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Nobel per la pace a Barack Obama


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191 replies to this topic

#101 Number 6

    Scaruffiano

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Inviato 10 ottobre 2009 - 20:26


IL mondo utopico è un bel mondo ma resta, appunto, utopico. E non diciamo castronerie che se si premia l'intenzione "allora si può dare il nobel anche al mostro di Firenze", che lasciano il tempo che trovano. Il mostro di Firenze non ha (aveva) come intenzione la distensione internazionale o la riduzione degli arsenali nucleari.
Purtroppo ci sono due guerre che ha ereditato e cerca di gestirle al meglio. La situazione attuale mondiale, anche grazie a Obama, non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella di solo due anni fa.


il paragone con il mostro di firenze è totalmente logico e pratico, al massimo è offensivo verso il mostro di firenze: che almeno non ha ammazzato bambini.

a) il mostro di firenze ha ammazzato gente
b) obama sta - indirettamente - ammazzando gente con due guerre inutili che, non avrà iniziato lui, ma non accenna a voler finire e che non sta gestendo in modo tale da voler finire (se volevano ritirare le truppe potevano farlo anche in pochi mesi, altro che "non avrebbero finito nemmeno adesso"), con una terza che è INIZIATA sotto di lui (pakistan, leggete quello che scrivo?), con un cresciuto finanziamento ad israele, che li userà per insediarsi ulteriormente in una terra già abitata.

conseguenza: dare il nobel a obama in effetti è come darlo al mostro di firenze, anzi peggio.

non contano le parole di obama e quello che dice di voler fare, conta quello che effettivamente fa - le chiacchiere stanno a zero.

con l'iran, del resto, ha manifestato tutto fuorchè diplomazia distensiva, accusandola del nulla, di cose completamente infondate e minacciando intervento militare. questa è la prova che è anche in cattiva fede: questa non è un'operazione di "disarmo nucleare internazionale".

ti inviterei a leggere i miei precedenti post in questo topic, e gli articoli che ho postato, prima di continuare a ribadire i soliti concetti: così non si va da nessuna parte.

Eh vabbé. Bravo, hai ragione tu. Il senso pratico del "possibile" ti sfugge completamente ma non è colpa tua se hai questo limite. Ti passerà.
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#102 BillyBudapest

    Enciclopedista

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Inviato 11 ottobre 2009 - 01:02



IL mondo utopico è un bel mondo ma resta, appunto, utopico. E non diciamo castronerie che se si premia l'intenzione "allora si può dare il nobel anche al mostro di Firenze", che lasciano il tempo che trovano. Il mostro di Firenze non ha (aveva) come intenzione la distensione internazionale o la riduzione degli arsenali nucleari.
Purtroppo ci sono due guerre che ha ereditato e cerca di gestirle al meglio. La situazione attuale mondiale, anche grazie a Obama, non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella di solo due anni fa.


il paragone con il mostro di firenze è totalmente logico e pratico, al massimo è offensivo verso il mostro di firenze: che almeno non ha ammazzato bambini.

a) il mostro di firenze ha ammazzato gente
b) obama sta - indirettamente - ammazzando gente con due guerre inutili che, non avrà iniziato lui, ma non accenna a voler finire e che non sta gestendo in modo tale da voler finire (se volevano ritirare le truppe potevano farlo anche in pochi mesi, altro che "non avrebbero finito nemmeno adesso"), con una terza che è INIZIATA sotto di lui (pakistan, leggete quello che scrivo?), con un cresciuto finanziamento ad israele, che li userà per insediarsi ulteriormente in una terra già abitata.

conseguenza: dare il nobel a obama in effetti è come darlo al mostro di firenze, anzi peggio.

non contano le parole di obama e quello che dice di voler fare, conta quello che effettivamente fa - le chiacchiere stanno a zero.

con l'iran, del resto, ha manifestato tutto fuorchè diplomazia distensiva, accusandola del nulla, di cose completamente infondate e minacciando intervento militare. questa è la prova che è anche in cattiva fede: questa non è un'operazione di "disarmo nucleare internazionale".

ti inviterei a leggere i miei precedenti post in questo topic, e gli articoli che ho postato, prima di continuare a ribadire i soliti concetti: così non si va da nessuna parte.

Eh vabbé. Bravo, hai ragione tu. Il senso pratico del "possibile" ti sfugge completamente ma non è colpa tua se hai questo limite. Ti passerà.


quel che ti sfugge è che non si sta parlando del senso pratico del possibile o, al contrario, di mondi utopici, ma di quello che è.

non ho visto argomentazioni che spieghino perchè si dovrebbe dare un premio per la pace a qualcuno che promuove guerra e tensione (non distensione) internazionale.

nè ho visto argomentazioni che neghino che sotto obama siano iniziati bombardamenti sul pakistan, con la consapevole tragedia delle vittime civili, o che ne spieghino la necessità o l'inevitabilità, nè ho visto argomentazioni che neghino che obama stia proseguendo con la linea di bush nei confronti dell'iran, pressandola e minacciandola senza motivo (distensione?), mistificando i fatti, non costituendo l'iran alcuna reale minaccia internazionale. nè argomentazioni contro il resto che gli ho imputato.

si può, tra l'altro, anche prendere dalla parte opposta il tipo di parallelo fatto utilizzando "il mostro di firenze": se per ottenere un nobel per la pace basta avere "buone intenzioni" e usare belle parole, potrebbero darlo anche a me o a te. che almeno non abbiamo appoggiato, avvallato, giustificato (*) ammazzamenti di civili.

se poi vogliamo basarci sulle "intenzioni" dovremmo scoperchiargli il cervello per capire quali esattamente siano. giacchè, le azioni, come detto, ma anche le parole, ad una attenta analisi, rivelano tutto fuorchè "buone intenzioni".
i discorsi politici, peraltro, sono una lunga storia di "discorsi con buone intenzioni" e di atti degenerati compiuti dopo di essi.

(*) tra l'altro obama non ha minimamente perseguito i bugiardi e i torturatori dell'amministrazione precedente. anzi, sta continuando le torture di guantanamno (non doveva chiudere?), bagram (in afghanistan), abu grahib.
e aggiungendo un altro "tra l'altro", obama ha effettivamente giustificato la guerra in iraq con un "ora gli iracheni stanno sicuramente meglio". questo dopo un milione di morti. bombardiamo washington per sette anni, vediamo un po' di amici di obama morire e poi voglio sentirlo dire che sta meglio - dittatura o non dittatura. giacchè la dittatura perlomeno non ha bombardato per sette anni la popolazione causando un milione e 300mila morti.
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#103 Guest_runciter_*

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Inviato 11 ottobre 2009 - 08:01

Anche fosse, non si capisce dove stia la componente "razzista". In ogni caso, io non escludo a priori che possa essere manovrato (tutto nella vita è possibile!), sei tu che escludi a priori che possa essere artefice del proprio destino. Sei tu ad avere un pensiero "a priori": "siccome tutti i presidenti ecc.... allora Obama ecc.". Io non penso che siano stati manovrati nemmeno i suoi predecessori (semmai erano loro a farlo), ma non postulo questo pensiero in termini aprioristici e fideisti. Forse perchè, a differenza tua, non ho certezze assolute e non credo in una verità unica. A conti fatti, io la componente razzista la vedo dietro il pensiero che Obama non sia artefice del proprio destino e di quello altrui. Ci vorrebbe davvero un notevole sforzo sofistico per ribaltare la frittata, ovvero per sostenere l'ipotesi che il razzismo stia dietro il pensiero che Obama è un uomo "libero", seppur molto potente e carismatico. 


gira e rigira dici sempre la stessa cosa: pensare che sia manovrato è razzista.

se questa furbata è basata sul fatto che sia nero, è senz'altro una furbata razzista.

come minimo...
in una certa misura...
boh.


è stato un inside job nella misura in cui non è stato un israel job.
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#104 Roy Montgomery

    mr. negativity

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Inviato 11 ottobre 2009 - 09:14

suvvia, l'hanno dato ad arafat.. perchè non darlo all'amico di bill ayers ?

Obama libero ? nel dopoguerra non c'e mai stato un presidente tanto prigioniero del suo partito. Lui mette il volto, il resto lo fanno gli altri.
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3 a 0 in 26 minuti contro il LECCE. Vado a fare la spesa.


#105 Joey

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Inviato 11 ottobre 2009 - 10:25

se questa furbata è basata sul fatto che sia nero, è senz'altro una furbata razzista.

Quindi è razzista chi smaschera il razzismo altrui: non fa una piega O_O

A me la "furbata" sembra la tua. Così furba che non sei riuscito a spiegarla...
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#106 Guest_runciter_*

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Inviato 11 ottobre 2009 - 13:12

suvvia, l'hanno dato ad arafat.. perchè non darlo all'amico di bill ayers ?

Obama libero ? nel dopoguerra non c'e mai stato un presidente tanto prigioniero del suo partito. Lui mette il volto, il resto lo fanno gli altri.


vedo che arafat è il più citato, peres poverino nonostante il massacro di qana ve lo dimenticate.

arafat probabilmente in quanto ostacolo della "master race" (per citare begin, altro nobel per la pace).
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#107 Number 6

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Inviato 11 ottobre 2009 - 13:18

Madonna che due palle i complottisti e i complottismi.
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#108 Guest_runciter_*

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Inviato 11 ottobre 2009 - 13:19

Quindi è razzista chi smaschera il razzismo altrui: non fa una piega O_O

A me la "furbata" sembra la tua. Così furba che non sei riuscito a spiegarla...


il tuo presupposto sembra essere che non sia manovrato perché nero.
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#109 Guest_runciter_*

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Inviato 11 ottobre 2009 - 13:22

Madonna che due palle i complottisti e i complottismi.


il termine per la presentazione delle candidature scadeva 12 giorni dopo l'insediamento di b.o.

puzza un po' di pagliacciata hollywoodiana non trovi? avrà a malapena aperto bocca in quei primi 12 giorni.
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#110 BillyBudapest

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Inviato 11 ottobre 2009 - 14:33


Madonna che due palle i complottisti e i complottismi.


il termine per la presentazione della candidatura scadeva 12 giorno dopo l'insediamento di b.o.

puzza un po' di pagliacciata hollywoodiana non trovi? avrà a malapena aperto bocca in quei primi 12 giorni.


ma che due palle la miopia intellettuale e fattuale.
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#111 joseph K.

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Inviato 12 ottobre 2009 - 09:16



Non so a quale pensatore fai riferimento in particolare, mi chiedo però nella storia a quali risultati abbia portato questo pensiero. Ammesso che li abbia portati: è cosa ben diversa l'applicazione locale, condivisa da un gruppo ristretto di persone, e l'applicazione globale.


Quando si parla di anarchia è matematico che si arrivi alle due obiezioni:
1) Eh ma il socialismo reale...
2) eh ma quanti risultati ha portato questo pensiero, quanta gente ha seguito questo pensiero...

Dove la 1 è un palese falso ideologico e storico e la 2 è un falso logico. Come se poche persone che condividessero un'idea giusta (o secondo loro giusta), rendessero quella idea, sbagliata, a causa del poco numero dei seguaci.
Senza contare poi che nella vulgata comune anarchia = black block/società basata sul caos/spacchiamo tutto/sex pistols.

Non dico che le idee antiche non abbiano del buono, ma vanno attualizzate...


Ci sono idee antiche, come la distinzione tra crematistica ed economia sopra accennata, che sono molto più che attuali.

Per me la conservazione della vita individuale è il grado inferiore rispetto a tre. C'è un grado intermedio, ovvero la conservazione della specie. C'è poi un grado superiore, ovvero quello della conservazione della vita nella sua interezza. Il secondo, e sopratutto il terzo, passano anche attraverso la distruzione della vita individuale. Tra gli impulsi vitali non c'è solo eros, ma anche thanatos...


Thanatos è il momento finale, inevitabile. Si può arrivare a sperare di protrarlo in avanti (e perché no, non solo per l'uomo ma per tutta la natura) il più possibile e si può immaginare di non renderlo un "obbligo" della specie, del tipo "se ammazzo qualcuno è la specie a chiedermelo e anzi la specie è contenta".
Insomma: si dovrà morire ma non si capisce perché si deve uccidere/far vivere peggio di noi un altro essere umano. E con una accorta e condivisa "culturalmente" politica delle nascite si potrà convivere in maniera degna anche con la natura. Cioè "non devo uccidere persone/sperare che muoiano per fare vivere la natura meglio".

Quando qualcosa va "controllata", vuol dire che è già fuori controllo... ammazzarci a vicenda non è affatto una soluzione... d??altro canto, pensare di eliminare la morte, in tutte le sue modalità, è proprio ciò che ha generato il problema.   


La morte non si elimina, si può però immaginare una prospettiva dove si elimini la morte data con violenza o inganno/la vita vissuta a scapito degli altri quando si può fare altrimenti?

Secondo me tutti i grandi uomini d'azione e di pensiero, erano uomini del destino. E?? soltanto il destino a dare un senso alla vita, a permettere di riconciliarsi con la vita, e non l' "arbitrarietà". Persino Gesù insegna ad accettare il proprio destino, compreso il suo stesso sacrificio... peccato che la Chiesa, dopo 2000 anni, ancora non l??abbia capito.



Io voglio pormi in un'ottica esistenziale in cui il mio tempo vitale sia costruito da me e in cui non debba semplicemente portare a termine un progetto scritto da altri (la natura, l'istinto, la famiglia, il superio...). Sarà un'illusione ma voglio farlo.


Non può esistere felicità, se non c'è dolore e viceversa... siamo sempre allo stesso punto: la necessaria dialettica degli opposti...

Ma chi lo dice scusa?

A parte lo Zen, negli ultimi due secoli lo hanno detto Nietzsche, Hesse, Gibran, Jung, Campbell, Hillman... sono i primi che mi vengono in mente.


No, non chi lo dice, ma chi lo dice? Cioè chi dice che sia vero? Per me non è vero. Non credo nell'idea di felicità negativa, cioè non credo che esista solo la felicità come "negazione di un dolore".

E nel pratico perché si deve accettare passivamente il dolore, la morte, soprattutto la morte data quando si può non farlo?


Fondamentalmente, perchè è l'unico modo per riconciliarsi con tutto ciò che esiste nell' "aldiqua". Poi naturalmente l'uomo d'azione non lo farà passivamente, ma attivamente?


Posso non uccidere? Non lo faccio.
Posso non rubare le risorse comuni? Non lo faccio.

Si può non uccidere, si può condividere le risorse perché non farlo?


Si può non farlo caso per caso, ovvero: possiamo non farlo io o tu perché disponiamo di altri strumenti, ma ci sarà sempre qualcuno che la pensa diversamente. Quindi, a meno che tu per il futuro non voglia una selezione genetica, dovresti tentare di imporre il tuo pensiero a quel qualcuno, ovvero potenzialmente a "tutti"... ma l'unico modo per imporre il pensiero alla realtà, è fare violenza sulla realtà. L'unico pensiero non-violento è quello che accetta il mondo com'è, anzi che lo vuole per com??è, non quello che vuole cambiarlo.


Questo è un falso, secondo me. Primo perché non è affatto detto che la realtà "imponga" assassinio, morte, trionfo del potente tout court. Secondo perché il progetto di società è sempre una violenza alla realtà, ma una violenza ad una realtà violenta (basata cioè sullo sterminio e sulla non condivisione delle risorse) diventa un miglioramento, un cambiamento verso il meglio.
Terzo perché l'avviamento di un percorso di questo genere può essere fatto da un progetto condiviso, attraverso il potere della cultura, attraverso la persuasione e la non violenza.

Per la natura, l'uccisione di un simile è un istinto naturale, così come è naturale che possa avvenire tra specie diverse. A me sembra molto più criminale mettere a rischio una specie naturale per garantire il nostro benessere umano... questo è un vero crimine, perchè si rivolta contro la natura. 


Perché non possiamo immaginare di fare entrambe le cose? Perché dovremmo ucciderci per salvare la specie dei fagiani? Perché non potremmo immaginare una forma di convivenza in cui non ci uccidiamo e sfruttiamo in maniera condivisa e ponderata (anche con la natura) le risorse del globo?

Ribadisco la mia obiezione: è naturale che uno nasca alto e uno basso, uno intelligente e uno ritardato? Sì, è naturale. Così come è naturale che qualcuno nasca in un posto ??fortunato? (ammesso sia davvero così) e qualcuno in un altro più "sfortunato". Accade anche nelle specie animali. Sul fatto che poi l??uomo occidentale sprechi le risorse, io credo che sprechi soprattutto le risorse del pianeta. La stessa guerra, è devastante per il pianeta ancor più che per l??uomo (al contrario del passato, in cui al massimo c'era qualche albero bruciacchiato).


Non può essere "naturale" che sia il "culo" a determinare le sorti delle persone. Per me naturale è dare a tutti le stesse possibilità e un accesso dignitoso alle risorse collettive.


"Giusto "rispetto a cosa? Se qualcosa accade, per me è il suo stesso accadere che la fa diventare parte della natura, quindi "giusta". Per come la vedo, il problema tra uomo e uomo è subordinato rispetto a quello tra uomo e natura. Probabilmente, nel momento in cui il secondo fosse visto in modo diverso, lo sarebbe anche il primo, compreso il problema delle risorse.


Giusto rispetto alla vita e alla sopravvivenza. Se la finalità è rispettare l'uomo e dare dignità all'essere umano allora non si può ritenere giusto che sia il caso di dove si uniscono uno spermatozoo e un ovulo a determinare le sorti di una persona. Se la finalità è fregarsene e accettare che il 70% del mondo viva in condizioni disastrose per tollerare lo spreco del restante 30 allora è un altro discorso.

Pensiamo ai cicli storici millenari, intanto ora, domani, tra un mese, tra un anno, tra dieci anni, il nostro vicino muore/morirà quando una minima condivisione maggiore delle risorse lo impedirebbe. Questo non è uno scandalo?


Io parlerei solo di uno "spreco". Ma la vita è sempre uno spreco, anzi ogni vita nasce da uno spreco: è giusto che un solo spermatozoo arrivi a fecondare mentre tutti gli altri muoiono e vengono sprecati?


Quindi, se milioni di spermatozoi muoiono masturbandosi, non è giusto/razionale immaginare una forma di vita sociale in cui si cerca di non uccidere un nostro simile?

In secondo luogo io questa prospettiva giustificazionista non la capisco: posso retoricamente trovare una giustificazione, anche apparentemente ben fondata ad ogni cosa. Posso dire che uccidere ebrei era una forma di compassione; posso dire che la natura richiede che il furbo pregresso-panzone occidentale che mangia ogni giorno da Vissani grazie alle ruberie dei suoi padri abbia, secondo natura, più diritto del 2 metri di nigeriano che pare creato proprio per sopravvivere meglio di lui. Posso dire che prendendo un antibiotico uccido miliardi di esseri viventi. Posso dire quello che mi pare, ma appunto di retorica si tratta e di retorica usata a fini di giustificazionismo e di inazione.
Se usciamo dalla retorica e pensiamo di avere 100 pannocchie di grano, di essere io e una famiglia con 15 persone, la divisione, secondo ragione della pannocchie dovrà avvenire secondo i nuclei famigliari o secondo le persone? E se poi io ho lavorato 20 ore al giorno forse comunque un po' di più di pannocchie le meriterò no? Il buon vecchio "a ognuno secondo i proprio bisogni, a ognuno secondo le proprie capacità" non può essere un buon principio di partenza nell'accesso alle risorse?



Per me è un meccanismo anti-vitale, l'ho gia detto sopra, uccidere, togliere la vita è anti-vita.


Ma se non c'è anti-vita, non c'è vita... il fatto che uccidere sia "anti-vita", non toglie che questo "anti-vita" sia una componente della vita stessa. Non si può pensare che il mistero della vita sia qualcosa di semplice...


Ma se tu ti ammali di cancro non cerchi di curarti?
Cioè se esiste la morte perché si deve accettare come un banale meccanismo dell'esistenza la morte-data o la morte-evitabile?



Io credo che oggi, rispetto a qualche decennio fa, sia ormai chiaro a tutti che il futuro della specie umana è indissolubilmente legato al futuro del pianeta e delle altre specie viventi. Quindi, dalla mia prospettiva non va data una priorità al "benessere" della razza umana, che non ha niente di "globale", ma la priorità va data ad una prospettiva veramente ??globale? della vita e della natura nella sua interezza. Finché continuiamo a restare su questi due binari diversi anche se paralleli, non troveremo un punto d??incontro...


Il punto di incontro può essere un equilibrio tra la maggiore equa distribuzione delle risorse, uno stile di vita più virtuoso (per fare un esempio banale, non si capisce perché per magiare una pera debba aver bisogno di scartare 5 involucri) e adeguato a quanto la natura permette di usare a lungo termine.

Non sono sicuro che questa modalità sia l'istinto veramente naturale... La differenza tra l??uomo e l??animale, è che l??uomo non riesce più nemmeno a fare l??animale; quando ci prova, finisce per esagerare per eccesso. Nello stato di natura, nemmeno l'animale salta addosso al 90% delle donne che passano per la sua strada. Spesso, invece, ne corteggia una più di quanto non faccia l'uomo. Quello che voglio dire, è che avere consapevolezza dell'istinto è qualcosa di ben più complesso di quanto non possa sembrare... spesso, quella presunta consapevolezza è solo un mascheramento dell'istinto stesso.


Ma può essere benissimo: mettiamo anche che la mia "natura" mi chieda di corteggiare una sola donna per 10 anni. Se essa non ci sta non le zompo addosso. Il mio freno razionale c'è e può armonizzarsi con l'istinto.

Non sarei nemmeno sicuro che mangiare tutti i giorni da Vissani sia una forma di ??ritorno alla natura?... anche l'animale è spesso ingordo, vero, ma soltanto quando viene "traviato" dall'uomo.


Benissimo, allora permettiamo a tutti gli esseri viventi di mangiare secondo quanto il loro corpo gli chiede. Evitiamo lo scandalo e l'innaturalità del panzone che va tutti i giorni da Vissani e la stessa innaturalità di chi mangia 30 grammi di riso al giorno.


Per me "la ragione" non è altro che uno strumento per indirizzare l??istinto in modo più efficace. Se invece si rivolta contro l??istinto stesso, allora è l??istinto a rivoltarsi contro la ragione? tutte le degenerazioni dell??istinto, in fondo, sono conseguenza di un??esaltazione della ragione: ogni ??rivoluzione francese? è figlia di un Illuminismo?


Possono essere visti come due moventi e due strumenti da armonizzare reciprocamente secondo una "corretta mistura" che già hanno descritto i greci, per fare un esempio.


Più che darne una definizione, io prendo atto di quello che la vita è di fatto. Di fatto, ogni giorno nel nostro corpo muoiono milioni di cellule. Di fatto, ogni giorno nel mondo muoiono migliaia di persone. La vita è questa? non si può negare che sia questa, non resta che accettarla.


E torniamo alla retorica, strumento generalizzazione. "lo fanno tutti perché non devo rubare anche io".
Io dico "se si può evitare, perché non evitarlo?". A me non piace soffrire, posso, simpateticamente, capire che anche agli altri non piaccia soffrire. Posso evitarlo, perché non farlo?
Posso evitare che uno muoia, posso evitare di uccidere uno con un drone, perché non farlo?
E soprattutto che gliene frega ad uno che viene assassinato che miliardi di cellule muoiono ogni giorno? Sta meglio? Si consola? Non si poteva evitare di non ammazzarlo perché miliardi di cellule nel frattempo morivano?
Prova a dirglielo: "sai mi spiace che muori di fame mentre io butto metà del mio cibo nel cestino, ma consolati, miliardi di cellule stanno morendo ora con te".



A parte che le formiche sono "animali sociali" quanto noi, in realtà quella è solo una definizione data dall??uomo stesso in uno dei tanti suoi eccessi di vanità? forse, gli animali ci vedono soltanto come dei poveri animali infelici.


Può essere benissimo: io intanto voglio lottare per tentare di diminuire la nostra infelicità, almeno quella materiale data dalla mancanza degli elementi essenziali alla prima forma di vita dignitosa: mangiare, bere.
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Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.


#112 BillyBudapest

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Inviato 12 ottobre 2009 - 10:40

I WANNA DESTROY PASSERSBY!
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#113 Joey

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Inviato 12 ottobre 2009 - 14:28

[quote author=joseph K. link=topic=11128.msg590935#msg590935 date=1255337492]
Quando si parla di anarchia è matematico che si arrivi alle due obiezioni:
1) Eh ma il socialismo reale...
2) eh ma quanti risultati ha portato questo pensiero, quanta gente ha seguito questo pensiero...

Dove la 1 è un palese falso ideologico e storico e la 2 è un falso logico. Come se poche persone che condividessero un'idea giusta (o secondo loro giusta), rendessero quella idea, sbagliata, a causa del poco numero dei seguaci.
Senza contare poi che nella vulgata comune anarchia = black block/società basata sul caos/spacchiamo tutto/sex pistols.[/quote]

L'obiezione 2 non corrisponde a ciò che intendevo. Io intendevo che non vale per piccolo gruppo, o anche per un singolo stato, quello che vale per il mondo intero: sono sistemi disomogenei, grandezze che funzionano in modo diverso. In ogni caso: un'idea che teoricamente offre una ricetta mondiale, ma che praticamente è condivisa da pochi, è una contraddizione. Nessuno può avere la pretesa di decidere cosa sia meglio per tutti. I pochi seguaci non rendono l'idea sbagliata, è vero, ma tantomeno la rendono giusta: la rendono scollata dalla realtà, quindi rivelano che sia sbagliato il modo in cui interpreta le esigenze di quella realtà. 

[quote][quote]Per me la conservazione della vita individuale è il grado inferiore rispetto a tre. C'è un grado intermedio, ovvero la conservazione della specie. C'è poi un grado superiore, ovvero quello della conservazione della vita nella sua interezza. Il secondo, e sopratutto il terzo, passano anche attraverso la distruzione della vita individuale. Tra gli impulsi vitali non c'è solo eros, ma anche thanatos... [/quote]

Thanatos è il momento finale, inevitabile. [/quote]
Non è affatto "finale": è una pulsione che convive con noi ogni giorno e, senza la quale, non avremmo nemmeno la spinta a vivere. Cronologicamente parlando, dato che la vita si rigenera, può essere anche un momento tanto iniziale quanto finale.

[quote]Si può arrivare a sperare di protrarlo in avanti (e perché no, non solo per l'uomo ma per tutta la natura) il più possibile e si può immaginare di non renderlo un "obbligo" della specie, del tipo "se ammazzo qualcuno è la specie a chiedermelo e anzi la specie è contenta". [/quote]
Io invece spero che l'uomo non tenterà mai di imporre alla natura quell'egoismo che lo porta a tentare di vivere oltre il necessario.

[quote]Insomma: si dovrà morire ma non si capisce perché si deve uccidere/far vivere peggio di noi un altro essere umano. E con una accorta e condivisa "culturalmente" politica delle nascite si potrà convivere in maniera degna anche con la natura. Cioè "non devo uccidere persone/sperare che muoiano per fare vivere la natura meglio". [/quote]
Quell'essere umano potrebbe anche vivere "meglio" di noi, in base a cosa stabilisci che sia un peggio? Solo in base alla durata della vita? O al presunto "benessere" fisico che spesso è solo un malessere dell'anima?

[quote]La morte non si elimina, si può però immaginare una prospettiva dove si elimini la morte data con violenza o inganno/la vita vissuta a scapito degli altri quando si può fare altrimenti?[/quote]
Per me, non esiste "altrimenti" rispetto a ciò che accade. Non soltanto tale "altrimenti" è indimostrabile, ma tantomeno è dimostrabile che sia un bene.

[quote]Io voglio pormi in un'ottica esistenziale in cui il mio tempo vitale sia costruito da me e in cui non debba semplicemente portare a termine un progetto scritto da altri (la natura, l'istinto, la famiglia, il superio...). Sarà un'illusione ma voglio farlo.[/quote]
Allora sei guidato da questa illusione. Mica cambia qualcosa... sono i nostri pensieri a condizionarci, non noi a condizionare i nostri pensieri. Il fatto di credere o non credere al destino non cambia niente rispetto al fatto che ci sia o meno il destino. Di fatto la libertà è indimostrabile, anche scientificamente. L'unica cosa dimostrabile è che tutto ciò che accade, accade per come accade.

[quote][quote][quote][quote]
Non può esistere felicità, se non c'è dolore e viceversa... siamo sempre allo stesso punto: la necessaria dialettica degli opposti... [/quote]
Ma chi lo dice scusa? [/quote]
A parte lo Zen, negli ultimi due secoli lo hanno detto Nietzsche, Hesse, Gibran, Jung, Campbell, Hillman... sono i primi che mi vengono in mente. [/quote]

No, non chi lo dice, ma chi lo dice? Cioè chi dice che sia vero? Per me non è vero. Non credo nell'idea di felicità negativa, cioè non credo che esista solo la felicità come "negazione di un dolore".[/quote]
Tra un'idea condivisa da grandi pensatori e il fatto che tu la pensi diversamente, io darei più credito alla prima cosa... In ogni caso, forse hai frainteso: non la felicità come "polo opposto" del dolore ma, esattamente al contrario, la felicità e il dolore contenuti l'uno nell'altro, entrambi sia polo positivo che negativo. Anche la biologia lo conferma: quando si piange e quando si ride nel nostro corpo vengono prodotte sostanze simili. Anche l'osservazione lo conferma: si può piangere di goia e ridere in un momento di dolore. Anche l'arte lo conferma: i grandi comici, si sa, erano tutti dei grandi tragici.

[quote]Questo è un falso, secondo me. Primo perché non è affatto detto che la realtà "imponga" assassinio, morte, trionfo del potente tout court. Secondo perché il progetto di società è sempre una violenza alla realtà, ma una violenza ad una realtà violenta (basata cioè sullo sterminio e sulla non condivisione delle risorse) diventa un miglioramento, un cambiamento verso il meglio.[/quote]
Questo lo pensavano anche i comunisti nel secolo scorso: "siccome il mondo è ingiusto, allora è giusto imporre la nostra idea di giustizia"... e vedi poi come è finita. Qualunque violenza sulla realtà, sopratutto se ad opera di una minoranza, è una violenza e basta. Qualunque di queste minoranze pensa di avere la "ricetta giusta" (oppure il "Dio vero", nel caso si tratti di una religione), ma la ricetta diventa sempre sbagliata quando si tenta di imporla alla realtà intera. Il pensare che la propria ricetta sia giusta, vera, salutare, la migliore possibile, è una caratteristica comune. Persino i nazisti erano in buona fede.

[quote]Terzo perché l'avviamento di un percorso di questo genere può essere fatto da un progetto condiviso, attraverso il potere della cultura, attraverso la persuasione e la non violenza. [/quote]
La cultura non è un "potere". La cultura non conosce certezze. La cultura non ha bisogno di persuasione. Forse ti confondi con i dogmi della religione. Se per ipotesi in futuro molte persone la pensassero come me, perchè dovrebbero pensarla come te? L'unica cultura della non-violenza è quella che accetta, anzi ama, la vita e il mondo così per come sono.

[quote][quote]
Per la natura, l'uccisione di un simile è un istinto naturale, così come è naturale che possa avvenire tra specie diverse. A me sembra molto più criminale mettere a rischio una specie naturale per garantire il nostro benessere umano... questo è un vero crimine, perchè si rivolta contro la natura.  [/quote]

Perché non possiamo immaginare di fare entrambe le cose? Perché dovremmo ucciderci per salvare la specie dei fagiani? Perché non potremmo immaginare una forma di convivenza in cui non ci uccidiamo e sfruttiamo in maniera condivisa e ponderata (anche con la natura) le risorse del globo?[/quote]
Le risposte sono tantissime, quindi mi limito a qualcuna di sfuggita: 1) le risorse del globo non sono infinite, e nemmeno la luce del sole: le tue idee non fanno i conti con l'entropia. 2) con l'aumento della popolazione, servono molte più risorse, quindi più energia per produrle: e torniamo al punto 1; 3) l'energia a disposizione della razza umana è sempre a spese del pianeta, così come l'urbanizzazione; 4) il fatto che qualcosa sia immaginabile, non significa nè che sia realizzabile, nè che sia auspicabile.

[quote][quote]
Ribadisco la mia obiezione: è naturale che uno nasca alto e uno basso, uno intelligente e uno ritardato? Sì, è naturale. Così come è naturale che qualcuno nasca in un posto ??fortunato? (ammesso sia davvero così) e qualcuno in un altro più "sfortunato". Accade anche nelle specie animali. Sul fatto che poi l??uomo occidentale sprechi le risorse, io credo che sprechi soprattutto le risorse del pianeta. La stessa guerra, è devastante per il pianeta ancor più che per l??uomo (al contrario del passato, in cui al massimo c'era qualche albero bruciacchiato). [/quote]

Non può essere "naturale" che sia il "culo" a determinare le sorti delle persone. Per me naturale è dare a tutti le stesse possibilità e un accesso dignitoso alle risorse collettive.[/quote]

Per me, è come se dicessi che dovrebbe esser "naturale" che quante più persone possibili sfruttino la natura allo stesso modo, tentando di prolungare la propria vita invididuale a spese della natura. Piuttosto che tutto ciò, io preferisco che la vita dell'uomo sia determinata dal caso (quello che chiami "culo"). E' il caso a determinare il nostro codice genetico. E' il caso a determinare anche le mutazioni genetiche. La vità è diversità, varietà, disparità, disomogeneità. Chi è nemico del caso e delle differenze, chi vorrebbe una vita pre-ordinata, è nemico della vita.

[quote][quote]"Giusto "rispetto a cosa? Se qualcosa accade, per me è il suo stesso accadere che la fa diventare parte della natura, quindi "giusta". Per come la vedo, il problema tra uomo e uomo è subordinato rispetto a quello tra uomo e natura. Probabilmente, nel momento in cui il secondo fosse visto in modo diverso, lo sarebbe anche il primo, compreso il problema delle risorse. [/quote]

Giusto rispetto alla vita e alla sopravvivenza. Se la finalità è rispettare l'uomo e dare dignità all'essere umano allora non si può ritenere giusto che sia il caso di dove si uniscono uno spermatozoo e un ovulo a determinare le sorti di una persona. Se la finalità è fregarsene e accettare che il 70% del mondo viva in condizioni disastrose per tollerare lo spreco del restante 30 allora è un altro discorso.[/quote]

Come ho detto più volte, non siamo d'accordo sulla finalità. Per me la finalità principale è garantire la vita nella sua interezza. Per voler essere radicale: se per ipotesi ciò determinasse l'estinzione dell'intera razza umana, sarebbe soltanto un ciclo naturale. Secondo me, per inciso, è proprio nella difesa della vita individuale che l'uomo rischia l'estinzione.

[quote][quote][quote]Pensiamo ai cicli storici millenari, intanto ora, domani, tra un mese, tra un anno, tra dieci anni, il nostro vicino muore/morirà quando una minima condivisione maggiore delle risorse lo impedirebbe. Questo non è uno scandalo?[/quote]

Io parlerei solo di uno "spreco". Ma la vita è sempre uno spreco, anzi ogni vita nasce da uno spreco: è giusto che un solo spermatozoo arrivi a fecondare mentre tutti gli altri muoiono e vengono sprecati? [/quote]

Quindi, se milioni di spermatozoi muoiono masturbandosi, non è giusto/razionale immaginare una forma di vita sociale in cui si cerca di non uccidere un nostro simile?[/quote]

Si può immaginare quello che dici tu, ma non lo ritengo nè giusto (a meno che non accada davvero) nè tanto meno razionale. Ripeto, è impossibile non uccidere. Mi sembra che a te interessi soltanto che l'uomo occidentale si lavi la coscienza, e poi alla "spazzatura" sempre maggiore ci penserà qualcun altro. Uccidere non significa solo puntare la pistola e sparare. Dopo l'avvento della "scienza del caos", oggi non si può più pensare soltanto in termini di causa-effetto. Quando accendiamo il condizionatore, quando prendiamo l'auto, di fatto stiamo uccidendo senza sapere chi, cosa, e quando.

[quote]In secondo luogo io questa prospettiva giustificazionista non la capisco: posso retoricamente trovare una giustificazione, anche apparentemente ben fondata ad ogni cosa. Posso dire che uccidere ebrei era una forma di compassione; posso dire che la natura richiede che il furbo pregresso-panzone occidentale che mangia ogni giorno da Vissani grazie alle ruberie dei suoi padri abbia, secondo natura, più diritto del 2 metri di nigeriano che pare creato proprio per sopravvivere meglio di lui. Posso dire che prendendo un antibiotico uccido miliardi di esseri viventi. Posso dire quello che mi pare, ma appunto di retorica si tratta e di retorica usata a fini di giustificazionismo e di inazione. [/quote]

Forse sei rimasto al "giustificazionismo hegeliano", in quel caso ti potrei dare ragione. Invece, per me in quello che accade non c'è una giustificazione esterna: l'unica è il suo stesso accadere. Non c'è nessun'altra razionalità esterna ai fatti, non ce n'è affatto bisogno. Il concetto di "amor fati" di Nietzsche è quasi l'opposto del giustificazionismo di cui parli, e infatti non è in contraddizione con il concetto di caso (che, non a caso, tu rifiuti). Non soltanto questo tipo di pensiero non porta all'inazione, ma è proprio ciò che disinibisce l'azione da tutte le sovrastrutture, incluso il "libero arbitrio". 

[quote]Se usciamo dalla retorica e pensiamo di avere 100 pannocchie di grano, di essere io e una famiglia con 15 persone, la divisione, secondo ragione della pannocchie dovrà avvenire secondo i nuclei famigliari o secondo le persone? E se poi io ho lavorato 20 ore al giorno forse comunque un po' di più di pannocchie le meriterò no? Il buon vecchio "a ognuno secondo i proprio bisogni, a ognuno secondo le proprie capacità" non può essere un buon principio di partenza nell'accesso alle risorse?[/quote]
Decisamente non lo è, e lo dimostra il fatto che tutte le sue applicazioni hanno soltanto aumentato le ingiustizie e le disparità. Se poi non vuoi tenere conto di questo dato di fatto, allora credo che sei tu a fare retorica... Il tuo esempio è puramente tautologico, e non vedo come sia applicabile ad un discorso globale: non vale per l'umanità quello che può valere all'interno di una famiglia. L'umanità è disomogenea.

[quote][quote][quote]Per me è un meccanismo anti-vitale, l'ho gia detto sopra, uccidere, togliere la vita è anti-vita.[/quote]

Ma se non c'è anti-vita, non c'è vita... il fatto che uccidere sia "anti-vita", non toglie che questo "anti-vita" sia una componente della vita stessa. Non si può pensare che il mistero della vita sia qualcosa di semplice... [/quote]

Ma se tu ti ammali di cancro non cerchi di curarti?[/quote]
Non posso sapere cosa farei. Posso dirti che non mi vaccinerò per l'H1N1.

[quote]Cioè se esiste la morte perché si deve accettare come un banale meccanismo dell'esistenza la morte-data o la morte-evitabile?[/quote]
Perchè, in ogni caso, la morte è comunque inevitabile. I greci erano molto più accorti di noi, e la facevano dipendere da alcune divintà.

[quote]
[quote]
Non sono sicuro che questa modalità sia l'istinto veramente naturale... La differenza tra l??uomo e l??animale, è che l??uomo non riesce più nemmeno a fare l??animale; quando ci prova, finisce per esagerare per eccesso. Nello stato di natura, nemmeno l'animale salta addosso al 90% delle donne che passano per la sua strada. Spesso, invece, ne corteggia una più di quanto non faccia l'uomo. Quello che voglio dire, è che avere consapevolezza dell'istinto è qualcosa di ben più complesso di quanto non possa sembrare... spesso, quella presunta consapevolezza è solo un mascheramento dell'istinto stesso. [/quote]

Ma può essere benissimo: mettiamo anche che la mia "natura" mi chieda di corteggiare una sola donna per 10 anni. Se essa non ci sta non le zompo addosso. Il mio freno razionale c'è e può armonizzarsi con l'istinto.[/quote]
Sai bene che l'uomo non fa alcune cose soltanto perchè c'è il deterrente delle leggi. Senza le leggi, senza la "forza della legge", l'uomo di oggi sarebbe più barbaro di un antico romano...

[quote][quote]
Non sarei nemmeno sicuro che mangiare tutti i giorni da Vissani sia una forma di ??ritorno alla natura?... anche l'animale è spesso ingordo, vero, ma soltanto quando viene "traviato" dall'uomo. [/quote]

Benissimo, allora permettiamo a tutti gli esseri viventi di mangiare secondo quanto il loro corpo gli chiede. Evitiamo lo scandalo e l'innaturalità del panzone che va tutti i giorni da Vissani e la stessa innaturalità di chi mangia 30 grammi di riso al giorno.[/quote]
E se invece evitassimo di pensare che il bene dell'umanità dipenda dai nostri capricci di intellettualoidi benestanti?

[quote][quote]Più che darne una definizione, io prendo atto di quello che la vita è di fatto. Di fatto, ogni giorno nel nostro corpo muoiono milioni di cellule. Di fatto, ogni giorno nel mondo muoiono migliaia di persone. La vita è questa? non si può negare che sia questa, non resta che accettarla. [/quote]
E torniamo alla retorica, strumento generalizzazione. "lo fanno tutti perché non devo rubare anche io".
Io dico "se si può evitare, perché non evitarlo?". A me non piace soffrire, posso, simpateticamente, capire che anche agli altri non piaccia soffrire. Posso evitarlo, perché non farlo? Posso evitare che uno muoia, posso evitare di uccidere uno con un drone, perché non farlo?[/quote]
Tu puoi evitarlo, chi ha mai detto diversamente? Tuttavia, non puoi evitare che lo faccia qualcun altro. Mi sembra presuntuoso pensare di poter parlare a nome dell'umanità, sapere cosa è meglio per essa, dire cosa deve e cosa non deve fare. E' una vanità da intellettuali. 

[quote]E soprattutto che gliene frega ad uno che viene assassinato che miliardi di cellule muoiono ogni giorno? Sta meglio? Si consola? Non si poteva evitare di non ammazzarlo perché miliardi di cellule nel frattempo morivano?
Prova a dirglielo: "sai mi spiace che muori di fame mentre io butto metà del mio cibo nel cestino, ma consolati, miliardi di cellule stanno morendo ora con te". [/quote]
Il punto è che in questo momento il "lui" muore di fame a prescindere dalle nostre seghe mentali. Quindi le possibilità sono soltanto due: 1) o si fa un discorso filosofico, e quindi mi confuti sul piano delle idee; 2) oppure vai ad aiutarlo praticamente.

[quote]Può essere benissimo: io intanto voglio lottare per tentare di diminuire la nostra infelicità, almeno quella materiale data dalla mancanza degli elementi essenziali alla prima forma di vita dignitosa: mangiare, bere.[/quote]
Considerato che tu appartieni all'occidente, quando parli di "nostra infelicità" riveli il fatto che l'infelice è l'uomo ricco, occidentale, quello che ha tutto, che vorrebbe vivere fino a 200 anni, e che vorrebbe estendere la sua malattia (il "benessere") anche agli altri popoli. Un bambino africano su due muore di fame, d'accordo, è triste. Ma quello che sopravvive, secondo me, vale due di noi. Non siamo noi a dovere aiutare loro, ma sono innanzitutto loro a dover aiutare noi a recuperare quello che abbiamo perso. Soltanto quando avremo ritrovato noi stessi, saremo davvero in grado di aiutare anche gli altri...
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#114 BillyBudapest

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Inviato 12 ottobre 2009 - 15:18

cambiate il titolo: è off topic.
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#115 BillyBudapest

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Inviato 12 ottobre 2009 - 15:41


Questo è un falso, secondo me. Primo perché non è affatto detto che la realtà "imponga" assassinio, morte, trionfo del potente tout court. Secondo perché il progetto di società è sempre una violenza alla realtà, ma una violenza ad una realtà violenta (basata cioè sullo sterminio e sulla non condivisione delle risorse) diventa un miglioramento, un cambiamento verso il meglio.

Questo lo pensavano anche i comunisti nel secolo scorso: "siccome il mondo è ingiusto, allora è giusto imporre la nostra idea di giustizia"... e vedi poi come è finita. Qualunque violenza sulla realtà, sopratutto se ad opera di una minoranza, è una violenza e basta. Qualunque di queste minoranze pensa di avere la "ricetta giusta" (oppure il "Dio vero", nel caso si tratti di una religione), ma la ricetta diventa sempre sbagliata quando si tenta di imporla alla realtà intera. Il pensare che la propria ricetta sia giusta, vera, salutare, la migliore possibile, è una caratteristica comune. Persino i nazisti erano in buona fede. 


la violenza sulla realtà è realtà essa stessa, e non nasce da un pensiero, ma da una motivazione, anch'essa ancorata nella realtà - in questo caso sociale.
detto ciò, se la violenza su una minoranza produce un miglioramento per una maggioranza evidentemente non si può definire quella violenza come mera violenza: ma come violenza su una minoranza e come, in conseguenza, miglioramento per una maggioranza. (ma al di là di questo ovvio riferimento al concetto di rivoluzione popolare, potremmo anche prendere come esempio due gruppi a & b quantitativamente uguali e con lo stesso livello di vita).

così come se la violenza è conseguenza di violenza, quella violenza non è mera violenza, ma anche autodifesa, lotta per la sopravvivenza.

dire che qualcosa è semplicemente violenza, isola quell'atto dalla sua genesi e dalle sue conseguenze, lo rende astratto e senza storia, e quindi privo di qualsiasi significato: in quanto esso è andato perso in questa estrapolazione arbitraria.


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#116 joseph K.

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Inviato 12 ottobre 2009 - 15:49


L'obiezione 2 non corrisponde a ciò che intendevo. Io intendevo che non vale per piccolo gruppo, o anche per un singolo stato, quello che vale per il mondo intero: sono sistemi disomogenei, grandezze che funzionano in modo diverso. In ogni caso: un'idea che teoricamente offre una ricetta mondiale, ma che praticamente è condivisa da pochi, è una contraddizione. Nessuno può avere la pretesa di decidere cosa sia meglio per tutti. I pochi seguaci non rendono l'idea sbagliata, è vero, ma tantomeno la rendono giusta: la rendono scollata dalla realtà, quindi rivelano che sia sbagliato il modo in cui interpreta le esigenze di quella realtà. 


Un'idea deve essere conosciuta per quello che è veramente. Oggi invece l'idea di anarchia è o un elemento di sfogo esistenziale (il ggiovane con la maglia con la A di anarchia) o un puro concetto mistificato.
E non è un'idea che offre una ricetta "mondiale", offre una ricetta di rispetto totale dell'altra persona, una ricetta "sociale" non politica che prevede assenza di dominio politico, gerarchico ed economico dell'uomo sull'altro uomo.
Il funzionamento libero e auto-organizzato di queste microsocietà si organizza in una serie di livelli superiori e mediati fino ad una simile organizzazione-mondo.
Del resto se applichiamo il tuo punto di vista qualsiasi idea applicabile al "mondo" è scollata dalla realtà e non è condivisibile a livello planetario, che sia Per la pace perpetua di Kant o la Repubblica di Platone.

Non è affatto "finale": è una pulsione che convive con noi ogni giorno e, senza la quale, non avremmo nemmeno la spinta a vivere. Cronologicamente parlando, dato che la vita si rigenera, può essere anche un momento tanto iniziale quanto finale.


E' una prospettiva psicologista che non accetto anche perché porta alla accettazione pura e semplice di ogni devastazione di realtà che vediamo, dall'omicidio alla disuguaglianza globale, e tenta anche di dare a tale teoria un alone di inevitabilità e di "geneticità".
E non l'accetto anche se fosse vera, sperimentabile: scelgo di agire e di ridurre la sofferenza mia e del mio simile e di farlo con il minor impatto possibile verso la natura.

Io invece spero che l'uomo non tenterà mai di imporre alla natura quell'egoismo che lo porta a tentare di vivere oltre il necessario.


Cercare di non soffrire e cercare di dare a tutti gli elementi minimi di dignità quali il cibo e l'acqua mi pare tutto fuorché egoismo. Poi si morirà, intanto si viva degnamente.

Quell'essere umano potrebbe anche vivere "meglio" di noi, in base a cosa stabilisci che sia un peggio? Solo in base alla durata della vita? O al presunto "benessere" che spesso è solo un malessere?


Per me, banalmente, prima vengono le condizioni materiali, poi quelle psicologiche. Si può essere infelici anche mangiando e bevendo e avendo un tenore di vita alto come il nostro, di certo si soffre non mangiando e non bevendo.

Per me, non esiste "altrimenti" rispetto a ciò che accade. Non soltanto tale "altrimenti" è indimostrabile, ma tantomeno è dimostrabile che sia un bene.


Per me esiste ogni "Possibile" oltre a ciò che accade. Se tale "possibile" è diverso dall'ammazzare un mio simile e dal ritenerlo "usuale", "naturale", "normale" lo voglio perseguire con l'azione.
Se a te va bene una realtà dove l'uomo ammazza l'uomo, il potente domina sul debole, il ricco spreca e il povero crepa è una tua opinione, permettimi di non ritenere la cosa né "normale", nè "immodificabile".

Allora sei guidato da questa illusione. Mica cambia qualcosa... sono i nostri pensieri a condizionarci, non noi a condizionare i nostri pensieri. Il fatto di credere o non credere al destino non cambia niente rispetto al fatto che ci sia o meno il destino. Di fatto la libertà è indimostrabile, anche scientificamente. L'unica cosa dimostrabile è che tutto ciò che accade, accade per come accade.


E io voglio credere di essere libero e che domani potrò far accadere diversamente le cose da oggi, soprattutto se questo oggi significa uccidere qualcuno, rubargli delle risorse vitali.

Tra un'idea condivisa da grandi pensatori e il fatto che tu la pensi diversamente, io darei più credito alla prima cosa... In ogni caso, forse hai frainteso: non la felicità come negazione del dolore ma, al contrario, la felicità e il dolore contenuti l'uno nell'altro. Anche la biologia lo conferma: quando si piange e quando si ride nel nostro corpo vengono prodotte sostanze simili. Anche l'osservazione lo conferma: si può piangere di goia e ridere in un momento di dolore. Anche l'arte lo conferma: i grandi comici, si sa, erano tutti dei grandi tragici.


Bene, ma anche fosse vero, devo perseguire la felicità o l'infelicità? E l'infelicità di base, data dalla sofferenza fisica, se si può diminuire, ridurre al minimo perché non farlo? E' il solito discorso.


Certo, questo lo pensavano anche i comunisti: "siccome il mondo è ingiusto, allora è giusto imporre la nostra idea di giustizia". E vedi come è finita. Qualunque violenza sulla realtà, sopratutto se ad opera di una minoranza, è una violenza e basta. Qualunque di queste minoranze pensa di avere la "ricetta giusta" (oppure il "Dio vero", nel caso si tratti di una religione), ma la ricetta diventa sempre sbagliata quando si tenta di imporla alla realtà intera. Il pensare che la propria ricetta sia giusta, vera, salutare, la migliore possibile, è una caratteristica comune. Persino i nazisti erano in buona fede nel volere un mondo nuovo.


Ma certo intanto la sofferenza, di sicuro, non diminuisce se non si fa nulla, idealmente e praticamente, per questo scopo. Però noi stiamo a trastullarci con i possibili danni eventuali di qualsiasi azione.

Se per ipotesi in futuro molte persone la pensassero come me, perchè dovrebbero pensarla come te? L'unica cultura della non-violenza è quella che accetta, anzi ama, la vita e il mondo così per come sono.


Perchè la tua prospettiva nasconde le sofferenze materiali, perché la tua prospettiva è totalmente priva di SPERANZA. Perchè la tua prospettiva è una sfiducia abissale nella possibilità e nell'azione. Perché la tua prospettiva spinge ad amare un mondo dove le sofferenze evitabili vengono accettate e dove si sanziona l'azione che tenta di modificarle.

Le risposte sono tantissime, quindi mi limito a qualcuna di sfuggita: 1) le risorse del globo non sono infinite, e nemmeno la luce del sole: le tue idee non fanno i conti con l'entropia. 2) con l'aumento della popolazione, servono molte più risorse, quindi più energia per produrle: e torniamo al punto 1; 3) l'energia a disposizione della razza umana è sempre a spese del pianeta, così come l'urbanizzazione; 4) il fatto che qualcosa sia immaginabile, non significa nè che sia realizzabile, nè che sia auspicabile.


1) Le risorse del globo sono sufficienti a dare una vita dignitosa per un numero estremamente elevato di persone (certamente ad un numero enormemente superiore a quello attuale).
2) Possono esistere politiche di contenimento delle nascite che non siano ammazzare il nostro simile, fregargli il cibo per farlo morire prima.
3) L'urbanizzazione oggi è molto superiore alle reali necessità umane. L'energia utilizzata secondo criteri di giustizia e di intelligenza darebbe condizioni di vita decenti a tutti gli umani.
4) Se è immaginabile qualcosa che comporta un processo verso una diminuzione delle condizioni di vita negative non vedo perché non cercare di perseguirlo. Di sicuro il non fare niente non cambia niente.

Ma detto questo è ovvio che ogni progetto è perfettibile e si modifica dagli errori/difetti che si riscontrano nell'attuazione e nel passaggio del teorico al pratico.
Il non fare nulla invece lascia certamente l'ingiustizia e la sofferenza attuale.

Per me, è come se dicessi che dovrebbe esser "naturale" che quante più persone possibili sfruttino la natura allo stesso modo, tentando di prolungare la propria vita invididuale a spese della natura. Piuttosto che tutto ciò, io preferisco che la vita dell'uomo sia determinata dal caso (quello che chiami "culo"). E' il caso a determinare il nostro codice genetico. E' il caso a determinare anche le mutazioni genetiche. La vità è diversità, varietà, disparità, disomogeneità. Chi è nemico del caso e delle differenze, chi vorrebbe una vita pre-ordinata, è nemico della vita.


L'obiettivo è comune a uomo e natura, la natura può essere usata con ponderatezza e dando ad un numero enormemente maggiore di persone condizioni di vita accettabili.
Basterebbe già partire da un minimo di conoscenza: mangiare la carne ogni giorno della settimana comporta danni devastanti all'ambiente, animali che si nutrono di merda, cereali dati per far ingrassare troppo velocemente animali destinati a sfamare pochi ricchi che potrebbero tranquillamente dare da mangiare a quantità molto più vaste di persone.
Va bene così? Non si deve fare niente per cambiare questa cosa? La si accetta, la si ama? E' naturale che sia così? Non potrebbe essere diversamente?

O invece essere diversamente potrebbe e non sarebbe nemmeno così "incredibile"? O invece essere diversamente comporterebbe abbandonare gran parte della nostra ricchezza non-guadagnata e allora tale prospettiva non ci piace e la nascondiamo dietro il trastullamento filosofico del mondo e del destino che procede per moto circolare uniforme?

Come ho detto più volte, non siamo d'accordo sulla finalità. Per me la finalità principale è garantire la vita nella sua interezza. Per voler essere radicale: se per ipotesi ciò determinasse l'estinzione dell'intera razza umana, sarebbe soltanto un ciclo naturale. Secondo me, per inciso, è proprio nella difesa della vita individuale che l'uomo rischia l'estinzione.


Garantire la vita dell'uomo non è un progetto incompatibile con il garantire la vita del tutto.
Di certo il fare nulla protrae la devastazione della maggioranza dell'uomanità e della maggior parte del tutto a scapito dello spreco e dell'ultrabenessere di pochi.

Si può immaginare quello che dici tu, ma non lo ritengo nè giusto (a meno che non accada davvero) nè tanto meno razionale. Ripeto, è impossibile non uccidere. Mi sembra che a te interessi soltanto che l'uomo occidentale si lavi la coscienza, e poi alla "spazzatura" sempre maggiore ci penserà qualcun altro. Uccidere non significa solo puntare la pistola e sparare. Dopo l'avvento della "scienza del caos", oggi non si può più pensare soltanto in termini di causa-effetto. Quando accendiamo il condizionatore, quando prendiamo l'auto, di fatto stiamo uccidendo senza sapere chi, cosa, e quando.


Consumiamo in maniera più razionale, senza 100 passaggi, senza mila imballaggi, senza usare l'automobile da soli. Giusto per fare qualche esempio. Insomma facciamo qualcosa. La tua scienza del caos è accettare il devastamento. A me pare la tua una prospettiva che lava la coscienza.

Poi si continua a non capire perché agire per il bene dell'uomo debba necessariamente significare agire per il male della natura. Io credo che le due cose, invece, siano enormemente legate. Se si agisce per la vita dell'uomo, se si capisce il suo valore e la sua preziosità, si capirà anche il valore della natura (o viceversa).

Forse sei rimasto al "giustificazionismo hegeliano", in quel caso ti potrei dare ragione. Invece, per me in quello che accade non c'è una giustificazione esterna: l'unica è il suo stesso accadere. Non c'è nessun'altra razionalità esterna ai fatti, non ce n'è affatto bisogno. Il concetto di "amor fati" di Nietzsche è quasi l'opposto del giustificazionismo di cui parli, e infatti non è in contraddizione con il concetto di caso (che, non a caso, tu rifiuti). Non soltanto questo tipo di pensiero non porta all'inazione, ma è proprio ciò che disinibisce l'azione da tutte le sovrastrutture, incluso il "libero arbitrio". 


Non posso accettare (e per di più amare) alcuna realtà "fatale", "immodificabile da me". Non mi interessa, anche se così fosse.
La disinibizione che descrivi è l'accettazione dell'ingiustizia, della rapina, dell'assassinio, per di più vestita da ideale filosoficamente alto.
Poi può fare il relativista, puoi dare giustificazioni genetiche, psicologiche, evoluzionistiche. Puoi anche avere più ragione tu di me in termini "scientifici" e di "realtà" ma detto sinceramente tutto questo non mi interessa. Mi interessa fare quanto è in mio potere per ridurre i danni di un ordine (o un disordine) del mondo basato sulla sofferenza del simile, del potere non condiviso, della gestione delle risorse non contrattata, dell'usurpazione della natura e della dignità dei propri consimili.

Decisamente non lo è, e lo dimostra il fatto che tutte le sue applicazioni hanno soltanto aumentato le ingiustizie e le disparità. Se poi non vuoi tenere conto di questo dato di fatto, allora credo che sei tu a fare retorica... Il tuo esempio è puramente tautologico, e non vedo come sia applicabile ad un discorso globale: non vale per l'umanità quello che può valere all'interno di una famiglia. L'umanità è disomogenea.


Quando ci sarebbero state queste applicazioni?
Io ho visto solo e sempre il dominio di una casta su una massa. Poi puoi dargli anche il nome di "comunismo" o di "klinglnianesimo", certo non è quello che ho descritto io.

E poi: "A ognuno secondo le proprie necessità e secondo le proprie capacità" descrive appunto una giustizia "distributiva" non aritmetica, presuppone appunto che l'umanità sia disomogenea e che quello che vale per me possa non valere per tutti gli altri.


Cioè se esiste la morte perché si deve accettare come un banale meccanismo dell'esistenza la morte-data o la morte-evitabile?

Perchè, in ogni caso, la morte è comunque inevitabile. I greci erano molto più accorti di noi, e la facevano dipendere da alcune divintà.


E' inevitabile la morte per malattia incurabile, è evitabile uccidere un simile o rubargli le risorse cui avrebbe diritto.


Sai bene che l'uomo non fa alcune cose soltanto perchè c'è il deterrente delle leggi. Senza le leggi, senza la "forza della legge", l'uomo di oggi sarebbe più barbaro di un antico romano...


Il problema è chi fa queste leggi, soprattutto a livello globale. Le "leggi" o le dinamiche politiche, economiche e giuridiche sono, banalmente, costruite da chi ha "il potere" di farlo. E questo potere non è nulla di contrattato o condiviso, è frutto in ultima istanza sempre di forme più o meno velate di violenza.

E se invece evitassimo di pensare che il bene dell'umanità dipenda dai nostri capricci di intellettualoidi benestanti?


L'hai detto anche tu sopra che già prendere la macchina è uccidere. Quindi non vorrei che qualcuno ti invitasse a non pensare che il bene dell'umanità dipenda dai nostri capricci di l'intellettualoide benestante.

Tu puoi evitarlo, chi ha mai detto diversamente? Tuttavia, non puoi evitare che lo faccia qualcun altro. Mi sembra presuntuoso pensare di poter parlare a nome dell'umanità, sapere cosa è meglio per essa, dire cosa deve e cosa non deve fare. E' una vanità da intellettuali. 


Ah ecco, mi pareva che sostenessi nemmeno io posso evitarlo perché starebbe scritto nella natura che noi ci ammazziamo l'uno con l'altro.
Se io posso evitarlo, tu puoi evitarlo, lui può evitarlo. Se è razionale poterlo evitare forse un numero grande lo può evitare. E se poi non fai un passo il viaggio non comincia, tanto più se tu sostieni che è "destino", "fatale" che non si possa fare/cominciare alcun viaggio.

Il punto è che in questo momento il "lui" muore di fame a prescindere dalle nostre seghe mentali. Quindi le possibilità sono soltanto due: 1) o si fa un discorso filosofico, e quindi mi confuti sul piano delle idee; 2) oppure vai ad aiutarlo praticamente.


Muore un po' meno di fame se agiamo per fare in maniera che accada. Se invece pensiamo che sia un destino ineluttabile morirà sempre di fame. Rifiuto la prospettiva filosofica dell'ineluttabilità del fato e della genetica del destino del uomo e del mondo proprio per poter agire e fare. E per poter rigettare anche l'ultimo momento della retorica: l'invito ad andare in Africa. Vai ad aiutarlo praticamente.
Lo puoi aiutare praticamente anche a partire dalla consapevolezza: dal ritenere non "normale" che tu erediti ricchezza dai tuoi padri e lui no. Lo puoi aiutare con uno stile di vita compatibile con un suo maggiore accesso ai beni collettivi. Lo puoi aiutare manifestando contro una guerra sanguinaria. Lo puoi aiutare raccogliendo fondi per Emergency. Lo puoi aiutare facendoti bocciare ad un esame esame universitario per sostenere una tua idea non troppo chich e politicamente corretta...

Considerato che tu appartieni all'occidente, quando parli di "nostra infelicità" riveli il fatto che l'infelice è l'uomo ricco, occidentale, quello che ha tutto, che vorrebbe vivere fino a 200 anni, e che vorrebbe estendere la sua malattia (il "benessere") anche agli altri popoli. Un bambino africano su due muore di fame, d'accordo, è triste. Ma quello che sopravvive, secondo me, vale due di noi. Non siamo noi a dovere aiutare loro, ma sono innanzitutto loro a dover aiutare noi a recuperare quello che abbiamo perso. Soltanto quando avremo ritrovato noi stessi, saremo davvero in grado di aiutare anche gli altri...


E riveli male perché per "nostra" intendo quella dell'umanità intera. Per "nostra" intendo quel senso simpatetico che tu sottometti alla presunta lucidità della spassionatezza del "realista".
Poi sinceramente questa infelicità dell'uomo occidentale, questo psicologismo emozionale un po' mi ha stufato. E' come stare a costruire sistemi raffinatissimi sulle pagliuzze intanto le travi restano là a marcire.

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Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.


#117 BillyBudapest

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Inviato 12 ottobre 2009 - 16:01




Quell'essere umano potrebbe anche vivere "meglio" di noi, in base a cosa stabilisci che sia un peggio? Solo in base alla durata della vita? O al presunto "benessere" che spesso è solo un malessere?


Per me, banalmente, prima vengono le condizioni materiali, poi quelle psicologiche. Si può essere infelici anche mangiando e bevendo e avendo un tenore di vita alto come il nostro, di certo si soffre non mangiando e non bevendo.


"ma i filosofi sono abituati a nutrirsi di pensieri, devi comprendere".
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#118 Joey

    Classic Rocker

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Inviato 12 ottobre 2009 - 18:05

Per Billy Budapest:

[quote author=BillyBudapest link=topic=11128.msg591255#msg591255 date=1255360612]
la violenza sulla realtà è realtà essa stessa, e non nasce da un pensiero, ma da una motivazione, anch'essa ancorata nella realtà - in questo caso sociale.[/quote]
Molto prima che sociale, è una motivazione naturale. Quindi in realtà non fai altro che tornare da dove sono partito io: la violenza è reale-naturale, la violenza sulla violenza è una violenza altrettanto reale-naturale. E così via. Non può esistere una violenza che elimini la violenza reale: nel momento in cui passa dal piano ideale a quello reale, diventa anch'essa una violenza, quindi riafferma ciò che vorrebbe negare.   

[quote]detto ciò, se la violenza su una minoranza produce un miglioramento per una maggioranza evidentemente non si può definire quella violenza come mera violenza: ma come violenza su una minoranza e come, in conseguenza, miglioramento per una maggioranza. [/quote]
Nella storia è stato quasi sempre il contrario: le violenza viene effettuata da una minoranza sulla maggioranza. La maggioranza che si ritiene di migliorare è sempre la stessa che subisce la violenza (ovvero il "miglioramento" forzato). Spesso le oligarchie più violente sono proprio quelle che portano avanti le presunte idee di "giustizia", e che diventano maggioranza soltanto grazie ad una politica di terrore. Se pensiamo che anche i cristiani alle origini erano poco più che una setta...

[quote]così come è vero che se la violenza è conseguenza di violenza, quella violenza non è mera violenza, ma anche autodifesa, lotta per la sopravvivenza.[/quote]
Certo, ma nella lotta per la sopravvivenza non c'è "giusto" e "sbagliato", "buono" o un "cattivo". La tua violenza è giustificata nella stessa misura di quella altrui.

[quote]I WANNA DESTROY PASSERSBY![/quote]
Meglio Beat on the brat...


Per joseph K:


[quote author=joseph K. link=topic=11128.msg591261#msg591261 date=1255361071]
Un'idea deve essere conosciuta per quello che è veramente. Oggi invece l'idea di anarchia è o un elemento di sfogo esistenziale (il ggiovane con la maglia con la A di anarchia) o un puro concetto mistificato.
E non è un'idea che offre una ricetta "mondiale", offre una ricetta di rispetto totale dell'altra persona, una ricetta "sociale" non politica che prevede assenza di dominio politico, gerarchico ed economico dell'uomo sull'altro uomo.
Il funzionamento libero e auto-organizzato di queste microsocietà si organizza in una serie di livelli superiori e mediati fino ad una simile organizzazione-mondo.
Del resto se applichiamo il tuo punto di vista qualsiasi idea applicabile al "mondo" è scollata dalla realtà e non è condivisibile a livello planetario, che sia Per la pace perpetua di Kant o la Repubblica di Platone.[/quote]
La mia idea non è affatto da "applicare" al mondo: è già parte del mondo, è un accadimento per il fatto che io la penso, è giustificata da sè. La differenza tra il mio pensiero e il tuo è che io non voglio far violenza al pensiero altrui nè alla realtà, anzi sono guidato dall'idea opposta, dalla non-violenza. La vera non-violenza è quella di chi accetta anche il male: "porgi l'altra guancia" diceva Gesù; "quello che non mi uccide mi rafforza", diceva Nietzsche.

Al contrario, dal tuo punto di vista, non vedo perchè la "ricetta" da applicare al mondo debba essere nell'anarchismo, e non nel buddhismo, nel cristianesimo, nello sciamanesimo o altro.

[quote]E' una prospettiva psicologista che non accetto anche perché porta alla accettazione pura e semplice di ogni devastazione di realtà che vediamo, dall'omicidio alla disuguaglianza globale, e tenta anche di dare a tale teoria un alone di inevitabilità e di "geneticità".
E non l'accetto anche se fosse vera, sperimentabile: scelgo di agire e di ridurre la sofferenza mia e del mio simile e di farlo con il minor impatto possibile verso la natura.[/quote]
Ci sono molte cose che quotidianamente non vorremmo accettare. Io sono a favore del coraggio di accettare la vita per com'è. Ed è "sperimentale" che questa è l'unica possibile ricetta di felicità, l'avevano capito sin dai tempi di Bhudda.

"Il minor impatto possibile verso la natura" (cosa che hai aggiunto dopo), sarà impossibile finchè si darà la priorità all'uomo sopra tutte le altre creature (cosa che hai rivelato sin dall'inizio). Il fatto che tu abbia unito le due cose in un unico enunciato, non significa che tu abbia davvero la ricetta per conciliarle.

[quote]Cercare di non soffrire e cercare di dare a tutti gli elementi minimi di dignità quali il cibo e l'acqua mi pare tutto fuorché egoismo. Poi si morirà, intanto si viva degnamente.[/quote]
Se per "degnamente" intendi come viviamo oggi in occidente, allora è una prospettiva davvero misera e indegna: noi mangiamo cibo adulterato, beviamo acqua inquinata, per non parlare dell'aria che respiriamo...

[quote]Per me esiste ogni "Possibile" oltre a ciò che accade. Se tale "possibile" è diverso dall'ammazzare un mio simile e dal ritenerlo "usuale", "naturale", "normale" lo voglio perseguire con l'azione.[/quote]
Con l'azione, non potrai impedire che qualcun altro pensi o agisca diversamente da te, a meno che non gli fai violenza: in quale altro modo pensi di poter "imporre" il tuo pensiero al resto del mondo?

[quote]Se a te va bene una realtà dove l'uomo ammazza l'uomo, il potente domina sul debole, il ricco spreca e il povero crepa è una tua opinione, permettimi di non ritenere la cosa né "normale", nè "immodificabile".[/quote]
La realtà è piena di tantissime altre cose belle. Anche le cose brutte fanno parte della realtà, anzi dovrebbero insegnarci ad apprezzare ancor più i lati belli. 

[quote]E io voglio credere di essere libero e che domani potrò far accadere diversamente le cose da oggi, soprattutto se questo oggi significa uccidere qualcuno, rubargli delle risorse vitali.[/quote]
D'accordo, ma il fatto che a te piaccia credere qualcosa non rende quel qualcosa "vera". Il fatto che a te piaccia credere che le risose siano infinite, non rende questo vero. Il fatto che a te piaccia credere che si possa eliminare il dolore e la sofferenza senza produrre altro dolore e sofferenza, non rende questo vero. Il fatto che a qualcuno piaccia credere in un Dio posto oltre la natura, non rende questo vero.

[quote]Bene, ma anche fosse vero, devo perseguire la felicità o l'infelicità? E l'infelicità di base, data dalla sofferenza fisica, se si può diminuire, ridurre al minimo perché non farlo?  [/quote]
Non fai altro che cambiare il posto delle carte in tavola. Ma le carte restano sempre le stesse: per uno che ne fai felice, ne ne rendi meno felice un altro. La quantità di energia del mondo è la stessa, comunque tu voglia distribuirla.

[quote]Ma certo intanto la sofferenza, di sicuro, non diminuisce se non si fa nulla, idealmente e praticamente, per questo scopo. Però noi stiamo a trastullarci con i possibili danni eventuali di qualsiasi azione.[/quote]
Ma perchè vuoi a tutti i costi anestetizzare la vita? La sofferenza rende la vita più forte, è anche attraverso la sofferenza che la vita progredisce.

[quote]Perchè la tua prospettiva nasconde le sofferenze materiali, perché la tua prospettiva è totalmente priva di SPERANZA. Perchè la tua prospettiva è una sfiducia abissale nella possibilità e nell'azione. Perché la tua prospettiva spinge ad amare un mondo dove le sofferenze evitabili vengono accettate e dove si sanziona l'azione che tenta di modificarle.[/quote]
Tu confondi "la speranza" con quello che "tu speri". Per me, è la mia prospettiva ad essere una speranza, mentre la tua sancisce la condanna all'estinzione. Non è vero che la tua è una prospettiva d' "azione". Quali azioni fai? Se azione è la mera diffusione del pensiero, allora quest'azione la faccio anche io. Inoltre, sei totalmente fuori strada nel pensare che io sanziono l'azione. Al contrario, il mio pensiero è proprio quello di non sanzionare nessuna azione. Se tu vai in Africa ad aiutare qualcuno, avresti tutta la mia approvazione.

[quote]1) Le risorse del globo sono sufficienti a dare una vita dignitosa per un numero estremamente elevato di persone (certamente ad un numero enormemente superiore a quello attuale).
2) Possono esistere politiche di contenimento delle nascite che non siano ammazzare il nostro simile, fregargli il cibo per farlo morire prima.
3) L'urbanizzazione oggi è molto superiore alle reali necessità umane. L'energia utilizzata secondo criteri di giustizia e di intelligenza darebbe condizioni di vita decenti a tutti gli umani.
4) Se è immaginabile qualcosa che comporta un processo verso una diminuzione delle condizioni di vita negative non vedo perché non cercare di perseguirlo. Di sicuro il non fare niente non cambia niente.[/quote]
mi sembra che hai glissato sull'entropia...

[quote]L'obiettivo è comune a uomo e natura, la natura può essere usata con ponderatezza e dando ad un numero enormemente maggiore di persone condizioni di vita accettabili.
Basterebbe già partire da un minimo di conoscenza: mangiare la carne ogni giorno della settimana comporta danni devastanti all'ambiente, animali che si nutrono di merda, cereali dati per far ingrassare troppo velocemente animali destinati a sfamare pochi ricchi che potrebbero tranquillamente dare da mangiare a quantità molto più vaste di persone.
Va bene così? Non si deve fare niente per cambiare questa cosa? La si accetta, la si ama? E' naturale che sia così? Non potrebbe essere diversamente? [/quote]
Tutto quello che va in difesa dell'ambiente lo faccio quotidianamente anche io... E' tutta qui l'azione di cui parli?

[quote]Garantire la vita dell'uomo non è un progetto incompatibile con il garantire la vita del tutto.[/quote]
Non sarà incompatibile solo quando l'uomo capirà che la sua vita non è altro che un frammento del tutto. Il tuo modo di pensare invece mi sembra che aumenti la distanza tra la natura e l'uomo, tra il frammento e il tutto.

[quote]Di certo il fare nulla protrae la devastazione della maggioranza dell'uomanità e della maggior parte del tutto a scapito dello spreco e dell'ultrabenessere di pochi.[/quote]
Ripeto: tu cosa fai in più rispetto a me? Il problema non è se qualcosa la facciamo tu o io, ma che la facciano il più gran numero di persone. Secondo me, è solo con una totale rivoluzione delle idee che questo può avvenire.

[quote]Consumiamo in maniera più razionale, senza 100 passaggi, senza mila imballaggi, senza usare l'automobile da soli. Giusto per fare qualche esempio. Insomma facciamo qualcosa. La tua scienza del caos è accettare il devastamento. A me pare la tua una prospettiva che lava la coscienza.[/quote]
Ma quale "accettare il devastamento"? Il devastamento lo accetta e lo produce chi pensa solo al benessere individuale, chi mette l'uomo sopra gli animali, chi vorrebbe vivere a tempo inteterminato...

[quote]Poi si continua a non capire perché agire per il bene dell'uomo debba necessariamente significare agire per il male della natura. Io credo che le due cose, invece, siano enormemente legate. Se si agisce per la vita dell'uomo, se si capisce il suo valore e la sua preziosità, si capirà anche il valore della natura (o viceversa).[/quote]
Questo sarà possibile solo se e quando nascerà nuova religione in cui Dio tornerà ad identificarsi con la natura. Il pensiero materialistico non va in questa direzione...

[quote]Non posso accettare (e per di più amare) alcuna realtà "fatale", "immodificabile da me". Non mi interessa, anche se così fosse.
La disinibizione che descrivi è l'accettazione dell'ingiustizia, della rapina, dell'assassinio, per di più vestita da ideale filosoficamente alto.
Poi può fare il relativista, puoi dare giustificazioni genetiche, psicologiche, evoluzionistiche. Puoi anche avere più ragione tu di me in termini "scientifici" e di "realtà" ma detto sinceramente tutto questo non mi interessa. Mi interessa fare quanto è in mio potere per ridurre i danni di un ordine (o un disordine) del mondo basato sulla sofferenza del simile, del potere non condiviso, della gestione delle risorse non contrattata, dell'usurpazione della natura e della dignità dei propri consimili.[/quote]

Ancora una volta: fai bene a fare quello che è in tuo potere, ma questo non significa che le tue idee siano la ricetta per salvare l'umanità. Anche io faccio quello che è in mio potere, ma ciò nonostante ho idee diverse.

[quote]Quando ci sarebbero state queste applicazioni?
Io ho visto solo e sempre il dominio di una casta su una massa. Poi puoi dargli anche il nome di "comunismo" o di "klinglnianesimo", certo non è quello che ho descritto io.[/quote]
Erano persone guidate dalle stesse intenzioni, in fondo. O forse vuoi sostenere che le tue idee siano nuovissime? 

[quote]E poi: "A ognuno secondo le proprie necessità e secondo le proprie capacità" descrive appunto una giustizia "distributiva" non aritmetica, presuppone appunto che l'umanità sia disomogenea e che quello che vale per me possa non valere per tutti gli altri.[/quote]
L'unica cosa che presuppone con certezza, è che ci sia qualcuno che impone quella legge a tutti gli altri. Inoltre, quella legge vale soltanto per il piano sociale, ma trascura altri piani altrettanto importanti, se non di più.

[quote][quote]Sai bene che l'uomo non fa alcune cose soltanto perchè c'è il deterrente delle leggi. Senza le leggi, senza la "forza della legge", l'uomo di oggi sarebbe più barbaro di un antico romano... [/quote]

Il problema è chi fa queste leggi, soprattutto a livello globale. Le "leggi" o le dinamiche politiche, economiche e giuridiche sono, banalmente, costruite da chi ha "il potere" di farlo. E questo potere non è nulla di contrattato o condiviso, è frutto in ultima istanza sempre di forme più o meno velate di violenza.[/quote]
Appunto. Quindi non vedo come si possa imporre alcune "regole" senza usare violenza...

[quote]L'hai detto anche tu sopra che già prendere la macchina è uccidere. Quindi non vorrei che qualcuno ti invitasse a non pensare che il bene dell'umanità dipenda dai nostri capricci di l'intellettualoide benestante.[/quote]
Infatti. Io non prendo la macchina da una settimana, non so tu.

[quote]Ah ecco, mi pareva che sostenessi nemmeno io posso evitarlo perché starebbe scritto nella natura che noi ci ammazziamo l'uno con l'altro.
Se io posso evitarlo, tu puoi evitarlo, lui può evitarlo. [/quote]
No, è questo il punto: non bisogna pensare che dobbiamo essere tutti uguali. Siamo tutti diversi, ed è giusto così. Io sono una persona del tutto non-violenta, e pertanto non voglio far alcuna violenza nemmeno alla violenza altri. 

[quote]Se è razionale poterlo evitare forse un numero grande lo può evitare. E se poi non fai un passo il viaggio non comincia, tanto più se tu sostieni che è "destino", "fatale" che non si possa fare/cominciare alcun viaggio.[/quote]
E' l'esatto contrario: i grandi uomini d'azione (quella vera) erano sempre chiamati dal destino. Quelli che invece pensano che "potrebbero" fare una cosa, non la fanno mai.

[quote]Muore un po' meno di fame se agiamo per fare in maniera che accada. [/quote]
Cioè? Cosa stai facendo mentre parli con me?

[quote]Se invece pensiamo che sia un destino ineluttabile morirà sempre di fame. Rifiuto la prospettiva filosofica dell'ineluttabilità del fato e della genetica del destino del uomo e del mondo proprio per poter agire e fare. E per poter rigettare anche l'ultimo momento della retorica: l'invito ad andare in Africa. Vai ad aiutarlo praticamente.
Lo puoi aiutare praticamente anche a partire dalla consapevolezza: dal ritenere non "normale" che tu erediti ricchezza dai tuoi padri e lui no. [/quote]
Questa consapevolezza aiuta solo te, non certo lui. E non si traduce in azione.

[quote]Lo puoi aiutare con uno stile di vita compatibile con un suo maggiore accesso ai beni collettivi. Lo puoi aiutare manifestando contro una guerra sanguinaria. Lo puoi aiutare raccogliendo fondi per Emergency. Lo puoi aiutare facendoti bocciare ad un esame esame universitario per sostenere una tua idea non troppo chich e politicamente corretta...[/quote]
Puoi fare altrettante cose per il pianeta... Abbiamo priorità diverse, e non si capisce perchè salvare una vita umana sia più urgente o più importante di salvare un albero. Salvando un singolo albero potresti salvare cento vite: chissà? 

[quote]E riveli male perché per "nostra" intendo quella dell'umanità intera. Per "nostra" intendo quel senso simpatetico che tu sottometti alla presunta lucidità della spassionatezza del "realista".[/quote]
Non mi considero affatto un "realista". Per me la realtà è metafisica, e semmai sono un panteista. Non credo che il "senso simpatetico" di cui parli si possa cogliere senza una visione religiosa. Quindi, dal mio punto di vista, il "realista" sei tu...

[quote]Poi sinceramente questa infelicità dell'uomo occidentale, questo psicologismo emozionale un po' mi ha stufato. E' come stare a costruire sistemi raffinatissimi sulle pagliuzze intanto le travi restano là a marcire.[/quote]
E allora fai quello che ritieni per impedirlo. Il fatto che tu pensi a come risolvere il problema delle travi marce, non è in contraddizione con il fatto che io cerco di risalire ai tarli. Ognuno ha il suo posto nella vita, ognuno ha il suo pensiero. Il mondo è bello perchè è vario.
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#119 Rez

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Inviato 12 ottobre 2009 - 18:52

Muore un po' meno di fame se agiamo per fare in maniera che accada. Se invece pensiamo che sia un destino ineluttabile morirà sempre di fame. Rifiuto la prospettiva filosofica dell'ineluttabilità del fato e della genetica del destino del uomo e del mondo proprio per poter agire e fare. E per poter rigettare anche l'ultimo momento della retorica: l'invito ad andare in Africa. Vai ad aiutarlo praticamente.
Lo puoi aiutare praticamente anche a partire dalla consapevolezza: dal ritenere non "normale" che tu erediti ricchezza dai tuoi padri e lui no. Lo puoi aiutare con uno stile di vita compatibile con un suo maggiore accesso ai beni collettivi. Lo puoi aiutare manifestando contro una guerra sanguinaria. Lo puoi aiutare raccogliendo fondi per Emergency. Lo puoi aiutare facendoti bocciare ad un esame esame universitario per sostenere una tua idea non troppo chich e politicamente corretta...


Il discorso é interessante peró mi pare che tu eviti di considerare l'enorme differenza che intercorre tra la teoria e la pratica e, soprattutto, la difficoltá di individuare l'effettivo risultato (perlomeno a grande scala) di un'azione.
Io credo che la maggioranza dei personaggi di governo al momento nei paesi piú avanzati sottoscriverebbero le tue idee. Del resto molti lo hanno giá fatto in passato in libri vari e interventi pubblici e se riteniamo aprioristicamente che "verba manent" non vedo in cosa il tuo punto di vista si differenzi dal loro nel cercare di creare un mondo migliore.

Il punto é che il modo in cui tu credi di aiutare il bambino che muore di fame sperduto in qualche angolo dell'Africa presuppone un'azione che é connessa al tale bambino secondo una serie imponderabile di eventi concatenati in maniera tale da poter considerare il risultato di tale azione imprevedibile.
In termini pratici l'unico modo certo per risolvere il problema del bambino morente é andare in Africa e sfamarlo di persona.
Tutto il ventaglio di metodi che proponi non garantiscono a priori la salvezza del bambino. Anzi, qualcuno potrebbe dirti che senza la guerra sanguinaria a cui ti opponi, potrebbero morire in un futuro diecimila bambini in piú di quelli che moriranno a causa della guerra.
Potrebbero persino dimostrarti che il bambino di cui parli sta morendo perché i fondi umanitari pagati con i tuoi soldi non arrivano a causa del dittatore che si vuole combattere, che se ne appropria per altri fini.

Qualcuno piú acuto potrebbe persino obiettare che, salvando il bambino X in Congo, lasceremmo morire ingiustamente il bambino Y in Rwanda o ci dimenticheremmo del bambino Z in Etiopia.
In che modo possiamo salvare tutti i bambini? E in che modo possiamo essere certi che il fatto di salvare bambini da qualche parte non possa avere ripercussioni su quelli che vivono da un'altra?

Con una serie di riflessioni piuttosto semplici, é facile rendersi conto che non é possibile agire con l'imperativo di non permettere nessuna sofferenza evitabile in nessun angolo del mondo.
Il metodo piú logico e piú adottato é quello di agire cercando di creare la minima e alleviare la massima sofferenza possibile.
E per ottenere questi risultati non esiste una politica definita perché nessuno é in grado di quantificare in maniera esatta le vite che si salvano e si uccidono con un'azione politica.

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#120 Joey

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Inviato 12 ottobre 2009 - 19:03

A tutto quello che dici, che mi trova d'accordo, va aggiunta la considerazione che la vita di ogni individuo è inseparabile da quella di tutto il resto del mondo animato, e persino di quello inanimato. A quale infinita serie di cause si può far risalire la tragedia di Messina? Ci sono teorie secondo cui persino i terremoti possono essere provocati da sconvolgimenti climatici...

Il metodo piú logico e piú adottato é quello di agire cercando di creare la minima e alleviare la massima sofferenza possibile.

Siamo d'accordo, ma questo secondo me attiene alla sfera personale e relazionale di ognuno di noi. Non riguarda i massimi sistemi, ma i minimi.
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#121 joseph K.

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Inviato 12 ottobre 2009 - 21:12



La mia idea non è affatto da "applicare" al mondo: è già parte del mondo, è un accadimento per il fatto che io la penso, è giustificata da sè.


Sì ma tu non hai un'idea. Tu hai semplicemente una percezione di una realtà, tu "vedi" e non progetti. La realtà che vedi è questa e la ritieni fatalmente immodificabile. Bene è una tua idea, non sarà mai la mia.

La differenza tra il mio pensiero e il tuo è che io non voglio far violenza al pensiero altrui nè alla realtà, anzi sono guidato dall'idea opposta, dalla non-violenza. La vera non-violenza è quella di chi accetta anche il male: "porgi l'altra guancia" diceva Gesù; "quello che non mi uccide mi rafforza", diceva Nietzsche.


Dove ti ho bastonato per pensare come me?
Il porgi l'altra guancia è un piegarsi passivo ad un destino dove ora i primi vivono col sopruso sugli ultimi, e gli ultimi saranno i primi. Mi spiace, il futuro lo costruisco ora, non in un presunto aldilà... Cerchiamo di fare in modo che ora gli ultimi siano un po' meno ultimi.

Al contrario, dal tuo punto di vista, non vedo perchè la "ricetta" da applicare al mondo debba essere nell'anarchismo, e non nel buddhismo, nel cristianesimo, nello sciamanesimo o altro.


Uno trova la ricetta che gli pare o non trova alcuna ricetta come fai tu. Per me nel socialismo anarchico ci sono molti spunti per avviare un processo di diminuzione delle attuali disuguaglianze di base: leggasi accesso alle risorse, leggasi possibilità per tutti di decidere della propria esistenza.

Ci sono molte cose che quotidianamente non vorremmo accettare. Io sono a favore del coraggio di accettare la vita per com'è. Ed è "sperimentale" che questa è l'unica possibile ricetta di felicità, l'avevano capito sin dai tempi di Bhudda.

Chiamiamolo il volto brutto del "disinteresse": sei in pace con te stesso perché il resto del mondo non esiste.
Per me felicità significa massima felicità possibile per tutti, il che inizia, banalmente, dalle condizioni materiali: mangiare e bere.

Se per "degnamente" intendi come viviamo oggi in occidente, allora è una prospettiva davvero misera e indegna: noi mangiamo cibo adulterato, beviamo acqua inquinata, per non parlare dell'aria che respiriamo...


Mi pare di aver scritto condizioni materiali minime quali mangiare e bere. Nulla di rivoluzionario, è la vita.

Con l'azione, non potrai impedire che qualcun altro pensi o agisca diversamente da te, a meno che non gli fai violenza: in quale altro modo pensi di poter "imporre" il tuo pensiero al resto del mondo?


Io non voglio imporre proprio niente, voglio semplicemente mostrare il problema ad una moltitudine che si nasconde dietro il dato di fatto e l'orribile filosofia dell'è normale/è naturale.
Il problema è palese: il 20% della popolazione del globo spreca, l'80% soffre e crepa.
Già riconoscere il problema a livello mondo sarebbe una cosa enorme e spingerebbe naturalmente a porsi il dilemma di come cambiare questa società.
L'imporre un pensiero è la prospettiva che più mi è lontana: mostro un punto di vista, lo argomento cercando di mostrarne la logica e la ponderatezza. E mostro degli obiettivi con delle vie possibili da percorrere. Basta.

La realtà è piena di tantissime altre cose belle. Anche le cose brutte fanno parte della realtà, anzi dovrebbero insegnarci ad apprezzare ancor più i lati belli. 


Penso che quando hai la pancia piena apprezzi anche meglio una canzone di Nick Cave. Ma soprattutto penso che prima di tutto badi a mangiare e bere: poi a contemplare il cielo stellato, ascoltare Beethoven ecc,

D'accordo, ma il fatto che a te piaccia credere qualcosa non rende quel qualcosa "vera". Il fatto che a te piaccia credere che le risose siano infinite, non rende questo vero. Il fatto che a te piaccia credere che si possa eliminare il dolore e la sofferenza senza produrre altro dolore e sofferenza, non rende questo vero. Il fatto che a qualcuno piaccia credere in un Dio posto oltre la natura, non rende questo vero.


Mai detto che le risorse sono infinite.
Il pensare che non si "può" agire sul destino invece di fatto, certamente, porta alla prosecuzione dell'attuale situazione.


Non fai altro che cambiare il posto delle carte in tavola. Ma le carte restano sempre le stesse: per uno che ne fai felice, ne ne rendi meno felice un altro. La quantità di energia del mondo è la stessa, comunque tu voglia distribuirla.


Le risorse sono le stesse in un mondo in cui l'80 % delle stesse sono in mani ad un 20%. Immaginare forme di riequilibrio mi sembra il minimo. Se le distribuisci meglio tutti stanno meglio.

Ma perchè vuoi a tutti i costi anestetizzare la vita? La sofferenza rende la vita più forte, è anche attraverso la sofferenza che la vita progredisce.


Scusa ma che mi importa? Mi devo tagliare le mani perché così mi rafforzo? Mi devo spaccare le ginocchia così il mio spirito si indurisce?
Io perseguo un'ideale di vita felice e il più possibile senza dolore: poi se il dolore capita, avviene, come capita e avviene, certo non sto lì ad aprirgli le braccia.


Tu confondi "la speranza" con quello che "tu speri". Per me, è la mia prospettiva ad essere una speranza, mentre la tua sancisce la condanna all'estinzione. Non è vero che la tua è una prospettiva d' "azione". Quali azioni fai? Se azione è la mera diffusione del pensiero, allora quest'azione la faccio anche io. Inoltre, sei totalmente fuori strada nel pensare che io sanziono l'azione. Al contrario, il mio pensiero è proprio quello di non sanzionare nessuna azione. Se tu vai in Africa ad aiutare qualcuno, avresti tutta la mia approvazione.


La mia speranza parte da condizioni minime: bere e mangiare, avere una vita decente, dividere meglio le risorse, avere un rapporto equilibrato con la natura, contrattare le decisioni comuni, non avere società divise in comandanti e comandati.

Poi torna l'argomento "quali azioni fai tu". L'argomento retorico per eccellenza. Quello per cui "fare" qualcosa significa solo mettersi il camice bianco ed entrare nell'immaginario collettivo del medico buono della fiction.

Ma mettiamo anche che non "facessi", sarebbe sbagliato porre il problema e indicare delle vie di soluzione?

mi sembra che hai glissato sull'entropia...


L'entropia di cui parli tu è la constatazione che del 100 di risorse è normale che l'80 vada al 20. Io parlo di riequilibrio in presenza delle stesse risorse. Anzi, parlo di una forma di esistenza virtuosa, dove la filosofia del consumo, dell'usa e getta, dell'igienismo spinto all'eccesso sia sovrastata da un rapporto "solidale" non solo con i nostri simili ma con il resto del tutto.

L
Tutto quello che va in difesa dell'ambiente lo faccio quotidianamente anche io... E' tutta qui l'azione di cui parli?


Rifiutando, come detto sopra, la solita retorica del "E' tutta qui...".
Sono esempi tra i mila che si possono fare, ma sono esempi che nella tua costruzione ideale non hanno comunque valore dato il fatto che il dolore, la sofferenza, la guerra, la morte sono parte della vita e anzi ci rafforzano. Dove un premio Nobel ad Obama di pace ha senso perché Obama non rifiuta l'utilizzo della guerra...

Non sarà incompatibile solo quando l'uomo capirà che la sua vita non è altro che un frammento del tutto. Il tuo modo di pensare invece mi sembra che aumenti la distanza tra la natura e l'uomo, tra il frammento e il tutto.


Anche gli altri umani sono parte del tutto, il tuo modo di pensare mi pare aumenti ancora di più la già considerevole distanza tra uomo e uomo.

Ripeto: tu cosa fai in più rispetto a me? Il problema non è se qualcosa la facciamo tu o io, ma che la facciano il più gran numero di persone. Secondo me, è solo con una totale rivoluzione delle idee che questo può avvenire.


Al di là ancora del solito argomento retorico.
Come spingi il maggior numero di persone ad atteggiamenti di vita più virtuosi se per te non esistono in sè atteggiamenti di vita più virtuosi, se il destino e la vita sono comunque immodificabili, se  diffondere qualsiasi progetto sociale di futuro corrisponde immediatamente a "fare violenza" sul prossimo?
Come fai ad attuare la rivoluzione delle idee di cui parli se poi pensi che appena due persone "condividono" un'idea è subentrata una qualche forma di violenza della prima sulla seconda?
Come fai a farlo con i metodi non-violenti e del "distacco/accettazione" buddista che proponi?

Ma quale "accettare il devastamento"? Il devastamento lo accetta e lo produce chi pensa solo al benessere individuale, chi mette l'uomo sopra gli animali, chi vorrebbe vivere a tempo inteterminato...


Il penso al benessere di tutti gli uomini a partire dalle condizioni base e il più possibile equilibrato con il rispetto della natura.



Questo sarà possibile solo se e quando nascerà nuova religione in cui Dio tornerà ad identificarsi con la natura. Il pensiero materialistico non va in questa direzione...


E l'uomo è parte di questa natura. Altrimenti salviamo le foglie di acero e lasciamo morire milioni di persone.

Ancora una volta: fai bene a fare quello che è in tuo potere, ma questo non significa che le tue idee siano la ricetta per salvare l'umanità. Anche io faccio quello che è in mio potere, ma ciò nonostante ho idee diverse.


E per questo non posso fare altro che stimarti ma lo fai perché, a livello teorico, pensi di "poterlo" fare e cha la tua "azione sul mondo" possa avere un senso. Cose che hai ampiamente negato durante i tuoi interventi.

Erano persone guidate dalle stesse intenzioni, in fondo. O forse vuoi sostenere che le tue idee siano nuovissime?


Ma infatti di media l'idea che l'uomo produce è sempre meglio dell'uomo che l'ha prodotta. Iniziamo dalle intenzioni e dalle idee, cerchiamo di metterle in azione, abbiamo una progettualità. Sbaglieremo ma ci abbiamo provato.

E poi: "A ognuno secondo le proprie necessità e secondo le proprie capacità" descrive appunto una giustizia "distributiva" non aritmetica, presuppone appunto che l'umanità sia disomogenea e che quello che vale per me possa non valere per tutti gli altri.

L'unica cosa che presuppone con certezza, è che ci sia qualcuno che impone quella legge a tutti gli altri. Inoltre, quella legge vale soltanto per il piano sociale, ma trascura altri piani altrettanto importanti, se non di più.


Non è una legge, è una considerazione razionale, un principio di misura, una spinta simpatetica che credo possa essere altrettanto naturale nell'uomo quanto quella egoistica.


Appunto. Quindi non vedo come si possa imporre alcune "regole" senza usare violenza...


Non c'è alcuna legge da imporre perché non esiste proprio legge. Non esistono polizie, non esiste stato, non esiste "potere" istituzionalizzato. Esiste la contrattazione libera delle libertà dei singoli che si incontrano nella costruzione della società senza costrizione. Per far incontrare la mia libertà con quella degli altri, per raggiungere l'ideale della società libera dovrà io stesso cominciare col auto-moderare le mie spinte al desiderio mentre riconosco delle spinte simili negli altri. Opportunità contrattate, scelte condivise. In quel "con" sta tutto: nessuno dice che sia facile, ma almeno è un tentativo, un progetto, un inizio di azione, un superamento dell'attuale disastro.

Infatti. Io non prendo la macchina da una settimana, non so tu.


Bravo, io l'ho appena presa per andare a giocare a squash, chiamatemi natural born killer.

No, è questo il punto: non bisogna pensare che dobbiamo essere tutti uguali. Siamo tutti diversi, ed è giusto così. Io sono una persona del tutto non-violenta, e pertanto non voglio far alcuna violenza nemmeno alla violenza altri.


Quindi ti lasci ammazzare se uno ti prende a roncolate?
[retorica mode on]Tu ti ritieni un noin-violento ma fai già, ogni singolo istante, violenza implicita, al tutto avendo un tenore di vita enormemente superiore alle tue necessità: vestiti di sacco e vai nella grotta a seguire il buddismo. Perché cosa fai per impedire di violentare la natura? Non usi l'ipod, non ricarichi il cellulare, non scrivi al computer sul forum di ondarock, non scaldi la pizza col microonde, non usi il caucciù per fare l'amore, non ... [retorica mode off]

E' l'esatto contrario: i grandi uomini d'azione (quella vera) erano sempre chiamati dal destino. Quelli che invece pensano che "potrebbero" fare una cosa, non la fanno mai.


Sì chiamati da divinità, libri sacri e co. Mai da altri uomini. Se ti riferisci a Gesù ecc,
Se pensi di non potere, non puoi nemmeno fare. Almeno di pensare che il Dio-natura-istinto in qualche maniera sovrannaturale ti spinga fatalmente a fare delle cose buone, tra cui ammazzare e ricevere un premio Nobel per la pace perché hai ammazzato

Cioè? Cosa stai facendo mentre parli con me?


A parte la retorica che rifiuto per la sesta volta.
Ti espongo la mia idea per la quale la guerra non è consustanziale alla realtà, non rafforza lo spirito umano, non è una cosa "normale e naturale" e sarebbe un grande progresso per l'umanità se non la facessimo e se non avessimo gente intelligente che filosoficamente giustifica questa posizione, fascinando altre persone a pensare che nel destino divino della natura ci sia anche la guerra, il sacrificio ineluttabile di qualche milione di persone, una felicità solo "personale" ed "emozionale" e una non-violenza che accetta la violenza del sopruso del forte sul debole e del ricco sul povero.


Questa consapevolezza aiuta solo te, non certo lui.


Invece accettare una prospetiva teorica che ritenga naturale la sperequazione nell'accesso alle risorse e la morte di milioni di persone per l'esistenza di spreco di pochi aiuta tutti.

Puoi fare altrettante cose per il pianeta... Abbiamo priorità diverse, e non si capisce perchè salvare una vita umana sia più urgente o più importante di salvare un albero. Salvando un singolo albero potresti salvare cento vite: chissà? 


Non si capisce perché non possa fare entrambe le cose.

Poi sinceramente questa infelicità dell'uomo occidentale, questo psicologismo emozionale un po' mi ha stufato. E' come stare a costruire sistemi raffinatissimi sulle pagliuzze intanto le travi restano là a marcire.

E allora fai quello che ritieni per impedirlo. Il fatto che tu pensi a come risolvere il problema delle travi marce, non è in contraddizione con il fatto che io cerco di risalire ai tarli. Ognuno ha il suo posto nella vita, ognuno ha il suo pensiero. Il mondo è bello perchè è vario.


Esattamente, io nel mio piccolissimo qualche risultato lo vedo, spero che la stessa cosa capiti anche a te mentre persegui il tuo "modo" (e lo dico senza alcuna ironia, credimi).


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#122 joseph K.

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Inviato 12 ottobre 2009 - 21:19


E per ottenere questi risultati non esiste una politica definita perché nessuno é in grado di quantificare in maniera esatta le vite che si salvano e si uccidono con un'azione politica.


Scusa eh, apprezzo quello che scrivi, va benissimo fare i filosofi ma l'argomento "non so a cosa porterà ogni mia azione" porta solo al "a sto punto non faccio niente e basta". L'argomento "non posso possedere l'infinita serie delle cause" diventa una sponda decadente alla stasi e al non avere alcun progetto politico.

Cioè cosa si guadagna a pensare così? Una disperazione infinita, un riconoscimento di impossibiltà di riconoscere qualsivoglia origine di problemi e di progettare qualsivoglia via di soluzione.

E di fatto se nessuno mi può dire che non ammazzare 10.000 oggi forse significa salvarne 100.000 domani è un ragionamento assurdo. Perché intanto io UCCIDO quei 10.000, con certezza. Mentre sto a pormi i problemi sugli eventuali futuri possibili...

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#123 BillyBudapest

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Inviato 12 ottobre 2009 - 21:21

Per Billy Budapest:


la violenza sulla realtà è realtà essa stessa, e non nasce da un pensiero, ma da una motivazione, anch'essa ancorata nella realtà - in questo caso sociale.

Molto prima che sociale, è una motivazione naturale. Quindi in realtà non fai altro che tornare da dove sono partito io: la violenza è reale-naturale, la violenza sulla violenza è una violenza altrettanto reale-naturale. E così via. Non può esistere una violenza che elimini la violenza reale: nel momento in cui passa dal piano ideale a quello reale, diventa anch'essa una violenza, quindi riafferma ciò che vorrebbe negare.   


la violenza sulla violenza è reale-naturale (qualsiasi cosa tu intenda dire), nel senso che è naturale che accada e avvenga: non la si può fermare, in quanto non è un mero capriccio intellettuale, ma un'esigenza esistenziale.
non è la violenza ad essere un'esigenza esistenziale per sè. non esiste un tale istinto, come fa ben notare erich fromm in "antomia della distruttività umana".

l'affermazione che la violenza non elimina la violenza è astratta e aspecifica.
se si verificherà una rivoluzione popolare di massa, una rivoluzione in cui è l'ultimo gradino della società a prendere il potere per cambiare le regole del gioco - ovvero per socializzare il processo produttivo e i suoi frutti - proprio come i borghesi hanno cambiato le regole del gioco dopo la rivoluzione francese a proprio favore - allora saranno poste le basi per una possibile convivenza maggiormente pacifica tra i popoli - processo che comunque richiederà molto tempo per stabilizzarsi, una volta avvenuto lo strappo iniziale. giacchè le radici di questi conflitti sono socio-economici, non istintuali - e così come i movimenti sono creati dalle circostanze socio-economiche (per prima una situazione di crisi concreta e materiale, un conflitto di interessi materiali) e non da meri processi intellettuali - essendo anche questi processi risultato di queste circostanze. una volta rimossi i motivi materiali di conflitto, la violenza potenzialmente diverrebbe sempre più un fenomeno di tipo individuale e personale, che di massa e sociale.

non sono quindi d'accordo nè con te, che pensi che la violenza sia ineluttabilmente sempre presente allo stesso livello e abbia apparentemente sempre lo stesso significato e la stessa origine, nè con josef k. che sembra pensare che un cambiamento, se ci sarà, avverrà con la cultura, la civiltà, la buona volontà, la coscienza - ma di cui comunque appoggio l'atteggiamento di fondo, l'attivismo, nonchè diverse repliche.

per quanto riguarda l'aiutare economicamente chi ha poco, anche lontani geograficamente, volendolo si può fare in modo sicuro, senza tirare in ballo tutte le complicazioni di questo mondo.




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#124 BillyBudapest

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Inviato 13 ottobre 2009 - 00:05

Rifiutando, come detto sopra, la solita retorica del "E' tutta qui...".
Sono esempi tra i mila che si possono fare, ma sono esempi che nella tua costruzione ideale non hanno comunque valore dato il fatto che il dolore, la sofferenza, la guerra, la morte sono parte della vita e anzi ci rafforzano. Dove un premio Nobel ad Obama di pace ha senso perché Obama non rifiuta l'utilizzo della guerra...


eh no, attento, con questa frase stai andando off topic.
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#125 joseph K.

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Inviato 13 ottobre 2009 - 07:44

Rifiutando, come detto sopra, la solita retorica del "E' tutta qui...".
Sono esempi tra i mila che si possono fare, ma sono esempi che nella tua costruzione ideale non hanno comunque valore dato il fatto che il dolore, la sofferenza, la guerra, la morte sono parte della vita e anzi ci rafforzano. Dove un premio Nobel ad Obama di pace ha senso perché Obama non rifiuta l'utilizzo della guerra...


eh no, attento, con questa frase stai andando off topic.

:)

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#126 Joey

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Inviato 13 ottobre 2009 - 09:48

[quote author=joseph K. link=topic=11128.msg591467#msg591467 date=1255380435]
Sì ma tu non hai un'idea. Tu hai semplicemente una percezione di una realtà, tu "vedi" e non progetti. La realtà che vedi è questa e la ritieni fatalmente immodificabile. Bene è una tua idea, non sarà mai la mia.[/quote]
Chi lo dice che io non abbia un "progetto"? Di contro, tu che progetti hai per non lasciare che le tue idee restino puramente tali?

[quote]Dove ti ho bastonato per pensare come me?
Il porgi l'altra guancia è un piegarsi passivo ad un destino dove ora i primi vivono col sopruso sugli ultimi, e gli ultimi saranno i primi. [/quote]
"Il porgi l'altra guancia" non è affatto un piegarsi passivo, una sorta di auto-flagellazione, bensì una dimostrazione attiva di come si possa essere superiori alle avversità, al male, anzi trarne giovamento: quello che non mi uccide, mi rafforza, per l'appunto. Forse non è chiara una cosa: la violenza, per me, nasce sopratutto dagli istinti di vendetta. La maggior parte della violenza è commessa da chi si vuole vendicare dei torti subiti, della violenza altrui. E quindi finisce per generare altri torti, altra violenza, altre vendette. Se invece si eliminasse l'istinto di vendetta, e si reagisse al male in modo "positivo", non sarebbe già eliminata gran parte del male e della violenza?

[quote]Mi spiace, il futuro lo costruisco ora, non in un presunto aldilà... Cerchiamo di fare in modo che ora gli ultimi siano un po' meno ultimi.[/quote]
E chi ha parlato di aldilà? La liberazione degli istinti di vendetta è un modo per vivere bene nell'aldiquà. Per me sei tu che parli di un "aldilà" rispetto alla realtà...

[quote]Uno trova la ricetta che gli pare o non trova alcuna ricetta come fai tu. Per me nel socialismo anarchico ci sono molti spunti per avviare un processo di diminuzione delle attuali disuguaglianze di base: leggasi accesso alle risorse, leggasi possibilità per tutti di decidere della propria esistenza.[/quote]
D'accordo, ognuno crede nelle favole che preferisce. Chissà perchè, senti il bisogno di dire che io "non trovo alcuna ricetta", ma va bene. In fondo, preferisco altri generi letterari, come le poesie...

[quote]Mi pare di aver scritto condizioni materiali minime quali mangiare e bere. Nulla di rivoluzionario, è la vita.[/quote]
Questa è la mera sopravvivenza. Vivere non significa soltanto sopravvivere, accidenti.

[quote]Io non voglio imporre proprio niente, voglio semplicemente mostrare il problema ad una moltitudine che si nasconde dietro il dato di fatto e l'orribile filosofia dell'è normale/è naturale.[/quote]
A me sembra che gran parte delle persone si nasconda invece dietro un pensiero come il tuo... spesso, fa stare più tranquilli.

[quote]Il problema è palese: il 20% della popolazione del globo spreca, l'80% soffre e crepa. Già riconoscere il problema a livello mondo sarebbe una cosa enorme e spingerebbe naturalmente a porsi il dilemma di come cambiare questa società.[/quote]
Per riconoscere un problema, ancor prima che fornire soluzioni, bisognerebbe capirne: 1) l'origine; 2) le motivazioni. Altrimenti di cosa parliamo?

[quote]L'imporre un pensiero è la prospettiva che più mi è lontana: mostro un punto di vista, lo argomento cercando di mostrarne la logica e la ponderatezza. E mostro degli obiettivi con delle vie possibili da percorrere. Basta.[/quote]
D'accordo, ma dovresti valutare - come parte del tuo pensiero - anche il modo in cui questo pensiero possa essere condiviso da tutto il resto del genere umano.

[quote]Le risorse sono le stesse in un mondo in cui l'80 % delle stesse sono in mani ad un 20%. Immaginare forme di riequilibrio mi sembra il minimo. Se le distribuisci meglio tutti stanno meglio.[/quote]
Le risorse non sono le stesse... (vedi sotto).

[quote][quote]
Ma perchè vuoi a tutti i costi anestetizzare la vita? La sofferenza rende la vita più forte, è anche attraverso la sofferenza che la vita progredisce. [/quote]

Scusa ma che mi importa? Mi devo tagliare le mani perché così mi rafforzo? Mi devo spaccare le ginocchia così il mio spirito si indurisce?
Io perseguo un'ideale di vita felice e il più possibile senza dolore: poi se il dolore capita, avviene, come capita e avviene, certo non sto lì ad aprirgli le braccia.[/quote]
Il dolore è necessario, è vitale, è ciò che ha consentito il raggiungimento dei più alti traguardi. Quando fai sport, non provi forse dolore? Quando fai una bella camminata, non senti dolore alle gambe? Senza dolore non c'è nessun miglioramento. C'è solo il torpore. Perchè mai vorresti un'umanità intorpidita, anestetizzata?

[quote]La mia speranza parte da condizioni minime: bere e mangiare, avere una vita decente, dividere meglio le risorse, avere un rapporto equilibrato con la natura, contrattare le decisioni comuni, non avere società divise in comandanti e comandati.[/quote]
Condizioni che, al momento, per me sono inconciliabili e costringono a delle scelte...

[quote]Poi torna l'argomento "quali azioni fai tu". L'argomento retorico per eccellenza. Quello per cui "fare" qualcosa significa solo mettersi il camice bianco ed entrare nell'immaginario collettivo del medico buono della fiction.[/quote]
Lo so che è un argomento scomodo, ma sei stato tu a rimproverarmi di "stare con le mani in mano", di essere passivo. E io ti faccio notare che tu stai con le mani sulla tastiera come me. Tutto qui.

[quote]Ma mettiamo anche che non "facessi", sarebbe sbagliato porre il problema e indicare delle vie di soluzione?[/quote]
A me sembrano soluzioni puramente teoriche, mentre tu stai parlando di problemi pratici.

[quote]L'entropia di cui parli tu è la constatazione che del 100 di risorse è normale che l'80 vada al 20. Io parlo di riequilibrio in presenza delle stesse risorse. [/quote]
Le risorse non sono le stesse, è l'energia ad essere la stessa. Per fare un esempio: il grano può essere tanto secondo quanto ne viene coltivato. Per coltivare il grano ci vuole energia. Tanto più grano coltivi, di tanta più energia hai bisogno. Potresti costuire dei trattori ad energia solare. Ma tanti più pannelli solari produci, tanta più energia hai bisogno. Tanta più energia produci, tanta più ne consumi. E tanto più riscaldi l'ambiente. Tanto più riscaldi l'ambiente, tanto più metti a rischio la vita. Eccetera... 

[quote]Rifiutando, come detto sopra, la solita retorica del "E' tutta qui...".
Sono esempi tra i mila che si possono fare, ma sono esempi che nella tua costruzione ideale non hanno comunque valore dato il fatto che il dolore, la sofferenza, la guerra, la morte sono parte della vita e anzi ci rafforzano. [/quote]
Hanno un valore, allo stesso modo come hanno un valore gli aspetti negativi.

[quote]Anche gli altri umani sono parte del tutto, il tuo modo di pensare mi pare aumenti ancora di più la già considerevole distanza tra uomo e uomo.[/quote]
Certo che gli umani sono parte del tutto, ed è proprio per questo che restano all'interno del "tutto" qualunque cosa accada...

[quote]Come spingi il maggior numero di persone ad atteggiamenti di vita più virtuosi se per te non esistono in sè atteggiamenti di vita più virtuosi, se il destino e la vita sono comunque immodificabili, se diffondere qualsiasi progetto sociale di futuro corrisponde immediatamente a "fare violenza" sul prossimo?[/quote]
L'unico modo è la diffusione di idee, e la diffusione di idee non-violente. Ovvero, idee che insegnino a dire "sì" piuttosto che a dire "no".

[quote]Come fai ad attuare la rivoluzione delle idee di cui parli se poi pensi che appena due persone "condividono" un'idea è subentrata una qualche forma di violenza della prima sulla seconda? [/quote]
Quando diffondi un'idea che esprime un messaggio positivo, allora quella positività si può diffondere anche senza far violenza. Sono le idee che dicono "no" ad aver bisogno di fare violenza per imporsi. Persino l'idea "non uccidere" è stata imposta con la violenza.

[quote]E l'uomo è parte di questa natura. Altrimenti salviamo le foglie di acero e lasciamo morire milioni di persone.[/quote]
Vedo che stai rivedendo un pò le tue posizioni rispetto all'inizio. Adesso ammetti che "l'uomo è parte della natura", bene. Non so se possono farsi entrambe le cose, di sicuro non con i mezzi attuali. Se devo fare una scelta, io credo che il rapporto tra uomo e natura sia più importante rispetto a quello tra uomo e uomo, quindi la mia priorità è quella.

[quote]E per questo non posso fare altro che stimarti ma lo fai perché, a livello teorico, pensi di "poterlo" fare e cha la tua "azione sul mondo" possa avere un senso. Cose che hai ampiamente negato durante i tuoi interventi.[/quote]
Non l'ho affatto negato, sei tu che hai preferito attriburmi concetti da cui sono lontano. Per me ogni cosa ha un senso per il fatto di accadere, quindi anche ciò che posso fare io ha un senso. E' da tre pagine che scrivo per me il fatalismo è proprio la liberazione dell'azione da ogni sovrastruttura. Il fatalismo è proprio il ritorno alla natura. 

[quote]Non è una legge, è una considerazione razionale, un principio di misura, una spinta simpatetica che credo possa essere altrettanto naturale nell'uomo quanto quella egoistica.[/quote]
Se fosse naturale, lo sarebbe già. Non si può pretendere di insegnare alla natura il suo mestiere...

[quote]Non c'è alcuna legge da imporre perché non esiste proprio legge. Non esistono polizie, non esiste stato, non esiste "potere" istituzionalizzato. [/quote]
Dato che queste cose invece esistono in tutto il mondo, come pensi di eliminarle?

[quote][quote]No, è questo il punto: non bisogna pensare che dobbiamo essere tutti uguali. Siamo tutti diversi, ed è giusto così. Io sono una persona del tutto non-violenta, e pertanto non voglio far alcuna violenza nemmeno alla violenza altri.[/quote]
Quindi ti lasci ammazzare se uno ti prende a roncolate?[/quote]
No, ma non è mai successo. Forse perchè non ne creo le condizioni. Se invece andassi ad una manifestazione contro la guerra, e cominciassi a sbraitare slogan bavosi e velenosi, allora penserei che me la sono davvero cercata... 

[quote][retorica mode on]Tu ti ritieni un noin-violento ma fai già, ogni singolo istante, violenza implicita, al tutto avendo un tenore di vita enormemente superiore alle tue necessità: vestiti di sacco e vai nella grotta a seguire il buddismo. Perché cosa fai per impedire di violentare la natura? Non usi l'ipod, non ricarichi il cellulare, non scrivi al computer sul forum di ondarock, non scaldi la pizza col microonde, non usi il caucciù per fare l'amore, non ... [retorica mode off][/quote]
Faccio tutto ciò, perchè non ne posso fare a meno. L'alternativa sarebbe quella di fare violenza a me stesso. Nella mia ottica, sono consapevole che quel tipo di violenza al giorno d'oggi è ancora necessaria, e le accetto come parte di quella stessa necessità che mi fa avere anche una speranza migliore. Non mi propongo di cambiare il mondo, ma soltanto di favorire le condizioni di un pensiero in cui il mondo sia visto diversamente dal mondo stesso. 

[quote]A parte la retorica che rifiuto per la sesta volta.
Ti espongo la mia idea per la quale la guerra non è consustanziale alla realtà, non rafforza lo spirito umano, non è una cosa "normale e naturale" e sarebbe un grande progresso per l'umanità se non la facessimo e se non avessimo gente intelligente che filosoficamente giustifica questa posizione, fascinando altre persone a pensare che nel destino divino della natura ci sia anche la guerra, il sacrificio ineluttabile di qualche milione di persone, una felicità solo "personale" ed "emozionale" e una non-violenza che accetta la violenza del sopruso del forte sul debole e del ricco sul povero.[/quote]
Per me, dal punto di vista teorico la guerra non ha niente di "sbagliato". Altrimenti, ne dovremmo concludere che finora la storia è stata un grande errore? E invece no: noi siamo anche figli di guerre, e l'evoluzione dell'uomo è passata anche attraverso ciò. Più si pensa di poter eliminare la guerra, e più si creano le condizioni per l'esplosione di guerre rovinose come quelle del Novecento. Piuttosto, il problema è che oggi l'uomo ha snaturato anche la guerra. Sarebbe meglio che non la facessimo più, per non distruggere il pianeta. Ma è necessario trovare dei surrogati.

[quote][quote]
Puoi fare altrettante cose per il pianeta... Abbiamo priorità diverse, e non si capisce perchè salvare una vita umana sia più urgente o più importante di salvare un albero. Salvando un singolo albero potresti salvare cento vite: chissà?  [/quote]

Non si capisce perché non possa fare entrambe le cose.[/quote]
Io credo che le strade per l'una e l'altra cosa siano diverse e, possibilmente, opposte. Difficile salvare capra e cavolo. 

[quote] Esattamente, io nel mio piccolissimo qualche risultato lo vedo, spero che la stessa cosa capiti anche a te mentre persegui il tuo "modo" (e lo dico senza alcuna ironia, credimi).[/quote]
Mi faresti qualche esempio dei risultati? (lo chiedo senza polemica).


BillyBudapest

[quote]non è la violenza ad essere un'esigenza esistenziale per sè. non esiste un tale istinto, come fa ben notare erich fromm in "antomia della distruttività umana".[/quote]
Io ti consiglio di leggere ??Un terribile amore per la guerra? di James Hillman... troverai una tesi un pò diversa. 

[quote]se si verificherà una rivoluzione popolare di massa, una rivoluzione in cui è l'ultimo gradino della società a prendere il potere per cambiare le regole del gioco - ovvero per socializzare il processo produttivo e i suoi frutti - proprio come i borghesi hanno cambiato le regole del gioco dopo la rivoluzione francese a proprio favore - allora saranno poste le basi per una possibile convivenza maggiormente pacifica tra i popoli - processo che comunque richiederà molto tempo per stabilizzarsi, una volta avvenuto lo strappo iniziale. giacchè le radici di questi conflitti sono socio-economici, non istintuali - e così come i movimenti sono creati dalle circostanze socio-economiche (per prima una situazione di crisi concreta e materiale, un conflitto di interessi materiali) e non da meri processi intellettuali - essendo anche questi processi risultato di queste circostanze. una volta rimossi i motivi materiali di conflitto, la violenza potenzialmente diverrebbe sempre più un fenomeno di tipo individuale e personale, che di massa e sociale.[/quote]
Dici che la mia è un??affermazione "astratta"? e questo invece ti sembra uno scenario concreto? La mia affermazione non è astratta: è una constatazione sul fatto che tutti i movimenti che si proponevano di eliminare le ingiustizie, hanno finito per moltiplicarle.
  • 0

#127 Guest_runciter_*

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Inviato 13 ottobre 2009 - 10:09

Scusa eh, apprezzo quello che scrivi, va benissimo fare i filosofi ma l'argomento "non so a cosa porterà ogni mia azione" porta solo al "a sto punto non faccio niente e basta". L'argomento "non posso possedere l'infinita serie delle cause" diventa una sponda decadente alla stasi e al non avere alcun progetto politico.

Cioè cosa si guadagna a pensare così? Una disperazione infinita, un riconoscimento di impossibiltà di riconoscere qualsivoglia origine di problemi e di progettare qualsivoglia via di soluzione.

E di fatto se nessuno mi può dire che non ammazzare 10.000 oggi forse significa salvarne 100.000 domani è un ragionamento assurdo. Perché intanto io UCCIDO quei 10.000, con certezza. Mentre sto a pormi i problemi sugli eventuali futuri possibili...


se cominciassimo a ragionare così girerebbero molti meno miliardi di dollari però.

si riduce tutto a questo, anche se le persone con cui stai dialogando non se ne rendono conto.
  • 0

#128 Guest_runciter_*

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Inviato 13 ottobre 2009 - 10:13

Io ti consiglio di leggere ??Un terribile amore per la guerra? di James Hillman... troverai una tesi un pò diversa. 


parla anche di prestatori di danaro, armaioli, ricostruttori e petrolieri?

altrimenti è una sorta di raffinata truffa, dal punto di vista di una persona qualsiasi.

certo in un'ottica accademica o "intellettuale", allineata al sistema, può avere un suo valore.
  • 0

#129 Joey

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Inviato 13 ottobre 2009 - 10:17


Scusa eh, apprezzo quello che scrivi, va benissimo fare i filosofi ma l'argomento "non so a cosa porterà ogni mia azione" porta solo al "a sto punto non faccio niente e basta". L'argomento "non posso possedere l'infinita serie delle cause" diventa una sponda decadente alla stasi e al non avere alcun progetto politico.

Cioè cosa si guadagna a pensare così? Una disperazione infinita, un riconoscimento di impossibiltà di riconoscere qualsivoglia origine di problemi e di progettare qualsivoglia via di soluzione.

E di fatto se nessuno mi può dire che non ammazzare 10.000 oggi forse significa salvarne 100.000 domani è un ragionamento assurdo. Perché intanto io UCCIDO quei 10.000, con certezza. Mentre sto a pormi i problemi sugli eventuali futuri possibili...


se cominciassimo a ragionare così girerebbero molti meno miliardi di dollari però.

si riduce tutto a questo, anche se le persone con cui stai dialogando non se ne rendono conto.


A me sembra che siate voi a non rendervi conto di quanto siano astratti questi ragionamenti. L'unica certezza, è che la sorte di quei 10000 (e di tutti gli altri) non ha il minimo legame con il fatto che facciamo questi discorsi, come ha fatto notare Rez.


Io ti consiglio di leggere ??Un terribile amore per la guerra? di James Hillman... troverai una tesi un pò diversa. 


parla anche di prestatori di danaro, armaioli, ricostruttori e petrolieri?

altrimenti è una sorta di raffinata truffa, dal punto di vista di una persona qualsiasi.

certo in un'ottica accademica o "intellettuale", allineata al sistema, può avere un suo valore.


quei petrolieri e armaioli sono uomini come tutti gli altri, quindi i contenuti di quel libro sono applicabilissimi anche a loro. 
il fatto che per te quelle categorie rappresentino il "male", non elude la domanda "cosa è il male" o "perchè esiste il male".

per il resto, i tuoi discorsi mi sembrano monotematici, monocromi, monodirezionali.
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#130 BillyBudapest

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Inviato 13 ottobre 2009 - 10:42

se si verificherà una rivoluzione popolare di massa, una rivoluzione in cui è l'ultimo gradino della società a prendere il potere per cambiare le regole del gioco - ovvero per socializzare il processo produttivo e i suoi frutti - proprio come i borghesi hanno cambiato le regole del gioco dopo la rivoluzione francese a proprio favore - allora saranno poste le basi per una possibile convivenza maggiormente pacifica tra i popoli - processo che comunque richiederà molto tempo per stabilizzarsi, una volta avvenuto lo strappo iniziale. giacchè le radici di questi conflitti sono socio-economici, non istintuali - e così come i movimenti sono creati dalle circostanze socio-economiche (per prima una situazione di crisi concreta e materiale, un conflitto di interessi materiali) e non da meri processi intellettuali - essendo anche questi processi risultato di queste circostanze. una volta rimossi i motivi materiali di conflitto, la violenza potenzialmente diverrebbe sempre più un fenomeno di tipo individuale e personale, che di massa e sociale.

Dici che la mia è un??affermazione "astratta"? e questo invece ti sembra uno scenario concreto? La mia affermazione non è astratta: è una constatazione sul fatto che tutti i movimenti che si proponevano di eliminare le ingiustizie, hanno finito per moltiplicarle.


è uno scenario concreto in quanto le dinamiche socio-economiche stanno portando in quella direzione. cosa significa?
la chiave è nell'esempio della riv. francese (che è concreto anche storicamente): una lotta tra classi per raggiungere la libertà, che è di classe. appena sotto le classi privilegiate feudali c'era la borghesia,
quindi ancora una classe circoscritta, minoritaria.
appena sotto le classi privilegiate capitaliste, c'è il proletariato, il popolo, il lavoro dipendente: la massa. il cerchio è sempre più ampio: questa volta la lotta di classe vede come pretendente al potere la classe più vasta, quindi in grado di coordinare il potere a proprio favore, a favore di una collettività, e non di una minoranza.

non è concreto, è vero, nel senso che non essendosi verificato non si può portare come esempio: ma è fondamentale esaminare le dinamiche concrete che determinano gli accadimenti storici, e a quella mi riferivo, non solo le parole e le idee, che sono solo un riflesso di queste dinamiche, laddove non c'è una analisi materiale e rigorosa.
bisogna anche saper distinguere tra propaganda e reali intenti.
la parola "libertà" può essere usata in senso universale per irretire il popolo, in realtà perseguendo, per l'appunto, una libertà di classe in senso minoritario. in ogni caso, è il contesto materiale che determina la possibilità o la mancanza di essa, di una "libertà" in senso più universale -
per questo gli esempi del passato - non essendo state presenti queste condizioni - contano molto relativamente.

uscendo dagli esempi storici, ad ogni modo, che la violenza non possa fermare la violenza - avendo tu espresso questo concetto in termini generali e assoluti - è negato da esempi pratici circoscritti: un uomo impazzito scende per strada sparando alla folla, viene abbattuto. la violenza ha fermato la violenza.

per quanto riguarda la guerra in genere, non è certo il soldato che la vuole e che la desidera. anche qui si torna ad un discorso di classe.

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#131 Joey

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Inviato 13 ottobre 2009 - 10:52

è uno scenario concreto in quanto le dinamiche socio-economiche stanno portando in quella direzione. non è concreto, è vero, nel senso che non essendosi verificato non si può portare come esempio: ma è fondamentale esaminare le dinamiche concrete che determinano gli accadimenti storici, non solo le parole e le idee, che sono solo un riflesso di queste dinamiche, laddove non c'è una analisi materiale e rigorosa.

A me questa roba del "le dinamiche socio-economiche stanno portando in quella direzione", mi sembra il solito materialismo dialettico. Roba di cento anni fa. Mi piacerebbe capire quali cose ti portino a pensare che si stia andando in quella direzione...

uscendo dagli esempi storici, ad ogni modo, che la violenza non possa fermare la violenza - avendo tu espresso questo concetto in termini generali e assoluti - è negato da esempi pratici circoscritti: un uomo impazzito scende per strada sparando alla folla, viene abbattuto. la violenza ha fermato la violenza.

Io non ho mai detto che la violenza non possa "fermare" la violenza. Ho detto che la violenza non può eliminare la violenza senza produrre violenza.

per quanto riguarda la guerra in genere, non è certo il soldato che la vuole e che la desidera.

E perchè no? Non si può generalizzare, ma può accadere benissimo, e in passato accadeva spesso.
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#132 BillyBudapest

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Inviato 13 ottobre 2009 - 11:07

joey, non mi ero accorto che avevi risposto: nel frattempo ho cambiato varie cose del post - e ho chiarito meglio quello che intendevo. vedi tu se vuoi rileggerlo.

per quanto riguarda il "materialismo dialettico", la fisica classica è ancora più vecchia, ma è ancora attuale.
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#133 Joey

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Inviato 13 ottobre 2009 - 11:14

il cerchio è sempre più ampio: questa volta la lotta di classe vede come pretendente al potere la classe più vasta, quindi in grado di coordinare il potere a proprio favore, a favore di una collettività, e non di una minoranza.

Davvero non ti seguo, anche con le migliori intenzioni... di quale "classe più vasta" stiamo parlando? E sopratutto di quale lotta di classe?

la fisica classica è ancora più vecchia, ma è ancora attuale.

La fisica classica è ancora attuale a certe condizioni... e in ogni caso Marx ed Engels erano filosofi, non scienziati.

Mica se un filosofo dice "finora i filosofi hanno interpretrato il mondo, ora si tratta di cambiarlo", allora solo per questo smette di essere un filosofo... oggi invece, secondo me, si tratta di cambiare l'uomo, più che il mondo.
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#134 Guest_runciter_*

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Inviato 13 ottobre 2009 - 11:31

A me sembra che siate voi a non rendervi conto di quanto siano astratti questi ragionamenti. L'unica certezza, è che la sorte di quei 10000 (e di tutti gli altri) non ha il minimo legame con il fatto che facciamo questi discorsi, come ha fatto notare Rez.


visto che non fai ragionamenti astratti, chi sono questi 10000 di cui parli?

quei petrolieri e armaioli sono uomini come tutti gli altri, quindi i contenuti di quel libro sono applicabilissimi anche a loro. 
il fatto che per te quelle categorie rappresentino il "male", non elude la domanda "cosa è il male" o "perchè esiste il male".

per il resto, i tuoi discorsi mi sembrano monotematici, monocromi, monodirezionali.


non tutti sono capaci di lucrare sulle sofferenze altrui, alcuni esseri umani hanno questa virtù.

i prestatori di danaro poi sono una categoria a parte: possono creare dal nulla, come piccoli elohim.

la realtà purtroppo è monodirezionale e monotematica, il reparto "arte e letteratura" è al piano di sopra.
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#135 BillyBudapest

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Inviato 13 ottobre 2009 - 11:55

il cerchio è sempre più ampio: questa volta la lotta di classe vede come pretendente al potere la classe più vasta, quindi in grado di coordinare il potere a proprio favore, a favore di una collettività, e non di una minoranza.

Davvero non ti seguo, anche con le migliori intenzioni... di quale "classe più vasta" stiamo parlando? E sopratutto di quale lotta di classe?


della classe di lavoro dipendente, operai, licenziati, e disperati sempre più vasta a livello mondiale.

la lotta di classe che inevitabilmente scoppierà a livello evidente con l'inasprimento progressivo delle condizioni di vita che si sta già verificando.
vedi anche la crisi attuale, che fa parte di questo processo. o pensi che la gente si ostinerà a subire a "tempo indeterminato"?
tutto ciò va dalle condizioni di lavoro (stipendio, sicurezza) alla mancanza di esso, dal decadimento dei servizi sociali alla privatizzazione dell'acqua.

lotta di classe, comunque, di cui - anche se non se ne parla - ha già i suoi sintomi in altri paesi, nel senso non in quelli che si credono "comunità internazionale", a causa di delocalizzazione e altro. ma qualcosa anche "qui",
vedi i "rapimenti" di dirigenti in francia. anche in italia c'è qualcosa: il fatto che i telegiornali non ne parlino non significa non ce ne siano - il tutto, chiaramente, e per il momento, a livello estremamente circoscritto.


la fisica classica è ancora più vecchia, ma è ancora attuale.

La fisica classica è ancora attuale a certe condizioni... e in ogni caso Marx ed Engels erano filosofi, non scienziati.

Mica se un filosofo dice "finora i filosofi hanno interpretrato il mondo, ora si tratta di cambiarlo", allora solo per questo smette di essere un filosofo... oggi invece, secondo me, si tratta di cambiare l'uomo, più che il mondo.


marx ha esaminato i processi economici in maniera scientifica.

così come la storia in maniera materialistica: che è il metodo che è stato universalmente adottato, nella scienza storiografica. all'epoca vigeva soprattutto una modalità idealistica, ovvero si esaminavano più le idee ("quello che un epoca pensava di sè stessa") che i fatti.

i suoi studi storici ed economici sono intrecciati, e sono le fondamenta obiettive del materialismo dialettico. (la derivazione hegeliana è stata corretta mediante l'osservazione della realtà storica e materiale, non speculativamente).

tutto ciò esula dalla filosofia, nel senso di mera speculazione.

in definitiva, marx ha più a che fare con la scienza che con la filosofia - cosa che non ha evidentemente attinenza con la citazione riportata.
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#136 BillyBudapest

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Inviato 13 ottobre 2009 - 12:07

uscendo dagli esempi storici, ad ogni modo, che la violenza non possa fermare la violenza - avendo tu espresso questo concetto in termini generali e assoluti - è negato da esempi pratici circoscritti: un uomo impazzito scende per strada sparando alla folla, viene abbattuto. la violenza ha fermato la violenza.

Io non ho mai detto che la violenza non possa "fermare" la violenza. Ho detto che la violenza non può eliminare la violenza senza produrre violenza.


in questo esempio, la violenza sulla violenza, quale ulteriore violenza ha prodotto?

per quanto riguarda la guerra in genere, non è certo il soldato che la vuole e che la desidera.

E perchè no? Non si può generalizzare, ma può accadere benissimo, e in passato accadeva spesso.


certo. ma, difatti, è l'atteggiamento generalizzabile quello che interessa.

all'epoca fascista per mandare le masse in guerra - oltre alla propaganda nazionalista - c'era la deterrenza della fucilazione.
attualmente - oltre alla propaganda umanitaria-controterrorista - c'è una paga sostanziosa.


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#137 Blueprint

    Roadie

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Inviato 13 ottobre 2009 - 12:13

Uffa... molto prematuro...

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Ondarock forever


#138 Joey

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Inviato 13 ottobre 2009 - 12:49


A me sembra che siate voi a non rendervi conto di quanto siano astratti questi ragionamenti. L'unica certezza, è che la sorte di quei 10000 (e di tutti gli altri) non ha il minimo legame con il fatto che facciamo questi discorsi, come ha fatto notare Rez.

visto che non fai ragionamenti astratti, chi sono questi 10000 di cui parli?

non lo so, chiedi a joseph k...

la realtà purtroppo è monodirezionale e monotematica, il reparto "arte e letteratura" è al piano di sopra.

sempre meglio del reparto "fantapolitica".

********

della classe di lavoro dipendente, operai, licenziati, e disperati sempre più vasta a livello mondiale.

E questa sarebbe una "classe" in senso marxista? A me sembra soltanto un "volgo disperso che nome non ha"...

la lotta di classe che inevitabilmente scoppierà a livello evidente con l'inasprimento progressivo delle condizioni di vita che si sta già verificando.
vedi anche la crisi attuale, che fa parte di questo processo. o pensi che la gente si ostinerà a subire a "tempo indeterminato"?

Ma di quale "gente" stiamo parlando? Il concetto di subire è relativo. C'è chi subisce senza saperlo, c'è chi subisce meno di altri, c'è chi crede di subire e invece è fortunato, c'è chi subisce e reagisce, c'è chi subisce e non reagisce... insomma, mi sembra un discorso estremamente generico e nebbioso.

marx ha esaminato i processi economici in maniera scientifica.

Non si possono confondere le scienze umane (antropologia, filosofia, filologia, etc.) con le scienze vere e propie. Non soltanto la prospettiva di Marx non era scientifica, ma la sua infondatezza è stata dimostata empiricamente. Marx aveva previsto un'imminente rivoluzione nell'occidente, cosa che non è MAI avvenuta. Questo è l'unico dato di fatto incontrovertibile. Aggiungo che persino le teorie scientifiche sono figlie della loro epoca, e mai assolute e universali. Per dire, alcune idee di Newton cominciano a fare acqua...

così come la storia in maniera materialistica: che è il metodo che è stato universalmente adottato, nella scienza storiografica. all'epoca vigeva soprattutto una modalità idealistica, ovvero si esaminavano più le idee ("quello che un epoca pensava di sè stessa") che i fatti.

Sono nati anche nuovi approcci, per esempio la storia delle idee, di cui Marx è un capitolo come altri... in ogni caso, la storia è sempre costruita su premesse "filosofiche".

i suoi studi storici ed economici sono intrecciati, e sono le fondamenta obiettive del materialismo dialettico. (la derivazione hegeliana è stata corretta mediante l'osservazione della realtà storica e materiale, non speculativamente).

Corretta sì, ma sempre attraverso idee filosofiche. Del resto, se io o tu osserviamo la realtà, le nostre conclusioni sarebbero opposte perchè partiamo da idee diverse: non esiste un'osservazione neutra e distaccata, tanto più che Marx non si limitò affatto ad osservare (come farebbe uno scienziato), ma si proponeva di condizionare il suo stesso oggetto di analisi. Siamo quindi fuori dalla logica della scienza.

in questo esempio, la violenza sulla violenza, quale ulteriore violenza ha prodotto?

Chi può saperlo? I parenti di quell'uomo cercheranno "giustizia" (vendetta), e magari qualcuno di loro si trasformerà anch'egli in un criminale.

certo. ma, difatti, è l'atteggiamento generalizzabile quello che interessa.

all'epoca fascista per mandare le masse in guerra - oltre alla propaganda nazionalista - c'era la deterrenza della fucilazione.

Non vedo perchè tentare di generalizzare qualcosa che non può esserlo. Se proprio bisogna generalizzare, allora semmai si dovrebbe dire che l'istinto alla guerra è naturale per l'uomo così come per l'animale. Tu consideri soltanto gli aspetti che ti conviene vedere per avvalorare le tue teorie...
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#139 joseph K.

    Tout est pardonné

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Inviato 13 ottobre 2009 - 13:38

[quote author=Joey link=topic=11128.msg591670#msg591670 date=1255425826]
[quote author=joseph K. link=topic=11128.msg591467#msg591467 date=1255380435]
Sì ma tu non hai un'idea. Tu hai semplicemente una percezione di una realtà, tu "vedi" e non progetti. La realtà che vedi è questa e la ritieni fatalmente immodificabile. Bene è una tua idea, non sarà mai la mia.[/quote]
Chi lo dice che io non abbia un "progetto"? Di contro, tu che progetti hai per non lasciare che le tue idee restino puramente tali? [/quote]

La mia idea è già un progetto di azione ed è già una pratica di vita rispetto al mio prossimo: non lo soverchiare, cerca di non sottrargli risorse e di riequlibrare lo spreco di risorse che ora pende verso di te. Quello che Kant diceva: tratta l'uomo come un fine e non come un mezzo.

[quote]
"Il porgi l'altra guancia" non è affatto un piegarsi passivo, una sorta di auto-flagellazione, bensì una dimostrazione attiva di come si possa essere superiori alle avversità, al male, anzi trarne giovamento: quello che non mi uccide, mi rafforza, per l'appunto. Forse non è chiara una cosa: la violenza, per me, nasce sopratutto dagli istinti di vendetta. La maggior parte della violenza è commessa da chi si vuole vendicare dei torti subiti, della violenza altrui. E quindi finisce per generare altri torti, altra violenza, altre vendette. Se invece si eliminasse l'istinto di vendetta, e si reagisse al male in modo "positivo", non sarebbe già eliminata gran parte del male e della violenza? [/quote]

Per me il porgi l'altra guancia è semplicemente uguale a "gli ultimi restini gli ultimi e i primi restino i primi".
La tua non violenza accetta la guerra e diventa una bella prospettiva di felicità interiore. Intanto la gente crepa.

[quote]
E chi ha parlato di aldilà? La liberazione degli istinti di vendetta è un modo per vivere bene nell'aldiquà. Per me sei tu che parli di un "aldilà" rispetto alla realtà... [/quote]
Mi riferivo ovviamente al pensiero di Gesù che tu presentavi come uno dei saggi pacifisti da seguire.
Gesù predica la libertà e la felicità nell'aldià io voglio la felicità qui e ora.

[quote]
D'accordo, ognuno crede nelle favole che preferisce. Chissà perchè, senti il bisogno di dire che io "non trovo alcuna ricetta", ma va bene. In fondo, preferisco altri generi letterari, come le poesie... [/quote]

Credere che il destino è immodificabile, rifiutare il libero arbitrio corrisponde in automatico a non poter avere progettualità. Tu mi risponderai come mi rispondi da pagine che fai senza pensare di poter fare, vabbè sono sofismi.

[quote]
Questa è la mera sopravvivenza. Vivere non significa soltanto sopravvivere, accidenti. [/quote]

Questo è la base: mangia e apprezzerai di più le canzoni di Nick Cave o il cielo stelato.

[quote]
A me sembra che gran parte delle persone si nasconda invece dietro un pensiero come il tuo... spesso, fa stare più tranquilli. [/quote]

Io non sto per niente tranquillo, cerco sempre di adeguarmi al massimo all'ideale che perseguo.

[quote]
Per riconoscere un problema, ancor prima che fornire soluzioni, bisognerebbe capirne: 1) l'origine; 2) le motivazioni. Altrimenti di cosa parliamo? [/quote]

L'origine è la prima volta che un uomo ha detto "questo è mio". Le motivazioni sono legate al soffocamento dell'istinto simpatetico verso l'idolatria del lusso, del potere, del denaro, dell'ultrabenessere ad ogni costo.
Parliamo di riequilibrare il sistema.

[quote]
D'accordo, ma dovresti valutare - come parte del tuo pensiero - anche il modo in cui questo pensiero possa essere condiviso da tutto il resto del genere umano. [/quote]

Ma che domande mi poni se per te "condividere" un pensiero significa di fatto che uno fa violenza ad un altro?
Diffondere e difendere la mia idea, modificarla in relazione ai difetti che nel corso del tempo si trovano, parlarne è già un modo di "con-dividere".

[quote]
Le risorse non sono le stesse... (vedi sotto).[/quote]
Anche l'energia è una risorsa.

[quote]
Il dolore è necessario, è vitale, è ciò che ha consentito il raggiungimento dei più alti traguardi. Quando fai sport, non provi forse dolore? Quando fai una bella camminata, non senti dolore alle gambe? Senza dolore non c'è nessun miglioramento. C'è solo il torpore. Perchè mai vorresti un'umanità intorpidita, anestetizzata? [/quote]

Il dolore esiste e voglio agire nella maniera di minimizzarlo al più possibile, soprattutto nelle condizioni materiali di base.

[quote]
Condizioni che, al momento, per me sono inconciliabili e costringono a delle scelte... [/quote]

Scelte che possono essere visto che si gira sempre intorno al problema del numero: avere delle politiche condivise sul controllo delle nascite, politiche basate sulla consapevolezza, e non usare la guerra maltusianamente come un moderatore demografico.

[quote]
Lo so che è un argomento scomodo, ma sei stato tu a rimproverarmi di "stare con le mani in mano", di essere passivo. E io ti faccio notare che tu stai con le mani sulla tastiera come me. Tutto qui. [/quote]

Non è affatto scomodo, è facilmente retorico e non ti ho mai rimproverato di stare con le mani in mano. Ti ho detto che la tua prospettiva ideale di realtà naturale e fatale ineludibile e immodificabile mi pare una disperata assenza di possibilità di
azione sulla realtà e un accettazione del destione e del reale tout court, comprese le sue devastazioni.
Ma ne stiamo parlando da pagine...

E poi. Io sulla tastiera faccio anche diffusione di idee. Cosa altamente pratica e utile.

[quote]
A me sembrano soluzioni puramente teoriche, mentre tu stai parlando di problemi pratici. [/quote]

Non c'è alcuna delle soluzioni che ho prospettato che sia solo teorica: il fondo dell'anarchia ad esempio è condivisione delle risorse, contrattazione delle scelte. Sono due principi pratici che comportano altri principi pratici come l'abolizione del concetto giuridico di proprietà privata con la conseguente perdita della trasmissione delle fortune per "nascita", la libera e continuata contrattazione delle decisioni che comporta l'assenza di poteri istituzionalizzati e gerarchie...
Ma detto così ha poco senso.

[quote]
Le risorse non sono le stesse, è l'energia ad essere la stessa. Per fare un esempio: il grano può essere tanto secondo quanto ne viene coltivato. Per coltivare il grano ci vuole energia. Tanto più grano coltivi, di tanta più energia hai bisogno. Potresti costuire dei trattori ad energia solare. Ma tanti più pannelli solari produci, tanta più energia hai bisogno. Tanta più energia produci, tanta più ne consumi. E tanto più riscaldi l'ambiente. Tanto più riscaldi l'ambiente, tanto più metti a rischio la vita. Eccetera...  [/quote]

Puoi vedere anche l'energia come una risorsa. Se l'energia è 100 la si riequilibri nella sua fruizione rispetto alla scandalosa sperequazione attuale.
E la si riequilibri avviando un processo di razionalizzazione e di uso equilibrato delle risorse stesse nel rispetto della natura.

[quote]
Hanno un valore, allo stesso modo come hanno un valore gli aspetti negativi.[/quote]

Esistono ma vorrei diminuirne gli effetti o renderne più partecipati e suddivisi gli effetti (e quindi perequati su scala globale e quindi meno devastanti per quei molti che ora ne subiscono tutto l'effetto).

[quote][quote]Come spingi il maggior numero di persone ad atteggiamenti di vita più virtuosi se per te non esistono in sè atteggiamenti di vita più virtuosi, se il destino e la vita sono comunque immodificabili, se diffondere qualsiasi progetto sociale di futuro corrisponde immediatamente a "fare violenza" sul prossimo?[/quote]
L'unico modo è la diffusione di idee, e la diffusione di idee non-violente. Ovvero, idee che insegnino a dire "sì" piuttosto che a dire "no". [/quote]

Ma per te già diffondere, propagandare un'dea è fare violenza all'altro. Avere un progetto potenzialmente globale è fare violenza all'altro perché altrimenti tale progetto non potrebbe "imporsi" E poi mi dici che l'unico modo è diffondere le idee e le idee non-violente tra le quali c'è l'accettazione della guerra.
Mi pare che ce la suoniamo e ce la cantiamo.

[quote]
Quando diffondi un'idea che esprime un messaggio positivo, allora quella positività si può diffondere anche senza far violenza. Sono le idee che dicono "no" ad aver bisogno di fare violenza per imporsi. Persino l'idea "non uccidere" è stata imposta con la violenza. [/quote]

Mentre l'idea "uccidi" è positiva, "dice sì", si diffonde senza violenza? Continuiamo a suonarcela e cantarcela.

L'idea: condividi le risorse, contratta le scelte coinvolge tutti nella gestione delle decisioni. A me pare dica "sì" alla vita.

[quote]
Vedo che stai rivedendo un pò le tue posizioni rispetto all'inizio. Adesso ammetti che "l'uomo è parte della natura", bene. Non so se possono farsi entrambe le cose, di sicuro non con i mezzi attuali. Se devo fare una scelta, io credo che il rapporto tra uomo e natura sia più importante rispetto a quello tra uomo e uomo, quindi la mia priorità è quella. [/quote]

Ma è una cosa che penso da sempre, è una cosa elementare che l'uomo sia parte della natura e che quello che fa ha effetti sul tutto.
Certo i sistemi attuali di organizzazione e gestione delle risorse sono devastanti per l'uomo e per la natura. Le priorità sono entrambe, anche perché in molti casi i due problemi sono interconnessi.

[quote]
Non l'ho affatto negato, sei tu che hai preferito attriburmi concetti da cui sono lontano. Per me ogni cosa ha un senso per il fatto di accadere, quindi anche ciò che posso fare io ha un senso. E' da tre pagine che scrivo per me il fatalismo è proprio la liberazione dell'azione da ogni sovrastruttura. Il fatalismo è proprio il ritorno alla natura.  [/quote]

Tu: accade così e non potrebbe altro che accadere così e il senso dell'accadere è nello stesso accadere. Non c'è libero arbitrio. Fare qualcosa è sempre fare violenza o alla natura o all'altro uomo. Ritornare alla natura come accettazione della naturale opposizione di pace-guerra, sofferenza-piacere. Salvaguardare l'entropia interiore.

Io invece sostengo la possibilità del poter fare e sostengo che senza il poter fare non si può fare. E sostengo che per quanto reale sia la sofferenza si debba lottare per diminuirne la portata e gli effetti. E che tale lotta può avere successo. E che tale lotta può (e deve) anche passare per una diminuzione della nostra abbondanza e del nostro superfluo (o almeno iniziare da lì) e che tale diminuzione può (e deve) essere anche fatta a scapito del nostro "equilibrio" interiore dopato da decenni di esistenza vissuta al di sopra delle possibilità del globo e dell'umanità.


[quote][quote]Non è una legge, è una considerazione razionale, un principio di misura, una spinta simpatetica che credo possa essere altrettanto naturale nell'uomo quanto quella egoistica.[/quote]
Se fosse naturale, lo sarebbe già. Non si può pretendere di insegnare alla natura il suo mestiere... [/quote]

Ma infatti per me è naturale quanto l'egoismo. Lo dico dall'inizio.

[quote]
Dato che queste cose invece esistono in tutto il mondo, come pensi di eliminarle? [/quote]

Esistono non perché "esistono" per fato/casualità/natura; esistono perché sono state create, anzi, per meglio dire, imposte da una minoranza su una maggioranza.
Penso (in accordo con il socialismo anarchico) che si possa sostituire alla legge fissa e immutabile la libera contrattazione delle decisioni.
Penso (in accordo con il socialismo anarchico) che si possa sostituire alla proprietà esclusiva delle risorse la condivisione partecipata alle stesse nella massima armonia possibile con la natura.

[quote]
No, ma non è mai successo. Forse perchè non ne creo le condizioni. Se invece andassi ad una manifestazione contro la guerra, e cominciassi a sbraitare slogan bavosi e velenosi, allora penserei che me la sono davvero cercata...  [/quote]

Già certo, perché le condizioni esistono a priori e nella realtà non le crei tu e non le cerchi tu. A priori uno nasce ricco/povero, con l'atomica o senza, potente o debole. Nessuno si "è cercato" di nascere in Togo o in Italia, di nascere in un paese dotato di atomoca o senza.
E per me questo non è affatto fatale/naturale, è anzi il problema su cui agire.

[quote][quote][retorica mode on]Tu ti ritieni un noin-violento ma fai già, ogni singolo istante, violenza implicita, al tutto avendo un tenore di vita enormemente superiore alle tue necessità: vestiti di sacco e vai nella grotta a seguire il buddismo. Perché cosa fai per impedire di violentare la natura? Non usi l'ipod, non ricarichi il cellulare, non scrivi al computer sul forum di ondarock, non scaldi la pizza col microonde, non usi il caucciù per fare l'amore, non ... [retorica mode off][/quote]
Faccio tutto ciò, perchè non ne posso fare a meno. L'alternativa sarebbe quella di fare violenza a me stesso. Nella mia ottica, sono consapevole che quel tipo di violenza al giorno d'oggi è ancora necessaria, e le accetto come parte di quella stessa necessità che mi fa avere anche una speranza migliore. Non mi propongo di cambiare il mondo, ma soltanto di favorire le condizioni di un pensiero in cui il mondo sia visto diversamente dal mondo stesso.  [/quote]

Puoi fare a meno di una parte rilevante del tuo spreco quotidiano per generare maggiori condizioni di benessere per gli altri (anche se queste condizioni fossero solo allo stato attuale potenziali) e per devastare di meno la natura.
Tu vuoi salvaguardare la natura ma poi non vuoi violentare te stesso e la tua entropia interiore per sprecare meno e continui a violentare la natura violentando la sua entropia che però vorresti difendere, perché ritieni necessario un tuo impulso al non violentare il te stesso che vuole ascoltare l'i-pod. Tu dici che l'azione deve essere volta all'entropia e poi sei parte (per quanto infinitesima) di quell'azione che stravolge l'entropia e dici che non puoi minimanete stravolgere tale azione che violenta l'entropia perché sarebbe una violenza alla tua entropia.

Vuoi la natura ma anche il tuo necessario benessere interiore che porta alla violenza sulla natura. Dici che è necessario non fare violenza a te per darti la gioia di una musica nell'ipod ma altrattanto necessariamente accetti una realtà di "natura" in cui la guerra di sterminio uccida le persone perché "non è provato" che fare diversamente salvi più persone e perché la guerra è parte di questa realtà e va accettata, anzi amata.
Continuo a credere che ce la stiamo cantando e suonando.

[quote]
Per me, dal punto di vista teorico la guerra non ha niente di "sbagliato". Altrimenti, ne dovremmo concludere che finora la storia è stata un grande errore? E invece no: noi siamo anche figli di guerre, e l'evoluzione dell'uomo è passata anche attraverso ciò. Più si pensa di poter eliminare la guerra, e più si creano le condizioni per l'esplosione di guerre rovinose come quelle del Novecento. Piuttosto, il problema è che oggi l'uomo ha snaturato anche la guerra. Sarebbe meglio che non la facessimo più, per non distruggere il pianeta. Ma è necessario trovare dei surrogati. [/quote]

Per me la guerra è assassinio ed è l'aberrazione del dominio violento del ricco sul povero e del potente sul debole.
La storia, fatta di guerra, è una storia di potenti e di soprusi ed è certamente sbagliata.
Noi siamo figli di guerra che forse possono ragionare ed agire meglio dei propri padri assassini.
Nessuno ha tentato veramente di eliminare la guerra nel Novecento, tanto è vero che non è mai esistito nel Novecento un periodo senza guerra.

[quote][quote][quote]
Puoi fare altrettante cose per il pianeta... Abbiamo priorità diverse, e non si capisce perchè salvare una vita umana sia più urgente o più importante di salvare un albero. Salvando un singolo albero potresti salvare cento vite: chissà?  [/quote]

Non si capisce perché non possa fare entrambe le cose.[/quote]
Io credo che le strade per l'una e l'altra cosa siano diverse e, possibilmente, opposte. Difficile salvare capra e cavolo.  [/quote]

Quindi stai sostenendo che si deve accettare che muioiano le persone e che le guerre ammazzino un gran numero di uomini oggi perché così si salva di più la natura dall'apporto negativo dell'uomo e così tra 50 anni gli uomini resta(n)ti vivranno meglio e così anche meglio la natura?
Per me questo pensiero è irricevibile, sarò sciocco/utopista ma è così. tanto più che ci lascia con la certezza del crimine dell'assassinato oggi per inseguire un futuro imponderabile per il quale comunque non si agisce in altra maniera.


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#140 BillyBudapest

    Enciclopedista

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Inviato 13 ottobre 2009 - 13:40

[quote author=Joey link=topic=11128.msg591823#msg591823 date=1255436680]

[quote author=BillyBudapest link=topic=11128.msg591765#msg591765 date=1255433431]
della classe di lavoro dipendente, operai, licenziati, e disperati sempre più vasta a livello mondiale.[/quote]
E questa sarebbe una "classe" in senso marxista? A me sembra soltanto un "volgo disperso che nome non ha"... [/quote]

direi che è un insieme che ospita varie classi e sottoclassi subordinate, che quindi si possono geenralizzare in una "classe oppressa" e quindi in una "classe rivoluzionaria".

in questo senso è marxista. la rivoluzione non la fanno solo gli operai in senso stretto, nemmeno secondo marx: tanto che anche, per esempio, un piccolo imprenditore che perde la sua azienda nel tracollo economico, può schierarsi con la rivoluzione, su spinta materiale.


[quote="joey"]
[quote]la lotta di classe che inevitabilmente scoppierà a livello evidente con l'inasprimento progressivo delle condizioni di vita che si sta già verificando.
vedi anche la crisi attuale, che fa parte di questo processo. o pensi che la gente si ostinerà a subire a "tempo indeterminato"?[/quote]
Ma di quale "gente" stiamo parlando? Il concetto di subire è relativo. C'è chi subisce senza saperlo, c'è chi subisce meno di altri, c'è chi crede di subire e invece è fortunato rispetto ad altri, c'è chi subisce e reagisce, c'è chi subisce e non reagisce... insomma, mi sembra un discorso estremamente generico e nebbioso. [/quote]

a me pare nebbioso il confondere le acque con le sottigliezze.
è chiaro che il discorso non è uguale per tutti, ovunque.

certamente ci sono dei distinguo, ma quel che conta è il discorso generale.

quel che penso sia chiaro e non confutabile, è che il rischio di rivolta è proporzionale a quello di peggioramento delle condizioni: è questo l'unico concetto che serve per capire quanto ho scritto.

se vogliamo essere più specifici, un'ipotesi - ironicamente - può essere quella statunitense: un paese in fase di tracollo, in cui la popolazione è abituata ad un dato tenore di vita e quindi maggiormente suscettibile di reazione a un cambiamento negativo drastico e improvviso: potrebbero scoppiare
delle rivolte. (tanto che, a cominciare dalla scorsa amministrazione, stanno già preparando delle contromisure al riguardo - dimostrazione che ne sono consapevoli anche loro).
il paese anticomunista per eccellenza che rischia di diventare l'avanguardia comunista. non si può dire non sia un'immagine divertente.
cosa farà orpheusamericangodsamerican?

[quote="joey"]
[quote]i suoi studi storici ed economici sono intrecciati, e sono le fondamenta obiettive del materialismo dialettico. (la derivazione hegeliana è stata corretta mediante l'osservazione della realtà storica e materiale, non speculativamente).[/quote]
Corretta sì, ma sempre attraverso idee filosofiche. Del resto, se io o tu osserviamo la realtà, le nostre conclusioni sarebbero opposte perchè partiamo da idee diverse: non esiste un'osservazione neutra e distaccata, tanto più che Marx non si limitò affatto ad osservare (come farebbe uno scienziato), ma si proponeva di condizionare il suo stesso oggetto di analisi. Siamo quindi fuori dalla logica della scienza. [/quote]

corretta attraverso l'osservazione dello svolgimento della realtà: i cambiamenti materiali portano a cambiamenti nella coscienza (in primis).
marx, del resto, non avrebbe potuto correggere hegel partendo dalle proprie idee filosofiche di partenza: era un hegeliano!

prendiamo il suo studio dell'economia: ciò è stato fatto osservando i processi economici, che sono fatti e dati. le leggi che se ne ricavano ne risultano vere o false, a seconda della loro successiva verifica (o falsificazione, se preferisci) con la realtà di fatti e dati - cosa che nel caso delle teorie economiche marxiste direi che ha risultato positivo.

questo metodo è scientifico, ed è quello che ha utilizzato marx: ed è anche alla base della sua analisi storica e della previsione dei possibili sviluppi storici.

quel che è NON è scientifico è generalizzare giudicando le teorie scientifiche di qualcuno in base alle sue azioni e credenze, e NON in base alle sue prove e argomentazioni.
le prime non sono prova di fallacia ed errore nelle seconde.


se qualcosa è criticabile e fallace, allora è dimostrabile - o comunque sostenibile - entrando nel merito.

difatti, questa ramificazione del discorso è nata dalla tua osservazione "a me pare materialismo dialettico di 100 anni fa".

la mia risposta "anche la fisica classica ecc." significava "le teorie vanno giudicate in base alle loro prove, argomentazioni e alla loro fondatezza" non in base alla loro età.



[quote author=BillyBudapest link=topic=11128.msg591774#msg591774 date=1255434125]
in questo esempio, la violenza sulla violenza, quale ulteriore violenza ha prodotto?[/quote]
Chi può saperlo? I parenti di quell'uomo cercheranno "giustizia" (vendetta), e magari qualcuno di loro si trasformerà anch'egli in un criminale. [/quote]

ottimo. diciamo che non accade. quindi, dov'è l'ulteriore violenza?

la tesi, se sostenuta in senso assoluto, cade.

[quote="joey"]
[quote]certo. ma, difatti, è l'atteggiamento generalizzabile quello che interessa.

all'epoca fascista per mandare le masse in guerra - oltre alla propaganda nazionalista - c'era la deterrenza della fucilazione.[/quote]
Non vedo perchè tentare di generalizzare qualcosa che non può esserlo. Se proprio bisogna generalizzare, allora semmai si dovrebbe dire che l'istinto alla guerra è naturale per l'uomo così come per l'animale. Tu consideri soltanto gli aspetti che ti conviene vedere per avvalorare le tue teorie...
[/quote]

non c'è motivo di generalizzare, più che altro, "l'istinto di guerra", se non la tua convinzione della sua esistenza.

fammi capire, credi davvero che la maggior parte delle persone, senza la motivazione della difesa personale o altro, senta l'impulso e l'istinto di andare in guerra, e se, avesse potuto, non ne avrebbe fatto a meno?

cosa pensi risulterebbe da un sondaggio tra i reduci della seconda guerra mondiale?

pensi, del resto, che ci sarebbe stato bisogno della deterrenza della fucilazione se gli italiani fossero stati perlopiù desiderosi di andare in guerra? la minaccia della fucilazione è un fatto, e una prova indiretta.
l'istinto di guerra è mera ipotesi psicologista: la guerra di per sè non è la prova di un istinto.

io so, per esempio, che mio nonno acquisito, reduce della campagna di russia, ne avrebbe fatto volentieri a meno - prima di andare, così come - a maggior ragione - dopo essere tornato.

gli stessi animali come ben sanno gli etologi NON hanno un "istinto alla guerra", ma hanno un istinto alla sopravvivenza, e uccidono per questo: per nutrirsi (e nemmeno tutti, considerando gli erbivori). la cosa è ben differente.

cade quindi la tesi per cui l'uomo, avendo di fondo una natura animale, abbia un istinto aprioristicamente aggressivo nel proprio dna.

non avendolo gli animali, non possono averlo ereditato gli uomini.







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#141 joseph K.

    Tout est pardonné

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Inviato 13 ottobre 2009 - 13:42

Lo metto dopo perché sopra non ci stava.

Mi faresti qualche esempio dei risultati? (lo chiedo senza polemica).


Ho usato 3 anni di stipendi precari per pagare un cappotto da mettere intorno alla casa e diminuire il mio consumo di gas da riscaldamento. La mia temperatura interna non supera mai i 18.5 gradi. Ho messo un camino, consumo tanta energia quanta la pianta ne ha data all'ambiente e il camini mi permette di accendere i termosifoni solo nei mesi più freddi, tendenzialmente dicembre-febbraio. Non cambio il mio mac dal 1999 ed è stato l'unico computer che abbia mai comprato. Ho un'auto che ha passato i 10 anni, la uso il giusto, vado tendenzialmente in treno al lavoro (il primo, a scuola) e sto a casa per gli altri lavori (da pc). Non compro cibi che non siano di provenienza locale (cioè locale locale o nazionale): vado dal produttore biologico a 5 km da casa mia e dal contadino a 3 km da casa mia che macella direttamente le sue mucche le quali vivono in condizioni naturali e mangiano erba. Mangio la carne non più di due volte la settimana, mangio pochissime uova (se sono nei dolci), ho una dieta basata sui cereali, i carboidrati, la verdura, la frutta. Se compro dei prodotti con imballaggi singoli o comunque eccessivi non li compro più di quella marca. Non uso sacchetti di plastica, cerco di minimizzare/eliminare l'usa e getta per quanto questa società pessimamente organizzata sullo spreco lo permetta (non uso lamette usa e getta, non uso spazzolini da denti usa e getta ecc.). Lavo i piatti con l'acqua nel tinello, lavo i denti con l'acqua nel bicchiere, stiro solo gli abiti che metto al lavoro. La mia raccolta differenziata è certosina tanto da separare carta dell'etichetta da prodotto e tanto che il rifiuto secco quasi non esiste. Raccolgo fondi per Emergency, partecipo alle campagne di Amnesty, quando posso e quando sono d'accordo spalleggio Ricca. Gestisco un sito dove diffondo idee che ritengo giuste, pagando di tasca mia tutto, compresi gli scazzi avvocateschi del caso. Butto le cose solo se sono veramente inutilizzabili, ho vestiti di 20 anni fa. Quando faccio l'insegnate con i cerebrolesi di 16 anni parlo apertamente di queste cose pur nella totale non ricettività degli stessi. Non inseguo la tecnologia: non ho i pod, i phone, touch screen, hd, aspirapolvere wireless, cazzi e mazzi. Uso solo quello che è di basiliare necessità per me e il mio lavoro (che in parte deve usare internet).
Disapprovo la violenza e la guerra e contribuisco a far sì che gli sparuti gruppi che nelle province bene del nordicchio nostrano osano fare queste cose abbiano la mia partecipazione, quand'anche solo economica. Do del Lei ai negri, cerco di trattare da miei pari qualuque persona, ho due bambini in adozione a distanza. Sono iscritto ad un gruppo di acquisto che compra direttamente dai produttori e quando non possibile da aziende con profilo equo solidale, ho le lampadine a basso consumo, ho i diffusori per l'acqua, non lavo mai l'auto. Se leggo qualcosa che mi indigna prendo carta e penna (leggasi mail) e rendo partecipe del mio dissenso e della mia indignazione chi di dovere, che sia il presidente Fir Dondi che vende i diritti del rugby alle tv a pagamento o una battaglia di Amnesy o un articolo di un giornale che mi fa ribrezzo. Quando faccio la mia passeggiata settimanale nei boschi mi porto lo zaino di ordinanza per infilarci dentro quello che il cervello bacato della gente abbandona (pure una protesi ho trovato una volta, ditemi voi l'idiozia della gente).

Sono minime cose e cose di base ma hanno, per quanto piccolo, un valore e ha valore farle. E il loro valore diventa globale nell'atto di farle piuttosto di non farle, di iniziare a farle io e di parlarne agli altri invitando a comportamenti più virtuosi. E i risultati sono nell'ottica di minimizzare lo spreco, diminuire i consumi, trattare gli altri come un fine e non un mezzo, come dicevo sopra.
Poi magari sono cose che fai anche tu partendo da ideali e presupposti diversi, meglio così. Poi magari sono cose che ritieni ridicole, poco importa, importa che abbiano un senso nella mia prospettiva di vita secondo giustizia.

E sono tentativi. Cose che non sempre hanno successo e che comportano fatica (magari anche minima), buona volontà e azione. E non c'è niente di eroico (per questo rifiuto e volevo rifuggire categoricamente la facile retorica del "e tu cosa fai", "allora avrebbe senso solo se andassi in Africa", è la banalissima normalità di agire a partire dal piccolo quotidiano..
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Ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell'oceano.


#142 Guest_runciter_*

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Inviato 13 ottobre 2009 - 14:44

non lo so, chiedi a joseph k...


parliamo di tutti quanti gli altri allora: tu dici che le loro sofferenze sono inevitabili?

sempre meglio del reparto "fantapolitica".


come saprai, ci sono persone che hanno consapevolmente mentito per dar via ai massacri.

ho letto che una di queste persone rischia di diventare il primo presidente dell'unione europea.
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#143 Joey

    Classic Rocker

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Inviato 13 ottobre 2009 - 15:38

Joseph, la discussione è interessante, ma è da un pò che non si aggiunge davvero niente di nuovo. ? inutile che ti rispondo punto per punto, perché le posizioni rispettive sono già state espresse a sufficienza nei singoli punti, e mi sembra che siano piuttosto nette. In particolare, mi sembrano inconciliabili in questo: per te l'obiettivo è estendere il benessere, garantire la "pancia piena" a tutti i singoli esseri umani; per me, è invece garantire il progresso dell'uomo e della vita nella sua interezza, che sia anche attraverso il sacrificio dei singoli. Per te bisogna eliminare il dolore e la morte, per me bisogna accettare la palestra della vita.

Aggiungo che tutti i fenomeni di cui parli, guerre, stermini, violenza, e sopratutto la violenza sulla natura, per me derivano sopratutto dagli uomini del "no": da coloro che non sanno accettare quello che hanno, che non sanno amare tutto quello che li circonda, dalle persone invidiose, rancorose, velenose, dalle persone assetate di quella vendetta che chiamano "giustizia" (divina o meno che sia). Per te il "libero arbitrio" è la vera libertà, per me invece è una prigione inventata dagli uomini del "no" per poterci giudicare, per separarci dai nostri istinti, dalla nostra natura più profonda. Il libero arbitrio ha fatto più morti di qualunque altra idea filosofica. Per te la storia è il prevalere del debole sul forte, invece per me è proprio il contrario: in genere sono i deboli, gli uomini del "no", a prevalere sui forti, gli uomini del "sì".

Opporsi alla guerra, al male, alla violenza, sia a livello filosofico che a livello pratico, significa fomentare la spirale del "no". Per te "porgere l'altra guancia" è un segno di debolezza e di fede nell'aldilà, per me invece è segno di forza e di fede nell'aldiquà, è un concetto uguale a di quello di ciò che non mi uccide mi rafforza.

Alle tue domande "quindi stai sostenendo che si deve accettare", la mia risposta sarà sempre "sì, anzi si deve amare". La mia posizione è chiara: io sono per il ??sì? incondizionato a tutto l'esistente, nel bene o nel male. Il fatto che per te tale posizione sia incomprensibile, assurda, non toglie che per me sia invece l??unica possibile per tornare in sintonia con la natura, per raggiunere la consapevolezza dell'eternità della vita, senza ricorrere a concetti metafisici e consolatori.

In definitiva, abbiamo una concezione diversa della vita, ovvero la guardiamo da angolazioni diverse. Come ho detto, il mondo è bello perché è vario, e io sono a favore del preservarsi di questa diversità anche sul piano delle idee. Rispetto il tuo punto di vista, e non posso che apprezzare le tante cose che fai, ma davvero non capisco perchè tentare di far prevalere un punto di vista sull'altro.

parliamo di tutti quanti gli altri allora: tu dici che le loro sofferenze sono inevitabili?

Non so quale singola sofferenza sia evitabile e quale no, e soprattutto non so come poterle evitare anche se volessi. Io posso evitare solo quelle di persone che rientrano nella mia limitata sfera relazionale. Di sicuro, so che la sofferenza in generale non è evitabile, anzi è una componente indispensabile della vita.
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#144 Guest_runciter_*

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Inviato 13 ottobre 2009 - 16:07

Non so quale singola sofferenza sia evitabile e quale no, e soprattutto non so come poterle evitare anche se volessi. Io posso evitare solo quelle di persone che rientrano nella mia limitata sfera relazionale. Di sicuro, so che la sofferenza in generale non è evitabile, anzi è una componente indispensabile della vita.


mi riferivo alle sofferenze causate dalla guerra innanzitutto, ma anche a quelle legate alla "distribuzione della ricchezza".

i cosiddetti paesi in via di sviluppo, per esempio, vengono allegramente depredati, e il bello è che lo si fa dicendo di aiutarli.

è tutto molto razionale e consapevole, non si tratta di effetti collaterali o errori di valutazione.
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#145 Guest_runciter_*

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Inviato 13 ottobre 2009 - 16:16

Opporsi alla guerra, al male, alla violenza, sia a livello filosofico che a livello pratico, significa fomentare la spirale del "no".


se ti opponi alimenti la spirale, se appoggi alimenti la spirale, se sei neutro accade comunque.

dici che non c'è scampo?

forse bisognerebbe semplicemente tentare di descrivere le cose per quel che sono.
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#146 Joey

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Inviato 13 ottobre 2009 - 17:12


Non so quale singola sofferenza sia evitabile e quale no, e soprattutto non so come poterle evitare anche se volessi. Io posso evitare solo quelle di persone che rientrano nella mia limitata sfera relazionale. Di sicuro, so che la sofferenza in generale non è evitabile, anzi è una componente indispensabile della vita.


mi riferivo alle sofferenze causate dalla guerra innanzitutto, ma anche a quelle legate alla "distribuzione della ricchezza".

i cosiddetti paesi in via di sviluppo, per esempio, vengono allegramente depredati, e il bello è che lo si fa dicendo di aiutarli.

Secondo me, la dovremmo smettere di sentirci sempre responsabili del male altrui e delle sofferenze altrui. E' sempre il solito cristianesimo, la solita compassione in cui il malato ha bisogno di pensare al male altrui per distrarsi della sua malattia. Perchè i paesi in via di sviluppo si trovano in quelle condizioni? Tu dirai, perchè li abbiamo sfruttati da secoli, e non hanno mai avuto nemmeno le risorse per procurarsi i mezzi per difendersi. D'accordo, ma perchè li abbiamo sfruttati da secoli? Siamo nati più forti? Più intelligenti? Più fortunati? Forse. Ma la fortuna gira, e può darsi che in futuro saranno più forti ed intelligenti loro. Uno di loro è diventato presidente degli USA.

se ti opponi alimenti la spirale, se appoggi alimenti la spirale, se sei neutro accade comunque.

Il punto non è di rifiutarla, di appoggiarla, o di restare neutri. Tutto questo non cambia la sostanza. Il punto è invece di cambiare il senso, la direzione, della spirale.  
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#147 juL fu Sig.M.

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Inviato 13 ottobre 2009 - 17:18

Uno di loro è diventato presidente degli USA.

Obama è un Africano?

O forse è coi negri che ce l'hai e parli di razza invece che di nazione?

Direi che questa uscita è minimo minimo inquietante.
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#148 Joey

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Inviato 13 ottobre 2009 - 17:24

Uno di loro è diventato presidente degli USA.

Obama è un Africano?

E' discendente dei popoli che vivono in Africa, o no?

O forse è coi negri che ce l'hai e parli di razza invece che di nazione?

Direi che questa uscita è minimo minimo inquietante.

Io non ce l'ho con nessuno, e direi che ti puoi risparmiare queste entrate ridicole (come minimo). 
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#149 Rez

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Inviato 13 ottobre 2009 - 17:37

Scusa eh, apprezzo quello che scrivi, va benissimo fare i filosofi ma l'argomento "non so a cosa porterà ogni mia azione" porta solo al "a sto punto non faccio niente e basta". L'argomento "non posso possedere l'infinita serie delle cause" diventa una sponda decadente alla stasi e al non avere alcun progetto politico.


Non sono d'accordo. Il punto é che ci sono un'infinitá di possibili ricette e metodi per salvare delle vite umane, alcune delle quali probabilmente non ti troverebbero concorde e questo grande ventaglio di prospettive e alternative é sostanzialmente dovuto all'incertezza del risultato di qualunque azione politica.
Ció che ti sfugge é proprio il fatto che la discriminante tra le varie politiche é il calcolo di questa incertezza e la definizione delle prioritá.
Sulla base dei principi, probabilmente quasi tutti i movimenti o le organizzazioni del mondo sarebbero d'accordo con te (nessun politico dichiara nel suo programma lo sfruttamento delle risorse ai danni delle popolazioni piú povere).
Principi che a grandi linee credo siano persino inclusi nella dichiarazione dei diritti dell'essere umano, come ben sai sottoscritta da praticamente tutti gli stati aderenti all'ONU.

E di fatto se nessuno mi può dire che non ammazzare 10.000 oggi forse significa salvarne 100.000 domani è un ragionamento assurdo. Perché intanto io UCCIDO quei 10.000, con certezza. Mentre sto a pormi i problemi sugli eventuali futuri possibili...


Il punto é che non hai nemmeno la certezza della morte o della vita di quei 10000 e nemmeno potrai mai essere certo, perlomeno nel tuo specifico contesto di vita, che quei 10000 si sono salvati o sono periti per via di una determinata azione.
In sostanza la sorte di ciascuno di quei 10000 dipende da una serie infinita di fattori, la maggioranza dei quali non é strettamente relazionata né con le mie né con le tue azioni.
L'unico modo di agire é procedere per analisi statistiche, per grandi numeri ed é lí che entra in gioco la accettazione dei 10000 invece dei 100000.

Tra l'altro, ti sembreró rude, peró ció che dici o fai non mi sembra nuovo. Ci sono milioni di associazioni e iniziative, anche governamentali, che insistono sulla necessitá di non sprecare acqua, di mangiare meno carne, di prestare attenzione all'origine dei prodotti e al modo in cui vengono realizzati.
Potrei persino dirti che questi valori (che in larga parte condivido) cominciano ad essere piuttosto diffusi oggigiorno e non lo sono certo perché uno sparuto gruppo di rivoluzionari hanno iniziato a diffondere il verbo. Spesso e volentieri sono proprio i governi e le amministrazioni a perorare queste cause.
In questo senso non capisco la diffusa idiosincrasia verso i governi e le istituzioni democratiche e soprattutto il costante pensiero che le cose stiano peggiorando, che il mondo sta diventando piú povero e ci siano sempre piú persone che muoiono di fame.
Posso capirlo per ció che riguarda l'ambiente e la natura ma se ci atteniamo alla mera contabilitá di quanti oggi dispongono di cibo e risorse sufficienti per vivere, sono quasi sicuro che sono molti di piú oggi di quanti lo erano venti anni fa e ci sono statistiche e studi a confermarlo (oltre a testimonianze dirette: provate a parlare con gente che viene da paesi meno sviluppati e a chiedere loro se e come le cose sono cambiate).
Non voglio certo sostenere che siamo nel migliore dei mondi possibili e che tutto va bene. Cerco solo di far notare con un po' di realismo che una crescente fetta di mondo si sta giá muovendo come proponi.
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#150 juL fu Sig.M.

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Inviato 13 ottobre 2009 - 17:38

E' discendente dei popoli che vivono in Africa, o no?

Interessante, non avevo mai pensato che la "discendenza" africana sia tracciabile...in effetti siccome è un negro... uno di "loro".

FAI SCHIFO.
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