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Nick Drake


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109 replies to this topic

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#101 The Careless Whisper

    Classic Rocker

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Inviato 22 novembre 2010 - 10:44

Credo ci siano anche tanti che preferiscono "Five Leaves Left".


E' l'unico che tollero, e quello ho votato (merito degli arrangiamenti e delle atmosfere), la sua voce non la sopporto e mi rende inascoltabile il resto
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"Mi rifiuto di sentire gli artisti di oggi perché ho già sentito di meglio 20-30 anni fa." (Ricky Portera)

"Non mi piace la musica elettronica: amo la musica che viene effettivamente creata da un artista, creata da un musicista" (John Lodge, dei Moody Blues)

"Oggi è tutto elettronico ma fa anche tutto schifo" (Alberto Radius)

 

 


#102 tonysuper

    Classic Rocker

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Inviato 27 agosto 2014 - 13:12

Five Leaves Left 9
Bryter Layter 7
Pink moon 8



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#103 Folagra

    young signorino di una certa età

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Inviato 25 novembre 2017 - 10:32

25 11

 


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When the seagulls follow the trawler, it is because they think that sardines will be thrown into the sea


#104 Folagra

    young signorino di una certa età

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Inviato 25 novembre 2018 - 12:12

ricordati di santificare le feste

 


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When the seagulls follow the trawler, it is because they think that sardines will be thrown into the sea


#105 cool as kim deal

    Utente contro le bonus track

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Inviato 25 novembre 2018 - 22:49

Stavo per metterla in migliori cover ma a questo punto la posto qui in memoria.

http://youtu.be/w3OIXvdWtCU
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#106 cool as kim deal

    Utente contro le bonus track

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Inviato 26 novembre 2018 - 00:15

Ogni volta che lo ascolto mi domando sempre la stessa cosa. Come è stato possibile? In una decade ed in un luogo in cui si sono avverate magie irripetibili, mentre tutto sembrava migliore e praticabile, perché mai nessuno si è accorto di Nick drake? Come ha potuto consolidarsi tanta indifferenza? L’inghilterra negli anni sessanta. Fate mai il gioco della macchina del tempo? Dove è quando vorreste essere, potendo scegliere? Io lì. Eppure la gente gli ha girato le spalle durante il suo unico concerto, faceva rumore coi bicchieri. Parlava ad alta voce e lo ignorava. Le sue canzoni così fragili erano un brusio, un disrturbo per il nulla di cui discutevano i presenti. Ha suonato una sola volta dal vivo e poi mai più. Nessuno comprò i suoi dischi. Nessuno lesse della sua morte. Allora, ogni volta, ci penso: ci sarà in giro qualche Nick Drake? Mi sto perdendo qualcuno? Un’improvvisa meraviglia sta svanendo mentre controllo le mail? Non sono uno particolarmente coraggioso e spesso questi interrogativi , letteralmente, mi spaventano. Così mi assale la sindrome di Nick drake. Il panico legato al trascurare il meglio, alla sciocchezza di non setacciare il presente. Ho letto,come tutti, della necessità di decrescere. Per un misto di arretratezza innata e pigrizia cullata, io mi sono già portato avanti in questo senso. Ogni giorno cerco di staccare qualcosa. Mi sono imposto una disciplina. Non sarò mai su Facebook, non conosco Twitter, ho disattivato il sevizio di ricezione mail sul BlackBerry, accendo il cellulare per non più di venti minuti al giorno. Leggo, ascolto ossessivamente ancora più dischi(tutti, per intero), dormo sempre meno e mi guardò in giro. Cerco Nick Drake, oggi. Non vivo come un eremita e parlo persino troppo. Ma sento il bisogno di defilarmi per essere più concentrato. Non potrei mai perdonarmi di aver fatto scricchiolare la mia sedia di fronte a qualcuno che canta River man. Niente di illuminato, mi rendo conto, vagamente più spirituale di prendere il danacol per abbassare il colesterolo. E so che è facile obiettare che magari Nick Drake oggi è esattamente dove ho deciso di non andare. Possibile. Ma ognuno deve capire qual è il suo giardino e soltanto li piantare solide radici. Basta il tutto sempre, il niente somma di infiniti addendi. Punto disperatamente alla qualità. E vorrei qualcuno da cui imparare. Chi sono i nostri River man? Chi è il saggio che sta sul fiume e forse sa solo ascoltare? Quello verso cui scendere tra giardini curati alla perfezione per parlare di progetti per la stagione dei lillà? Nick Drake, con quella voce, con la grazia perfetta nel cuore, che vagava nel prato di casa, che usciva con gente a a Londra che non si accorgeva, nemmeno se interrogata, di averlo avuto allo stesso tavolo. Che disperato faceva un colloquio per entrare nell’esercito e veniva immediatamente scartato. Nick Drake con un fucile, lo potete immaginare? Questo arrangiamento di archi così fluido che l’amico di studi Richard Kirby non riuscì a maneggiare da solo. Nick Drake che si fa una scodella di latte e cereali nel cuore della notte e poi muore coi Concerti Brandeburghesi di Bach a girare sul piatto. A ventisei anni e con la dolcezza più straziante di tutti i tempi come unica compagna. La madre apre la porta della sua stanza e pre prima cosa vede le sue lunghe lunghe gambe. Si può onestamente sopportare il peso di tutto questo? E Betty, che nella canzone dice di non avere sentito le notizie, di non avere avuto tempo di scegliere un modo di perdere. E che dopo un accordo di quella chitarra acustica meravigliosa appoggia lentamente “but she believes”. Però ci crede. Isolate la frase, che è bellissima di suo e domandatevi. A cosa? Betty, Nick Drake, noi. A cosa? Gli archi salgono e si fermano per impennarsi, il giro dell’acustica é un loop umano, un flusso pressoché costante. Se lui mi dice tutto quel che sa su come scorre il fiume, io non credo che farà per me. Il saggio non basterà. Forse non servirà essere attenti. Magari questi sono tempi disperatamente grami. E la mitizzazione del nostro oggi, che avverrà comunque e per certo, non sarà che un pallido contraltare di quella che abbiamo sognato noi ad occhi divaricati. Ma che si è assunta il peso di aver ignorato Nick Drake. Che lo ha lasciato perdersi nella brughiera, con un cane dagli occhi neri che gli veniva incontro. Lui, che si farà fotografare quasi violentandosi su una sedia appartenuta a Charles Dickens e una chitarra dimenticata da Eric Clapton per il suo prossimo disco. Ma che in questo guarda ancora un prato nella copertina. Il verde mai sereno su cui vagato per giorni, senza sapere che noi l’avremmo rimpianto e divinizzato. Alto e magro con riccioli scomposti dalla solitudine. Violoncelli e basso profondo. Nient’altro che aria solida. Tutta quella gente che lo ha lasciato crepare di freddo in una stanza di Hampstead Heat e che, quando felice per un istante, viveva in un barcone sulla Senna non lo ha fermato con una mano sotto il collo, appena sopra il cuore. Appoggiandosi e dicendogli: Stai qui. Dimentica Far-Leys, la casa dove sei nato, il tubetto di Triptizol, il suo libro di Camus lasciato sul comodino. Stai qui. Pensa agli ultimi versi di River man, oh come vanno e vengono. Lo dici due volte nella canzone, non unirti a loro. Ti prego, stai qui.

(Maurizio Blatto, River man, Mytunes)
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#107 Tom

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Inviato 26 novembre 2018 - 09:45

Ogni volta che lo ascolto mi domando sempre la stessa cosa. Come è stato possibile? In una decade ed in un luogo in cui si sono avverate magie irripetibili, mentre tutto sembrava migliore e praticabile, perché mai nessuno si è accorto di Nick drake?


Non faceva concerti, non rilasciave interviste, non andava in radio.
Ribalterei la questione: forse solo in quell'epoca uno cosi' poteva arrivare a incidere tre dischi perfettamente prodotti, i primi due anche riccamente.


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#108 Kerzhakov91

    Born too late

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Inviato 26 novembre 2018 - 13:02

Comunque è vero fino a un certo punto che fosse un illustre sconosciuto: giusto qualche giorno fa mi sono capitati tra le mani alcuni numeri degli anni 70 della rivista italiana Popster (l'antenato di Rockstar, il mensile musicale più venduto all'epoca dopo CIAO 2001) e in uno di questi c'era uno speciale dedicato proprio a Nick Drake. Certo, erano già passati 2 o 3 anni dalla sua morte e se ne parlava comunque come di un cantautore di culto, sconosciuto alle masse, ma in certi ambienti più di nicchia il suo nome cominciava già a circolare e a essere riscoperto (in Inghilterra questo era ovviamente già avvenuto con qualche anno d'anticipo). 


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#109 Stebroc

    mainstream Star

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Inviato 26 novembre 2018 - 13:17

È quanto viene detto anche nella monografia...si era costruito un suo culto già in vita, per quanto ovviamente non fosse paragonabile alla popolarità di altri artisti folk.

Certo, molta della mancata popolarità era a lui imputabile.

Perché, il nome di un Curt Boettcher ad esempio, era conosciuto al di fuori del suo ambiente?

Dunque Drake non era certo l'unico, e comunque non ti viene a suonare in un disco John cale, o degli affermati musicisti folk se sei il signor nessuno.
  • 1

#110 Folagra

    young signorino di una certa età

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Inviato 30 novembre 2018 - 20:04

Ogni volta che lo ascolto mi domando sempre la stessa cosa. Come è stato possibile?...
(Maurizio Blatto, River man, Mytunes)

 

Libro bellissimo, che vi consiglio (ricordo anche il capitolo in cui parla di Randy described eternity dei Built to spill, che paragona alla Cosmicomiche di Calvino). Blatto è fantastico (ti consiglio anche il precedente L'ultimo disco dei mohicani, racconti tragicomici sul suo lavoro di titolare di un negozio di dischi.

 

Comunque è vero fino a un certo punto che fosse un illustre sconosciuto: giusto qualche giorno fa mi sono capitati tra le mani alcuni numeri degli anni 70 della rivista italiana Popster (l'antenato di Rockstar, il mensile musicale più venduto all'epoca dopo CIAO 2001) e in uno di questi c'era uno speciale dedicato proprio a Nick Drake. Certo, erano già passati 2 o 3 anni dalla sua morte e se ne parlava comunque come di un cantautore di culto, sconosciuto alle masse, ma in certi ambienti più di nicchia il suo nome cominciava già a circolare e a essere riscoperto (in Inghilterra questo era ovviamente già avvenuto con qualche anno d'anticipo). 

 

incideva pur sempre per l'Island, i suoi dischi arrivavano anche da noi. conosco persone che erano riusciti a comprare i suoi dischi già nei '70.

 

È quanto viene detto anche nella monografia...si era costruito un suo culto già in vita, per quanto ovviamente non fosse paragonabile alla popolarità di altri artisti folk.

 

giusto. culto che derivava dal suo essere un genio, cosa che avevano capito subito i musicisti che lo conoscevano e/o avevano suonato con lui (Martyn, i due Thompson, ecc... John Cale ascolta Five Leaves Left e implora Boyd chiedendogli di presentarglielo - infatti suonerà/produrrà in parte il secondo album - Francoise Hardy lo ha conosciuto (o almeno così si narra) e gli aveva proposto di scrivere un disco per lei). però rimaneva un culto interno a quella ristretta cerchia di musicisti.


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