Inviato 22 gennaio 2013 - 17:21
In pieno fermento tarantiniano (in realtà la mia è tutta invidia, porca zozza, per una serie di inconvenienti dell'ultima ora ho già dovuto rimandare due volte la visione cinematografica di Django unchained e sto rosicando di brutto, forse riesco ad andare domani o giovedì), in 'sto periodo ho visto i film di Mann che mi mancavano (Nemico pubbico e Miami Vice, tranne La fortezza che non mi ispira e le cose che ha fatto per la tv) e ho rivisto alcune cose vecchie.
Ho deciso che:
Strade violente (Thief, 1981) 8,5
Manhunter - Frammenti di un omicidio (Manhunter,1986) 9
Per me la vetta del regista. Un cazzo di thriller che ti tiene inchiodato alla poltrona dall'inizio alla fine, senza mai un calo, perfettamente fotografato e con il tocco alla Mann, visivamente mai banale. In nuce, si possono già mettere a fuoco una serie di elementi che poi negli anni si faranno via via più pregnanti nello sviluppo stilistico del suo cinema (penso alla ricerca di realismo nelle scene dove l'azione è preponderante, mediante l'uso di camera a mano e montaggio serrato).
Eccezionali le caratterizzazioni di Tom Noonan e Brian Cox, i due super villains disturba(n)ti e assolutamente coerente l’interpretazione di William Petersen qua già in assetto proto-CSI.
Ottima tutta la colonna sonora, ma non si può non sottolineare con una certa enfasi il tesissimo finale con In a gadda da vida degli Iron Butterfly a scandire la rappresentazione visiva della paranoia di Dente di Fata (in realtà Tooth Fairy nell’originale, cioè la fatina dei denti, l’equivalente anglosassone del topolino che mia nonna mi raccontava venisse a prendersi i miei denti da latte, amorevolmente sistemati sotto il cuscino, in cambio di 100 Lire - rabbino d'un topastro! -).
Non sono un fan del genere e i serial killers mi hanno sempre inquietato parecchio; l'unico altro film tratto dalla saga letteraria Thomas Harris su Hannibal Lecter (qua, misteriosamente ribattezzato Lecktor per volere del regista) che ho visto è celeberrimo The Silence of the Lambs: non me ne vogliano gli amanti del cannibale di Hopkins (bravissimo, eh, questo non di discute), ma il film di Mann gioca davvero un altro campionato. Peccato solo per un paio di sbavature nella sceneggiatura, probabilmente figlie di un minutaggio contenuto (come caspio ha fatto Dente di Fata ad introdurre il messaggio su carta igienica nella protettissima cella di Lecktor? Mi aspettavo che prima o poi la spiegazione sarebbe arrivata), sotto le due ore, ma non fa nulla.
L'ultimo dei Mohicani (The Last of the Mohicans, 1992) 6
L'ho rivisto l'altra sera. Tutto molto bello, la fotografia, i paesaggi, la regia ineccepibile, le scene di azione, ma fondamentalmente mi ha annoiato, forse perché queste storie tratte da romanzi (romanzetti) ottocenteschi alla fine risentono un po' troppo della prova del tempo.
Il famosissimo e pomposissimo tema portante della colonna sonora non si può sentire, siamo sinceri.
Heat - La sfida (Heat, 1995) 8+
Insider - Dietro la verità (The Insider, 999) 7
Alì (Ali,2001) 7+
Collateral (Collateral, 2004) 7,5
Miami Vice (2006) 7/8
Devo essere onesto. Fino ad ora mi ero sempre tenuto alla larga da questo film, un po' perchè ne ho piene le tasche e non solo i coglioni (cit.) di remake e riadattamenti vari di fumetti e serie tv, drammatico sintomo dello stato di agonia in cui versa in cinema mainstream da un bel po' di anni a questa parte, e un po' perché, di conseguenza, essenso nato come un blockbuster temevo fosse la calssica vacua pacchianata usa e getta concepita per attirare gente al botteghino, non dissimie in tutto e per tutto da un - cito a caso - Iron Man 3.
Poi mi son detto: hey, però è Michael Mann, diamogli una possibilità , ci sarà pur qualcosa sa salvare in questo film. Altroché! Mann si dimostra una volta di più un grandissimo regista, tirando fuori dal cilindro una pellicola che, innanzitutto, è un signor Poliziesco di oltre due ore, tesissimo e irrorato da una costante venatura noir, e poi è una lezione su come si può fare un film dichiaratamente commerciale con lo scheletro – chiamiamolo così, per capirci – autoriale, al punto che il vero infiltrato di Miami Vice sembra essere proprio Michael Mann tra le spire del sistema mainstream hollywoodiano e non Sonny Crockett e Rico Tubbs tra i trafficanti sudamericani.
La costante la ricerca di iperrealismo (ad esempio tramite l’utilizzo ben dosato della steadycam, del montaggio frenetico e di una fotografia ad hoc), davvero insolito per un film di questo tipo, fa da contraltare ad una vicenda (inevitabilmente) iperbolica e ad una colonna sonora di grana grossa (diciamolo pure, un po’ tamarra!), creando un risultato degno di nota. La scena della sparatoria finale, ad esempio, è magistrale da questo punto di vista, una delle più belle che mi è capitato di vedere da un bel po’ di tempo a questa parte.
Anche tutte le superstar buttate nel mucchio si comportano egregiamente. In particolare, Colin Farrell e Jamie Foxx non cadono nella trappola dell’emulazione bieca, guardando ai personaggi originali del telefilm come poco più che a dei lontani modelli. Ma anche Gong Li fa la sua porca figura.
Insomma, una piacevole sorpresa.
Nemico pubblico - Public Enemies (Public Enemies, 2009) 7,5
A parte la solita infelice traduzione del titolo italiano, che si perde la s del plurale, Public Enemies è un film che gira a tre cilindri, alternando momenti di cinema altissimo (penso a tutte le sparatorie, che sono deliziosi manifesti dell'"iperrealismo digitalizzato" dell'ultimo Mann o alla visita fantomatica di Dillinger alla Stazione di Polizia), a momenti di stanca, forse dovuti agli inserti mèlo, che stridono con l'impianto dichiaratamente biografico della pellicola. Forse avevano il compito diegetico di edulcorare ulteriormente la figura del bandito-gentiluomo (già all’epoca visto come nemico delle banche, considerate dall’opinione pubblica come causa della Grande Depressione) in contrapposizione ai feroci metodi della polizia, ma l’effetto a mio avviso è stato quello di disegnare un semi-eroe romantico che stride non poco con l’impianto generale della vicenda.
Vale la pena dargli un’occhiata, ad ogni modo.