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La complessità


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89 replies to this topic

#1 wago

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Inviato 28 agosto 2011 - 13:51

E' un po' che "covo" questa discussione, che ha tutte le potenzialità per costituire il thread-pippone definitivo.
Consapevole del rischio, cercherò almeno col messaggio di apertura di tenerla il più terra-terra possibile. Dubito di riuscirci, ma vediamo un po'.

Il punto in realtà si riassume in fretta:

Spesso il termine "complessità" viene tirato in ballo per render conto della disparità tra generi artistici di avanguardia e quelli più convenzionali. L'opera avanguardistica sarebbe più complessa e dunque più difficile da fruire, recepire, inquadrare ecc.
Ogni tanto però, su questo forum, capita anche di leggere che no, tendenzialmente non è l'opera più "free" a racchiudere la maggiore complessità, bensì quella più strutturata: ad esempio, la canzone fatta di strofa, ritornello, bridge ecc (magari "condita" di qualche accordo intricato, di un incastro ritmico ricercato, di un'orchestrazione elaborata).

Ma che cosa significa esattamente "complessità"? A me sembra che in discorsi del genere siano in gioco due concezioni antitetiche e difficilmente conciliabili. Voi da che lato vi ponete, o - se non state né da una parte né dall'altra - che problemi trovate nella dicotomia?
Insomma, per farla breve: tendete ad attribuire più complessità a qualcosa che rifiuti ogni schema e si ponga esplicitamente come "ostico" (chiamiamolo pure, un po' caricaturalmente, "avant"), o al contrario a qualcosa in cui proprio la presenza di uno schema forte permetta una facile fruibilità (anche qui forziamo la mano e scomodiamo il termine "pop")?

La questione, volendo, non è solo artistica ma anche informatica/matematica: devo dire, però, che pur avendo cercato spesso di dirimerla ricorrendo a definizioni più "tecniche" (ovviamente in ambito matematico ce n'è un tot) non ne ho mai trovata una che mi risulti davvero soddisfacente.
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#2 aries

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Inviato 28 agosto 2011 - 14:18

Posto che il vero dilemma per me riguarda il tuo appassionamento a questo genere di tematiche, non è che semplicemente ci sono diversi tipi di complessità? A leggere il tuo post mi è sembrato di individuarne almeno due tipi, la complessità nell'ascolto e quella nella scrittura - coi due sottoinsiemi difficoltà nel trovare territori totalmente nuovi e difficoltà nel cavar fuori da schemi abusati qualcosa di nuovo e/o valido.

Per quanto mi riguarda è un qualcosa di accidentale: se per evocare certe cose servono strutture complesse, ci si sforza nel farle / nell'accettarle. Di per sé non è un valore.
  • 2
Electro alt-kraut ambient dreamy wave post worldgazer.
Immagine inserita

Questo sopra è un fumetto che ho appena pubblicato. Più info qui.
Qui c'è il mio Rym. Il sito coi miei lavori è invece qui.

#3 Guest_pinkfloyd86_*

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Inviato 28 agosto 2011 - 14:57

Per me, come già dissi quando affrontammo la discussione in chat, è una questione principalmente di percezione. Un'opera avanguardistica che va oltre gli schemi, tirata fuori senza troppi fronzoli (chessò, intrecci di synth molto liberi e poco pensati, suoni piazzati qui e lì senza un motivo preciso, etc.) per me non è da considerare più complessa di un normale lavoro rock, che ha una struttura ben precisa: anzi, può accadere l'esatto contrario. Ad esempio, mi capitò di sentire "The Ground Beneath Her Feet" degli U2, in apparenza normalissima canzone pop-rock, che mi sorprese per la quantità elevata di elementi in gioco (synth, effetti, chitarre in sottofondo a volume basso, suoni di batteria che cambiano, voce che cambia la propria posizione nel mix rispetto agli altri strumenti, piano invisibile ma presente in pochi secondi di canzone, etc). La complessità della più elaborata canzone dei Dream Theater non eguaglia quella di una canzone pop-rock ben studiata come quella citata sopra. Tutto ciò per dire che io percepisco come complesso qualcosa di attentamente studiato, pensato, curato, frutto di un lavoro operaio. Dove riconosco il pensiero, l'elaborazione, la finezza, lì ci vedo complessità, indipendentemente dagli schemi utilizzati. Poi chiaro, ci possono essere casi in cui la cosa a me sembra complessa e pensata quando magari in realtà non lo è affatto. Ad esempio i Meshuggah mi sono sempre apparsi complessi, ma quando mi hanno spiegato che ripetono ininterrottamente uno schema fisso, ho compreso che non lo sono. Una canzone dei My Bloody Valentine di quelle ben strutturate (Sometimes ad esempio), mi dà l'apparenza di pezzo semplice, ma quando poi capisci che per tirare fuori il muro di distorsioni c'è un complesso lavoro sul suono, frutto di continua ricerca, mi cambia del tutto la prospettiva. La mia percezione di complessità è senza dubbio influenzata dal conoscere come nasce un'opera e dal capire com'è stata architettata, cosa che non sempre è possibile.
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#4 Waterfall

    Roadie

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Inviato 28 agosto 2011 - 15:36

secondo me e' piu' complessa una cosa avanguardistica di una pop.Questo chiaramente non vuol dire che una sia meglio dell'altra,pero' io per quanto si possa fare "sofisticato" non vedo il pop piu' "complicato" strutturalmente.Nel pop per me entra piu' la questione talento e su questo c'e' poco da discutere dal punto di vista tecnico
  • -5

#5 wago

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Inviato 28 agosto 2011 - 17:11

...

...


Le vostre risposte non mi convincono per il medesimo motivo: entrambe pongono la complessità "a monte" dell'opera musicale, da qualche parte nell'atto creativo. O nell'idea che ci sta sotto - più o meno "complessa", o nell'insieme di difficoltà che a livello compositivo vanno superate (anche quella che aries chiama "complessità di ascolto" viene poi da lui stesso declinata in "difficoltà di trovare territori nuovi": insomma, un vincolo che agisce a livello compositivo).
Credo invece che la complessità di qualcosa vada situata in quel qualcosa, e non in questioni "a monte" delle quali non sappiamo molto e con cui, di fatto, non interagiamo. Ascolto una canzone e sto sentendo il suono registrato su un disco o su un hard disk, non "l'idea originale che l'artista aveva in mente".

A dirla proprio tutta, poi, anche l'idea che la complessità che percepiamo "stia" nell'opera è poco soddisfacente. Questo perché ognuno di noi di fatto, di una stessa registrazione, sente qualcosa di diverso e lo "situa" in modo diverso nel suo panorama musicale e nella sua vita. E' perfettamente verosimile insomma che - anche possedendo una comune nozione di complessità - ciò che per me è complesso per un altro non lo è e viceversa. Immagino dipenda da ciò che un brano musicale evoca ad ascoltatori diversi, a quanto uno riesca a dare un senso a ogni elemento e ad associarlo con altri, del brano, di altri brani o di cose che non c'entrano assolutamente nulla né col brano in sé, né con l'intento del compositore, né a conti fatti con la musica (es. eventi della propria vita).

Tutto ciò però di fatto elude il tema centrale della natura della complessità, visto che il discorso fatto sopra, e in fin dei conti anche le vostre risposte, possono applicarsi a mille definizioni diverse di "complessità" e non aiutano particolarmente a inquadrarne una due o venti più significative delle altre.
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#6 Guest_pinkfloyd86_*

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Inviato 28 agosto 2011 - 19:39

Ma io non ho ben capito il nocciolo della questione: vuoi arrivare a una definizione oggettiva di complessità? Perchè se è cosi: http://it.wikipedia....iki/Complessità
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#7 Guest_Tyvek_*

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Inviato 28 agosto 2011 - 20:11

Ma che cosa significa esattamente "complessità"? A me sembra che in discorsi del genere siano in gioco due concezioni antitetiche e difficilmente conciliabili. Voi da che lato vi ponete, o - se non state né da una parte né dall'altra - che problemi trovate nella dicotomia?
Insomma, per farla breve: tendete ad attribuire più complessità a qualcosa che rifiuti ogni schema e si ponga esplicitamente come "ostico" (chiamiamolo pure, un po' caricaturalmente, "avant"), o al contrario a qualcosa in cui proprio la presenza di uno schema forte permetta una facile fruibilità (anche qui forziamo la mano e scomodiamo il termine "pop")?


Io non trovo nessun problema nella dicotomia, a parte il fatto che essa paia il prodotto di un pensiero più di epoca moderna che contemporanea visto che ce la si gioca sempre su un campo manicheo. La complessità non può essere semplicemente una tecnica? Che appartiene sia alla corrente avant che pop e declinata di conseguenza in base a questi 2 linguaggi? Perchè da quel che leggo pare che essa sia una cosa a sè, una questione teoriteca a cui può aderire o l'una o l'altra forma d'espressione. Complesso per quanto mi riguarda non mi significa ostico, non mi significa incomunicabile, indica soltanto un'esecuzione che richiede un particolare tipo di abilità e che ha un valore relativo al brano eseguito.
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#8 veryc

    E i ramo' ?

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Inviato 28 agosto 2011 - 20:33

Mi esprimo poco sulla discussione centrale, perchè ho come l'impressione che quando qualcuno riferendosi ad una canzone parla di complessità è quasi sempre un giudizio soggettivo dettato dalle proprie conoscenze e dalla propria sensibilità

La questione, volendo, non è solo artistica ma anche informatica/matematica: devo dire, però, che pur avendo cercato spesso di dirimerla ricorrendo a definizioni più "tecniche" (ovviamente in ambito matematico ce n'è un tot) non ne ho mai trovata una che mi risulti davvero soddisfacente.



Interessante, credo che in ogni branchia della matematica o meglio ancora della scienza sia possibile definire un grado di complessità. Vale per gli organismi biologici quanto per le equazioni matematiche, solo che la definizione varia di volta in volta.

Ps Vedo che ormai "ce n'è" anche riferito al plurale lo metti ovunque. Smetterei di leggere i tuoi post, se non ci fossi cosi affezionato :P
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Ha già fatto tutto Black Mirror

 


#9 joe tarallo

    cane sciolto

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Inviato 28 agosto 2011 - 20:54

Mmm... discorso complicato B) . Volevo però solo dire che è importante non confondere la semplicità con la banalità. Non ricordo chi diceva la frase: "qualsiasi stupido può complicare, solo il genio ha il dono della semplicità", mi pare l'abbia detto Pete Seeger, ma non vorrei sbagliarmi. Spesso ciò che semplice all'ascolto in realtà è frutto di autentica ed elevata ispirazione in fase compositiva. Una Yesterday ad esempio è semplice, ma non è affatto banale. un disco di laura pavesini invece è banale.
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Turbo Missile Interculer


#10 Norman Bombardini

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Inviato 29 agosto 2011 - 07:51

letto il titolo del topic sapevo già chi fosse stato l'utente ad aprirlo asd

la complessità in un brano, un'opera, un disco va scomposta nei vari livelli che possono essere più o meno semplici o complicati, in generale: esecuzione (perizia strumentale/difficoltà d'esecuzione e d'intepretazione), costruzione/struttura armonica e ritmica del brano, linea melodica (con particolare riferimento alle parti vocali), testi, arrangiamenti, produzione del disco e suono. Ci sarà forse qualche altro elemento scomponibile ma occhio e croce son questi.
Dalla somma ne esce un certo grado "medio" di complessità. Ovviamente certe canzoni possono contenere per es. una linea melodica e una struttura del pezzo semplicissima ma avere arrangiamenti complessi: è il caso di molta roba pop fatta da dio.
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#11 Moreno Saporito

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:06

ho letto solo parte del primo post e di altri ma mi viene in mente una cosa

spesso vengono liquidati come non complessi dischi di cui vengono percepiti solo alcuni aspetti; mi spiego: la canzoncina pop col ritornello "semplice" non è solo la canzoncina pop col ritornello "semplice", porta magari un mondo di riferimenti (nel testo, nella musica, nel titolo, ecc.) che non sono così semplici come si può credere, e soprattutto che non sono percepibili con un approfondimento tipo ascoltare 3 volte di fila un brano come fosse il compito delle medie, un approfondimento che dipende dalle proprie idee, conoscenze e esperienze anche oltre la musica

mi pare che ci si metta troppo in una prospettiva del tipo: questi sono gli elementi per giudicare la complessità di un pezzo, il pezzo X non li possiede e quindi non è complesso, ho fatto il mio compitino; chi ti dice che possiedi tu gli elementi per giudicare?

sarà l'acqua calda ma è sempre calda e bella

che poi boh, per me complesso non è un punto a favore o a sfavore, è un aggettivo come tanti
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#12 Norman Bombardini

    Enciclopedista

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:13

"quanto sono colte le citazioni" - non necessariamente un discorso di complessità - se proprio vogliamo, potrebbero rientrare nella (mia) scomposizione fatta sopra: riguarda l'intepretazione (di quei particolare pezzi citati) o come sono stati inseriti (l'arrangiamento o grado di complessità e articolazione della struttura).
O riguarda i testi (elemento che avevo scordato e ho prontamente inserito nel post sopra)
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#13 Moreno Saporito

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:23

"quanto sono colte le citazioni" - non necessariamente un discorso di complessità - se proprio vogliamo, potrebbero rientrare nella (mia) scomposizione fatta sopra: riguarda l'intepretazione (di quei particolare pezzi citati) o come sono stati inseriti (l'arrangiamento o grado di complessità e articolazione della struttura).
O riguarda i testi (elemento che avevo scordato e ho prontamente inserito nel post sopra)


ma anche le citazioni boh, colte? e perchè? e se invece fanno riferimento in maniera approfondita a "cose poco colte" che tu non riesci a vedere perchè ti spari troppi pipponi (non tu nello specifico eh)? non può esistere un'analisi complessa di uno scenario semplice come ad esempio le azioni quotidiane? un testo che parla di banalità e lo fa in maniera così acuta da risultare molto più complesso delle cagate filosofiche messe lì tanto per fare i Battiato di turno

e lo stesso per la musica

wago se sto esagerando dimmelo, ci sono sempre le Creste di Gallo e quelle di HGM
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#14 Norman Bombardini

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:25

le citazioni di roba non colta (?) sono comunque colte se colgono nel segno, nel senso che dicevi tu
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#15 Moreno Saporito

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:30

le citazioni di roba non colta (?) sono comunque colte se colgono nel segno, nel senso che dicevi tu


sì ok ci siamo capiti in maniera complessa, io complicando tutto da analfabeta e tu perchè ormai hai fatto l'abitudine al mio complesso anlfabetismo, ti sei perso dei Clock DVA da 10 e lode e dei DAF da poco meno
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#16 Infinite dest

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:32


"quanto sono colte le citazioni" - non necessariamente un discorso di complessità - se proprio vogliamo, potrebbero rientrare nella (mia) scomposizione fatta sopra: riguarda l'intepretazione (di quei particolare pezzi citati) o come sono stati inseriti (l'arrangiamento o grado di complessità e articolazione della struttura).
O riguarda i testi (elemento che avevo scordato e ho prontamente inserito nel post sopra)


ma anche le citazioni boh, colte? e perchè? e se invece fanno riferimento in maniera approfondita a "cose poco colte" che tu non riesci a vedere perchè ti spari troppi pipponi (non tu nello specifico eh)? non può esistere un'analisi complessa di uno scenario semplice come ad esempio le azioni quotidiane? un testo che parla di banalità e lo fa in maniera così acuta da risultare molto più complesso delle cagate filosofiche messe lì tanto per fare i Battiato di turno

e lo stesso per la musica

wago se sto esagerando dimmelo, ci sono sempre le Creste di Gallo e quelle di HGM


L'ho sempre pensata anche io così - la complessità compositiva non dà sempre adito ad altrettanta complessità espressiva, che a volte si può rendere in maniera molto più semplice (era la teoria stilistica di Hemingway, altrimenti detta simbolismo, forse a sproposito); una complessità fatta di accenti piuttosto che di note e di atmosfere piuttosto che di spartiti
Il riferimento a Battiato è azzeccatissimo Lassi, per me Estate di Bruno Martino ha molta più complessità e drammatica profondità di tutta la produzione dello pseudo-filosofo siculo
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 mi ricorda un po' Moro.

 

 

 

 

Con trepidazione vivo solo le partite dell'Inter.

 

 

 

Io non rispondo a fondo perchè non voglio farmi bannare, però una cosa voglio dirla: voi grillini siete il punto più basso mai raggiunto dal genere umano. Di stupidi ne abbiamo avuti, non siete i primi. Di criminali anche. Voi siete la più bassa sintesi tra violenza e stupidità. Dovete semplicemente cessare di esistere, come partito (e qui non ci si metterà molto) e come topi di fogna (e qui sarà un po' più lunga, ma cristo se la pagherete cara).

 

 


#17 Moreno Saporito

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:35



L'ho sempre pensata anche io così - la complessità compositiva non dà sempre adito ad altrettanta complessità espressiva, che a volte si può rendere in maniera molto più semplice (era la teoria stilistica di Hemingway, altrimenti detta simbolismo, forse a sproposito); una complessità fatta di accenti piuttosto che di note e di atmosfere piuttosto che di spartiti
Il riferimento a Battiato è azzeccatissimo Lassi, per me Estate di Bruno Martino ha molta più complessità e drammatica profondità di tutta la produzione dello pseudo-filosofo siculo


beh, parlavo dei nuovi Battiato e non del Battiato vero, insomma somari da traino tipo Morgan per intenderci
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#18 wago

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:36

Ieri la discussione si è protratta in chat per la gioia di qualcuno e la noia di molti altri.
Cerco di riassumere alcune delle posizioni emerse. Poi - in un futuro messaggio - darò un abbozzo di soluzione al dilemma che ponevo all'inizio (che in realtà non ho ancora esplicitato del tutto), che è saltato fuori discutendo.

- Per alcuni il termine "difficoltà" è essenzialmente sovrapponibile a "complessità". Ci sarà dunque una difficoltà di ascolto, una di composizione, una di produzione, una di trasmissione ecc.: tutti elementi che contribuiscono a rendere l'opera "complessa".

- Tra queste difficoltà, quella esecutiva è quella che nell'uso comune viene più spesso associata alla "complessità musicale".

- Altri ritengono che "complessità" abbia essenzialmente un significato soggettivo, che sia un giudizio non definibile percepito a pelle in base alle proprie abitudini e inclinazioni. Per chi la vede così, ciascuno usa il termine un po' come gli pare e non è possibile (né utile) raggiungere una definizione esplicita - men che meno comune.

- Anche al di là di questa posizione radicale, molti ritengono che, quand'anche più persone potessero accordarsi su una definizione, poi necessariamente l'applicazione della stessa dovrebbe prevedere ampi margini di soggettività. Questo perché la complessità sarebbe una caratteristica di quel che si percepisce, e due persone diverse in ogni caso percepirebbero due cose diverse (l'una più complessa, l'altra meno complessa, almeno potenzialmente).
Insomma il "metro oggettivo" che permetterebbe di dire che il pezzo A è più complesso del pezzo B non esisterebbe in nessun caso.

- In generale si concorda che esistono molte nozioni diverse e noi stessi utilizziamo l'una o l'altra a seconda delle circostanze. Un brano destrutturato e uno costruito su schemi rigidi ed elaborati sono entrambi "complessi", ma in due sensi diversi.

- Esiste però un nucleo comune a tutte queste varie accezioni, che sarebbe quello della "compresenza di elementi diversi". Questo significato-base si declina e si completa poi in vari modi dando vita alle diverse nozioni di "complessità", esplicite o meno.
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#19 slothrop

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:41

A leggere il tuo post mi è sembrato di individuarne almeno due tipi, la complessità nell'ascolto e quella nella scrittura


Sì, è parso anche a me.
Diciamo che nella scrittura è possibile cercare di individuare un concetto pressochè oggettivo di "complessità", e un termnine che, in ambiti colti e molto tassonomici, si usa ad esempio per la musica di Elliott Carter e altri compositori del '900, se vuoi stare nell'800 mi pare evidente che la scrittura di Wagner sia più complessa di quella di Satie, il che però non esclude le robe di cui, ad esempio, parla Lassie, indi per cui nella semplicità ci può essere grande profondità. Quest'ultimo termine credo vada introdotto nel mazzo, per avere un quadro meno forzosamente dicotomico delle definizioni possibili del problema che poni.

Riguardo all'ascolto dipende tutto non solo dalla percezione dei diversi brani in questione, ma proprio dal background dell'ascoltatore. Quasi tutti familiarizzano prima con il pop che non con le musiche "sperimentali" ed è del tutto normale che fino a una certa età si fatichi a "masticare" queste ultime. A me sembra però piuttosto tipico che, una volta rotto il ghiaccio, le musiche "sperimentali" possano risultare più "facili" perchè alla fin fine tendono a riproporre bene o male quei canovacci espressivi (il drone, il tappeto ambient, l'improvvisazione più o meno espressionista) e in molti casi, soprattutto dell'attualità (non parlo, insomma, del serialismo), la componente strutturale è meno forte che nel pop. Sono musiche che, a meno che non siano proprio brutte e gratuite o ostinatamente ostiche, al mio orecchio risultano mediamente più leggere rispetto al pop, e certamente di più rispetto al pop sofisticato, che invece richiede una certa concentrazione per essere frutio appieno.

Detto ciò, nell'universo della musica "canzonistica" va tenuto presente l'intero, enorme, mondo delle musiche "di genere" (dal blues-rock al garage, dalla salsa al liscio) che a differenza di quanto accade nella gran parte del pop, produce musica molto "facile" da ascoltare perchè perfettamente rispondente a dei canoni inossidabili. Tutto fluisce nelle orecchie dell'ascoltatore esattamente come l'ascoltatore si aspetta.
Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino" mentre il pop quasi sempre deve essere per forza merda. Ma questo è già un altro discorso.
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#20 dick laurent

    ...

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:48

A me sembra però piuttosto tipico che, una volta rotto il ghiaccio, le musiche "sperimentali" possano risultare più "facili" perchè alla fin fine tendono a riproporre bene o male quei canovacci espressivi (il drone, il tappeto ambient, l'improvvisazione più o meno espressionista) e in molti casi, soprattutto dell'attualità (non parlo, insomma, del serialismo), la componente strutturale è meno forte che nel pop.


messa così sembra che sia clichè vs altri clichè
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine


#21 Norman Bombardini

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:51

Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione
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#22 Moreno Saporito

    burzumaniaco

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Inviato 29 agosto 2011 - 08:56

, il che però non esclude le robe di cui, ad esempio, parla Lassie, indi per cui nella semplicità ci può essere grande profondità.


ecco a me pare che a volte, certa critica di oggi (blowUP ad esempio, non tutti i redattori eh), di questa semplicità voglia per forza dare un'interpretazione complessa; pare quasi che la semplicità presa come tale non vada bene, che vada "elevata" tramite paragoni e riferimenti che poi fanno acqua
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#23 Waterfall

    Roadie

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Inviato 29 agosto 2011 - 09:21

a proposito di complessita' sto riascoltando crossing red sea degli adverts,e' tutto su un accordo ed e' un capolavoro...
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#24 Piper

    Life is too short For iTunes

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Inviato 29 agosto 2011 - 09:21


- Esiste però un nucleo comune a tutte queste varie accezioni, che sarebbe quello della "compresenza di elementi diversi" a noi non comuni/usuali/conosciuti


messa così credo sia la definizione più realistica. per il resto son d'accordo con chi sostiene l'assoluta impossibilità di stabilire la complessità oggettiva a monte.
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<< Poi ce la prestiamo... Insomma la patonza deve girare>>

Aurelio De Laurentiis ha lasciato la sede dove si stanno svolgendo i sorteggi dei calendari fermando uno sconosciuto che passava su un motorino dicendogli: "Portami via da questo posto". Ed è andato via come passeggero del motorino di uno sconosciuto

 
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#25 slothrop

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Inviato 29 agosto 2011 - 09:38


Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione


Figurati se non sono d'accordo, ma nel mondo reale che frequento io questa è un'idea che continua ad andare per la maggiore.
Per dick: certo certo, fortunatamente non è tutta uguale la musica "avant", era per stringere. Volevo poi arrivare ad approfondire sul "mio" rapporto con queste musiche.
Il pop è una musica che trovo mediamente di "pesante" delle altre perchè per sua natura è una musica che "monopolizza" l'ascolto. Il suo scopo è catturare la tua attenzione, di conseguenza la sua vendibilità è molto maggiore. Le musiche avant, lungi dall'essere pura tappezzeria (non mi fate dire che sostengo questo, per carità), lasciano però al cervello e all'immaginazione un maggiore "spazio di manovra", o per lo meno sono così buona parte di quelle che io preferisco. Lo trovo un approccio meno aggressivo.
Poi è verissimo che il disco "avant" veramente valido e innovativo (e magari pure complesso) non è sicuramente un ascolto facile.
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#26 wago

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Inviato 29 agosto 2011 - 09:48

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POPOLARE

Espongo ora quello che è il nodo della questione che mi ponevo in apertura del thread. Chiama in causa concetti un po' tecnici e, per essere chiaro il più possibile, mi dilungherò parecchio: so già che mi perderò il 90% dei lettori ma tant'è. In fondo al post tento anche una versione "for dummies", necessariamente meno dettagliata.
Per entrare nel vivo della questione è necessario in ogni caso "disfarsi" per un momento della vastità delle possibili accezioni del termine "complessità" e provare a rifarsi alle definizioni-base utilizzate negli studi teorici sull'argomento (tra chi si occupa di sistemi complessi):

(Complessità secondo Kolmogorov) La complessità di una stringa S è la lunghezza del più breve programma, scritto in codice binario, che fornisca S come output.

Per farla breve: tanto più un oggetto (una stringa, in questo caso) è difficile da descrivere dettagliatamente, tanto più va considerato è complesso secondo questa definizione.
Va da sé che la presenza di regolarità nell'oggetto, permettendo di abbreviare la descrizione, è un freno alla complessità. La stringa "AXKGFIHAITABJ" è più complessa di "ABABABAB", perché per descrivere dettagliatamente quest'ultima mi basta dire, sostanzialmente "AB x 4", mentre la prima è una disposizione random di caratteri e l'unica via per descriverla con precisione è riportare la medesima successione di caratteri.
Anche le dimensioni dell'oggetto influenzano la complessità: tra due disposizioni casuali di caratteri, la più complessa è la più lunga.

Sempre negli studi sulla complessità (es. di sistemi biologici), però, il termine "complessità" viene utilizzato anche con un'altra accezione, meno precisa ma sufficientemente chiara: densità/quantità di relazioni. Tanto più un sistema è stratificato / presenta interazioni e relazioni tra i vari livelli ed elementi che lo compongono, quanto più il sistema è da considerarsi "complesso".
Così una foglia è più complessa di questa frasettina misera che sto scrivendo ora, una pianta è più complessa di una foglia (non per altro: la include), un larice più di un'alga primitiva ecc.



Problema (il problema, per quanto mi riguarda): le due definizioni cozzano fra loro.
Trasportate nel nostro contesto, la prima definizione privilegia l'irregolarità al punto tale che il caos (in musica: il rumore) finisce per essere quanto di più complesso possibile. Eppure, affidandosi al secondo punto di vista, il rumore "basic" dovrebbe corrispondere ad un unico livello piatto, all'assenza di relazioni interne, al grado zero della complessità: l'indistinto.
Allo stesso modo, secondo la prima definizione una disposizione casuale di pallini su un foglio è "più complessa" di una disposizione regolare, anche se la regolarità è particolarmente elaborata. Guardando invece alla densità di relazioni, verrebbe da dire che è la disposizione regolare che - possedendo delle regole - va privilegiata in fatto di complessità.

Esiste un metodo ovvio per uscire dall'impasse, che però trovo decisamente insoddisfacente. Questo corrisponde al discorso: "una disposizione random di elementi, se finita, ammette sempre un insieme di regole che la giustifichi: questo insieme sarà molto molto intricato - da cui la maggiore complessità".
In sostanza, anche il rumore o la disposizione casuale di pallini avrebbe le sue regolarità: regolarità così anti-intuitive da risultare più complesse di qualsiasi regolarità "evidente".

Perché non mi soddisfa? Perché a mio avviso, almeno in ambito artistico, la casualità non controllata corrisponde davvero al grado zero della complessità, alla piattezza totale, all'indistinto, e qualsiasi definizione utile di complessità dovrebbe renderne conto.



Intuisco però l'esistenza di un altro modo per risolvere l'inghippo, che però non riesco a formalizzare. Tralaltro, è un sistema che in modo naturale incorpora una delle riflessioni-chiave che erano state fatte ieri: qualunque sia la definizione, perché sia accettabile deve rendere possibile che due persone A e B che la applicano allo stesso brano musicale forniscano valutazioni discordi.
L'idea di base è: la complessità non è una caratteristica dell'opera in sé, bensì della struttura percepita dal fruitore a partire dall'opera stessa. Questa struttura altro non è che un insieme di relazioni tra gli "elementi significativi" da lui individuati nell'opera, e tra questi elementi e faccende esterne all'opera (altre opere, abitudini, simbologie, eventi della vita, umori ecc).
Nella sostanziale libertà e soggettività con cui ciascuno riconosce gli "elementi significativi" e li associa in una rete di relazioni sta la potenziale disparità di valutazione tra ascoltatori diversi. Alcuni, più in sintonia con certe forme sonore, troveranno più ricca di elementi rilevanti la stessa opera che, per altri, sarà invece il piattume più indistinto.

Mi pare che, adottando una prospettiva del genere, le due definizioni confliggenti si rimettano in pari. Davanti al rumore assolutamente random, io ascoltatore non riconoscerei alcun elemento significativo se non il rumore stesso (interscambiabile con qualsiasi altro rumore). La descrizione dettagliata della struttura da me percepita sarebbe: rumore. Una parola. Complessità: zero, o giù di lì.
Al contrario, di fronte a un brano più stratificato o articolato, di cui sapessi percepire stratificazione e articolazione, la descrizione dettagliata dovrebbe render conto di tutta questa stratificazione e articolazione, oltre che della rete di rimandi e significati emotivi suscitata in me. Sarebbe decisamente più lunga: l'opera - o meglio la mia percezione dell'opera - sarebbe più complessa.

Ovviamente un altro ascoltatore potrebbe appassionarsi a ogni dettaglio del rumore di cui sopra e apprezzarne ogni sfumatura - trovandolo complesso - e magari non cogliere o non essere colpito dalle articolazioni del secondo brano - trovandolo pochissimo complesso. La soggettività resta, ma la definizione una sola è.

Ultima osservazione "tecnica": mi sembra che l'escamotage proposto sia sostanzialmente equivalente a una precisazione necessaria alla prima definizione di complessità che ho riportato: la lunghezza del minimo programma che descrive la stringa S dipende dal linguaggio adottato per descriverla. Linguaggi diversi porteranno a programmi diversi e a lunghezze (e dunque complessità) diverse. Un linguaggio potrebbe avere una stringa pseudocasuale interminabile associata di default al carattere X, e dunque la complessità della stringa in questione sarebbe bassissima - cosa che evidentemente non varrebbe in un altro linguaggio.
Nell'ambito artistico/musicale, il linguaggio corrisponderebbe al "lessico" (non necessariamente verbale) impiegato per render conto degli elementi di un'opera. Alle proprie categorie mentali, insomma: nella mia percezione un rumore vale l'altro - sempre rumore è; per un altro ascoltatore invece ci saranno moltissime sfaccettature di rumore e ognuna corrisponderà a qualcosa di diverso comportando una descrizione più lunga. L'individuazione degli elementi significativi insomma sarebbe legata allo schema mentale che associa suoni e concetti/emozioni/rimandi in base a tratti pertinenti: per me c'è la categoria "rumore" che è associata all'unico tratto pertinente "roba fastidiosa apparentemente casuale"; per un altro ascoltatore ci sono mille sottocategorie diverse, ognuna con un gamma specifica di tratti pertinenti che permettano di distinguerla dalle altre, ognuna associata a una certa galassia di sensazioni, riferimenti ecc.




Ok. Avevo promesso la versione for dummies:

Tra chi studia la complessità sono in voga due diverse caratterizzazioni del concetto: una privilegia ciò che è meno organizzato e regolare, l'altra la ricchezza di relazioni interne. Le due nozioni sono in contraddizione, almeno apparentemente, e lo diventano in particolar modo quando applicate all'ambito artistico/musicale (per una il top della complessità è il rumore, per l'altra il rumore dovrebbe essere lo zero assoluto).
A mio avviso una strada per mettere d'accordo le due definizioni è quella di considerare la complessità come una caratteristica non dell'opera in sé, ma della struttura percepita, che varia da persona a persona. Se io al rumore associo una struttura estremamente povera (perché per me "un rumore vale l'altro"), la complessità che riscontrerò sarà nulla o quasi. Supponendo che sia così per buona parte degli ascoltatori - che per rintracciare "strutture" ha bisogno di regolarità evidenti - ecco che il rumore davvero va a rappresentare per loro il minimo grado di complessità possibile, mentre per forza di cose maggiore complessità dovrebbe comportare una rete di relazioni interne o esterne più articolata.
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"It's a strange world." "Let's keep it that way."

#27 Thælly

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Inviato 29 agosto 2011 - 09:55

Prego, un minuto di silenzio white noise per il suicidio di massa degli ondarocker.
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Una tua action figure che quando la schiacci ti parla degli accordi.


#28 Moreno Saporito

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Inviato 29 agosto 2011 - 10:04

tellonio tu sei un bambino complesso, per quello pensavo a un fake
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#29 aries

    Watcher of the skies.

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Inviato 29 agosto 2011 - 10:12

Ma quindi a un punto di è arrivati :D
Le due teorie in realtà non erano così discordi, nel momento in cui accetti un elemento complesso nella costruzione come il random.
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Electro alt-kraut ambient dreamy wave post worldgazer.
Immagine inserita

Questo sopra è un fumetto che ho appena pubblicato. Più info qui.
Qui c'è il mio Rym. Il sito coi miei lavori è invece qui.

#30 dick laurent

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Inviato 29 agosto 2011 - 10:25



Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione


Figurati se non sono d'accordo, ma nel mondo reale che frequento io questa è un'idea che continua ad andare per la maggiore.
Per dick: certo certo, fortunatamente non è tutta uguale la musica "avant", era per stringere. Volevo poi arrivare ad approfondire sul "mio" rapporto con queste musiche.


però stringi un po' troppo, tu e anche wago che ha messo le stesse premesse per cui l'avanguardia pare solo "free" contro il pop strutturato.
Secondo me l'idea di blocchi contrapposti così è proprio sbagliatissima, la musica di Carter spesso suona caotica ma in realtà è strutturatissima. Forse il problema è cosa una persona può percepire come struttura e cosa no, per cui magari si può parlare anche di falsa complessità, se me la passate. Insomma un buon esempio sono i post di Simon/Carmelo Bene, nove volte su dieci non dice assolutamente un cazzo (del resto lo sa benissimo) ma sembra che lo faccia in modo complesso
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#31 joe tarallo

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Inviato 29 agosto 2011 - 10:49


Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione


Ed ecco che da un luogo comune, si passa ad un altro luogo comune, cioè che il blues sia solo tre accordi e cinque note per gli assoli. Come diceva Jimi, il blues è facile da suonare, ma difficile da sentire dentro. Avere il Blues insomma, mica pippe.
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Turbo Missile Interculer


#32 reese

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Inviato 29 agosto 2011 - 10:49

Problema (il problema, per quanto mi riguarda): le due definizioni cozzano fra loro.
Trasportate nel nostro contesto, la prima definizione privilegia l'irregolarità al punto tale che il caos (in musica: il rumore) finisce per essere quanto di più complesso possibile. Eppure, affidandosi al secondo punto di vista, il rumore "basic" dovrebbe corrispondere ad un unico livello piatto, all'assenza di relazioni interne, al grado zero della complessità: l'indistinto.
Allo stesso modo, secondo la prima definizione una disposizione casuale di pallini su un foglio è "più complessa" di una disposizione regolare, anche se la regolarità è particolarmente elaborata. Guardando invece alla densità di relazioni, verrebbe da dire che è la disposizione regolare che - possedendo delle regole - va privilegiata in fatto di complessità.

Esiste un metodo ovvio per uscire dall'impasse, che però trovo decisamente insoddisfacente. Questo corrisponde al discorso: "una disposizione random di elementi, se finita, ammette sempre un insieme di regole che la giustifichi: questo insieme sarà molto molto intricato - da cui la maggiore complessità".
In sostanza, anche il rumore o la disposizione casuale di pallini avrebbe le sue regolarità: regolarità così anti-intuitive da risultare più complesse di qualsiasi regolarità "evidente".

Perché non mi soddisfa? Perché a mio avviso, almeno in ambito artistico, la casualità non controllata corrisponde davvero al grado zero della complessità, alla piattezza totale, all'indistinto, e qualsiasi definizione utile di complessità dovrebbe renderne conto.


Il giochino mi pare divertente - premetto di rimanere dentro i paletti imposti dal tuo post.

A me pare che ci si possa rifare soltanto alla complessità secondo K: la lunghezza della definizione di un ascoltatore di una canzone (struttura+melodia+suoni). E ciò è compatibile con le tue definizioni, dato che uno può descrivere soltanto ciò a cui può relazionarsi (altrimenti dirà soltanto: "rumore", "ambient", "pop") in modo più approfondito, e meno relazioni nota, meno può descrivere ciò che ascolta. Ne consegue che per te il rumore rimane rumore, e quindi la complessità è pari a zero, mentre gli XTC saranno ricchi di complessità - strutturale/emotiva - che puoi identificare. Allo stesso modo un altro rimane estasiato dalla successioni di suoni noise e ne percepisce la compl. e viceversa per delle canzoni pop. Fissati due estremi della percezione soggettiva della complessità, mi pare che la percezione della stessa si distribuisca a campana tra i due estremi.

Intuisco però l'esistenza di un altro modo per risolvere l'inghippo, che però non riesco a formalizzare. Tralaltro, è un sistema che in modo naturale incorpora una delle riflessioni-chiave che erano state fatte ieri: qualunque sia la definizione, perché sia accettabile deve rendere possibile che due persone A e B che la applicano allo stesso brano musicale forniscano valutazioni discordi.
L'idea di base è: la complessità non è una caratteristica dell'opera in sé, bensì della struttura percepita dal fruitore a partire dall'opera stessa. Questa struttura altro non è che un insieme di relazioni tra gli "elementi significativi" da lui individuati nell'opera, e tra questi elementi e faccende esterne all'opera (altre opere, abitudini, simbologie, eventi della vita, umori ecc).
Nella sostanziale libertà e soggettività con cui ciascuno riconosce gli "elementi significativi" e li associa in una rete di relazioni sta la potenziale disparità di valutazione tra ascoltatori diversi. Alcuni, più in sintonia con certe forme sonore, troveranno più ricca di elementi rilevanti la stessa opera che, per altri, sarà invece il piattume più indistinto.

Questo paragrafo si riassume banalmente con le prospettive e col fatto che ogni corpo umano è un essere vivente unico.

Ultima osservazione "tecnica": mi sembra che l'escamotage proposto sia sostanzialmente equivalente a una precisazione necessaria alla prima definizione di complessità che ho riportato: la lunghezza del minimo programma che descrive la stringa S dipende dal linguaggio adottato per descriverla. Linguaggi diversi porteranno a programmi diversi e a lunghezze (e dunque complessità) diverse. Un linguaggio potrebbe avere una stringa pseudocasuale interminabile associata di default al carattere X, e dunque la complessità della stringa in questione sarebbe bassissima - cosa che evidentemente non varrebbe in un altro linguaggio.

Questo mi pare forzato - intendo l'uso del termine 'linguaggio': i linguaggi a cui fa riferimento la complessità di Kolmogorov sono tutti necessariamente universali - cioè devono essere Turing completi, o Turing equivalenti come si usa in Italia. E per la tesi estesa di Church-Turing, se si cambia il formalismo (cioè il linguaggio) la complessità è la medesima. Inoltre l'associazione X=stringa_random è un caso fortunato su infiniti, e bisognerebbe introdurre infinite associazioni - per ovviare al problema che oltre un certo grado, il rumore è solo rumore - e si tornerebbe ad avere stringhe arbitrariamente lunghe. Sostituirei quindi l'uso di 'linguaggio' nella definizione sopra - difficile dire con cosa, a intuito direi che semplicemente non siamo MdT e quindi i dati del problema li percepiamo soggettivamente.
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#33 slothrop

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Inviato 29 agosto 2011 - 11:02



Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione


Ed ecco che da un luogo comune, si passa ad un altro luogo comune, cioè che il blues sia solo tre accordi e cinque note per gli assoli. Come diceva Jimi, il blues è facile da suonare, ma difficile da sentire dentro. Avere il Blues insomma, mica pippe.


Joe, ci stiamo riferendo ai "gruppi blues-rock revival-reazionari da 12 battute fisse". Se stiamo sempre a specificare tutto quanto - della serie "guardate però che Skip James è ben diverso" - non è mai finita. La discussione è già abbastanza pesante di suo...
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#34 slothrop

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Inviato 29 agosto 2011 - 11:07

versione for dummies:

(per una il top della complessità è il rumore, per l'altra il rumore dovrebbe essere lo zero assoluto).

considerare la complessità come una caratteristica non dell'opera in sé, ma della struttura percepita, che varia da persona a persona.


Se capisco bene non ti interessa per nulla la questione dell'"osticità" d'ascolto. No, perchè il rumore, in quasi tutte le sue forme "musicate", è sempre ostico da ascoltare per la gran parte degli ascoltatori. Però ci sono ottime ragioni (sempre opinabili ma comunque ottime, come spieghi anche tu) per considerare il rumore come segno della complessità minima, il che però non lo rende "facile da ascoltare".
Peraltro più il disco è insulso e privo di strutture, più il rumorismo è indigesto e ostico all'ascolto, oltre che all'apprezzamento.

x dick: Carter non lo citavo mica a caso, tra le musiche avant ho messo anche drone e ambient che spesso non sono free (anzi, in tanto minimalismo accademico c'è della matematica dietro). Che poi per molti ascoltatori Carter appaia uno che fa le cose a caso è un altro discorso.
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#35 reallytongues

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Inviato 29 agosto 2011 - 11:12

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Caro sig. Bernardus...

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#36 dick laurent

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Inviato 29 agosto 2011 - 11:35

x dick: Carter non lo citavo mica a caso, tra le musiche avant ho messo anche drone e ambient che spesso non sono free (anzi, in tanto minimalismo accademico c'è della matematica dietro). Che poi per molti ascoltatori Carter appaia uno che fa le cose a caso è un altro discorso.


ok ho fatto il cazzone ed è evidente che non si è capito nulla di quello che volevo dire. Intendevo col discorso della falsa complessità che molta musica anche di compositori come Carter (o Boulez, o Babbitt, o Ferneyhough) è strutturatissima ma l'orecchio non la percepisce come tale, ma al contrario sembra totalmente caotica.
Ora, nonostante la mia antipatia verso alcuni di loro non voglio generalizzare assolutamente e dire che tutto quello che abbiano fatto sia brutto o sia spazzatura, però non volevo assolutamente dire che l'errore sia dell'ascoltatore superficiale, piuttosto è del compositore che compone seguendo procedimenti che non tengono conto di come verranno poi percepiti all'ascolto.
Un esempio eclatante di "falsa complessità" per me è Structures di boulez. Un titolo un programma. Nella teoria è un pezzo che più complesso non si può e iper strutturato al massimo grado possibile: tutto è completamente vincolato. L'orecchio (non il mio, è una critica fatta anche da un sacco di altri compositori e lo stesso Boulez in seguito è stato critico rispetto al serialismo integrale) sente roba che contrariamente all'assunto sembra completamente priva di relazione.
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#37 wago

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Inviato 29 agosto 2011 - 11:59

Notevole comunque, all'inizio la discussione arrancava e ora invece ha preso una serie di derive (anche interessanti) che non mi aspettavo. Bene così.

Provo un po' a riprendere spunti sparsi in giro, iniziando da quelli che hanno a che fare direttamente con la mia linea argomentativa:

A me pare che ci si possa rifare soltanto alla complessità secondo K: la lunghezza della definizione di un ascoltatore di una canzone (struttura+melodia+suoni). E ciò è compatibile con le tue definizioni, dato che uno può descrivere soltanto ciò a cui può relazionarsi (altrimenti dirà soltanto: "rumore", "ambient", "pop") in modo più approfondito, e meno relazioni nota, meno può descrivere ciò che ascolta. Ne consegue che per te il rumore rimane rumore, e quindi la complessità è pari a zero, mentre gli XTC saranno ricchi di complessità - strutturale/emotiva - che puoi identificare. Allo stesso modo un altro rimane estasiato dalla successioni di suoni noise e ne percepisce la compl. e viceversa per delle canzoni pop. Fissati due estremi della percezione soggettiva della complessità, mi pare che la percezione della stessa si distribuisca a campana tra i due estremi.


Si', quella che proponi è alla fin fine la mia stessa via di scampo: calcoliamo la complessità di Kolmogorov della (più breve) stringa che descrive la struttura percepita. Mi pare che il giochino funzioni.
Qualche problema in realtà ce lo vedo lo stesso, ma sfocia in maniera inevitabile nel tecnicismo al quadrato. Supponiamo di avere due situazioni: nella prima la rete relazionale notata è molto ricca ma disorganizzata (moltissime connessioni significative, che però non rispondono a un disegno unico), dall'altra è altrettanto ricca, ma organizzata (le connessioni rispondono a un ordine di livello superiore: per esempio a delle simmetrie). La complessità è analoga? Io vorrei poter dire che nel secondo caso è maggiore, perché ci sono più livelli di organizzazione. Come renderne conto senza ricorrere alla ripetizione ad libitum del giochino di cui sopra (rete di elementi significativi -> descrizione -> complessità secondo K)?


Ultima osservazione "tecnica": mi sembra che l'escamotage proposto sia sostanzialmente equivalente a una precisazione necessaria alla prima definizione di complessità che ho riportato: la lunghezza del minimo programma che descrive la stringa S dipende dal linguaggio adottato per descriverla. Linguaggi diversi porteranno a programmi diversi e a lunghezze (e dunque complessità) diverse. Un linguaggio potrebbe avere una stringa pseudocasuale interminabile associata di default al carattere X, e dunque la complessità della stringa in questione sarebbe bassissima - cosa che evidentemente non varrebbe in un altro linguaggio.

Questo mi pare forzato - intendo l'uso del termine 'linguaggio': i linguaggi a cui fa riferimento la complessità di Kolmogorov sono tutti necessariamente universali - cioè devono essere Turing completi, o Turing equivalenti come si usa in Italia. E per la tesi estesa di Church-Turing, se si cambia il formalismo (cioè il linguaggio) la complessità è la medesima. Inoltre l'associazione X=stringa_random è un caso fortunato su infiniti, e bisognerebbe introdurre infinite associazioni - per ovviare al problema che oltre un certo grado, il rumore è solo rumore - e si tornerebbe ad avere stringhe arbitrariamente lunghe. Sostituirei quindi l'uso di 'linguaggio' nella definizione sopra - difficile dire con cosa, a intuito direi che semplicemente non siamo MdT e quindi i dati del problema li percepiamo soggettivamente.


Si', è forzato ed era forzata anche l'analogia tra il linguaggio di programmazione e quello di descrizione. Credo comunque che il discorso si prestasse ad evidenziare il tipo di fenomeno in questione (dipendenza della descrizione - e dunque della complessità - dalle categorie mentali).
ps. non sono un informatico, ma la tesi di Church-Turing non porta a considerare la complessità computazionale (in termini di O()) anziché quella di Kolmogorov?



però stringi un po' troppo, tu e anche wago che ha messo le stesse premesse per cui l'avanguardia pare solo "free" contro il pop strutturato.
Secondo me l'idea di blocchi contrapposti così è proprio sbagliatissima, la musica di Carter spesso suona caotica ma in realtà è strutturatissima. Forse il problema è cosa una persona può percepire come struttura e cosa no, per cui magari si può parlare anche di falsa complessità, se me la passate. Insomma un buon esempio sono i post di Simon/Carmelo Bene, nove volte su dieci non dice assolutamente un cazzo (del resto lo sa benissimo) ma sembra che lo faccia in modo complesso


Dick, in realtà le mie categorie tagliate con il coltello erano uno specchietto per le allodole: volevo buttare benzina sul fuoco con un po' di polemica pop vs avanguardia. Non ha funzionato, e in fondo non ce n'è stato nemmeno bisogno.
Se noti già nel messaggio di apertura prendevo le distanze dalla semplificazione brutale pop=struttura, avanguardia=free, notando che si trattava di una forzatura buona per creare due esempi e per nient'altro.
L'unica cosa che mi lascia perplesso nel tuo discorso, e nel discorso di chiunque collochi la complessità nell'idea a monte di una composizione, è questa del "sembra caos ma in realtà è ordinato". Per me se sembra caos è caos finché non riesco a vederne l'ordine. Non me lo invento io ora che il serialismo e l'alea, percettivamente, risultino estremamente simili: questo perché le strutture del primo non sono percettibili, e quella musica creata in modo complesso all'atto pratico non risulta complessa, ma ampiamente caotica/indifferenziata/incapace di significare.

Aggiungo che spesso le strutture compositive programmatiche sono in realtà un insieme di corrispondenze molto più superficiale e debole rispetto alle centomila strutture implicite/involontarie a cui si rinuncia aderendo a un paradigma iperrazionale e scollegato dalla pratica precedente. Insomma, un pezzo seriale sarà retto da una serie di regole ferree, ma queste regole sono infinitamente meno strutturanti rispetto al sistema di interazioni/rimandi/riferimenti emotivi che un compositore tonale inserisce in un suo pezzo, in modo prevalentemente involontario.
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#38 Guest_pinkfloyd86_*

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Inviato 29 agosto 2011 - 12:02

Wago ha espresso praticamente il mio pensiero, ma con parole decenti asd

La percezione soggettiva domina, e sembra essere l'unica vera discriminante nel definire qualcosa come più o meno complesso. Ma ciò non è poi così vero. Perchè un'opera può essere complessa in sè. Complessità oggettiva, che non tiene conto del soggetto. Un'opera di Bach può soggettivamente avere meno rimandi della Canzone del Sole di Battisti, ma, se si considera la totalità degli esseri umani e si pone la domanda:"E' più complesso Bach o La Canzone del Sole?" , è ovvio, sicuro, scontato, certo che la maggior parte delle persone risponderà:"Ma Johann Sebastian Bach obviously!". Ciò significa che è da considerare, oltre alla percezione soggettiva, anche il fatto che una cosa possa essere complessa in sè, e quella complessità per me può essere conosciuta, studiata (nel caso di un'opera musicale, basterebbe ad esempio indagare sulla percezione che l'artista stesso ha della sua opera), sebbene non possa essere mai del tutto colta: questo perchè l'opera sfugge per certi versi anche allo stesso artista, che ne conosce ogni dettaglio, trasformandosi in una creatura indipendente; l'artista ti potrà ad esempio rivelare come l'ha pensata, cosa è stato influente, ma non potrà mai dire come debba essere percepita e quali precisi rimandi debba evocare. La complessità oggettiva, al contrario di quanto letto in queste pagine, per me esiste eccome.
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#39 dick laurent

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Inviato 29 agosto 2011 - 12:29


però stringi un po' troppo, tu e anche wago che ha messo le stesse premesse per cui l'avanguardia pare solo "free" contro il pop strutturato.
Secondo me l'idea di blocchi contrapposti così è proprio sbagliatissima, la musica di Carter spesso suona caotica ma in realtà è strutturatissima. Forse il problema è cosa una persona può percepire come struttura e cosa no, per cui magari si può parlare anche di falsa complessità, se me la passate. Insomma un buon esempio sono i post di Simon/Carmelo Bene, nove volte su dieci non dice assolutamente un cazzo (del resto lo sa benissimo) ma sembra che lo faccia in modo complesso


Dick, in realtà le mie categorie tagliate con il coltello erano uno specchietto per le allodole: volevo buttare benzina sul fuoco con un po' di polemica pop vs avanguardia. Non ha funzionato, e in fondo non ce n'è stato nemmeno bisogno.
Se noti già nel messaggio di apertura prendevo le distanze dalla semplificazione brutale pop=struttura, avanguardia=free, notando che si trattava di una forzatura buona per creare due esempi e per nient'altro.
L'unica cosa che mi lascia perplesso nel tuo discorso, e nel discorso di chiunque collochi la complessità nell'idea a monte di una composizione, è questa del "sembra caos ma in realtà è ordinato".


mi sa che non riesco proprio a farmi capire oggi... intendevo proprio l'opposto, e cioè che una composizione che sembra complessissima può essere in realtà estremamente naif se non tiene conto del fatto che il cervello elabora e comprende i suoni in una certa maniera. In questo senso molti musicisti non accademici arrivano con l'intuizione dove molti compositori accademici non possono perchè magari bloccati da un approccio eccessivamente scientifico, anche se scientifico non è affatto il termine giusto.

Per me se sembra caos è caos finché non riesco a vederne l'ordine. Non me lo invento io ora che il serialismo e l'alea, percettivamente, risultino estremamente simili: questo perché le strutture del primo non sono percettibili, e quella musica creata in modo complesso all'atto pratico non risulta complessa, ma ampiamente caotica/indifferenziata/incapace di significare.

Aggiungo che spesso le strutture compositive programmatiche sono in realtà un insieme di corrispondenze molto più superficiale e debole rispetto alle centomila strutture implicite/involontarie a cui si rinuncia aderendo a un paradigma iperrazionale e scollegato dalla pratica precedente. Insomma, un pezzo seriale sarà retto da una serie di regole ferree, ma queste regole sono infinitamente meno strutturanti rispetto al sistema di interazioni/rimandi/riferimenti emotivi che un compositore tonale inserisce in un suo pezzo, in modo prevalentemente involontario.



è esattamente quello che intendevo dire. Anche se penso che comunque non si può limitare il discorso a quello che percepisce l'ascoltatore (la tua ipersoggettività non l'ho mai condivisa), come dice pinkfloyd qui sopra tre accordi restano sempre tre accordi e in quello non c'è nulla di complesso. Poi che un pezzo di musica sia di più della somma degli accordi va bene, ma appunto se uno dice che la canzone del sole è musicalmente semplice è semplicemente vero. Poi ci sono altri piani che vanno al di là di quello, ma la musica in sè non dice nulla di nuovo, è banale e fa lo stesso giro di milioni di pezzi precedenti senza aggiungere niente
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#40 slothrop

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Inviato 29 agosto 2011 - 12:33

Andiamo con gli esempi Wago, perchè ho ancora qualche dubbio. Rispondimi con il TUO concetto di "complessità".

1 - allora tra ac/dc e genesis immagino vincano i secondi senza ombra di dubbio

2 - mi è meno chiaro chi ti risulta più complesso tra gli ac/dc e la metal machine music. I primi hanno una struttura semplice, ma ce l'hanno, la seconda non ha struttura (o quanto meno non ha uno spartito). E' però molto più ostica da ascoltare, questo a te interessa oppure no?

3 - sono più complessi i genesis o elliott carter? NB: con "elliott carter" intendo genericamente una musica la cui partitura è estremamente lunga e complessa, ma che però può apparire molto free perchè la gran parte degli ascoltatori fatica a trovare dietro a questa partitura un vero/sensato orizzonte compositivo. Della serie, "sarà pure scritta e ci sarà pure un gran lavoro alle spalle, ma si poteva pure fare a meno, visto il risultato".
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#41 reese

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Inviato 29 agosto 2011 - 12:41

Si', quella che proponi è alla fin fine la mia stessa via di scampo: calcoliamo la complessità di Kolmogorov della (più breve) stringa che descrive la struttura percepita. Mi pare che il giochino funzioni.
Qualche problema in realtà ce lo vedo lo stesso, ma sfocia in maniera inevitabile nel tecnicismo al quadrato. Supponiamo di avere due situazioni: nella prima la rete relazionale notata è molto ricca ma disorganizzata (moltissime connessioni significative, che però non rispondono a un disegno unico), dall'altra è altrettanto ricca, ma organizzata (le connessioni rispondono a un ordine di livello superiore: per esempio a delle simmetrie). La complessità è analoga? Io vorrei poter dire che nel secondo caso è maggiore, perché ci sono più livelli di organizzazione. Come renderne conto senza ricorrere alla ripetizione ad libitum del giochino di cui sopra (rete di elementi significativi -> descrizione -> complessità secondo K)?

Mmh interessante... Sicuramente, come dici tu, una soluzione è definire la funzione come ricorsiva - e a logica dovrebbe esserlo: applicare la funzione alla somma delle complessità dei singoli elementi. Oppure più terra-terra sommare la complessità delle relazioni tra i singoli elementi alle singole complessità. A momenti mi pare pure formalizzabile, basterebbe mettersi d'accordo su alcuni parametri e operazioni, dopo aver effettuato degli esperimenti empirici asd
Come mai senti l'esigenza della non-ricorsività? L'unica soluzione possibile implicherebbe l'introduzione di nuove funzioni di compl. - in questo caso una che consideri le strutture.

Si', è forzato ed era forzata anche l'analogia tra il linguaggio di programmazione e quello di descrizione. Credo comunque che il discorso si prestasse ad evidenziare il tipo di fenomeno in questione (dipendenza della descrizione - e dunque della complessità - dalle categorie mentali).
ps. non sono un informatico, ma la tesi di Church-Turing non porta a considerare la complessità computazionale (in termini di O()) anziché quella di Kolmogorov?

Sì, è vero, ma c'è una certa equivalenza tra i problemi della classe P/P-poly e la compl. di K. A intuito direi che si potrebbe sfruttare quest'equivalenza in modo ancora più spinto, avventurandosi anche nella compl. computazionale e usando qualche teoria di quell'ambito - come se il discorso non fosse già abbastanza fumoso :D



Comunque, in generale nel discorso, non capisco bene una cosa: per voi c'è relazione tra l'intenzionalità di una struttura e la percezione dell'ascoltatore? Mi spiego: considerate una struttura come più o meno complessa se percepite che il musicista l'ha coscientemente creata o anche se involontaria? Perché secondo me non c'è nessuna relazione tra le due.
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#42 Norman Bombardini

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Inviato 29 agosto 2011 - 12:42



Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione


Ed ecco che da un luogo comune, si passa ad un altro luogo comune, cioè che il blues sia solo tre accordi e cinque note per gli assoli. Come diceva Jimi, il blues è facile da suonare, ma difficile da sentire dentro. Avere il Blues insomma, mica pippe.


è così e basta, chiunque suoni lo sa...se poi i tre accordi li rivolti in mille accordi diversi (ma che rimangono sempre i tre canonici come note), armonizzi e fai sotituzioni di accordi e poi quando fai i soli (pentatonica) suoni come un dio la sostanza non cambia...
Tra l'altro se io scrivo che "il blues è basato solo sull'interpretazione" e tu mi scrivi "sentirlo dentro" vorrei proprio capire perché quoti e fai dei distinguo, visto che stiamo dicendo la stessa cosa.
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#43 dick laurent

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Inviato 29 agosto 2011 - 13:04




Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione


Ed ecco che da un luogo comune, si passa ad un altro luogo comune, cioè che il blues sia solo tre accordi e cinque note per gli assoli. Come diceva Jimi, il blues è facile da suonare, ma difficile da sentire dentro. Avere il Blues insomma, mica pippe.


è così e basta, chiunque suoni lo sa...se poi i tre accordi li rivolti in mille accordi diversi (ma che rimangono sempre i tre canonici come note), armonizzi e fai sotituzioni di accordi e poi quando fai i soli (pentatonica) suoni come un dio la sostanza non cambia...
Tra l'altro se io scrivo che "il blues è basato solo sull'interpretazione" e tu mi scrivi "sentirlo dentro" vorrei proprio capire perché quoti e fai dei distinguo, visto che stiamo dicendo la stessa cosa.


bè comunque c'è tanto altro oltre all'armonia eh (oltre al fatto che pure il blues si può incasinare moltissimo)
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#44 wago

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Inviato 29 agosto 2011 - 13:26

Sloth, provo a rispondere alle tue domande:

Se capisco bene non ti interessa per nulla la questione dell'"osticità" d'ascolto. No, perchè il rumore, in quasi tutte le sue forme "musicate", è sempre ostico da ascoltare per la gran parte degli ascoltatori. Però ci sono ottime ragioni (sempre opinabili ma comunque ottime, come spieghi anche tu) per considerare il rumore come segno della complessità minima, il che però non lo rende "facile da ascoltare".
Peraltro più il disco è insulso e privo di strutture, più il rumorismo è indigesto e ostico all'ascolto, oltre che all'apprezzamento.


Per me la questione è quasi l'inversa dell'osticità (dove "per me" va inteso come "nel mio caso").
Mi spiego: il più delle volte, nella mia esperienza, l'apprezzamento la musica e coglierne la complessità vanno di pari passo. Con questo non intendo dire che più la musica è complessa più mi piace, ma che per me entrare in sintonia con un pezzo e "dipanarne" la complessità sono la stessa cosa, per semplice o complesso che sia il pezzo - ammesso e non concesso che una simile nozione di complessità "intrinseca" abbia davvero senso (cosa di cui dubito fortemente).
Potrei dunque dire che più sento di aver inserito il pezzo in una sua complessità più mi sento appagato dall'ascolto, e dunque che lo stesso pezzo mi risulta via via più complesso tanto meno mi riesce ostico e difficile da approcciare.


Andiamo con gli esempi Wago, perchè ho ancora qualche dubbio. Rispondimi con il TUO concetto di "complessità".

1 - allora tra ac/dc e genesis immagino vincano i secondi senza ombra di dubbio

2 - mi è meno chiaro chi ti risulta più complesso tra gli ac/dc e la metal machine music. I primi hanno una struttura semplice, ma ce l'hanno, la seconda non ha struttura (o quanto meno non ha uno spartito). E' però molto più ostica da ascoltare, questo a te interessa oppure no?

3 - sono più complessi i genesis o elliott carter? NB: con "elliott carter" intendo genericamente una musica la cui partitura è estremamente lunga e complessa, ma che però può apparire molto free perchè la gran parte degli ascoltatori fatica a trovare dietro a questa partitura un vero/sensato orizzonte compositivo. Della serie, "sarà pure scritta e ci sarà pure un gran lavoro alle spalle, ma si poteva pure fare a meno, visto il risultato".


In realtà sloth a tutti e tre questi confronti dovrei rispondere: il mio concetto di complessità da solo non permette di dire chi è più o meno complesso, non permette insomma di fare valutazioni oggettive. Per passare dal concetto al giudizio è necessario metterci dentro il mio particolare rapporto con la musica che citi, nel quale senz'altro "vincono" nel primo caso i Genesis, nel secondo gli Ac/Dc, nel terzo ora ancora i Genesis (perché non conosco Carter abbastanza bene da "vederci dentro" una struttura complessa quanto quella dei Genesis), ma domani chissà.

Cercando comunque di leggere "dietro" alle domande e di toccare i nodi che volevi sciogliessi:
- Sulla questione dell'ostico ho in parte risposto prima, ma specifico: per me a creare la sensazione dell'ostico è l'incapacità di "vedere" una complessità che si suppone ci sia alla base dell'opera (a ragione o a torto: in Metal Machine Music in realtà non c'è, in Carter sì). Non credo sia in sé una misura della complessità: semmai delle aspettative riguardo a essa e della "dissonanza cognitiva" tra complessità attesa e complessità effettivamente percepita.
Senz'altro l'osticità è una caratteristica che si correla con la complessità, ma non mi pare che le due cose siano interscambiabili o che abbiano legami tipo A->B: i processi sono più indiretti.
- Come si diceva con dick, credo ci sia una grandissima parte di "complessità nascosta" che sfugge al disegno dell'autore e fa sì che opere accuratamente progettate per avere strutture della madonna - ma in contrasto con quelle culturalmente consolidate - finiscano per avere solo quelle strutture della madonna e perdere tutte le altre, risultando a conti fatti estremamente povere (specie se le strutture in questione sono difficilmente percepibili).

Wago ha espresso praticamente il mio pensiero, ma con parole decenti asd

Un'opera di Bach può soggettivamente avere meno rimandi della Canzone del Sole di Battisti, ma, se si considera la totalità degli esseri umani e si pone la domanda:"E' più complesso Bach o La Canzone del Sole?" , è ovvio, sicuro, scontato, certo che la maggior parte delle persone risponderà:"Ma Johann Sebastian Bach obviously!

[...] l'opera sfugge per certi versi anche allo stesso artista, che ne conosce ogni dettaglio, trasformandosi in una creatura indipendente; l'artista ti potrà ad esempio rivelare come l'ha pensata, cosa è stato influente, ma non potrà mai dire come debba essere percepita e quali precisi rimandi debba evocare.


Devo essermi spiegato proprio male, perché non sono d'accordo su una riga che sia una del discorso che fai dopo. In particolare "la maggior parte della gente ritene che sia così (per motivi di intuizione o culturali) = è così oggettivamente" mi sembra un abominio, che lo si usi per dimostrare che Bach è più complesso di Battisti o per qualsiasi altro scopo.

No dai però, sul "l'opera sfugge all'artista e si trasforma in una creatura indipendente" sono d'accordissimo.

mi sa che non riesco proprio a farmi capire oggi... intendevo proprio l'opposto, e cioè che una composizione che sembra complessissima può essere in realtà estremamente naif


No dick, scusami: eri in realtà stato chiarissimo e avevo letto male io. Poi avevo visto anche i tuoi altri interventi e avevo capito l'errore. Direi che siamo d'accordo, in ogni caso.

Anche se penso che comunque non si può limitare il discorso a quello che percepisce l'ascoltatore (la tua ipersoggettività non l'ho mai condivisa), come dice pinkfloyd qui sopra tre accordi restano sempre tre accordi e in quello non c'è nulla di complesso. Poi che un pezzo di musica sia di più della somma degli accordi va bene, ma appunto se uno dice che la canzone del sole è musicalmente semplice è semplicemente vero. Poi ci sono altri piani che vanno al di là di quello, ma la musica in sè non dice nulla di nuovo, è banale e fa lo stesso giro di milioni di pezzi precedenti senza aggiungere niente


Per me dick il ricorso alla percezione è inevitabile se si vuole dare una definizione che sia corretta e riesca davvero ad abbracciare il fenomeno "complessità". Riconosco che una definizione che comporti un sostanziale "dipende tutto dai punti di vista" sia anche una definizione sostanzialmente inutile/inapplicabile, ma per quel che mi interessava a livello speculativo va bene così.
A livello operativo invece sono d'accordo sul fatto che sia utile, se non necessario, restringere la definizione ad ambiti specifici nella quale si possa mirare a una misura oggettiva, univoca. Questo però con la consapevolezza che si sta adoperando un criterio di "oggettivizzazione" sostanzialmente arbitrario e non si sta davvero parlando della complessità "totale", bensì di una sua specifica declinazione. Declinazione che può portare a un sacco di risultati interessanti ma non va utilizzata come arma in stile "X è più complesso di Y e ora te lo dimostro", perché quel che si può dimostrare è solo che la complessità è maggiore nel limitato terreno teorico in cui hai scelto di porti, non che lo è quella che realmente percepiamo e chiamiamo "complessità".

(azz credo di esser stato fumosissimo: quel che volevo dire a me è chiaro ma mi sa che non s'è capito un cazz :D)
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#45 joe tarallo

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Inviato 29 agosto 2011 - 14:27




Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione


Ed ecco che da un luogo comune, si passa ad un altro luogo comune, cioè che il blues sia solo tre accordi e cinque note per gli assoli. Come diceva Jimi, il blues è facile da suonare, ma difficile da sentire dentro. Avere il Blues insomma, mica pippe.


è così e basta, chiunque suoni lo sa...se poi i tre accordi li rivolti in mille accordi diversi (ma che rimangono sempre i tre canonici come note), armonizzi e fai sotituzioni di accordi e poi quando fai i soli (pentatonica) suoni come un dio la sostanza non cambia...
Tra l'altro se io scrivo che "il blues è basato solo sull'interpretazione" e tu mi scrivi "sentirlo dentro" vorrei proprio capire perché quoti e fai dei distinguo, visto che stiamo dicendo la stessa cosa.


Non diciamo la stessa cosa. Nel momento in cui vi sono mille interpretazioni diverse mi pare che di canonico vi sia ben poco. Questione di approccio, tu parli di interpretazione come se fosse una semplice varazione su un tema standard, dettagli insomma. Per me invece è tutto, ed è quella che fa la vera differenza. Ecco perchè l'ascoltatore blues deve avere orecchio fino, perchè deve saper distinguere fra chi si limita a suonare le pentatoniche e chi invece ci mette l'anima. Anzi, per me il dettaglio sono proprio le pentatoniche, quelli sono solo aspetti tecnici, e ridurre il blues a mera tecnica vuol dire non averlo capito, il blues è prima di tutto feeling. "è così e basta, chiunque suoni lo sa", e io ti posso assicurare che chiunque suoni il blues l'ultima cosa di cui parlerebbe in una discussione sul blues sono proprio le pentatoniche. Poi come ha detto Dick Laurent, non è che di blues ne esista solo uno, quello tipico ''pure blues'', anzi, se lo consideri con tutte le sue propaggini, contaminazioni, sottogeneri, voglio proprio vedere cosa ci trovi di canonico. E non è per essere pesanti o pedanti, ma non mi pare giusto che se uno sbaglia a dire mezza cosa sulla new wave, indie, post-rock ecc, tutti: "eh, ma no, non è così, devi considerare questo, poi quest'altro, derivati, controderivati e bla bla bla", e poi invece se si liquida il blues a tre accordi e pentatonica allora va tutto bene. No, mi dispiace, a me non va bene per niente, e lo dico. Sono pesante? Chissenefrega.
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#46 wago

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Inviato 29 agosto 2011 - 15:07

Mmh interessante... Sicuramente, come dici tu, una soluzione è definire la funzione come ricorsiva - e a logica dovrebbe esserlo: applicare la funzione alla somma delle complessità dei singoli elementi. Oppure più terra-terra sommare la complessità delle relazioni tra i singoli elementi alle singole complessità. A momenti mi pare pure formalizzabile, basterebbe mettersi d'accordo su alcuni parametri e operazioni, dopo aver effettuato degli esperimenti empirici asd
Come mai senti l'esigenza della non-ricorsività? L'unica soluzione possibile implicherebbe l'introduzione di nuove funzioni di compl. - in questo caso una che consideri le strutture.


Aspé, credo di essermi perso. Cosa intendiamo per "complessità", qui, in ogni step? E' un numero? Se sì, non capisco come gli si possa ri-applicare la funzione che stiamo cercando di creare (o come si possa applicare alla somma di tot complessità). Se invece è un oggetto non-numerico (una struttura, mi verrebbe da dire), in che modo diverse complessità si sommano e in che maniera alla fine l'output risulta numerico?
Io avevo pensato più banalmente a una cosa tipo: dall'ascolto produco una struttura A, la descrivo e individuo la descrizione più breve, di cui misuro la complessità secondo kolmogorov. Poi cerco ulteriori ordini interni alla struttura (una struttura di strutture A') e anche lì faccio lo stesso, e così via: A'', A'''... In realtà non credo funzioni o abbia senso come procedura senza specificare bene cosa si intende per "descrizione di una struttura a livello X" (se posso descrivere il livello X ricorrendo a un livello Y superiore, posso probabilmente accorciarne brutalmente la descrizione, ottenendo il paradosso che una struttura a più livelli è meno complessa di una a meno livelli).

Comunque in effetti credo che l'unica via decente per trattare la cosa sia la ricorsività: il mio rifiuto nasceva dall'illusione di poter avere una quantificazione della complessità che rendesse conto del "tipo" di complessità (per cui più livelli -> maggior complessità a prescindere dal numero di relazioni su ogni livello), ma in fin dei conti non credo sia una cosa desiderabile. Direi che tanto basta che a parità di numero di relazioni sia più complessa la struttura con più livelli, e che una struttura inclusa in un'altra sia considerata meno complessa. Per il resto, la botte piena e la moglie ubriaca non si possono avere: si sta pur sempre appiattendo una struttura multi-dimensionale su un bieco numerino.


Si', è forzato ed era forzata anche l'analogia tra il linguaggio di programmazione e quello di descrizione. Credo comunque che il discorso si prestasse ad evidenziare il tipo di fenomeno in questione (dipendenza della descrizione - e dunque della complessità - dalle categorie mentali).
ps. non sono un informatico, ma la tesi di Church-Turing non porta a considerare la complessità computazionale (in termini di O()) anziché quella di Kolmogorov?

Sì, è vero, ma c'è una certa equivalenza tra i problemi della classe P/P-poly e la compl. di K. A intuito direi che si potrebbe sfruttare quest'equivalenza in modo ancora più spinto, avventurandosi anche nella compl. computazionale e usando qualche teoria di quell'ambito - come se il discorso non fosse già abbastanza fumoso :D


Haha purtroppo (o per fortuna per gli altri utenti) sono cose di cui so pochissimo, giusto qualche nozione introduttiva: mi interesserebbe anche la faccenda ma di mio non saprei da che parte cominciare :D


Comunque, in generale nel discorso, non capisco bene una cosa: per voi c'è relazione tra l'intenzionalità di una struttura e la percezione dell'ascoltatore? Mi spiego: considerate una struttura come più o meno complessa se percepite che il musicista l'ha coscientemente creata o anche se involontaria? Perché secondo me non c'è nessuna relazione tra le due.


Penso che sia un po' una tendenza naturale, quella di identificare complessità e volontà di creare qualcosa di complesso (o progetto complesso). Razionalmente la vedo come te: sono due cose indipendenti, l'una può esserci senza l'altra e viceversa. All'atto pratico però mi capita spesso di correlare le due cose e credo che in effetti capiti spesso che un artista capace sia in grado di "riversare" nella sua creazione una complessità pensata che poi l'ascoltatore è in grado di recepire.
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#47 Norman Bombardini

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Inviato 29 agosto 2011 - 15:25





Uno dei grandi luoghi comuni che imperversano nel mondo degli appassionati di musica è che il blues, anche quello più beceramente reazionario, sia sempre e comunque una musica "per gente che se ne intende e ha l'orecchio fino"


ma dove?
è il genere più semplice e canonico del mondo, visto che gira su tre accordi (e una scala, la pentatonica) e si basa unicamente sull'interpretazione


Ed ecco che da un luogo comune, si passa ad un altro luogo comune, cioè che il blues sia solo tre accordi e cinque note per gli assoli. Come diceva Jimi, il blues è facile da suonare, ma difficile da sentire dentro. Avere il Blues insomma, mica pippe.


è così e basta, chiunque suoni lo sa...se poi i tre accordi li rivolti in mille accordi diversi (ma che rimangono sempre i tre canonici come note), armonizzi e fai sotituzioni di accordi e poi quando fai i soli (pentatonica) suoni come un dio la sostanza non cambia...
Tra l'altro se io scrivo che "il blues è basato solo sull'interpretazione" e tu mi scrivi "sentirlo dentro" vorrei proprio capire perché quoti e fai dei distinguo, visto che stiamo dicendo la stessa cosa.


Non diciamo la stessa cosa. Nel momento in cui vi sono mille interpretazioni diverse mi pare che di canonico vi sia ben poco. Questione di approccio, tu parli di interpretazione come se fosse una semplice varazione su un tema standard, dettagli insomma. Per me invece è tutto, ed è quella che fa la vera differenza. Ecco perchè l'ascoltatore blues deve avere orecchio fino, perchè deve saper distinguere fra chi si limita a suonare le pentatoniche e chi invece ci mette l'anima. Anzi, per me il dettaglio sono proprio le pentatoniche, quelli sono solo aspetti tecnici, e ridurre il blues a mera tecnica vuol dire non averlo capito, il blues è prima di tutto feeling. "è così e basta, chiunque suoni lo sa", e io ti posso assicurare che chiunque suoni il blues l'ultima cosa di cui parlerebbe in una discussione sul blues sono proprio le pentatoniche. Poi come ha detto Dick Laurent, non è che di blues ne esista solo uno, quello tipico ''pure blues'', anzi, se lo consideri con tutte le sue propaggini, contaminazioni, sottogeneri, voglio proprio vedere cosa ci trovi di canonico. E non è per essere pesanti o pedanti, ma non mi pare giusto che se uno sbaglia a dire mezza cosa sulla new wave, indie, post-rock ecc, tutti: "eh, ma no, non è così, devi considerare questo, poi quest'altro, derivati, controderivati e bla bla bla", e poi invece se si liquida il blues a tre accordi e pentatonica allora va tutto bene. No, mi dispiace, a me non va bene per niente, e lo dico. Sono pesante? Chissenefrega.


io non so dove avrei scritto che "il blues è tecnica", ho scritto esattamente l'opposto, che è "solo interpretazione", cioè come lo suoni. Ho parlato di tre accordi (non è così?) e pentatonica per dire che è il genere più schematico e strutturato che ci sia, in questo quindi semplice come regole base da seguire, non è così?
proprio perché è così semplice il blues risulta essere il genere in cui maggiormente prevale il "come", il sentimento che ci metti nel fare quei tre accordi e nell'eseguire i soli (99,9% solo pentatoniche, minori, maggiori e con cromatismi vari), nelle modulazioni che fai, ecc. ecc.
puoi "complicare" un pezzo blues quanto vuoi ma quello sarà sempre l'elemento che conta meno rispetto al "sentire"...
per avere conferme vedersi un filmato di BB King, non uno qualsiasi, poi dimmi se non fa robe di una semplicità mostruosa, solo che ci mette l'anima, quelle dita sulla chitarra sembra che parlino!
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#48 shakespeare6666

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Inviato 29 agosto 2011 - 15:37

Comunque in effetti credo che l'unica via decente per trattare la cosa sia la ricorsività: il mio rifiuto nasceva dall'illusione di poter avere una quantificazione della complessità che rendesse conto del "tipo" di complessità (per cui più livelli -> maggior complessità a prescindere dal numero di relazioni su ogni livello), ma in fin dei conti non credo sia una cosa desiderabile. Direi che tanto basta che a parità di numero di relazioni sia più complessa la struttura con più livelli, e che una struttura inclusa in un'altra sia considerata meno complessa. Per il resto, la botte piena e la moglie ubriaca non si possono avere: si sta pur sempre appiattendo una struttura multi-dimensionale su un bieco numerino.

credo che tu abbia trovato la strada giusta ;)
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#49 Guest_pinkfloyd86_*

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Inviato 30 agosto 2011 - 08:26




Wago ha espresso praticamente il mio pensiero, ma con parole decenti asd

Un'opera di Bach può soggettivamente avere meno rimandi della Canzone del Sole di Battisti, ma, se si considera la totalità degli esseri umani e si pone la domanda:"E' più complesso Bach o La Canzone del Sole?" , è ovvio, sicuro, scontato, certo che la maggior parte delle persone risponderà:"Ma Johann Sebastian Bach obviously!

[...] l'opera sfugge per certi versi anche allo stesso artista, che ne conosce ogni dettaglio, trasformandosi in una creatura indipendente; l'artista ti potrà ad esempio rivelare come l'ha pensata, cosa è stato influente, ma non potrà mai dire come debba essere percepita e quali precisi rimandi debba evocare.


Devo essermi spiegato proprio male, perché non sono d'accordo su una riga che sia una del discorso che fai dopo. In particolare "la maggior parte della gente ritene che sia così (per motivi di intuizione o culturali) = è così oggettivamente" mi sembra un abominio, che lo si usi per dimostrare che Bach è più complesso di Battisti o per qualsiasi altro scopo.

No dai però, sul "l'opera sfugge all'artista e si trasforma in una creatura indipendente" sono d'accordissimo.


Be, allora sei d'accordo su metà di quello che ho detto asd
"la maggior parte della gente ritene che sia così (per motivi di intuizione o culturali) = è così oggettivamente" mi sembra un abominio ----> l'oggettività (concetto del tutto soggettivo) deriva dalla cultura e dall'educazione: se alle persone viene insegnato che con il legno si possono fare dei tavoli, e viene arbitrariamente definito legno quello che si ottiene da un albero, un certo tipo di tavolo sarà oggettivamente di legno; stessa cosa con la complessità: se inizi a diffondere arbitrariamente l'idea che la complessità si accosti sia al grado di elaboratezza di un qualcosa, che alla difficoltà nel creare o riprodurre quel qualcosa, devi per forza di cose aspettarti che ciò che crea Bach è oggettivamente più complesso di ciò che crea Battisti. L'oggettività esiste in quanto costrutto mentale universalmente condiviso. In poche parole, la visione di un qualcosa che più prende piede e più è condivisa, vince su tutte le altre, relegandole a mere visioni personali e soggettive (e per questo parziali). 2 + 2 = 4 è oggettivo solo finchè tutti lo credono (se la maggioranza iniziasse a credere che 2 + 2 = 5, anche questo sarebbe oggettivo senza ombra di dubbio e 2 + 2 = 4 sarebbe un'assurdità). In conclusione: la maggior parte della gente ritiene che sia così = oggettivo.
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#50 Slowburn

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Inviato 30 agosto 2011 - 09:02

Noto che nessuno ha posto l'accento su un punto a mio modesto avviso importante ,o forse velatamente celato: per quanto complesse o meno siano le circostanze di composizione di una musica il fine e' sempre il bello, per ammaliare, per incantare, per rendere partecipe l'ascoltatore. Il bello deve uscire nella sua magnificenza, nella sua piu' piena dignita', non e' mai accettabile all'orecchio qualcosa che - pur se complesso - risulta confuso, disordinato, brutto, che crea sentimenti negativi o di riluttanza.
I fattori che intervengono sono moltissimi, per me non e' sempre vero che una musica complessa sia interessante, come non e' sempre vero che una musica semplice sia banale. (come ben detto da qualcun altro), come non e' sempre vero che virtuosismo corrisponda a complesso.
Personalmente per complessita' intendo una certa fantasia musicale sviluppata con un'idea originale che il compositore propone di mettere in pratica secondo un modo soggettivo e unico che fara' pensare ad una specie di "marchio" .
Robert Shumann scrisse nella sua rivista da lui fondata che " Accade nella musica come nel gioco degli scacchi. La regina (melodia) ha il massimo potere, ma il colpo decisivo dipende dal re (armonia).
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