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Perfect Days (Wenders, 2024)
#1
Inviato 27 gennaio 2024 - 10:44
Orsù, ditemi almeno il rapporto dell'ultima comparsa col protagonista, quando giocano a schiacciarsi. Dannati acufeni, non ho capito un cazzo di quello che si sono detti.
Filmone, allo stesso tempo finzione e documentario, b/n e colori, muto e parlato, neorealista e attori.
Ma anche una descrizione dell'essere umano, prezioso e inutile, depositario e diseredato di quella che Sorrentino, un po' pomposamente, ha chiamato La grande bellezza, quella rinvenibile nell'infinitamente infimo che tiene il mondo in equilibrio, come sanno bene i culti dell'estremo Oriente, e di cui un tedesco, non il massimo dello spirito, opera rinvenimento attraverso le immagini, sia esse foto, musica, libri, piante, cessi, riti, e infine pellicola.
#2
Inviato 27 gennaio 2024 - 10:51
Wenders ambienta in Giappone un film minimalista e pacificato, intriso di piccoli riti quotidiani, in cui si avverte l'influenza di Ozu e che echeggia in parte anche la prima fase della propria filmografia. Un film che intende farsi sineddoche di un Giappone forse anche idealizzato, il cui protagonista incarna la difficile arte di porsi con umiltà in relazione armoniosa con il momento in cui si esiste
https://www.ondacine...ys-wenders.html
[ho creato il thread e spostato il messaggio di piersa]
#3
Inviato 27 gennaio 2024 - 11:00
Se vi capita di andarci, ricordatevi di insaponarvi due o più volte prima di immergervi: i giapu guardano gli occidenti di mal occhio perché lo fanno solo una volta.
#4
Inviato 27 gennaio 2024 - 11:07
Orsù, ditemi almeno il rapporto dell'ultima comparsa col protagonista, quando giocano a schiacciarsi. Dannati acufeni, non ho capito un cazzo di quello che si sono detti.
Spoiler (?)
#5
Inviato 27 gennaio 2024 - 11:08
#6
Inviato 27 gennaio 2024 - 11:38
Grazie, mi era proprio sfuggito il rapporto, il resto, grazie alle immagini, mi era chiaro. Lei è quella che canta, giusto?
Sì
#7
Inviato 06 febbraio 2024 - 14:43
Molto bello, delicato, malinconico, poetico (EHI, cosa sono queste parole!?). Anch'io - evidentemente come tanti, apprendo dalla recensione - ho pensato a Paterson, che non ricordo nitidamente, ma le sensazioni che mi aveva lasciato addosso erano quelle: una carezza rassicurante, ma per niente dozzinale e/o melensa.
Film per ristabilire l'assetto interiore, e per mettere le ansie, le manie, le cose della vita e la vita delle cose in prospettiva.
#8
Inviato 06 febbraio 2024 - 17:35
Incollo quanto scrissi su fb, a caldo, dopo la visione del film.
"Perfect Days" come molti grandi film nasce da circostanze fortuite: a Wenders commissionano una serie di spot sull'architettura dei bagni pubblici di Tokyo. Il regista tedesco coglie però l'occasione per realizzare un lungometraggio di finzione a Tokyo, tornando nella capitale giapponese dopo "Tokyo-ga", documentario dedicato a Ozu. Il protagonista Hirayama, nome ozuiano, ha il volto Koji Yakusho, interprete di punta degli ultimi quarant'anni di cinema giapponese, allievo di Tatsuya Nakadai e attore feticcio di Kiyoshi Kurosawa. Hirayama conduce una vita umile e tranquilla e Wenders imposta "Perfect days" sul modello offerto dal suo vecchio discepolo, Jim Jarmusch, che, superando il maestro, aveva compiuto un miracolo con il bellissimo "Paterson". Qui Wenders restituisce la ritualità dello zen al Giappone, diminuisce gli accidenti, abbassa le ambizioni e il quoziente hipster (Paterson era Adam Driver, era un poeta e la bellissima Golshifteh Farahani era la moglie). Hirayama è di età avanzata, vive solo, ha una quotidianità incardinata intorno a riti fissi e apparentemente immutabili: bagnare le piantine, lavare i bagni con la perizia di un medico, pranzare al parco, scattare una foto, lavarsi al bagno pubblico, mangiare in un ristorantino alla stazione di Asakusa, leggere un libro, sognare. Ci sono alcune divagazioni che rompono la routine ma esse vengono accettate di buon grado dal protagonista, che sorride al cielo prima di andare al lavoro e durante il tragitto ascolta la grande musica degli anni 60 e 70, come se ogni giorno iniziasse un epico road movie, il genere wendersiano per eccellenza. Di Hirayama non sappiamo niente, intuiamo che potrebbe essere un uomo colto, "un intellettuale" come dice la tenutaria di un ristorante in cui mangia nel giorno di riposo, oppure possa appartenere a una famiglia facoltosa. Hirayama sceglie la marginalità di un mondo personale e analogico che entra in connessione con il mondo degli altri, per arricchirlo o per trarne uno scampolo di bellezza. Come un saggio Hirayama si prende delle pause e guarda il gioco delle luci e delle ombre: sorride pensando sia giusto e bello. Aspetta sereno il crepuscolo - che è il crepuscolo del suo mondo, il crepuscolo del 900 - per poter sognare di catturare il "komorebi", la luce che filtra tra le fronde degli alberi, quella foto sempre uguale che ogni giorno scatta e fa sviluppare in b/n (come i sogni). Hirayama vive tra le immagini oniriche e le immagini delle sue giornate, senza giudicare ma accettando quello che accade come componenti di un unico flusso esistenziale. Il suo mondo interiore e il mondo si sfiorano. E poi è un altro giorno...
#9
Inviato 15 febbraio 2024 - 08:03
splendide le incursioni nella quotidianità rituale, che con pochissimi accenni danno profondità alla stessa. in particolare l'incontro con la sorella (un semplice abbraccio, due parole, ma commoventi) evidenzia come la sua condizione lavorativa, e non solo, sia una scelta consapevole (a differenza dal suo collega più giovane) e questo cambia tutto
e poi quell'inquadratura finale che lascia spazio a dei sentimenti e non solo a un'accettazione spirituale imperturbabile
#10
Inviato 09 marzo 2024 - 10:17
Non era nemmeno quotato, data la testa rotta che mi ritrovo a quest'età, ma non m'ha entusiasmato. Molto bello formalmente, Tokyo bellissima, così come il b/n dei sogni. Però rientra senza particolari guizzi nella categoria del "tizio zen che vive con umiltà la sua situazione apprezzando i gesti semplici e quotidiani e coltivando il proprio mondo interiore senza frustrazione alcuna", che se da una parte sono convinto sia l'unico modo per trovare della serenità nella vita, dall'altra mi infastidisce molto politicamente – in genere è un racconto che non viene da chi vive davvero quelle situazioni, ma da chi le idealizza romanticamente da una posizione di soddisfazione creativa. Trovatela la bellezza zen nel cesso da pulire, voialtri, che ci voglio pisciare comodo. (estremizzo, non è questo il caso di Wenderone)
Paterson – giustamente citato come film cugino – ricordo mi fosse piaciuto di più, forse c'era della frustrazione qui assente (ricordo la moglie tra l'entusiasta e il cringe dell'incapace).
Mi è sembrato tutto molto forzatamente carino – la biondina che sussurra Patti Smith, la nipote umilissima che s'appassiona al suo libro (il momento in bici, Dio! ma che adolescenti pensa ci siano in Giappone), volendo anche l'ex della tizia così immediatamente profondo e fraterno nel giochino con le ombre. Per essere un film su un pulicessi stranisce non vedere mai uno striscio di merda.
Anche la selezione musicale è curiosa, com'è indie e ondarockiano lui, ecco diciamo non proprio un patriota.
Non vorrei sembrasse una stroncatura totale, m'è piaciuto vederlo, ma m'aspettavo tutt'altra profondità.
#11
Inviato 09 marzo 2024 - 11:10
capisco tutti i tuoi appunti (quelli sulle scelte culturali, di ascolto e di lettura, li ho pensati anch'io), ma secondo me con due tocchi semplici (e ruffiani se vuoi, ma quelli ci sono e funzionano, per me) Wenders riesce a dare una profondità a un film che se no sarebbe stato davvero (ancora più) criticabile per la sua superficialità, in particolare l'incontro con la sorella come dicevo sopra (per me anche commovente)
non c'è indagine sociologica, perché lui non è comunque un rappresentante della classe che lava i cessi (lo è di più il giovane collega che infatti ha tutto un altro atteggiamento) - e quindi diventa una storia personale, una ricerca umana, qualcosa di più difficile da catalogare e criticare
anche questa, volendo, è una scappatoia, ma io l'ho apprezzata: non tutti i film sono analisi sociopolitiche né devono esserlo e (importante) questo comunque non mi sembra neanche rinforzi troppo una posizione dominante/prevalente, anzi
#12
Inviato 09 marzo 2024 - 11:20
Sì hai ragione, ho un po' calcato la mano descrivendo la categoria in generale – qui non c'era alcun intento sociologico. Però insomma dai anche involontariamente c'è, se tra tutti i pulicessi del mondo tu hai scelto di rappresentare l'unico borghese
La carineria poi è troppo rinforzata dagli incontri, davvero poco verosimili.
L'incontro con la sorella infatti spicca perché lì c'è del vero (non solo perché frigna, ma perché ti apre uno squarcio su una vita realmente credibile).
#13
Inviato 09 marzo 2024 - 12:06
"SOVIET SAM" un blog billizzimo
7 ottobre 2020, il più grande esperto di tennis del forum su Sinner al Roland Garros:
Tra due anni torniamo per vincere.
#15
Inviato 09 marzo 2024 - 12:12
Stavolta (incredibilmente) sono con solaris: fin troppo buonista e fin troppo schematico per coinvolgere davvero; si guarda con piacere ma rimane più amarezza che commozione.
E se proprio vogliamo rincarare la dose: perfect days un cazzo, ci vuole un bel coraggio a romanticizzare la routine di uno che lava i cessi pubblici; facciamo un sondaggino negli addetti ai lavori e vediamo se escono ogni mattina guardando il sole che sorge col sorriso. Qui si sfocia nella fantascienza
I have spoken softly, gone my ways softly, all my days, as behoves one who has nothing to say, nowhere to go, and so nothing to gain by being seen or heard.
(Samuel Beckett, “Malone Dies”)
#16
Inviato 19 marzo 2024 - 12:14
parlare di buonismo e romantizzazione secondo me è un discorso fuori bersaglio, la chiave è proprio il contrario, quel cinismo in senso etimologico di vivere senza bisogni, senza pretese, galleggiando sulle onde della vita, leitmotiv di molti personaggi del Wenders anni '70 e di una sensibilità buddhista che abbiamo visto spesso nel cinema giapponese d'antan.
Hirayama è un cugino del grande Lebowski, altro anti-guru che invece di avere quel che desidera preferisce desiderare quel che già ha, quel che la marea gli porta a riva
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