Ok, sono a casa ammalato, stasera penso a un nuovo testo di partenza.
***
- C'era una volta...
- Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
- No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr'Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura.
Tentativo in stile Thomas Bernhard
Durante il mio breve soggiorno a Heiligenkreuz scoprii, per bocca di un villeggiante italiano che riportava, mi disse, ciò che aveva ascoltato di prima mano a Firenze, due anni prima, da un tale Carlo Lorenzini, il rimarchevole resoconto che mi accingo a riportare e che, pensai, avrebbe senz'altro occupato i miei pensieri durante le lunghe scampagnate nei sentieri di recente rinverditi (la primavera non era sopraggiunta che da un mese) del Wienerwald.
Il villeggiante italiano attribuiva una detestabile importanza alle proprie sgualcite ascendenze nobiliari, cui rendeva onore attraverso l'accademica elencazione, ogniqualvolta la conversazione gliene offrisse il più labile aggancio, di una tale quantità di nomi, titoli, date e aneddoti che, pensai, doveva aver impegnato la gran parte della propria esistenza a codificarli nella memoria e a recitarli proprio come faceva ora, pensai, mentre camminavamo fianco a fianco lungo i sentieri del Wienerwald, appena fuori Heiligenkreuz, dove soggiornavo da un mese. Per questa ragione non avrei scommesso di sentirgli dire, nonostante la sua debordante monomania, che il resoconto che mi aveva anticipato con una sorta di espansiva reticenza nel corso delle nostre passeggiate precedenti non riguardava alcun ambito del suo tedioso affresco nobiliare, né, pensai sorprendendo in me stesso un insospettato empito infantile, della storia règia alla quale egli suggeriva la propria famiglia appartenesse. Il resoconto partiva dalla descrizione di un ceppo, un ordinario pezzo di legna da ardere, disse il villeggiante italiano, non dissimile, disse, da quello che riscaldava il suo alloggio nella Gruberstraße nelle serate meno miti. Di quell'esatto ceppo, non era chiaro per quale caso, era entrato in possesso un vecchio falegname italiano di nome Antonio, il quale era noto come Ciliegia. Doveva il suo soprannome al colore rubicondo e lucido del suo naso, disse il villeggiante, che ricordava quello di una ciliegia matura. Il fatto che il suo resoconto cominciasse, quasi ne fosse a tutti gli effetti il protagonista, con l'introduzione di un oggetto inanimato mi perturbava, era quasi la contravvenzione di un patto narratologico silenzioso, pensai, e dal persistente quarto di sorriso che egli mi rivolgeva sospettavo che il mio interlocutore ne fosse non solo consapevole, ma persino compiaciuto. Da quando aveva fatto la mia conoscenza nel comune buen retiro di Heiligenkreuz non aveva fatto altro che anticipare la rottura di quel patto, pensai mentre camminavamo insieme lungo i sentieri del Wienerwald.