'B’lieve I’m Going Down' era destinato ad essere, per Kurt Vile, il disco più difficile da affrontare. In quanto sequel di 'Wakin On A Pretty Daze', disco considerato quasi unanimemente suo capolavoro e consacrazione, e perché il successo globale lo scorso anno dei War On Drugs, band da lui co-fondata e lasciata dopo i primi passi, qualche pensiero, se non rimpianto, potrebbe averglielo mosso. Ma Kurt non si è scomposto. Ce lo immaginiamo, passarsi una volta o due la mano tra i suoi lunghi capelli e poi mettersi a lavoro, con la leggerezza di sempre. Leggerezza, si. È sempre questa la prima cosa che si avverte entrando in un disco di Vile: la gravità sembra allentarsi, i pensieri sbrogliarsi, tutto pronto per fluttuare lieti. Così come fu per le acerbità esordi lo-fi e per il nuovo suono proposto con 'Smoke Ring For My Halo' e 'Wakin On A Pretty Daze', anche 'B’lieve I’m Going Down', che pure conta una parte centrale più cupa ('That’s Life Tho' e 'Wheelhouse'), è per gli ascoltatori come un riparo, una tiepida cameretta o un ampio ombrellone. Un rifugio eretto da caldi tocchi di chitarra e liriche fatte di dolcezza, vezzeggiativi e paroline che finiscono in Y. Qualche novità però il sesto LP del cantautore di Philadelphia la apporta. Rispetto 'Wakin On A Pretty Daze' si registra infatti una maggiore complessità negli arrangiamenti e nelle gerarchie degli strumenti, la chitarra non è più sempre padrona (’Life Like This' e ’Bad Omens') e un maggior legame con l’heartland rock (’I’m An Outlaw' e ’Dust Bunnies').
Facciamo gli scemi con i decimali dai: 7,8 perché qualche momenti di troppo ci sta. 