Amore e mistero (Secret Agent, A. Hitchcock, 1936)
Non male questo Hitchcock, terzo e ultimo capitolo della sua trilogia inglese dello spionaggio conosciuto in Italia anche con il titolo
Agente segreto. Lo segnalo in particolare per il ruolo buffonesco, farsesco, ma crudele allo stesso tempo, della spia messicana collega del protagonista, interpretata da Peter Lorre; ma soprattutto - senza ovviamente rivelare troppo della trama - per alcune sequenze memorabili:
- quella dell'organo, in cui peraltro si ritrova lo stilema dell'inquadratura perpendicolare dall'alto, che ci ricorda simili scene ad alta tensione, successive a questo nella filmografia (penso a
Intrigo internazionale e
Psyco), senza contare la precipitosa salita sul campanile, con tanto di scampanio (v.
La donna che visse due volte);
- quella dell'individuazione dell' uomo nel casinò, con la vista caleidoscopica del bottone;
- tutto l'episodio dell'assassinio tra le nevi e delle contemporanee reazioni a distanza del cane;
- il visionario attacco finale al treno.
Raro caso, Hitchcock non vi fa la sua rituale apparizione fugace.
Contrariamente da quanto da me scritto in un altro topic,
Ashenden (1928) di Somerset Maugham non è un romanzo, ma una raccolta di racconti, e alcune di queste storie vengono qui mescolati ad elementi di una commedia. Credo sia proprio qui il problema dello scarso successo del film: Hitchcock ha preso due racconti, corrispondenti a due avventure di Ashenden (la spia), cioè
The Traitor e
The Fairless Mexican, e ha preso gli elementi della storia d'amore da una commedia di Campbell che a sua volta è un adattamento da questa raccolta. L'insieme è forse un po' confuso e scoordinato. H. se ne renderà conto in seguito, arrivando a confessare a Truffaut che il protagonista deve avere uno scopo, donde la partecipazione del pubblico, mentre nella pellicola in questione Ashenden si prende in carico di questa missione controvoglia. Quel che è peggio è che un primo tentativo di eseguire l'ordine si risolve in uno scacco gravissimo, che gli rende ancora più spiacevole il compito.
Un punto di forza è l'uso che H. fa degli elementi caratterizzanti il contesto geografico. Si è in Svizzera? Allora bisogna mettere nel film la fabbrica di cioccolata, le montagne innevate. Come lui stesso dirà a Truffaut, è importante che il fondale sia usato in senso drammatico. Il pensiero va subito, ovviamente, alla San Francisco de
La donna che visse due volte e agli U.S.A. di
Intrigo internazionale, con il Monte Rushmore, il Palazzo dell'ONU, il deserto, alla New York e alla Statua della LIbertà in
Sabotatori, etc.
Infine, la caratterizzazione dei personaggi. Anche con Truffaut parlò di questo, e nella discussione si mise in evidenza la sua tendenza a dipingere il cattivo come un uomo distinto ed elegante (fu notato dapprima da Chabrol-Rohmer). Ma tutti i personaggi che circondano il protagonista sono ben caratterizzati e così indistinguibili da essere indimenticabili. La strategia usata per il protagonista è inversa: nessun elemento lo caratterizza fortemente; guardarlo agire nel corso del film ci dice solo che è una spia che deve uccidere un uomo; è un everyman ma senza l'umorismo di un Thornill, come sarà poi. Questa è un'altra debolezza del film, un altro aspetto che impedisce un'identificazione con il protagonista, che peraltro non ci appare in nessun modo come un eroe, anzi.