto i principali, sono in qualche maniera delle "voci" del loro autore; ma Abe Lucas in particolare. E con la "soppressione" di questo è come se Allen abbia voluto mettere a tacere quella sua parte di sé così soggetta alla pulsione di morte. Ma il fatto paradossale è che ne risulta comunque una visione pessimistica, se si considera l'intero svolgimento della trama, in quanto Abe Lucas (un moderno Raskol'nikov fattosi prof di filosofia in un college americano) agisce nel modo in cui agisce per dire di sì alla vita, per rinascere e fare del bene; e, al contrario, quel che ottiene va in direzione opposta, perché se le cose si appianano nella vita della mamma che non può più subire gli effetti del verdetto di un cattivo giudice, nella vita di Abe e di chi gli sta intorno le cose vengono completamente travolte dal caos. Salvo ristabilirsi - questo almeno nel caso della ragazza lo possiamo dire con certezza - dopo la morte di lui.
Ma questo non basta ovviamente a restituire la bellezza della pellicola, che si fonda su una particolare miscela formata da un'allegra musica jazz, un'eleganza e una fluidità nel girare senza pari, una solare roscetta dagli occhi azzurri (un'encomiabile Emma Stone), un cinquantenne panciuto e pieno di smorfie e problemi esistenziali (Phoenix si riconferma uno dei più bravi attori in attività, de panza e de sostanza), vari coprotagonisti convincenti, un ritmo che va a tambur battente, una suspense hitchcockiana,...
Mi fermo su quest'ultimo aggettivo, e mi rivolgo ai cinefili: non vi sembra di trovare qualche piccola affinità con quel conclamato capolavoro del buon Alfred che è Nodo alla gola (oltre che, ovvie, con Il delitto perfetto)?
Comunque, non so se si è capito, ma il mio voto per questa pellicola non può essere inferiore a: 9/10.
Andate a vedere questo film. Andateci. Assolutamente.