http://forum.ondaroc...iche/?p=2438526earl sweatshirt
ci ho messo un po' per raccapezzarmi ma non riesco a smettere di ascoltarlo. bellissimo cambio di rotta dopo l'introverso capolavoro precedente. qui recepisce le vibrazioni di MIKE & co da NYC e ci regala un disco vibrante e dalle stesse rifrazioni sbilenche. quasi un'ipnagogia rap, ma senza quella patina distaccata e un po' ironica che contraddistingueva il movimento in salsa bianca. l'amore per le radici in questo caso e' piu' viscerale e la rivisitazione ne risente. forti influenze dalla scena quindi, ma con un flow che ha solo lui, con addosso il centuplo dei suoi anni. ogni parola un macigno, ad iniziare dal sample iniziale "
IMPRECISE WORDS", sulla limitatezza delle parole ed allo stesso tempo la loro essenzialita'. e poi le solite gemme di realismo lirico e pillole di depressione, EARLY MORNINING, WASH MY SWOLLEN HANDS. il disco e' un disco di miniature perfette in cui non viene sprecato un secondo mentre ogni frammento conserva una sua forma e uno sviluppo. un album di loop da mandate in loop..
arctic monkeys
l'album con le linee di basso piu' sfiziose. ed un'atmosfera retro' ma allo stesso tempo come nient'altro prima di lui. in un certo senso e' un disco rap pure questo, anche se non sfacciatamente come lo era il precedente AM con la produzione. il ritmo e la parola sono lo scheletro. ma poi che belli gli abbellimenti sopra, drappi e ragnatele. un album allucinato in cui alex si mette a nudo piu' che mai, travestendosi da receptionist di una albergo lunare.
voidz
il disco piu' geniale del lotto. casablancas si mantiene un maestro delle melodie, ma gli altri lo aiutano a creare un magnifico frankestein multicolore in cui gli strumenti, morphing su morphing, assumono vita propria. un altro modo di vederlo e' come un supermarket per zombi, in cui si trova di tutto, condito da cicatrici e bubboni. qualche pezzo di troppo gli toglie la posizione 1.
hookworms
bel disco solido, con molto sentimento e molta cura nei suoni, soprattutto i synth analogici. si sente che lui e' produttore e proprietario di uno studio di registrazione (allagato e ricostruito). il motorik funge da spina dorsale, ma ci sono anche influenze dance, moroderesche oserei dire, ed anche un po' di sentimento rock, cosi' raro di questi tempi. a tratti un vero e proprio viaggio a cui abbandonarsi.
adrianne lenker
album che ho voluto premiare per la forza delle melodie e per l'atmosfera spettrale, aiutata da arrangiamenti minimal ed efficaci. con questi dischi di cantautorato e' sempre difficile risultare non barbosi, ma lei ha una gran freschezza e si muove leggera in queste stanze poco illuminate, quasi come un fantasma, che a tratti rievoca gli spiriti di nick drake ed elliott smith.
low
disco superchiacchierato, quindi non mi dilungo troppo. per me connubio riuscitissimo fra la storica band ed il produttore dietro la svolta di bon iver. insieme scolpiscono una landa di picchi proibitivi e pianure desolate che in effetti potrebbe essere stata disegnata dal tipo che fa le copertine ai radiomerd. come gia' detto in questo topic, funziona benissimo guidando di notte (con l'autostrada deserta e i lampioni puntini di calore come lacrime sul viso di un cyborg al termine di una dura giornata lavorativa).
insecure men
come un syd barrett intrippato da certa exotic lounge anni 60 e dalle colonne sonore morriconiane. l'album ha un bel suono vintage ed un'atmosfera creepy da piccola bottega degli orrori, con melodie finto allegre ed una galleria di vignette grottesche che va da cliff richards, via gary glitter fino alla tragica figlia di whitney houston.
vince staples
disco volutamente minore eppure irresistibile (per me
) nel caratteristico fondersi di sarcasmo e violenza (Summertime in the LB wild / We gon' party 'til the sun or the guns come out). poi musicalmente c'e' tutto quello che mi piace di lui: basi sparse, ritmiche tribali, bassi che fanno esplodere le casse (in realta' le cuffie) e ritornelli appiccicosi. bello anche il concept radiofonico, con i pezzi che s'interrompono bruscamente e fluiscono agilmente uno nell'altro. non fai in tempo ad accorgertene ed e' gia' finito.
geotic
in realta' ho messo le
US girls in classifica, perche' riascoltandolo in dirittura finale l'avevo apprezzato come ottimo disco di artigianato pop con pochi punti deboli. pero' rifacendola oggi forse premierei geotic, che sento piu' vicino emotivamente. a breve giro dal precedente nav e dal ritorno a nome bath, will wiesenfeld si ripresenta in veste geotic con un altro gioiellino di melodie melanconiche e sognanti e ritmiche spezzate. trovo che geotic ultimamente sia il progetto in cui il nostro da il meglio, forse perche' libero dalle costrizioni del formato canzoni e dai limiti della propria voce. col computer invece e' un genio, soprattutto quando si tratta di costruire questi stratificati escapismi, in cui le ritmiche complesse ancorano l'etereita' delle linee melodiche.
beach house
una consistenza paurosa: anche al settimo giro ci regalano un altro disco di melodie evocative in cui i suoni, come ha notato il buon slothtrop nella battle delle canzoni, vanno a formare l'ossatura del pezzo piuttosto che essere meri accessori. giusto gli ultimi due pezzi non mi dicono granche', ma per il resto e' l'ennesimo album da cui farsi cullare e ricullare.
il resto:
SOPHIE e Holter forse quelle che ho apprezzato di piu' per la capacita' di creare nuovi paesaggi musicali. in particolare di
SOPHIE mi e' molto piaciuta la capacita' di unire la faccia piu' plasticosa con l'anima industriale, soprattutto quando toglie il piede dall'acceler(azionism)atore per momenti evocativi degni di hecker. di
Julia Holter affascinante il concetto di recupero di queste atmosfere medievaleggianti senza necessita' filologiche, la creazione di mondi possibili ma (forse) mai esistiti / esistenti.
i
Twin Peaks li avrei messi anche piu' su' perche' per me sono i nuovi salvatori del rock, ma essendo questa una raccolta di pezzi usciti come singoli nel 2017 non volevo barare. comunque tra i giovani, quelli che hanno la tavolozza piu' estesa quando si tratta di giocare con i colori della tradizione. e soprattutto la capacita' di ricreare quell'atmosfera spensierata e sognante che impregnava tanti dischi dei 60s.
Kali Uchis ha fatto un disco che per certi versi mi ricorda the Miseducation of Lauryn Hill, una raccolta di melodie orecchiabilissime e produzione soffice e sfiziosa. per entrambe una forte influenza sixties, sia a livello di estetica che melodicamente, dove il doo wop sembra essere una radice comune.
Gli
Interpol probabilmente non ci credono neanche loro, ma hanno tirato fuori un discone che per me non e' inferiore al terzo. l'approccio sporco al sound in questo caso aiuta a donare maggior freschezza ai pezzi. le rullate di fogarino in the rover sono ancora una bella iniezione di sangue nello smunto panorama rock attuale. Idem per
Malkmus, che ci regala il suo migliore dai tempi dell'esordio omonimo. Non un pezzo debole ed una varieta' incredibile di influenze incorporate nella sua musica sempre quintessenzialmente malkmusiana. Sempre in ambito cariatidi premio anche
The Good the Bad & the Queen per un lavoro molto solido ed evocativo, che trovo superiore all'episodio precedente soprattutto per come la mitica sezione ritmica simonon-allen e' stata maggiornmente integrata nel concept. Disco perfetto in tempi di Brexit.
Bilderbuch: altro bel dischetto fresco e ben fatto, anche se, come detto nel topic apposito, per me possono fare di piu'.
Kurt Vile l'ho messo piu' che altro per fare numero tondo. Preferito a gente come Hecker o Hopkins forse per la forza di alcuni pezzi tipo Bassackwords, in cui mi sembra sviluppare un discorso interessante nel tramutare il folk in una sorta di mantra meditativo, quasi piu' ambient che rock (d'altra parte il suo ultimo disco coi WoD si chiamava slave ambient).