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Filosofeggiando!!!


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655 replies to this topic

#601 Stephen

    Wannabe the Night Meister

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Inviato 13 gennaio 2018 - 11:46

capitolo forum chiuso per sempre. ciao.


http://youtu.be/BR76nuVTv0k
  • 0

E un passo di quella danza era costituito dal tocco più leggero che si potesse immaginare sull'interruttore, quel tanto che bastava a cambiare...

... adesso

e la sua voce il grido di un uccello

sconosciuto,

3Jane che rispondeva con una canzone, tre

note, alte e pure.

Un vero nome.


#602 bELLE ELLEish

    TOPAZIO

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Inviato 13 gennaio 2018 - 11:50

continui a mostrare di aver capito tutto... 
sei davvero un uomo del 2018!
 
p.s.: come se la logica formale fosse semplicemente un giochino fine a se stesso... come se tu potessi, dimenticandoti della logica stessa, dare un senso e un valore alle tue stesse parole di ribrezzo nei confronti di Severino...
 
hai capito tutto...
quando mancano gli argomenti, si passa alle battutine o agli scazzi
un classico senza tempo


Ti faccio due esempi: battutine senza argomenti tipo dire "hai capito tutto, sei davvero un uomo del 2018"; fingere che senza logica formale l'uomo non abbia sviluppato il linguaggio (storicamente) e non possa impararlo (individualmente).

Ma che te ne importa
  • 0

A proposito del Maurizio Costanzo show, a me l'ospitata del Joker al programma del personaggio di De Niro ha ricordato una di Aldo Busi, ma proprio uguale, compreso il balletto con cui si presenta al pubblico. Dubito che Phoenix si sia ispirato a quella, ma in certe parti, quando si mette a checcheggiare, la somiglianza era impressionante.

il primo maggiorenne che vedrò vestito da joker a carnevale, halloween o similia lo prendo per il culo di brutto
minimo un A STRONZOOOO, ANCORA STU JOKER? STRONZOOOO, vieni a casa mia che ho bisogno di una mano a sgomberare la mansarda, STRONZOOOO

There is a duality between thought and language reminiscent of that which I have described between dreaming and play

Man the sum of his climatic experiences Father said. Man the sum of what have you


#603 frankie teardrop

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Inviato 13 gennaio 2018 - 11:51

sì, ma ora spostati, che non vedo il 2018!


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#604 bELLE ELLEish

    TOPAZIO

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Inviato 13 gennaio 2018 - 11:52

Non lo vedi nemmeno se mi sposto, forse solo a livello musicale sei "sul pezzo", e già a riguardo sei un meme che cammina
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A proposito del Maurizio Costanzo show, a me l'ospitata del Joker al programma del personaggio di De Niro ha ricordato una di Aldo Busi, ma proprio uguale, compreso il balletto con cui si presenta al pubblico. Dubito che Phoenix si sia ispirato a quella, ma in certe parti, quando si mette a checcheggiare, la somiglianza era impressionante.

il primo maggiorenne che vedrò vestito da joker a carnevale, halloween o similia lo prendo per il culo di brutto
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#605 frankie teardrop

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Inviato 13 gennaio 2018 - 11:54

non leggevo "essere sul pezzo" da tempo immemore...  asd 

 


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#606 Connacht

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Inviato 15 gennaio 2018 - 14:56

« Fra tutti i concetti di natura scientifica, quello del caso distrugge più degli altri ogni antropocentrismo ed è il più intuitivamente inaccettabile da parte di quegli esseri profondamente teleonomici che siamo noi. »
- Jacques Monod, biologo e filosofo, premio Nobel nel 1965, tratta da "Il caso e la necessità", cap. VI, 3 


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You're an island of tranquillity in a sea of chaos. :.:: Last.fm

 

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The sun is far away
It goes in circles
Someone dies
Someone lives
In pain
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Of a culture
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#607 bELLE ELLEish

    TOPAZIO

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Inviato 15 gennaio 2018 - 15:38

L'ho letto anche io, forse commentai in qualche topic.
Forse le cose col caso non sono così semplici, ma comunque è un bel libro
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A proposito del Maurizio Costanzo show, a me l'ospitata del Joker al programma del personaggio di De Niro ha ricordato una di Aldo Busi, ma proprio uguale, compreso il balletto con cui si presenta al pubblico. Dubito che Phoenix si sia ispirato a quella, ma in certe parti, quando si mette a checcheggiare, la somiglianza era impressionante.

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#608 Reynard

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Inviato 16 gennaio 2018 - 22:00


 

Incidentalmente, visto che hai evocato Vailati, non ho potuto fare a meno di pensare a Peirce, e mi son chiesto che ne avrebbe pensato lui del non 'poter trattare matematicamente' quel che si potrebbe definire l'aspetto 'sensibile' dell'esperienza. Oh, lui sarebbe stato in disaccordo. E no, non nel senso di cercare leggi che prevedano lo svolgimento di una sinfonia. 

 

 

Questo accenno buttato lì una marea di tempo fa era rimasto senza spiegazione; ormai la pista è fredda ma provo lo stesso a spiegarmi.

 

Due premesse: la prima è che leggere Peirce è una esperienza sconcertante. Passa da momenti in cui è chiaro come un Russell che facesse la guida turistica, o rigoroso come un Quine insegnante di matematica allo scientifico, a momenti in cui supercazzoleggia come un Hegel a un acid test (pensatore a cui deve fra l'altro tantissimo, senza averlo mai ammesso).

 

Seconda premessa: Peirce era un logico con una formazione matematica (il padre era un professore di matematica ad Harvard), e come tale pensa. Io invece sono scarso in matematica, ed infatti ho fatto una fatica boia a capire molti dei suoi ragionamenti.

 

Ora, che vuol dire che pensa da logico con formazione matematica? Vuol dire che, quando vuole applicare la matematica ad un certo campo, il suo primo istinto non è di quantificare un fenomeno per sottoporlo poi a indagini di laboratorio (fra l'altro lui era laureato in chimica e ha sempre lavorato come ricercatore per agenzie scientifiche governative, quindi non è che fosse propriamente a digiuno di scienza). Il suo primo istinto era quello di vedere nel fenomeno una struttura formale.

 

Parlando dell'esperienza sensibile, di quella massa (apparentemente) informe di sensazioni, percezioni, emozioni ecc. che esistono e che viviamo anche al di qua della loro espressione verbale (e quindi della possibilità di applicarci la logica formale, e a maggior ragione metodi rigorosi di indagine scientifica), ebbene anche in questa esperienza Peirce ha individuato una struttura formale, che sarebbe quella del continuo.

 

Peirce è vissuto in un'epoca di grandi mutamenti nel campo matematico (che Peirce, sempre aggiornatissimo, seguiva quasi in tempo reale: era uno che leggeva gli studi di Cantor nell'originale tedesco, per capirci) e pochi di questi lo hanno esaltato quanto gli studi sul continuo (forse solo nel campo della probabilità si è applicato di più, portando anche dei contributi originali). E su questo concetto si è gettato a pesce per spiegare la struttura formale di fenomeni anche al di fuori dell'ambito strettamente matematico, come appunto il campo dell'esperienza 'antepredicativa'.

 

Non come analogia, per come mi è dato di capire, ma proprio come applicazione in senso proprio di una definizione molto generale di insieme continuo. In altre parole, l'esperienza sensibile non sarebbe strutturata "più o meno come" la retta dei numeri reali, ma sarebbe strutturata davvero come un insieme continuo lineare i cui elementi non sono numeri ma sensazioni. 

Da bravo ignorante in matematica, mi rifaccio a una fonte misticamente molto in auge, Wikipedia asd  (metto le mani avanti: non è che le mie conoscenze in merito vengono da Wikipedia, è che al momento non ho altro sottomano) dove vedo questa definizione: 

"Formally, a linear continuum is a linearly ordered set S of more than one element that is densely ordered, i.e., between any two distinct elements there is another (and hence infinitely many others), and which "lacks gaps" in the sense that every non-empty subset with an upper bound has a least upper bound."

​(E questo coincide abbastanza con il modo in cui Peirce spiega nei suoi testi il suo concetto di continuo, anche se il bastardone non riesce mai a essere così preciso, morisse tra atroci tormenti asd ).

Ora, secondo Peirce, se sottoponiamo la nostra esperienza sensibile a una osservazione fenomenologica (ah si, ha pure cominciato a fare fenomenologia più o meno contemporaneamente a Husserl: ve l'ho detto che è sconcertante) notiamo le caratteristiche di un insieme 'densamente ordinato': tra due qualità diverse, ad esempio due colori, (1) è possibile immaginare infinite sfumature intermedie, e (2) nel passare dall'una all'altra attraverso tutte le sfumature intermedie non si incontrano interruzioni. Rappresentando le sfumature come elementi di un insieme, l'insieme che ne risulta dovrebbe essere densamente ordinato (correggetemi se sbaglio).

 

Faccio subito due obiezioni: la prima è che il discorso non è sufficientemente rigoroso se non si trova un modo oggettivamente valido di definire, di 'fissare' in qualche modo queste esperienze elementari in modo da poter costruire il loro insieme. Il che contrasta un po' col carattere labile, fluido, inguaribilmente soggettivo delle nostre sensazioni. Vero, ma qui si vede come Peirce ragioni da logico: quando un logico usa il quantificatore universale, ad esempio, non si preoccupa se ci sia effettivamente la possibilità di fare esperienza di tutti i casi di un certo tipo. Peirce non era interessato, con questo discorso (ne ha fatti altri), a descrivere l'esperienza, ma solo a sondarne le possibilità logiche (e spiegherò poi il perché).

 

La seconda obiezione è che, intuitivamente, questo sembra funzionare per qualità semplici, colori, suoni... Che fare però con percezioni complesse, che integrano più sensazioni, come quella di un oggetto? Ma Peirce ha considerato il totale dell'esperienza che abbiamo in un certo momento come dotata di una struttura​, una forma (una Gestalt?); apri gli occhi: quel che vedi non è un caos di oggetti separati l'uno dall'altro, ma uno spazio unico e coerente occupato da oggetti secondo delle strutture percettive che permettono di esplorare e modificare immaginativamente gli oggetti in esso contenuti anche al di là di quel che è possibile effettivamente vedere. (Da qui estrapolo, perché sull'argomento Peirce è sbrigativo ai limiti dell'ermetismo) queste forme non solo sono orientabili con l'immaginazione (possiamo mentalmente 'muoverci' nello spazio) ma anche per così dire 'trasformabili', attraverso passi infinitesimi e continui, in altre forme.

Avete presente l'illusione ottica del triangolo di Kanisza (https://www.focusjun...ione2.600.jpg)?Il fatto che questa forma faccia apparire un triangolo che in realtà non è disegnato non dipende da precise misure delle linee e aree coinvolte, e neppure da precise proporzioni tra queste; possiamo avvicinare, allontanare o mutare di dimensioni tutti i tratti del disegno, all'interno di un certo range, e continuerà ad apparire  un qualche  triangolo finché la posizione reciproca tra i tratti non è alterata).

Quindi anche strutture complesse, come quelle di un oggetto, o per dire, di un quadro, di una melodia ecc. non sono separati da abissi insormontabili dalle forme di altri oggetti, altri quadri, altri melodie; è possibile passare dall'uno all'altro per mezzo di trasformazioni che, prese tutte insieme, dovrebbero (sempre che non mi stia sbagliando di grosso) costituire un insieme continuo lineare.

 

(Incidentalmente, una teoria recente, quella di Jackendoff, spiega proprio tramite questi spettri di oggetti simili e trasformabili linearmente l'uno nell'altro il riferimento mentale dei concetti).

 

Fin qui siamo però in un campo molto astratto, dove la supercazzola è sempre dietro l'angolo (un angolo che Peirce girava spesso e volentieri) e dove è difficile immaginare qualcuno a parte un logico entusiasmarsi (e pure un logico non sarebbe soddisfatto finché non vede delle espressioni formali). Il fatto è che però Peirce ha applicato tutte queste riflessioni (e qui spiego quel perché che avevo preannunciato prima) per fondare la semiotica.

 

E mi hai detto cazzi.

 

Ora, se entriamo nel fantastico mondo della semiotica peirceana a Pasqua sono ancora qui, perciò non mi ci metto neanche. 

Faccio un esempio, uno solo, di applicazione che ho trovato (metto le mani avanti: qui sto mettendo del mio) a un campo concreto, le opere d'arte musicali. E mi piacerebbe si parlasse dell'esempio più che delle supercazzole lì sopra.

Si è fatto un gran parlare, soprattutto nel campo dell'estetica analitica, del problema se l'opera d'arte in musica sia la composizione o l'esecuzione (esiste l'estetica analitica, e come potete ben immaginare sentire un filosofo analitico parlare di arte è solo un filino meno peggio di quel che sarebbe sentirlo parlare di sesso; con eccezione di Goodman, che è arido e puntiglioso, ma toglie un bel po' di ragnatele dal cervello: ma divago). Ok, detta così la sto facendo più semplice, ma diciamo che molti si sono crucciati ontologicamente del fatto che una stessa musica, diciamo la Nona di Beethoven, possa esprimersi in esecuzioni molto diverse eppure essere sempre la Nona di Beethoven. La musica è Type Token? (termini introdotti da Peirce, by the way).

Appena ho assunto il punto di vista lì sopra descritto l'intera discussione è svanita in un buffo di fumo. Il problema nasce infatti dal voler incastrare a forza l'esperienza musicale in una ontologia di enti, numericamente distinti e dalla forma definita. Basta invece pensare una musica come una 'qualità d'esperienza' (estremamente complessa, ma dotata di una sua Gestalt) variabile per trasformazioni continue all'interno di un certo range, considerare cioè la Nona di Beethoven come quell'insieme continuo di esecuzioni di cui nessuna è, platonicamente, la Nona in sé, per annullare il paradosso e tutti i tentativi di risolverlo.

Ma c'è di più. Se è vero che la musica ha un suo linguaggio notazionale, discreto, in cui suoni fisicamente diversi sono considerabili lo stesso morfema (la stessa nota), è anche vero che questo sistema notazionale non si riferisce a un insieme numerabile di entità numericamente distinte ma 'segmenta', o comunque fissa dei punti, all'interno di uno spettro sonoro in cui le infinite posizioni intermedie tra un punto 'fissato' e un altro continuano comunque ad esistere, e a determinare l'esperienza globale del brano anche se il modo in cui lo fa non può essere formalizzato nella notazione. La 'sporcizia' del suono di uno strumento, per esempio, costituisce una variazione all'interno dello spettro possibile di suoni di cui quel che c'è scritto sul pentagramma costituisce una sorta di stenografia.

Magari sarà errato, ma il mondo di continui descritto da Peirce è indubbiamente molto più ricco e interessante di quello costituito da entità distinte.


  • 5
La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#609 bELLE ELLEish

    TOPAZIO

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Inviato 17 gennaio 2018 - 09:43

Reynard, mi emoziono quando parti così. Peirce l'ho solo sentito nominare qui e là, ero convinto potesse stare cronologicamente fra Quine e Putnam, non sapevo bene che dicesse, etc.

Due cosette così, mi viene in mente lo studio della percezione e la mia ultima passione, il nipotino di Wittgenstein.
Ah, mi viene in mente pure, in modo severiniano, che l'impressione della continuità dal nostro punto di vista non è così indicativa della continuità di ciò che sottende esternamente e internamente alla percezione.
Prendiamo ad esempio il colore. Le lunghezze d'onda si possono mettere su uno spettro continuo, poi che nella realtà abbiamo davvero a che fare con tutte le lunghezze non lo so, eh, neppure limitandoci allo spettro del visibile per ovvie ragioni.
Ecco, ci sono già due cose che mi sembrano increspare quel che sosterrebbe P.: da un lato lo spazio dei colori percepibili non è monodimensionale, dall'altro non è vero che, date due sfumature, possiamo immaginare o percepire tutta la continuità di mezzo.
La prima affermazione, a sua volta, si vede in due aspetti: il marrone non è fra i colori dell'iride (ironicamente è il colore più comune delle iridi umane), non dipende da una lunghezza d'onda, e prendendo le due estreme non c'è sforzo d'immaginazione che ti faccia arrivare al marrone setacciando l'intervallo; i colori dell'iride non danno una traccia generale dell'essere ordinati secondo la qualità/quantità "lunghezza d'onda", nel senso che posso vedere che il verdeacqua è un verde più blu del solito, ma non posso dire che il rosso sia in generale un verde molto poco indaco o cose del genere, cioè è inevitabile e "a priori" raggruppare le sfumature in tipi continui al loro interno e pure raccordabili ad estremi di altri tipi, ma distinti.
La seconda affermazione, molto più semplicemente sta a dire che, pur rimanendo nello spettro dei colori dell'iride, non riesco a distinguere sfumature indefinitamente vicine, quindi come posso dire di poterle immaginare e infinite?
Questi sono argomenti di psicofisica, che nonostante il nome è una cosa seria, e anche abbastanza vecchia (tempi di Peirce).

Comunque anche in von Foerster (e altrove) si trova la traccia degli oggetti -e dei concetti- come invarianti di trasformazioni continue. E qui poi ci sarebbe tutto il capitolo su reti neurali artificiali e modelli equivalenti.
Facciamo che questa parentesi la chiudo presto, perché dovrei rileggere un bel po' di roba e avevo già intenzione di parlarne qui.
È abbastanza comodo immaginare l'ambiente esterno come un serbatoio infinito, indiscreto, continuo?, in cui un sistema di percezione trae enti strutturati.
Alla fine se mi chiedo sempre cosa distingua un suono (un'onda di pressione) da un colore (un'onda elettromagnetica) non trovo direttamente nelle differenze fisiche il motivo delle qualità diverse; se però penso che la coclea ha una membrana vibrante e dell'onda di pressione riceve la frequenza (le frequenze...) e l'intensità, mentre l'occhio ha 3 diversi sensori con 3 risposte diverse per la stessa frequenza, che integra, inizio ad intuire perché di un tono puro sento "la nota" che "sale o scende", mentre il verde non è riducibile ad un "più o meno rosso".
Affermazione 6 dai "Pensieri e note sulla cognizione"*: L'ambiente non contiene alcuna informazione. L'ambiente è così com'è.

*sviluppati poi in "Note su un'epistemologia delle cose viventi", ma già qui le precedenti affermazioni del mini-tractatus sono matematicamente sapute. Informazione sempre come processo di in-formazione, per questo l'ambiente non ne contiene una quantità, ma i sistemi percependo ne *** [scambiano? generano?] le quantità fisicamente e matematicamente definite.
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A proposito del Maurizio Costanzo show, a me l'ospitata del Joker al programma del personaggio di De Niro ha ricordato una di Aldo Busi, ma proprio uguale, compreso il balletto con cui si presenta al pubblico. Dubito che Phoenix si sia ispirato a quella, ma in certe parti, quando si mette a checcheggiare, la somiglianza era impressionante.

il primo maggiorenne che vedrò vestito da joker a carnevale, halloween o similia lo prendo per il culo di brutto
minimo un A STRONZOOOO, ANCORA STU JOKER? STRONZOOOO, vieni a casa mia che ho bisogno di una mano a sgomberare la mansarda, STRONZOOOO

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#610 bachi

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Inviato 17 gennaio 2018 - 11:26

innanzitutto grazie della risposta.

parto dall'esempio. io sono d'accordo con quello che scrivi, ma sembra andare più nella direzione dell' impossibilità di una trattazione matematica del brano musicale , che in quella opposta.
a parte la difficoltà pratica di eseguire due volte lo stesso brano - e questo già suggerisce l'inadeguatezza del linguaggio matematico , oltreche della notazione musicale, e tu giustamente usi i termini "incastrare" e "segmentare" - rimane l'incapacità di descrivere lo svolgimento di una sinfonia allo stesso modo con cui si descrivono i fenomeni della fisica, quindi l'indeterminatezza della sua Gestalt matematica.
la fisica 1. raccoglie misurazioni dall'esperienza , 2. individua una costante , cioè una legge, 3. verifica le previsioni della legge mediante misurazioni successive.
questa cosa con una sinfonia di beethoven non è applicabile. se tu da 1 h di Nona misuri ogni singola onda sonora per 30 min, ma anche 50 min, anche acquisendo porzioni sparse dell'opera , non troverai mai nessuna legge che ti faccia dedurre i restanti 10 o 30. ma nemmeno un singolo minuto. mi spiego man mano ti quoto.

Non come analogia, per come mi è dato di capire, ma proprio come applicazione in senso proprio di una definizione molto generale di insieme continuo. In altre parole, l'esperienza sensibile non sarebbe strutturata "più o meno come" la retta dei numeri reali, ma sarebbe strutturata davvero come un insieme continuo lineare i cui elementi non sono numeri ma sensazioni.
[...]
Ora, secondo Peirce, se sottoponiamo la nostra esperienza sensibile a una osservazione fenomenologica (ah si, ha pure cominciato a fare fenomenologia più o meno contemporaneamente a Husserl: ve l'ho detto che è sconcertante) notiamo le caratteristiche di un insieme 'densamente ordinato': tra due qualità diverse, ad esempio due colori, (1) è possibile immaginare infinite sfumature intermedie, e (2) nel passare dall'una all'altra attraverso tutte le sfumature intermedie non si incontrano interruzioni. Rappresentando le sfumature come elementi di un insieme, l'insieme che ne risulta dovrebbe essere densamente ordinato (correggetemi se sbaglio).

associare un numero al punto di una retta è un'operazione che non richiede altri presupposti. ma associare all'esperieza sensibile una successione infinita di "senzazioni" (ad es "modo di starnutire" s1, s2, s3, ecc) resta una convenzione, una scatola vuota, se non si è precedentemente quantificata la "sensibilità" (uso il termine nel tuo significato.. ciò che pascal , il più grande di sempre , chiamava finesse ). quantificarla significa spiegare le differenze fra sensazioni in termini neurofisiologici , e non già in senso generale ma individuale (ad es. le specifiche morfologia e fisiologia del sistema neuroendocrino di beethoven o un compositore vivente, se ce ne fosse uno), impresa possibile ma improbabile. ma soprattutto esprimere la neurofisiologia, a sua volta, in termini matematci. ovvero stabilire le leggi che descrivono la totalità del "sistema fisico beethoven". e questo è il vero ostacolo, l'operazione impossibile perfino a livello teorico, per la discrepanza, di cui ora parlo , fra misurazioni aritmetiche o geometriche (discontinue) e "sensibilità" (continua).

Faccio subito due obiezioni: la prima è che il discorso non è sufficientemente rigoroso se non si trova un modo oggettivamente valido di definire, di 'fissare' in qualche modo queste esperienze elementari in modo da poter costruire il loro insieme. Il che contrasta un po' col carattere labile, fluido, inguaribilmente soggettivo delle nostre sensazioni.

questo è il punto. le grandezze matematiche sono sempre discrete. puoi interpretare lo spazio, ad es., come insieme di infiniti punti a cui è associabile l'insieme dei numeri reali (oppure triplette), ma resta una velleità concettuale. perché quando passi alla misurazione del continuo, cioè dell'infinitesimale (ad esempio il comportamento di una funzione intorno a un dato valore) , è necessrio impiegare i concetti di limite, o di probabilità, perché questi sono i modi (ce ne sono altri, tutti approssimativi) con cui il linguaggio matematico tratta l'intuizione di infinito o infinitesimo , nonché di continuo reale. è questo l'errore degli scientisti (ovviemente non mi riferisco né a te né a peirce), che di solito con la scienza hanno poco a che fare: non saper distinguere il pensiero da uno dei suoi linguaggi.


Vero, ma qui si vede come Peirce ragioni da logico: quando un logico usa il quantificatore universale, ad esempio, non si preoccupa se ci sia effettivamente la possibilità di fare esperienza di tutti i casi di un certo tipo. Peirce non era interessato, con questo discorso (ne ha fatti altri), a descrivere l'esperienza, ma solo a sondarne le possibilità logiche (e spiegherò poi il perché).

l'errore in questo caso sarebbe : se fosse possibile quantificare tutte le sfumature dell'esperienza, è evidente che le possibilità logiche di farlo siano fondate. il problema è che non è possibile quantificarle, o per lo meno va dimostrato.



La seconda obiezione è che, intuitivamente, questo sembra funzionare per qualità semplici, colori, suoni... Che fare però con percezioni complesse, che integrano più sensazioni, come quella di un oggetto? Ma Peirce ha considerato il totale dell'esperienza che abbiamo in un certo momento come dotata di una struttura​, una forma (una Gestalt?); apri gli occhi: quel che vedi non è un caos di oggetti separati l'uno dall'altro, ma uno spazio unico e coerente occupato da oggetti secondo delle strutture percettive che permettono di esplorare e modificare immaginativamente gli oggetti in esso contenuti anche al di là di quel che è possibile effettivamente vedere. (Da qui estrapolo, perché sull'argomento Peirce è sbrigativo ai limiti dell'ermetismo) queste forme non solo sono orientabili con l'immaginazione (possiamo mentalmente 'muoverci' nello spazio) ma anche per così dire 'trasformabili', attraverso passi infinitesimi e continui, in altre forme.
Avete presente l'illusione ottica del triangolo di Kanisza (https://www.focusjun...ione2.600.jpg)?Il fatto che questa forma faccia apparire un triangolo che in realtà non è disegnato non dipende da precise misure delle linee e aree coinvolte, e neppure da precise proporzioni tra queste; possiamo avvicinare, allontanare o mutare di dimensioni tutti i tratti del disegno, all'interno di un certo range, e continuerà ad apparire un qualche triangolo finché la posizione reciproca tra i tratti non è alterata).
Quindi anche strutture complesse, come quelle di un oggetto, o per dire, di un quadro, di una melodia ecc. non sono separati da abissi insormontabili dalle forme di altri oggetti, altri quadri, altri melodie; è possibile passare dall'uno all'altro per mezzo di trasformazioni che, prese tutte insieme, dovrebbero (sempre che non mi stia sbagliando di grosso) costituire un insieme continuo lineare.
(Incidentalmente, una teoria recente, quella di Jackendoff, spiega proprio tramite questi spettri di oggetti simili e trasformabili linearmente l'uno nell'altro il riferimento mentale dei concetti)




qua sono d'accordo. cioè , l'obiezione sulla complessità dell'esperienza non è una obiezione di metodo, quindi non valida.
comunque qui hai scritto un sacco di cose interessanti, me le sono annotate e leggerò qualcosa in proposito. per ora non mi sento preparato a discuterne.


p.s. una precisazione , che non c'entra molto ma mi è venuta in mente leggendo la prima premessa del tuo post : io non sono contro hegel, tutt'altro. per me hegel era un genio , benché non fosse, contrariamente a quanto si crede, uno spirito geometrico. i suoi passaggi logici sono oggettivamente confusi, il suo sistema teorico secondo me è fragile, e i risvolti politici di quel sistema sono deleteri. eppure hegel è grande quando esercita il suo esprit de finesse (anche qui, i luoghi comuni vorrebbero il contrario). certe sue metafore sono tesori della lirica , la sua filosofia della storia comprende , per me , l' ultima epica occidentale (epica propriamente nazionale , dato che è tutta pervasa da quell'idea di "destino" del popolo tedesco, ed epica dotta, come la divina commedia , che fu anche, se non soprattutto , una summa del pensiero medievale in forma non scolastica), la sensibilità di hegel per l'impermanente è la stessa dei grandi artisti che lo hanno preceduto... tasso, milton. se nietzsche può esporre la dottrina della "morte di dio" è solo grazie alla "rivoluzione" hegeliana dell'idea del divenire. nell'altro topic ne avevo parlato per motivi diversi (diciamo, esigenze retoriche), ma resta il fatto che io ho sempre amato (e odiato, come tutti) il vecchio hegel.
  • 1

#611 Reynard

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Inviato 17 gennaio 2018 - 13:43

Vi ringrazio per le risposte, sono molto interessanti.

Ora sono al lavoro, stasera provo a rispondere almeno ad alcuni punti.


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La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#612 Marguati

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Inviato 17 gennaio 2018 - 15:23

a parte la difficoltà pratica di eseguire due volte lo stesso brano - e questo già suggerisce l'inadeguatezza del linguaggio matematico


Il matematico ha una quantita' di strumenti cognitivi per ovviare a questi problemi che te la sogni
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#613 ravel

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Inviato 17 gennaio 2018 - 15:34

 

Il problema nasce infatti dal voler incastrare a forza l'esperienza musicale in una ontologia di enti, numericamente distinti e dalla forma definita.

 

Veramente il problema a me pare nascere dal volere incastrare a forza l'esperienza musicale in qualcosa che non ha nulla a che fare con l'esperienza (in generale) e con l'esperienza musicale (in particolare) e soprattutto in qualcosa che non ha nulla a che fare con il modo di darsi dell'esperienza stessa.

 

Dopo avere operato questa specie di "violenza" (tipica dell'atteggiamento reattivo che si difende dalla vita) e avere instaurato il mondo della rappresentazione (per dirla con Nietzsche) nasce - in effetti - tutta una serie di problemi che ci si sforza di risolvere con sottigliezze sempre più causidiche e che danno l'impressione di estrema profondità.
Mah...


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«Ciò che l'uomo può essere per l'uomo non si esaurisce in forme comprensibili».
(k. jaspers)

 

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#614 bELLE ELLEish

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Inviato 17 gennaio 2018 - 15:38

@raveL non ti ho capito del tutto, in questo caso

@Marguati tu lo conosci Heinz von Foerster? Ti interessano le fotine degli integrali o...?
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A proposito del Maurizio Costanzo show, a me l'ospitata del Joker al programma del personaggio di De Niro ha ricordato una di Aldo Busi, ma proprio uguale, compreso il balletto con cui si presenta al pubblico. Dubito che Phoenix si sia ispirato a quella, ma in certe parti, quando si mette a checcheggiare, la somiglianza era impressionante.

il primo maggiorenne che vedrò vestito da joker a carnevale, halloween o similia lo prendo per il culo di brutto
minimo un A STRONZOOOO, ANCORA STU JOKER? STRONZOOOO, vieni a casa mia che ho bisogno di una mano a sgomberare la mansarda, STRONZOOOO

There is a duality between thought and language reminiscent of that which I have described between dreaming and play

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#615 bachi

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Inviato 17 gennaio 2018 - 16:15

a parte la difficoltà pratica di eseguire due volte lo stesso brano - e questo già suggerisce l'inadeguatezza del linguaggio matematico

Il matematico ha una quantita' di strumenti cognitivi per ovviare a questi problemi che te la sogni
per ovviare a questi problemi , ammesso che siano problemi, la matematica non ha purtroppo nessuno "strumento cognitivo che me lo sogno". e i matematici (molto più degli ingegneri, dei medici, e così via) sono i primi a dirtelo.

comunque se vuoi farmi qualche esempio sono tutto orecchi.
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#616 Marguati

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Inviato 17 gennaio 2018 - 16:47

@bachi: Quoziente in algebra, Intorno in analisi, per dirne due.

@LFT: non so niente, spara se vuoi
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#617 bachi

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Inviato 17 gennaio 2018 - 16:58

dell' intorno ho parlato sopra.

"ad esempio il comportamento di una funzione intorno a un dato valore"

e ho spiegato che si tratta di una approssimazione, poi ho aggiunto un altro "strumento" che è quello della stocastica, ma anche qui siamo nel campo dell'approssimazione.

il quoziente in algebra relazionale, se ti riferisci a quello, non c'entra niente con questo discorso, che verte sull'infinitesimale , sul continuo, e sulle sfumature della "sensibilità ", come l'abbiamo chiamata qui. anzi, so occupa proprio dell'opposto.
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#618 Reynard

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Inviato 17 gennaio 2018 - 21:44

Ok, proviamo a rispondere, un po' selettivamente ché il tempo è tiranno (oltre che continuo).

 

Parto da bachi.

 

BACHI: la fisica 1. raccoglie misurazioni dall'esperienza , 2. individua una costante , cioè una legge, 3. verifica le previsioni della legge mediante misurazioni successive.  

questa cosa con una sinfonia di beethoven non è applicabile. se tu da 1 h di Nona misuri ogni singola onda sonora per 30 min, ma anche 50 min, anche acquisendo porzioni sparse dell'opera , non troverai mai nessuna legge che ti faccia dedurre i restanti 10 o 30. ma nemmeno un singolo minuto. mi spiego man mano ti quoto.

 

Beh si, ma non è questo il punto e l'avevo messo in chiaro da subito.

 

Il problema sta un po' nel cosa aspettarsi/che scopo darsi. Se ti aspettavi una chiave allo studio fisico della musica, mi spiace d'averti portato fuori strada ma il mio non è lo stesso campo da gioco, lo stesso campionato e neppure lo stesso sport.

Il punto, forse, è anche a che discorso si sta reagendo. Ed io sto reagendo, tramite Peirce che a sua volta sta reagendo (anche) a qualcosa di simile, a un tipo di discorso 'metalinguistico', per così dire, dove nel passaggio "esperienza"->"discorso (quotidiano) sull'esperienza"->"ipostatizzazione dei termini che il discorso introduce"->"definizioni in termini di metalinguaggio di ciò di cui il linguaggio parla", ecco in questo passaggio l'introduzione di un metalinguaggio alternativo mi ha permesso di eliminare il passo tre e, magari, di approssimare un po' più da vicino (non raggiungere) la versatilità del passo due, che a sua volta approssima (non raggiunge) la ricchezza del passo uno. 

(Poi non sta scritto da nessuna parte che la via debba passare per la formalizzazione; questo è un percorso, quello che ho seguito io).

 

Un po' astratto, vediamo se mi riesce di rimanere con i piedi per terra.

 

Dico una cosa in termini di battuta. Di fronte a un fenomeno il primo istinto di un fisico può essere: come lo quantifico? Il primo istinto di un logico è: come lo formalizzo? La domanda che mi pungola è la seconda, quindi è per questo che alla problematica che mi agiti sopra (la Nona di Beethoven dedotta nomologicamente) non so come venire incontro ma a dirla tutta manco mi pongo il problema.

Vediamo un po' la faccenda della formalizzazione. Di fronte alla identificazione di qualcosa come quella tale cosa, la risposta tradizionale è quella di fornire condizioni necessarie e sufficienti che qualcosa deve soddisfare perché sia quella tale cosa. Quindi ci sarebbe un criterio generale di identità sortale (o identificazione sotto un concetto) per cui ogni dato oggetto rientra sotto il concetto se e solo se soddisfa una serie di condizioni elencate nella definizione del concetto.

Per alcuni concetti sono date queste condizioni necessarie e sufficienti, altri sono molto più vaghi, e risulta difficile dire esattamente cosa deve essere soddisfatto da un oggetto per essere la tal cosa. Il punto di vista metalinguistico, di questa difficoltà pratica, se ne impippa regalmente. La regola così definita non elenca le condizioni che un oggetto deve soddisfare per essere una istanza del concetto tal-dei-tali, ma prescrive che, per ogni concetto deve esistere un insieme di condizioni definite tali che, per ogni oggetto, se l'oggetto soddisfa congiuntamente tutte le condizioni allora l'oggetto è identificabile come istanza del concetto. (Una meta-regola?)

Si, dice la persona pratica, ma che me ne faccio della meta-regola se, per questo particolare concetto, non ho idea di quali siano le sue condizioni di identificazione, e forse non ce le avrò mai?

Problemi tuoi, risponde il logico, io lo schema te l'ho dato, sta a te farne uso; sappi che, se trovi una definizione, e non rispetta lo schema che ti ho dato, stai sbagliando qualcosa. Per il resto vai con Dio.

La tua obiezione potrebbe essere quella della persona pratica, ed è giustificata.

 

La mia è che lo schema è sbagliato.

 

O meglio, che vale per certi casi ma non può essere generalizzato.

 

In che modo quanto suggerito da Peirce costituisce una alternativa? L'identificazione di un qualcosa come tale può essere il riconoscimento di una somiglianza del qualcosa da identificare con un prototipo accettato come non problematico. O il riconoscimento di una maggiore prossimità tra due esperienze rispetto ad altre esperienze prese a paragone. O qualcosa del genere (i dettagli formali si possono discutere, Roma non è stata fatta in un giorno ecc.)

Ma...

BACHI: ma associare all'esperieza sensibile una successione infinita di "senzazioni" (ad es "modo di starnutire" s1, s2, s3, ecc) resta una convenzione, una scatola vuota, se non si è precedentemente quantificata la "sensibilità" (uso il termine nel tuo significato.. ciò che pascal , il più grande di sempre , chiamava finesse ). 

Mmh... si e no. In parte sono in disaccordo sulla questione della quantificazione (ma questo tra un attimo), in parte è sempre questione di che si sta cercando. Una 'legge' della sensibilità? No, non è quello che voglio venderti (non ce l'ho, diciamolo chiaramente). Uno schema, una meta-regola sotto cui sussumere tutte le svariate 'regole' d'uso dei concetti? Eccoci. 

​Ma non vale la stessa obiezione pratica fatta alla meta-regola precedente? Cioè che senza criteri effettivi, rimanga solo 'una scatola vuota'?

Si. Decisamente si.

 

Ma con una importante differenza.

​Lo schema per "condizioni necessarie e sufficienti" rimane effettivamente inerte, inutilizzabile, finché le condizioni non siano state specificate tutte, e in modo chiaro. Lo schema per "trasformazioni continue" (chiamiamolo così anche se è impreciso) è già utilizzabile anche con la più minimale delle distinzioni e degli ordinamenti tra fenomeni.

Prendiamo l'esempio del modo di starnutire. Non puoi, quantomeno​, chiedere se il tuo interlocutore è in grado di distinguere tra tre modi di starnutire che gli sottoponi? E, magari, di ordinarli per maggiore o minore prossimità o somiglianza? Non si ottiene così, a tutti gli effetti, per approssimazioni successive, uno spettro di modi di starnutire?

Obiezione: ma non è un vero continuo, comunque hai a che fare con elementi discreti. Risposta: vero, ma il ruolo del continuo qui è metalinguistico; è riconoscere la possibilità di introdurre sempre nuovi elementi nello schema in formazione e di poterne giudicare la posizione reciproca rispetto agli elementi già introdotti. 

Obiezione: ma questo modo di 'definire' un concetto non è preciso, bisognerebbe poi definire la prossimità o somiglianza ecc. Risposta: (a parte il fatto che gran parte del problema nasce dalla scelta dell'esempio, ci sono casi in cui puoi dare dei criteri ben precisi di somiglianza: vedi il triangolo di Kanisza) Si, non è preciso. Come molti concetti d'uso quotidiano non sono precisi. Lo schema tradizionale di definizione considera la vaghezza aberrante, questo l'accetta e cerca di spiegarla.

 

(Obiezione: ma qual uso ci può essere nella scienza di concetti del genere? Risposta: ma ho mai detto che bisogna farne uso nella scienza​? Quel che mi preme è trovare una chiave per comprendere le pratiche discorsive più disparate; se una pratica vive di concetti vaghi non vuol dire che l'uso di quei concetti non risponda a nessuna 'grammatica').

 

Obiezione (e qui torniamo alla quantificazione)

BACHI: se fosse possibile quantificare tutte le sfumature dell'esperienza, è evidente che le possibilità logiche di farlo siano fondate. il problema è che non è possibile quantificarle, o per lo meno va dimostrato. 

No, o meglio dipende innanzitutto dallo scopo che si ha: (1) trovare le leggi 'scientifiche' sottese all'esperienza (e allora si) o (2) individuare la logica sottesa a una pratica discorsiva (quale che sia) interessata alle sfumature dell'esperienza?

In questo secondo caso la richiesta di 'quantificare' mi sembra troppo restrittiva, in quanto tra la quantificazione in senso stretto e la totale anomia rimane sempre la possibilità (come detto sopra) di ordinare i fenomeni (senza dare una dimensione quantificata alle differenze tra essi): per gradi di somiglianza, per maggiore o minore fiducia nell'identificazione ecc. (Le possibilità sono numerose)

Ed è possibile usare strumenti rigorosi, formali, per studiare gli ordinamenti creati dai parlanti con la loro pratica discorsiva.

Gli ordinamenti così ottenuti, poi, potrebbero porsi in corrispondenza con grandezze effettivamente quantificabili oppure no.

Riesci a farlo? Bene, fai entrare la scienza nel quadro.

Non riesci a farlo? Peccato, ma quantomeno possiamo vedere come funziona la grammatica interna di molti (forse la maggior parte) dei modi usati dagli uomini per significare la loro esperienza.

 

Altre obiezioni che mi vengono in mente:

Ma questi ordinamenti non sono soggettivi?

Non si modificano nel tempo, man mano che aggiungiamo identificazioni nuove, inaspettate, allo spettro definito in precedenza?

Non sono specifiche di una cultura, di un contesto?

Si a tutto, e a dire il vero vedo solo vantaggi qui. Un approccio molto più versatile e vicino alle pratiche discorsive effettive.

 

L'obiezione più grossa che mi viene in mente, forse: ma non eravamo partiti dalle infinite sfumature della esperienza sensibile? Il discorso adesso verte sul linguaggio, è diventato questione di definizione di parole e abbiamo cambiato campo da gioco (e impoverito il tutto).

 

Beh, è purtroppo un rischio con la mia formazione e con il tipo di ricerche che sono abituato a fare. E' anche una distorsione dovuta al fatto che, adesso, ho fatto un esempio concreto di approccio formale (quello delle definizioni di concetti). Lo scrivo qui e spero che lo leggiate anche se è in fondo al papiro: NON E' TUTTA QUI LA QUESTIONE, E' SOLO UN ASPETTO E HO SCELTO L'ASPETTO CHE MI VENIVA PIU' FACILE GESTIRE.

 

Il fatto è che l'ambito di interesse di Peirce non è la semantica ma la semiotica, che è più ampia, e studiare il segno coinvolge molto di ciò che è fuori dell'ambito del linguaggio verbale. E mentre l'approccio metalinguistico analitico solo del linguaggio verbale può trattare, l'approccio peirceano si mostra adatto sia a quello che ad altri ambiti.

(Iniizialmente volevo fare un secondo ragionamento proprio sulla semiotica, ma ho scritto troppo, è tardi e sto esagerando).

Ma giusto per concludere: se pensate di nuovo alle forme, alle Gestalt visive, all'arte figurativa anche, abbiamo tutto un ambito in cui è applicabile (con i dovuti accorgimenti) l'idea peirceana del continuo bypassando il medium linguistico.


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La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#619 Reynard

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Inviato 17 gennaio 2018 - 22:14

E ora Elle: 

 

Prendiamo ad esempio il colore. Le lunghezze d'onda si possono mettere su uno spettro continuo, poi che nella realtà abbiamo davvero a che fare con tutte le lunghezze non lo so, eh, neppure limitandoci allo spettro del visibile per ovvie ragioni.
Ecco, ci sono già due cose che mi sembrano increspare quel che sosterrebbe P.: da un lato lo spazio dei colori percepibili non è monodimensionale, dall'altro non è vero che, date due sfumature, possiamo immaginare o percepire tutta la continuità di mezzo.
 

 

Hai perfettamente ragione, secondo me.

Il colore, semioticamente parlando, è una brutta bestia. Si presta tanto bene come esempio per spiegare quel che intende Peirce (e infatti lui lo usa sistematicamente), perché appare quasi come la qualità semplice per eccellenza; e ci si sbriciola tra le mani quando si tenti di analizzarlo in questi termini.

Allora, sul fatto del poter percepire la continuità, è sicuramente impossibile, e una volta avevo pure letto in giro quante sfumature diverse l'apparato visivo umano sia in grado di distinguere (si trattava di alcuni milioni, una enormità ma sicuramente un numero finito).

Quindi l'idea (teorica, anzi neppure teorica ma proprio puramente ipotetica) di un continuo di colori è sovradeterminata, troppo ricca, rispetto al fenomeno che dovrebbe mappare. Ma vedila nell'altro senso: le distinzioni di colori esistenti nel linguaggio sono al contrario troppo povere. Eppure ancora adesso, persino il filosofo non resiste alla tentazione di trattare il predicato che definisce il colore ('rosso') come un predicato semplice. E' sbagliato, ma forse più approssimato al vero, trattarlo invece come un segmento di spettro dai confini 'fuzzy' (e a questo proposito, è chiaro che finché si tratta di sfumature poste a grande distanza la loro distinzione non è problematica e pare 'naturale' il raggruppamento in rossi, verdi, ecc. Il punto nevralgico è cosa succede al confine, ed è qui che risalta l'errore di trattare i predicati per colori come mutualmente esclusivi; nei fatti, l'indicazione pratica da trarre da questo discorso sui colori è adottare un certo tipo di logica per i termini che li definiscono).

 

Questo, però, sempre ammesso che la qualità 'colore' sia semplice, semioticamente monadica, come sembra presupporre Peirce. Hai spiegato molto bene i motivi per cui questo può essere messo in dubbio.

 

Un ultima cosa: una volta entrato nell'ambito semiotico, ci si trova di fronte alla fantastica opportunità di trattare ogni oggetto a sua volta come segno. Che sia effettivamente formato da elementi continui o 'solo' da tantissimi elementi discreti, resta il fatto che il sistema colore ha potenzialità espressive semplicemente enormi. A questo punto possiamo ribaltare completamente la prospettiva e non chiederci più se i nostri concetti siano adeguati a descriverlo, ma che cosa invece possiamo significare con esso.


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La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#620 bELLE ELLEish

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Inviato 17 gennaio 2018 - 22:50

Altre cose che mi sovvengono così.

Simpatico come lo spazio dei colori ha dei nomi abbastanza precisi e precisamente dati per le sue zone (non c'era una sorta di invariante/universale linguistico nell'ordine in cui prendono nome in funzione del numero di nomi disponibili?). I suoni (le altezze) non allo stesso modo. Forse se avessimo tutti l'orecchio assoluto...

Il modo in cui si percepiscono i colori "è" una semantica (o semiotica?) se sto iniziando a capire. I nomi non ci sono dati, ma la grammatica sì, ed è una caratteristica "del mondo", non dei soggetti.
I daltonici e simili hanno una grammatica forse ridotta e lo spazio a loro accessibile è interno alla visione normale, come la gente che ha 4 tipi di coni vive uno spazio di colori che contiene il nostro. Se tutti vediamo un rosso, lo vediamo "uguale" (qui la cosa dal non-scientifico rischia di farsi non-sensato) magari.
La percezione [il [i]quale[/i]] dello stesso oggetto "rosso" da parte del gamberetto mantide, che ha una dozzina di coni diversi è un diverso modo/grammatica per distinguere le sfumature, è invece più profondamente *imparagonabile* alla nostra, e ciò rimane distinto dalla capacità di discernere le diverse lunghezze d'onda per la proprietà fisica stessa che le separa, invece che per la grammatica implicata dal sistema sensoriale.
E ci saranno continui o un unico continuo di grammatiche di uso/elaborazione di grandezze fisiche? Difficile a dirsi senza essere più precisi, ma per certi versi temo di no. Puoi tradurre dei colori in suoni (altezze, o timbri) e viceversa ma devi aggiungere vincoli o perdere informazioni, e così via, credo esistano discontinuità a priori.
Questo pone anche dei limiti di efficacia all'uso di qualsiasi cosa come segno, potenzialità magari permanente sempre ma non uniformemente (es. le lingue possono fare a meno di fonemi o del tono come "fonema", ma all'uomo non conviene codificare il pensiero in sequenze di toni come musicali, si necessità appunto una codifica esplicita, formale e innaturale; la musica comunica emozioni ma non ha un contenuto all'altezza delle informazioni che potrebbe conveire, quantitativamente).

Ma questo è proprio un miscuglio a briglia sciolta prima della nanna
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A proposito del Maurizio Costanzo show, a me l'ospitata del Joker al programma del personaggio di De Niro ha ricordato una di Aldo Busi, ma proprio uguale, compreso il balletto con cui si presenta al pubblico. Dubito che Phoenix si sia ispirato a quella, ma in certe parti, quando si mette a checcheggiare, la somiglianza era impressionante.

il primo maggiorenne che vedrò vestito da joker a carnevale, halloween o similia lo prendo per il culo di brutto
minimo un A STRONZOOOO, ANCORA STU JOKER? STRONZOOOO, vieni a casa mia che ho bisogno di una mano a sgomberare la mansarda, STRONZOOOO

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#621 bachi

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Inviato 18 gennaio 2018 - 09:50

L'obiezione più grossa che mi viene in mente, forse: ma non eravamo partiti dalle infinite sfumature della esperienza sensibile? Il discorso adesso verte sul linguaggio, è diventato questione di definizione di parole e abbiamo cambiato campo da gioco (e impoverito il tutto).

esatto. avevamo cominciato il discorso parlando della conoscenza matematica e di quella simbolica, non di semiotica, o di quali segni potrebbero usare gli uomini per mettersi d'accordo quando parlano fra loro. questo ha già molto più a che fare con la sociologia.
voglio dire, segno è, ad es, la bandiera italiana, qualcosa che classicamente , come dici tu, "fornisce condizioni necessarie e sufficienti che qualcosa deve soddisfare perché sia quella tale cosa. Quindi ci sarebbe un criterio generale di identità sortale (o identificazione sotto un concetto) per cui ogni dato oggetto rientra sotto il concetto se e solo se soddisfa una serie di condizioni elencate nella definizione del concetto. Per alcuni concetti sono date queste condizioni necessarie e sufficienti, altri sono molto più vaghi, e risulta difficile dire esattamente cosa deve essere soddisfatto da un oggetto per essere la tal cosa."
simbolo invece è qualcosa che riguarda la struttura della coscienza. ad esempio il sogno è costruito simbolicamente, come il gioco. (per questo l'arte , almeno quella vera , è peggio di una droga. di certo non ha nulla a che fare con il catechismo dei licei e delle università.)

Il problema sta un po' nel cosa aspettarsi/che scopo darsi. Se ti aspettavi una chiave allo studio fisico della musica, mi spiace d'averti portato fuori strada ma il mio non è lo stesso campo da gioco, lo stesso campionato e neppure lo stesso sport.

il fatto è che la tua obiezione peirceana sembrava una risposta alla mia affermazione che la fisica (nella sua forma matematica) non possa misurare tutto, e citavo la sinfonia o "i modi di camminare, ecc ecc" come esempi. forse qui nasce il mio fraintendimento.


Dico una cosa in termini di battuta. Di fronte a un fenomeno il primo istinto di un fisico può essere: come lo quantifico? Il primo istinto di un logico è: come lo formalizzo? La domanda che mi pungola è la seconda, quindi è per questo che alla problematica che mi agiti sopra (la Nona di Beethoven dedotta nomologicamente) non so come venire incontro ma a dirla tutta manco mi pongo il problema.

su questo non concordo, credo. tutti, fisici, logici, poeti rispondono a quell'unica domanda: "come lo formalizzo?". il fisico adotta i linguaggi della misura e della logica , il logico adopera soltanto il secondo. il musicista si serve di un altro linguaggio ancora, e così via. ogni linguaggio ha i propri vantaggi , ad esempio solo quello matematico è strutturato in modo da prevedere i suoi predicati ,cioè le misurazioni. ma penso sia una (doverosa) sottigliezza, dato che non mi sembri uno di quegli esagitati tipo severino ,o il mio comunque sempre amato calasso, che confondono tecnica e matematica, o peggio credono che la matematica sia una roba da automi.


Il punto di vista metalinguistico, di questa difficoltà pratica, se ne impippa regalmente. La regola così definita non elenca le condizioni che un oggetto deve soddisfare per essere una istanza del concetto tal-dei-tali, ma prescrive che, per ogni concetto deve esistere un insieme di condizioni definite tali che, per ogni oggetto, se l'oggetto soddisfa congiuntamente tutte le condizioni allora l'oggetto è identificabile come istanza del concetto. (Una meta-regola?)
Si, dice la persona pratica, ma che me ne faccio della meta-regola se, per questo particolare concetto, non ho idea di quali siano le sue condizioni di identificazione, e forse non ce le avrò mai?
Problemi tuoi, risponde il logico, io lo schema te l'ho dato, sta a te farne uso; sappi che, se trovi una definizione, e non rispetta lo schema che ti ho dato, stai sbagliando qualcosa. Per il resto vai con Dio.
La tua obiezione potrebbe essere quella della persona pratica, ed è giustificata.

la mia personale obiezione , in ogni caso molto pratica : è applicabile (a qualcosa di importante) questa meta-regola? e che vantaggi mi porta?

Prendiamo l'esempio del modo di starnutire. Non puoi, quantomeno​, chiedere se il tuo interlocutore è in grado di distinguere tra tre modi di starnutire che gli sottoponi? E, magari, di ordinarli per maggiore o minore prossimità o somiglianza? Non si ottiene così, a tutti gli effetti, per approssimazioni successive, uno spettro di modi di starnutire?
Obiezione: ma non è un vero continuo, comunque hai a che fare con elementi discreti. Risposta: vero, ma il ruolo del continuo qui è metalinguistico; è riconoscere la possibilità di introdurre sempre nuovi elementi nello schema in formazione e di poterne giudicare la posizione reciproca rispetto agli elementi già introdotti.
Obiezione: ma questo modo di 'definire' un concetto non è preciso, bisognerebbe poi definire la prossimità o somiglianza ecc. Risposta: (a parte il fatto che gran parte del problema nasce dalla scelta dell'esempio, ci sono casi in cui puoi dare dei criteri ben precisi di somiglianza: vedi il triangolo di Kanisza) Si, non è preciso. Come molti concetti d'uso quotidiano non sono precisi. Lo schema tradizionale di definizione considera la vaghezza aberrante, questo l'accetta e cerca di spiegarla.
(Obiezione: ma qual uso ci può essere nella scienza di concetti del genere? Risposta: ma ho mai detto che bisogna farne uso nella scienza​? Quel che mi preme è trovare una chiave per comprendere le pratiche discorsive più disparate; se una pratica vive di concetti vaghi non vuol dire che l'uso di quei concetti non risponda a nessuna 'grammatica').

secondo me regge l'obiezione precedente. che senso ha tutto questo? perché dovrei applicare una stuttura logica ai modi di starnutire? se il meta-linguaggio fosse preciso , allora potrei adoperarlo per una trattazione scientifica anche di quei fenomeni di cui la scienza non si occupa. ma dato che restano sempre segni rapportati fra loro secondo regole logiche, si torna all'obiezione primaria che muovevo a certa filosofia : tentare di applicare procedimenti logico-deduttivi a partire da concetti indefiniti, di modo che più si avanza più aumenta l'errore, fino ad arrivare a paradossi , o a far dire al sistema formalw quello che si vuole.


Obiezione (e qui torniamo alla quantificazione)
BACHI: se fosse possibile quantificare tutte le sfumature dell'esperienza, è evidente che le possibilità logiche di farlo siano fondate. il problema è che non è possibile quantificarle, o per lo meno va dimostrato.
No, o meglio dipende innanzitutto dallo scopo che si ha: (1) trovare le leggi 'scientifiche' sottese all'esperienza (e allora si) o (2) individuare la logica sottesa a una pratica discorsiva (quale che sia) interessata alle sfumature dell'esperienza?
In questo secondo caso la richiesta di 'quantificare' mi sembra troppo restrittiva, in quanto tra la quantificazione in senso stretto e la totale anomia rimane sempre la possibilità (come detto sopra) di ordinare i fenomeni (senza dare una dimensione quantificata alle differenze tra essi): per gradi di somiglianza, per maggiore o minore fiducia nell'identificazione ecc. (Le possibilità sono numerose)
Ed è possibile usare strumenti rigorosi, formali, per studiare gli ordinamenti creati dai parlanti con la loro pratica discorsiva.
Gli ordinamenti così ottenuti, poi, potrebbero porsi in corrispondenza con grandezze effettivamente quantificabili oppure no.
Riesci a farlo? Bene, fai entrare la scienza nel quadro.
Non riesci a farlo? Peccato, ma quantomeno possiamo vedere come funziona la grammatica interna di molti (forse la maggior parte) dei modi usati dagli uomini per significare la loro esperienza.

anche qui, vale "l'obiezione primaria", se vogliamo chiamarla così.

Ma giusto per concludere: se pensate di nuovo alle forme, alle Gestalt visive, all'arte figurativa anche, abbiamo tutto un ambito in cui è applicabile (con i dovuti accorgimenti) l'idea peirceana del continuo bypassando il medium linguistico.

ma quelle Gestalten funzionano perché rispondono a forme geometriche, che sono precise proprietà della mente. cioè, non esiste un solo uomo sano che non veda nella bandiera UE una circonferenza di stelle e che non associ quella forma alla forma della pupilla o del sole. nessuno ce lo insegna , lo sappiamo e basta. il triangolo del tuo esempio non è un segno, e nemmeno un simbolo, ma un modo proprio con cui organizziamo l'esperienza. anche la logica lo è, però le nozioni non matematiche non sostengono un numero elevato di deduzioni.
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#622 Reynard

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Inviato 18 gennaio 2018 - 18:33

 

secondo me regge l'obiezione precedente. che senso ha tutto questo? perché dovrei applicare una stuttura logica ai modi di starnutire? se il meta-linguaggio fosse preciso , allora potrei adoperarlo per una trattazione scientifica anche di quei fenomeni di cui la scienza non si occupa. ma dato che restano sempre segni rapportati fra loro secondo regole logiche, si torna all'obiezione primaria che muovevo a certa filosofia : tentare di applicare procedimenti logico-deduttivi a partire da concetti indefiniti, di modo che più si avanza più aumenta l'errore, fino ad arrivare a paradossi , o a far dire al sistema formalw quello che si vuole.
 

Una cosa è applicare regole di derivazione deduttive a concetti indefiniti, un'altra cosa e ben diversa è avere quei concetti indefiniti stessi come oggetti d'indagine e usare metodi formali adatti allo studio di ciò che è vago (e ce ne sono) come sistema di coordinate per orientarsi tra questi, analizzarne i rapporti reciproci ecc. Che è ciò che spero di fare. 

In questo si annida un possibile errore e un possibile pericolo. Il possibile errore è tentare di trarre conclusioni deduttive da ciò che non è abbastanza definito per permetterlo: ma tanto per cominciare non sono le lunghe catene deduttive more geometrico quel che mi interessa, quanto l'analisi del caso singolo di cui lo strumento formale è appunto, solo uno strumento; e per evitare l'errore bisogna conoscere lo strumento e capire quel che consente. Chiaramente se uso uno strumento adatto per studiare un concetto vago, questo rende (forse) la mia comprensione della complessità del concetto più chiara, le sue complicazioni più evidenti, ma non mi rende il concetto meno vago (e quindi più usabile in contesti deduttivi). 

Il pericolo (che è ben più serio) è di dare priorità al formalismo rispetto all'importanza di ciò che si analizza. Di analizzare per il gusto di analizzare. Qui bisogna ricordarsi che lo strumento non è l'oggetto, che ogni tanto è opportuno lasciarlo nella cassetta degli attrezzi e che abbiamo più strade a disposizione.

Spero di aver sempre abbastanza buon senso da non cadere in questo pericolo. 

 

Il che ci porta all'obiezione primaria:  che vantaggi ha un simile approccio? T'assicuro che la prendo sul serio, è indispensabile chiederlo e l'onere della prova spetta a me. D'altra parte direi che posso tentare di mostrare che guadagni porti solo percorrendola; poi posso proporre quel che se ne ricava e voi potete dirmi se vi illumina un po' di più sul fenomeno analizzato, se vi mostra un aspetto che non vi era riuscito di cogliere altrimenti (un aspetto, non ho mai aspirato alla completezza) oppure no.

Per me a volte questo approccio è stato illuminante. Ma magari quel che io ho visto per questa via, ad altri risultava già palese da un'altra strada. Non mi stupirei.

 

La semiotica peirceana che vantaggi ha? Beh, mi viene da chiedermi, rispetto a cosa?

Ci sono dei grandi intuitivi che riescono a muoversi tra i fenomeni più sottili e impalpabili con una acutezza, una profondità, una scioltezza che nessun metodo potrà mai insegnare. Questi potrebbero prendersi i miei suggerimenti e usarli per nettarsi le parti basse, ed io muto. Li invidio tantissimo.

Ma c'è anche un modo di vedere l'arte che, sotto magari la guisa di un rispetto a parole per l'alterità e la 'purezza' dell'opera, in realtà è rigidissimo e quasi tautologico. Mi viene in mente Croce. Ogni opera sarebbe una individualità incommensurabile nella sua totalità organica: tutto bellissimo, ma in pratica si limita a vedere ogni opera come identica a se stessa e distinta da ogni altra cosa. Intanto le opere d'arte vivono in uno scambio comunicativo continuo, sensi multipli si annidano in essi e si esplicano in interpretazioni storicamente determinate, si parlano tra loro e si cannibalizzano a vicenda, e nell'epoca della riproducibilità tecnica (Beniamin è uno di quelli che mi fa schiattare d'invidia) proprio la sua non individualità diventa un tratto caratterizzante dell'esperienza artistica. Non pretendo che Peirce fornisca la chiave di tutto, ma permette (mi ha permesso, quanto meno) di seguire queste reti di sensi in modo più aderente al fenomeno e (ti sembrerà incredibile) assai meno rigido di una idea ancora romantica d'arte (al fondo ontologica, anche se con un linguaggio pseudo-evocativo).

 

[Barthes aveva notato come, nel parlare d'arte più diffuso e comune, si amassero tanto le tautologie ("Racine è Racine", l'esempio che fa lui, "Leonardo è Leonardo", "La Nona è la Nona", "Io so' io e voi non siete un cazzo" ashd ). Barthes ad esempio era uno che usava la semiotica nel suo approccio alle opere d'arte, e ne riesce a trarre considerazioni illuminanti. Se lui si muove con grande delicatezza tra le opere più complesse e intrattabili mentre io sembro il monumento al pedante ignoto non è questione di strumenti utilizzati, è che lui è dieci milioni di volte più in gamba di me].


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La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#623 Guest_Michele Murolo_*

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Inviato 18 gennaio 2018 - 19:56

 

 

secondo me regge l'obiezione precedente. che senso ha tutto questo? perché dovrei applicare una stuttura logica ai modi di starnutire? se il meta-linguaggio fosse preciso , allora potrei adoperarlo per una trattazione scientifica anche di quei fenomeni di cui la scienza non si occupa. ma dato che restano sempre segni rapportati fra loro secondo regole logiche, si torna all'obiezione primaria che muovevo a certa filosofia : tentare di applicare procedimenti logico-deduttivi a partire da concetti indefiniti, di modo che più si avanza più aumenta l'errore, fino ad arrivare a paradossi , o a far dire al sistema formalw quello che si vuole.
 

Ci sono dei grandi intuitivi che riescono a muoversi tra i fenomeni più sottili e impalpabili con una acutezza, una profondità, una scioltezza che nessun metodo potrà mai insegnare. Questi potrebbero prendersi i miei suggerimenti e usarli per nettarsi le parti basse, ed io muto. Li invidio tantissimo.

 

 

[Barthes aveva notato come, nel parlare d'arte più diffuso e comune, si amassero tanto le tautologie ("Racine è Racine", l'esempio che fa lui, "Leonardo è Leonardo", "La Nona è la Nona", "Io so' io e voi non siete un cazzo" ashd ). Barthes ad esempio era uno che usava la semiotica nel suo approccio alle opere d'arte, e ne riesce a trarre considerazioni illuminanti. Se lui si muove con grande delicatezza tra le opere più complesse e intrattabili mentre io sembro il monumento al pedante ignoto non è questione di strumenti utilizzati, è che lui è dieci milioni di volte più in gamba di me].

 

 

Stai parlando di me vero? ashd

Vabbeh dai a Barthes che gli devi dire? E' bravo ovunque e dovunque. Poi ha scritto La camera chiara che vale da sola intere biblioteche. Uno dei miei testi preferiti. Credo di averlo letto quasi una decina di volte asd


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#624 bachi

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Inviato 18 gennaio 2018 - 20:35

edit: rey , ho letto solo ora il pm
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#625 Giuseppe Bergman

    Masturbatore

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Inviato 31 gennaio 2018 - 18:31

Thread estremamente interessante.

 

Comunque, gran parte della filosofia scompare dinanzi ad un buon cartone d'acido lisergico


  • 0

" Chi lo sa veramente? Chi può qui dichiarare

da dove è stata prodotta, da dove viene la creazione?

Dalla creazione di questo universo gli Dei vennero successivamente:
chi allora sa da dove ciò è sorto? "


#626 Stephen

    Wannabe the Night Meister

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Inviato 08 febbraio 2018 - 22:27

Forse non sapevate che...

Il "corpo senza organi" di Deleuze e Guattari che sembra tanto una delle espressioni un po' bislacche tipiche dei post-strutturalisti più spinti è in realtà una citazione di Tocqueville.

PS
Folagra, arrivo per le pornostar!
  • 0

E un passo di quella danza era costituito dal tocco più leggero che si potesse immaginare sull'interruttore, quel tanto che bastava a cambiare...

... adesso

e la sua voce il grido di un uccello

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#627 B3LYP

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Inviato 08 febbraio 2018 - 22:55

Non so dove fare questa domanda, e non ho trovato un topic adatto alle domande/consigli. 

Sento parlare dall'anno scorso di un saggio/libro che comincia ad incuriosirmi parecchio.

Il testo è "Dark Ecology" di Timothy Morton, qualcuno lo ha letto per caso? Quanto è 

abbordabile come testo per dei profani di filosofia?

 

DARK_BASIC.jpg

 

Il tema del saggio è l'ecologia, ma apparentemente in un contesto abbastanza "deviato"

dal concetto comune/di massa di ecologia stessa. Si parla inoltre di hyperobjects e di object-oriented

ontology (ontologia abbastanza spinta (?), o almeno per i profani). Qualcuno?


  • 1

#628 Stephen

    Wannabe the Night Meister

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Inviato 08 febbraio 2018 - 23:00

almeno per i profani


Mica è una religione! Prova a leggere gli articoli sul sito; io ne ricordo uno interessante su Hegel e la fine dell'arte (sempre a tema ecologico) su cui un mio amico ha fatto la tesi. Non so cosa sia l'ontologia spinta quindi in caso spostiamoci nella sezione a luci rosse asd il concetto di iperoggetto mi sembra intuitivo-in-senso-buono, e considerato che lui è un pazzerello anti-accademico e alla moda secondo me non dovresti avere problemi.
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#629 bELLE ELLEish

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Inviato 08 febbraio 2018 - 23:05

Io ne avevo letto su qualche rivista sul pezzo [una carezza a frankie], forse Prismo, e mi era stato piuttosto in culo il modo di approcciare all'ecologia. Mi era forse sembrato romanticizzare ed estetizzare a fini letterari cose molto serie, non so se sia questo l'obiettivo della filosofia ma insomma... Un articolo successivo di non so chi mi aveva fatto capire che anche gente non-profana la pensava in modo simile.

Poi le pagine di wikipedia sull'OOO me le leggo con mistico piacere e certe cose sono veramente interessanti, stimolanti anche per noi non-iniziati, però su altre non si scherza e non parlo di morale


  • 0

A proposito del Maurizio Costanzo show, a me l'ospitata del Joker al programma del personaggio di De Niro ha ricordato una di Aldo Busi, ma proprio uguale, compreso il balletto con cui si presenta al pubblico. Dubito che Phoenix si sia ispirato a quella, ma in certe parti, quando si mette a checcheggiare, la somiglianza era impressionante.

il primo maggiorenne che vedrò vestito da joker a carnevale, halloween o similia lo prendo per il culo di brutto
minimo un A STRONZOOOO, ANCORA STU JOKER? STRONZOOOO, vieni a casa mia che ho bisogno di una mano a sgomberare la mansarda, STRONZOOOO

There is a duality between thought and language reminiscent of that which I have described between dreaming and play

Man the sum of his climatic experiences Father said. Man the sum of what have you


#630 B3LYP

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Inviato 08 febbraio 2018 - 23:35

 

almeno per i profani

...quindi in caso spostiamoci nella sezione a luci rosse asd ...

 

 

C'è una sezione luci rosse?!

Comunque io sono proprio ignorante in filosofia, diciamo che sono ancora al livello delle superiori, per questo mi chiedo quanto 

sia abbordabile un testo del genere per degli esterni. 

 

In realtà avevo letto una recensione su Prismo, solo che risulta abbastanza negativa. In contemporanea sempre su Prismo c'è un'altra 

recensione fatta qualche mese prima sull'ecologia/antropocene/Morton, e quella è molto più positiva. Sí insomma, non capisco se sia 

solo hype o se ne valga la pena e sia comprensibile.


  • 0

#631 Stephen

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Inviato 09 febbraio 2018 - 11:11

Belìp, da qualche parte si deve iniziare. Poi dicci tu se l'hype è giustificato o meno.
C'è la zona rossa ma devi sbloccarla con un tot di messaggi.

romanticizzare ed estetizzare a fini letterari cose molto serie, non so se sia questo l'obiettivo della filosofia

Potremmo iniziare la polemichetta, che ne dici?

Ma non dice essenzialmente quella cosa che dicono anche gli ecologisti, cioè "attenti, qui non riusciamo ad approcciarci al cambiamento climatico perché è una cosa troppo ampia: il nostro concetto di cos'è una cosa è troppo ristretto, il nostro concetto di cos'è un essere umano troppo spazialmente e temporalmente ristretto, etc etc"? Chiedo mai letto nada. Poi se invece intendevi che è un cazzone mi pare evidente. asd

Forse però potremmo parlare del "troppo serio": come si evita l'apocalittismo conservatore? Chiedo, mi sembra importante in questo periodo (aggiungi i riferimenti del caso che vuoi tu).
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#632 Narostium

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Inviato 12 febbraio 2018 - 21:12

L'idea che più mi opprime e attanaglia, nella mia vita, è il concetto di non absconditus, del corpus ontologico di Aristotele, ripreso da Heidegger in Cos e' la Metafisica? per spiegare l'idea del non essere.


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#633 Guest_Michele Murolo_*

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Inviato 12 febbraio 2018 - 21:22

La mia invece è questa

 

Vocatus atque non vocatus deus aderit

 

Frase incisa sullo stipite della porta d'ingresso della casa di Jung


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#634 Connacht

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Inviato 18 febbraio 2018 - 08:23

Anche i fisici sono filosofi: il ruolo della filosofia nella fisica moderna: http://www.lescienze...a_viva-2611425/


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#635 Stephen

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Inviato 21 febbraio 2018 - 14:44

La mia invece è questa
 
Vocatus atque non vocatus deus aderit
 
Frase incisa sullo stipite della porta d'ingresso della casa di Jung

Hölderlin sul quaderno di Hegel: il segno della nostra amicizia è hen to pan.
Hegel commenta: no, è donne e vino.
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#636 Guest_Michele Murolo_*

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Inviato 21 febbraio 2018 - 17:00

Stephen oggi guardo la tua dedica, poi mi dici il perché
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#637 Stephen

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Inviato 21 febbraio 2018 - 17:11

Ma perché è uno spirituale (la dedica). Nel libro cita Sergio Quinzio, per dire. Va be', guardalo e capirai l'intento - secondo me.

Comunque, Mick, tu che sei un religioso: sei mai riuscito a leggere le Lezioni di Stoccarda di Schelling? Mi blocco sempre alla quinta pagina, tipo asd (domanda rivolta a tutti ovviamente.)
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#638 Guest_Michele Murolo_*

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Inviato 21 febbraio 2018 - 17:42

Ma perché è uno spirituale (la dedica). Nel libro cita Sergio Quinzio, per dire. Va be', guardalo e capirai l'intento - secondo me.

Comunque, Mick, tu che sei un religioso: sei mai riuscito a leggere le Lezioni di Stoccarda di Schelling? Mi blocco sempre alla quinta pagina, tipo asd (domanda rivolta a tutti ovviamente.)

 

No. Ho tenuto per vera molto della sua Filosofia della Religione. Per lunghi anni. Poi ho scoperto che era eretica(benché Bruno Forte dica il contrario) asd


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#639 Stephen

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Inviato 21 febbraio 2018 - 18:01

Sinceramente l'eresia del dio incompiuto che soffre per l'imperfezione della creazione tra una tirata gnostica algebrizzata e l'altra non mi stupisce. asd (ma dicevi il mitico Schellingone o Sergio - che non ho ancora letto?)

Infatti mi racconto ogni giorno la storia di quanto fosse rincoglionito Fichte per farsi cacciare dall'università per ateismo mentre giravano stravaganze ben più choccanti. asd
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#640 il nostro caro angelo

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Inviato 21 febbraio 2018 - 18:05

Regaz, in questi giorni di convalescenza mi sto sparando endovena un po' di testi di Sgalambro. Ho letto "Trattato sull'empietà" e "La conoscenza del peggio". Molto tosti, soprattutto il primo (non avendo praticamente alcun riferimento teologico). Ho peró ordinato "La morte del sole" e l'hype è altissimo. Voi cosa ne pensate del filosofo catanese?
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#641 Guest_Michele Murolo_*

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Inviato 21 febbraio 2018 - 18:06

E che per di mio sarei molto più gnostico che cristiano asd

Ma sono cose malate. Fichte che inoltre era anche fortemente antisemita, e anzi i suoi Discorsi alla nazione tedesca ebbero un certo influsso su Hitler che invece, trentenna scriveva ancora Schoppenhauer e aveva una conoscenza di Nietzsche pari allo zero cosmico[Informazione tratte da La biblioteca di Hitler. Cosa leggeva il Fuhrer].

 

@Script: Mi dispiace ma ho provato a leggere qualcosa di suo ma non mi è piaciuto. O meglio non è vero che non mi sia piaciuto, semplicemente non mi ha convinto ad andare avanti con la lettura. Comunque in futuro ci voglio riprovare


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#642 Connacht

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Inviato 22 febbraio 2018 - 11:09

Scarafaggi, parassitoidi e libero arbitrio: prosopopea.com/2012/07/20/scarafaggi-parassitoidi-e-libero-arbitrio/

"Questo quasi-libero arbitrio degli insetti è filogeneticamente un precursore di quello che noi consideriamo libero arbitrio ? Quanti strati di controllo dobbiamo aggiungere alla torta per distinguere tra una scelta veramente libera e una che ha solo l’apparenza di essere tale ? Aveva ragione Schopenhauer ? Può la biologia informare il dibattito filosofico ? (Sì.)"


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#643 Guest_Michele Murolo_*

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Inviato 22 febbraio 2018 - 11:15

Stephen il 7 marzo viene Tronti a parlare in cattolica!


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#644 Rover

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Inviato 26 febbraio 2018 - 19:28

Forse se ne è parlato ma ho finito da poco di leggere Oltre La Linea di Jünger - Heidegger (Adelphi, 1989) e mi è sembrato uno scritto importante per inquadrare alcune questioni ampiamente dibattute nell'epoca in cui ci troviamo. Le prospettive di Jünger sull'argomento del superamento del nichilismo mi sono sembrate fin troppo fiduciose: più profonde le riflessioni contenute nella risposta di Heidegger, La Questione dell'Essere. (Se avete pareri leggo volentieri) 


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#645 Rover

    hjdjlalkjaz

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Inviato 16 marzo 2018 - 16:12

Avete gia' parlato di Badiou, qui?

...non mi sembra!

 

Mi sono dedicato alla lettura due libretti di raccolte epistolari di Cioran editi da Mimesis: Il nulla (con Marin Mincu, romanziere, poeta e saggista) e Cioran, Balan Tra inquietudine e fede corrispondenza (1967-1992) con George Balan, filosofo, musicologo e teologo di origine rumena.

Il secondo in particolare ricostruisce la bella amicizia tra i due intellettuali e svela molti aspetti, anche sorprendenti, della quotidianità del filosofo di Rasinari, tra cui la profonda inquietudine religiosa e l'amore per la musica.


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#646 Trickster017

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Inviato 13 aprile 2018 - 13:46

Filosofi del forum, sapete cosa significa l'espressione "Scheinbeweiskunst" ?

Vi sono tre parole di cui separatamente conosco il significato, ma messe insieme non ne capisco il senso. Si parla di Labriola e della retorica.


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Keine Gegenstaende aus dem Fenster werfen


#647 Reynard

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Inviato 13 aprile 2018 - 14:05

Lett. "Arte della argomentazione (o: della conclusione) apparente".

 

Bisognerebbe vedere dal contesto (non conosco quel che pensa Labriola della retorica) se il prefisso Schein- indica la non necessità, la semplice verosimiglianza della argomentazione (secondo la definizione aristotelica della retorica come concernente il possibile) oppure la sua falsità. A senso propenderei per la seconda, ma ripeto andrebbe visto il contesto.


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#648 simon

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Inviato 14 maggio 2018 - 22:02

Che cosa è esattamente la filosofia?
con la potenza del linguaggio possiamo scrivere frasi come questa: possiamo conoscere il prima del prima della auto-genesi.
 
Ma il linguaggio ordinario rimane come la forma più alta di censura cesura dall'autocoscienza dell'essere-linguaggio, l'impossibilità di essere. Non potremo mai parlare di massa, sono astrazioni, stiamo ancora a Marx e dunque rimpiango Hegel.
 
Proprio oggi guardando un incontro di tennis a Roma la regia ha staccato dal campo alla panoramica del villaggio, questo brulichio di persone che potremmo definire che abitano il mondo, un brulichio post euclideo, tracciante. Se la filosofia si arrende all'incognita di capire i legami micro-dinamici che legano gli enti, ben oltre la filosofia fenomenologica... ecco saremo sempre al punto di partenza.
 
Che cosa è veramete la filosofia: illuderci o confermarci di illuderci che siamo in grado non di pensare ma di percepire i nostri segni dotati di una parvenza di significanza, l'atto scritto gli atti di coscienza.
 
La filosofia ci insegna grazie ad Aristotele l'arte della modestia, del più grande sforzo (assieme a Kant) di capire tutto quanto è fuori dal nostro corpo-mente, la possibilità nel primo caso di ridurre il sistema (che cosa è un sistema?) attraverso il suo slabbramento in enti logici che possono ulteriormente ridursi a singoli atomi-aggregati di relazione, il secondo ha processato il fenomeno del mondo. Bisogna ripartire da questa strategia, da questo contatto (discreto) con la metafisica e la non previsione dell'IO TRASCENDENTALE post fichtiano, dunque HUSSERL come base di partenza per carpire l'arte; la prospettiva simbolica come libro base di estetica e di ermeneutica.
La filosofia è solamente questo: la penetrazione verso l'ignoto del non cosciente, le ontologie sull'IO TRASCENDENTALE, il rapporto di A con il mondo inteso come incognita riducibile ma non ai suoi atomi più semplici (geometria post euclidea, Prigogine) con tutta la speculazione teoretica-intenzionale che FA l'arte... ciò sta sotto di noi in termini pratici tra mille virgolette: la terra, l'archeologia di un vissuto, strato dopo strato fino al centro che non è un centro e la teologia come scienza logica speculativa dell'essere divino intuito spiegato (!) attraverso il linguaggio privato da ogni risonanza metafisica, figlio della matematica, della geometria più che specchio di ciò che "vediamo".
Quattro punti cardinali che ci portano comunque alla perenne domanda che non troverà mai risposta in quanto qualsiasi concetto originale viene ripreso e modificato una catena infinita di proiezioni: che cosa è il tempo? 
Da queste basi, si costruisce e decostruisce l'intera storia della filosofia. Non si scappa dal corpo presenza, dall'intuizione della metafisica, al dolore come gestazione dialettica che porta al pensiero, alle sue viscere, alle sue micro-tensioni, al passato inteso come retroazione di strati storico archeologici, l'intero rapporto con le ontologie della realtà con la schizofrenia la psicosi del rapporto tra ciò che calpestiamo e ciò che ci spinge a guardare in alto nell'impossibilità di pensare alla possibilità di non pensare all'auto-genesi: la presenza che fa male, in quanto è un domandarsi e rispondersi vivendo-agendo in spazi topologici, deformabili, non sempre armonici. 
Trovo queste affermazioni ovunque, in un incontro di tennis (schemata) alla fascinazione estetica per l'opera d'arte, trascendendo ciò che esiste ma è incognito attraverso l'immaginario.
Per avvertire che siamo abbiamo un solo intervento divino: il dolore. attraverso il male più di ogni altra condizione umana sentiamo il tempo, sentiamo lo spazio e sembriamo come il prodotto di queste due forze, fino alla morte non di noi stessi, ma dallo spostamento progressivo del tempo e dello spazio da un'altra parte.

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„Non si può che confermarsi 'stranieri nella propria lingua'. Il plurilinguismo (crogiuolo di idioletti, arcaismi, neologismi di che trabocca il poema) è il contrario d'una accademia di scuola interpreti. È 'Nomadismo': divagazione, digressione, chiosa, plurivalenza, ecc. Il testo intentato è (deve essere) smentito, travolto dall'atto, cioè de-pensato.“

CARMELO BENE
 

 

 


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Inviato 16 maggio 2018 - 22:04

Per avvertire che siamo abbiamo un solo intervento divino: il dolore. Attraverso il male più di ogni altra condizione umana sentiamo il tempo, sentiamo lo spazio e sembriamo come il prodotto di queste due forze, fino alla morte non di noi stessi, ma dallo spostamento progressivo del tempo e dello spazio da un'altra parte.


Il dolore dunque procede dal divino? Bene e male sono due facce di un'unica medaglia?
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Inviato 04 giugno 2018 - 11:19

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L'altro ieri è morto Irenäus Eibl-Eibesfeldt, padre dell’etologia umana che rese un campo di ricerca definito e a sé stante. Se vi interrogate spesso sulla natura del comportamento umano, se siete sempre stati presi tra i due fuochi del "bellum omnium contra omnes" e "homo homini lupus" di Hobbes da un parte, "buon selvaggio" di Rosseau dall'altra, questo autore ha risposto a entrambi. L'uomo è predisposto per sua natura all'assassinio, all'istinto di autoconservazione e alla brama di potenza, venendo domato solamente dalla ragione e dallo sviluppo culturale che reprimono tali impulsi? Oppure in realtà la natura dell'uomo è quella di un essere di indole pacifica e buona, o tutt'al più "né buono né cattivo, senza vizi né virtù", ma poi reso aggressivo solo dallo sviluppo della civiltà e dalla nascita di confini, idee, paletti?

 

Il libro "Amore e odio – per una storia naturale dei comportamenti elementari" tratta lo studio dei comportamenti umani per discernere quali sono appresi, per mezzo culturale, e quali sono invece degli innatismi (ovvero quelli che impropriamente chiamiamo “istinto”) e in quest’ultimo caso si procede poi alla loro comparazione con quelli presenti negli altri animali. L’autore mette a frutto i suoi anni di viaggi e ricerca, soprattutto tra popolazioni indigene delle quali vengono analizzate espressioni facciali e gestuali, mimica, sentimenti. I risultati sorprendenti non sono solo il fatto che le emozioni umane sono universali, senza distinzioni di etnia, ma che conserviamo (filogeneticamente) molte affinità anche con gli altri animali, soprattutto gli altri primati, tanto più quanto minore è la distanza evolutiva che ci separa. Come avrebbe poi detto il neuroscienziato Antonio Damasio, non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano. 

 

Il confine che ci separa dagli altri animali, forse, non è così netto come ci piace credere, e come molta filosofia ha erroneamente dato per scontato per secoli.

 

« Se smetteremo di erigere barriere alla comunicazione fra uomini e di degradare a mostri coloro che sono uomini come noi, anche se aderiscono ad altri sistemi di valori – ma, al contrario, accentueremo ciò che a loro ci lega, noi prepareremo per i nostri nipoti un futuro felice. Le potenzialità del bene sono biologicamente presenti in noi quanto quelle dell’autodistruzione. La vita è scaturita da questo petrigno pianeta in sempre nuove forme: dalle alghe più semplici su su fino all’uomo, il quale medita su questa creazione e cerca di plasmarla egli stesso e, ciò facendo, forse finisce per distruggerla. Sarebbe veramente grottesco risolvere in quest’ultimo modo il problema del significato della vita. »

 

« Noi uomini siamo in generale convinti di agire per libero arbitrio; crediamo di poter liberamente decidere di fare una cosa e non farne un’altra. Ma, a volte, l'insorgenza dell'ira non turba forse la limpidezza delle nostre decisioni? Non diciamo forse, come se fossimo costretti, cose che in un altra situazione psicologica non avremmo detto? E ancora, non reagiamo forse, a certe situazioni, addirittura automaticamente, in modi sostanzialmente uguali, senza aver prima riflettuto? […]
Da vari punti di vista ci comportiamo come un calcolatore programmato. Il confronto non è affatto longe quaesitus perché, in realtà, noi reagiamo in modo prevedibile, e se così non fosse non esisterebbe una scienza del comportamento. Ma ciò equivale a dire che, in qualche momento del nostro sviluppo, noi siamo stati 'programmati': di fronte a questo problema - come, cioè, si sia verificato che noi siamo dotati di programmazioni comportamentali - le opinioni divergono. » 


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It goes in circles
Someone dies
Someone lives
In pain
It is burning
Into the thin air
Of the nature
Of a culture
On the dark side
Under the moon




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