Vari ed eventuali appunti di ascolti e riascolti britpoppari da parecchi mesetti (forse anche annetti) a questa parte.
SUPERGRASS
2008 Diamond Hoo Ha
Finalmente recuperato l'ultimo capitolo della band. Fanalino di coda della loro discografia un po' in tutti i sensi, laddove i loro altri 00s (Life on Other Planets del 2002 e Road to Rouen del 2005) erano, se non all'altezza dei fasti dei 90s, dei degni sequel. Comunque un disco intelligente e molto divertente, come sempre i loro, forse il loro piu' normale, "americano" e diretto, in curioso contrasto con gli arzigogolii arty della carriera solista di Coombes da li' a venire.
OCEAN COLOUR SCENE
1992 Ocean Colour Scene
2001 Mechanical Wonder
Personale riscopertona l'esordio in quell'esoterico 1992. L'avevo sempre considerato acerbo e invece no, con quella sua voglia di brit pop prima del brit pop, un album pieno di urgenze beat/lennon-iane, tra legni norvegesi, giorni nella vita, attraversamenti universali e altre belle cosette psico-quotidiane: forse era il caso di dire "anche meno" per un esordio, ma erano gia' dalla parte giusta dell'umanita'. Una nuova scopertona invece il mai ascolto album del 2001, tramontana westcostiana e post-hippie, partecipe sia del crepuscolo brit pop celebrato dai Coldplay e Travis, sia delle nuove morbidezze acustiche di Jack Johnson e i King of Convenience, ma soprattutto precorritrice delle retro-meraviglie di Jonathan Wilson.
SPACE
1996 Spiders
1998 Tin Planet
Dittico del "famolo strano" britpopparo. Gli Space erano dalle parti dei Blur o dei Super Furry Animals piu' devianti, e per quanto mi riguarda i piu' convincenti nel filone di decadenza lounge/glam tipico di fine anni 90. Piu' camp e belalugosiano "Spiders" colonna sonora per freak party in una trasposizione di Glamorama diretta da Tim Burton: un tripudio di colori in bianco e nero. Piu' pulp e Frank/Nancy-sinatroso "Tin Planet", remake di un musicarello hawaiiano di Elvis in chiave noir diretto dai Coen, con quell'aria da festa stanca molto fine 90s. Su entrambi i titoli aleggia, sinistro, il binomio Beatles/Manson Family.
SUPER FURRY ANIMALS
1996 Fuzzy Logic
1997 Radiator
Band esemplare di quel bizzarro cambiamento di prospettiva che si verifico' con l'esplosione del brit pop a meta' anni 90. Dopo che per trent'anni la tendenza generale aveva deciso che fare rock significava spargere i semi del male caduti dall'albero di Jagger / Richards, improvvisamente tutti volevano fare gli amorevoli fiorai di canzoni come da modello Premiata Ditta Lennon & McCartney. I due primi album degli Animali Super Pelosi sono infatti un fantastico flusso di vibrazioni tardo-beatlsiane, un ipotetico album bianco molto poco bianco, ma anzi staripante di colori. Naturalmente i modelli non sono solo quei due, alla gran festa della cretivita' sono invitati anche i fratellini Kinks (altri immancabili riferimenti in quell'epoca) o i cugini americani Beach Boys, piu' tanti altri, non per forza strettamente vintage, tipo i coevi Blur o Weezer. Il tratto caratteristico di casa SFA era quella di mettere su quel dolce flusso di good vibration 60s per poi contaminarlo col cinismo 90s, "smontando" le canzoni, facendole inceppare, disturbandole con rumori e rumorini, creando un clima di collage surreale un po' matto. A proposito di altri animali pelosi e molto 60s, prima di internet Lo Show dei Banana Splits per me e per tanti della mia genereazione era un ricordo quasi onirico, qualcosa che tutti avevamo visto, ma che nessuno poteva dire di ricordare davvero: ecco, un gruppo come i Super Furry Animals mi pareva in qualche modo evocasse e mettesse a frutto piccoli grandi misteri come quelli.
I DICKENS DEL BRIT POP: THE AUTEURS
1993 New Wave
Un fantasmagorico e un po' funereo Old Curiosity Shop fatto di ombre, strade e atmosfere di oniricita' britannica.
1994 Now I'm a Cowboy
Affresco d'autunno di sotterraneita' '94, che sposa crepuscolarita' kinksiana e pelvicita' pentecostale.
1996 After Murder Park
I rami spogli e la decadenza in bianconero di un cantautorato invernale molto "1996"
1998 [Black Box Recorder] England Made Me
La voce di Sarah Nixey porta i sogni in forma di canzone di Haines in un cosmo di delicatezza.
1999 How I Learned to Love the Bootboys
Alla fine di tutto un sognante e satirico bigino dello Spirito dei Natali (Rock (Ormai)) Passati.
INSPIRAL CARPETS
1990 Life
Esordio capolavoroso, con una ripresa un po' seria e po' parodica di cerimoniosita' jimmorrisoniana. Un esaltante garage horror. Una tregenda da fumetto. Un festino di stramboidi. Un psych-folk piratesco. 92 minuti di applausi.
1991 The Beast Inside
Il portale da cui sono usciti gli spettri 60s che hanno infestato molti anni 90. Da garagisti dionisiaci si trasformano in magici sonnambuli folk rock, evocatori di arcane psichedelie. Colonna sonora di More se fosse stato diretto dal Tim Burton edwardiano. Gran classico dei 90.
1992 Revenge Of The Goldfish
Partono solari, neanche fossero i cugini posati degli Stairs o gli Yardbirds di Blow Up al toga party di Animal House, poi l'atmosfera diventa piu' esoterica, tra visioni apocalittiche, deliqui doorsiani, ombre hard rock e persino un finale voodoo. Bello.
1994 Devil Hopping
In citta' esplode la festa del brit pop, ma loro chiudono le danze con un party privato tra garage blues scartavetrati e ritrovate morbidezze folk rock, con quel di autunnale che il rovistare nei bauli dei tempi andati si porta dietro.
2014 Inspiral Carpets
Vent'anni dopo, alla Dumas, rimettono insieme LaBBanda (ma col cantante originale pre-debutto) e vanno in missione per conto dello Psych Garage, divertendosi e divertendo. Disco drittissimo e spiccio, che sarebbe potuto uscire due anni dopo l'ultimo come due anni prima dell'esordio.