Compositore parigino tra i più vicini a Pierre Henry, impara fin da giovanissimo a suonare il sassofono, il flauto e tantissimi altri strumenti a fiato, oltre alle più svariate tecniche di registrazione. Sedotto dalle macchine (synth, etc.), ha dato vita ad uno dei percorsi più intensi del firmamento elettronico francese dei Settanta, tirando fuori una serie di impressionanti lavori, figli tanto della primissima musica cosmica crucca, tanto di certi ancoraggi al field recordings della prima ora (vedi quel Georg Deuter che finì in India per diversi anni), beccandosi talvolta impropriamente l'etichetta riduttiva di pioniere new age. L'incontro con il chitarrista brasiliano Roberto Baden Powell de Aquino darà inoltre una sterzata sostanziale a certe sue strutture, rivigorendole di poesia acustica e sezioni afro-latine pescate un po' a destra e a manca.
Con Powell collaborerà in Francia e in Germania alla fine dei Sessanta e nei primi anni Settanta. Ha girato nei luoghi più sperduti del pianeta ed è stato uno dei primi a campionare organi da chiesa, suoni indiani, partiture africane e chi ne ha più ne metta, senza mai tradire quella sua pacatezza intrinseca. Dei suoi lavori, vi consiglio caldamente "Interfrequence" del 1979, l'eccellente "Osmose" recensito qui alla grandissima da Ciarletta a suo tempo, disco tra l'altro prodotto con Richard Tinti che andava nelle foreste a registrare qualunque cosa, ma soprattutto la seminale raccolta uscita lo scorso anno, "An Evolutionary Music (Original Recordings: 1972-1979)", in cui è contenuta un po' la summa della sua cifra stilistica. Da non confondere con le tonnellate di merda new age post De Agostini, ma anche con molti dei masturbatori hipster elettronici pseudo ambient di questi anni tanto amati dai neofiti, sempre più spesso più anestetici di un anestesista del Guy's Hospital. Astenersi seguaci Yoga.