Quello che fa la differenza nei lavori della band di Portland sta per forza di cose nella qualità della scrittura. Dei testi, ovviamente, ma anche degli intrecci musicali. Stavolta però i Richmond Fontaine hanno voluto complicarsi un po' la vita, perché mettere diciassette tracce in un disco, tra cui più di una interamente strumentale, può essere davvero molto rischioso. Ebbene, se con questi diciassette frammenti di musica e parole riesci a costruire una specie di piccolo, pulsante romanzo, allora hai fatto bene a rischiare.
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Risulterebbe un po' difficile mettersi a parlare delle canzoni, che in tutto, fatti salvi i raccordi strumentali, saranno pressappoco una decina. Senza il resto non contano, non c'è niente da fare. Anche se a onore del vero almeno due o tre ai ragazzi sono venute davvero bene. La ruvida, farrariana "The Chainsaw Sea", ad esempio. O l'arrembante folk-punk di "Lost In The Trees (Featured on KSAW Logging Radio)". O ancora "The Escape", la chiusura del cerchio, americana allo stato puro. La cosa migliore, e a ben vedere quasi inevitabile, è ascoltare sempre e comunque il disco dall'inizio alla fine, e star dietro ai testi, ascoltarli bene e leggerli nel booklet o sul sito della band, e poi impararli, per lasciarsi trasportare ogni volta lassù tra i boschi, nel bar di Angus King o lungo le strade grigie della città. Come leggere un buon romanzo, suonato come si deve.
http://www.ondarock....ondfontaine.htm
Non li conosco, ma qualche recensione mi ha incuriosito. Però si fa presto a dire "americana". Quindi domando a boscaioli, barbuti e desertici assortiti: da che parte stanno loro? Giant Sand? ultimi Silver Jews? 16 Horsepower? Tutt'altro? Perchè ho voglia di sentire qualcosa che rientri in queste coordinate (che suoni "classico", ben prodotto e scritto bene), ma non so nemmeno se - per come è strutturato - questo sia l'album dei Richmond Fontaine da cui partire (e ho visto che ne hanno fatti un bel po')...