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La complessità


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89 replies to this topic

#51 Thælly

    mascellona da bukkake

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Inviato 30 agosto 2011 - 09:14

Noto che nessuno ha posto l'accento su un punto a mio modesto avviso importante ,o forse velatamente celato: per quanto complesse o meno siano le circostanze di composizione di una musica il fine e' sempre il bello, per ammaliare, per incantare, per rendere partecipe l'ascoltatore. Il bello deve uscire nella sua magnificenza, nella sua piu' piena dignita', non e' mai accettabile all'orecchio qualcosa che - pur se complesso - risulta confuso, disordinato, brutto, che crea sentimenti negativi o di riluttanza.

Se vabbe' allora buttiamo nel cesso tutto il punk, il noise, la classica novecentesca e tutta la musica che fa del "brutto" la sua essenza (oddio, fosse per me si potrebbe pure fare eh asd )
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Una tua action figure che quando la schiacci ti parla degli accordi.


#52 aries

    Watcher of the skies.

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Inviato 30 agosto 2011 - 09:19

Anche per me.
Poi però arriva quello che "il bello è soggettivo", e non gli si può dar nemmeno troppo torto ché ci son cose che io trovo sublimi che non trovano il favore di nessuno, quantomeno è soggettivamente oggettivo asd
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#53 reallytongues

    Pietra MIliare

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Inviato 30 agosto 2011 - 11:31

Bag.
Secondo me nel rock non c'è nulla di complesso; se uno non capisce che so una bella jam dei Cream è perchè è uno sfigato.
Tutto quello che è complesso non è rock o è rock non ben riuscito.
Spesso si è complessi perchè sfigati.


per questo intervento ho preso 6 voti, ma il risultato è -2 :
quindi ho preso 2 voti positivi e 4 negativi? non ci arrivo è troppo complesso ...sono troppo rockko
pizzette per tutti!!

comunque sono convinto di quello che dico e rilancio:
la complessità non esiste in nulla CHE SIA ARTE.

Sto parlando della percezione dell'arte, che essendo soggettiva ha non solo nell'oggetto artistico ma anche nel soggetto fruitore il FULCRO DELL'EVENTO EMOZIONALE.
Se ci fosse una qualsiasi forma di complessità che etimologicamente può anche voler dire sudditanza e problematica ( il problema da risolvere per esempio della mia votazione) non ci sarebbe la naturale comprensione dell'evento artistico (diciamo la fantasmagoria, lo stupore, lo spavento), e al contrario l'arrovellarsi per comprendere il complesso sarebbe la morte dell'anima e la vittoria dell'inganno a se stessi.
Ciao amigos
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#54 Paz

    Roadie

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Inviato 30 agosto 2011 - 14:27

Espongo ora quello che è il nodo della questione che mi ponevo in apertura del thread...


Ottima esposizione. In filosofia esiste una teoria, denominata fenomenologia della percezione, che potrebbe rendere più facile la comprensione dei fenomeni del tipo di quelli da te descritti e delle loro ragioni.
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#55 reallytongues

    Pietra MIliare

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Inviato 30 agosto 2011 - 14:59

Incredibile. Ma come si può quantificare la complessità nell'arte?
Io poi non capisco, Wago ha esposto il problema in modo che ci si rompa le balle in un minuto (ecco la complessità nella sua vera luce). Si parla di complessità dell'opera nella sua esecuzione o nella sua fruizione?
No perchè se il muiscista fa tempi astrusi e virtuosisimi allucinanti io intanto sono in poltrona ad ascoltare e bermi una birra.
Pensiamo alla astrusità dei Genesis e la facilità d'ascolto loro insita.
Poi ovvio che se uno vuole studiare le composizioni per desiderio matematico questo è un discorso che non mi appartiene.

Comunque la complessità d'ascolto è inversamente proporzionale all'elevatezza dell'individuo.
Ancora ciao amigos
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Caro sig. Bernardus...

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#56 wago

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Inviato 31 agosto 2011 - 06:48

Really, se non ci fossi dovrebbero inventarti :)

So di essere prolisso e capzioso, ho fatto il possibile per essere chiaro e non troppo estenuante ma a quanto pare non ci sono riuscito. Va anche detto che ci sono argomenti e argomenti, e questo complesso lo è di suo.

Quello che mi interessava in primo luogo era capire cosa gli altri utenti intendessero con la parola "complessità", visto che ha tante accezioni diverse ma ognuno sembra impiegarne sistematicamente solo alcune. A giudicare dalla tua risposta, mi pare che per te complessità = tempi incasinati, robe difficili da decifrare e un po' pretestuose, messa in secondo piano delle emozioni dirette ecc. Bene, è senz'altro un'accezione legittima e forse non era ancora venuta fuori in modo così radicale.

Però ad esempio io la considero in tutt'altro modo, per me essere complessi non è fare i 13/64 o gli intrecci mirabolanti tra 25 strumenti, ma piuttosto far sì che ogni parte di una composizione abbia funzioni e legami che la associano ad altre parti; che le diverse parti si raggruppino fra loro e formino un loro ordine che dia luogo a immagini, sensazioni, analogie. Insomma che ci sia una rete di relazioni capace di creare qualcosa che va oltre alla bieca somma dei "fatti" interni alla composizione (nota X, tencicismo Y, timbro Z, urletto, stecca, ecc): e tanto più ricca e stratificata sarà la rete che percepiamo, tanto più sarà complessa sarà secondo noi l'opera.

In questo senso, trovo che sia falsissima la frase "la complessità non esiste in nulla CHE SIA ARTE": la complessità è assolutamente necessaria all'arte, perché senza di essa non potrebbe comunicare, sarebbe solo un insieme di oggetti sterili che non dicono assolutamente nulla.
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"It's a strange world." "Let's keep it that way."

#57 Slowburn

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Inviato 31 agosto 2011 - 08:29


Noto che nessuno ha posto l'accento su un punto a mio modesto avviso importante ,o forse velatamente celato: per quanto complesse o meno siano le circostanze di composizione di una musica il fine e' sempre il bello, per ammaliare, per incantare, per rendere partecipe l'ascoltatore. Il bello deve uscire nella sua magnificenza, nella sua piu' piena dignita', non e' mai accettabile all'orecchio qualcosa che - pur se complesso - risulta confuso, disordinato, brutto, che crea sentimenti negativi o di riluttanza.

Se vabbe' allora buttiamo nel cesso tutto il punk, il noise, la classica novecentesca e tutta la musica che fa del "brutto" la sua essenza (oddio, fosse per me si potrebbe pure fare eh asd )



. . .ma tu intendi il finale, io mi riferivo alla partenza ^_^

Deve esserci una sorta di "volume estetico" di tutte le facolta' espressive di un artista, egli tende sempre lo sguardo rivolto alla perfezione.
Ogni artista ha nell'animo di realizzare con pienezza e verita' espressiva la sua visione, ma lo fara' con tutti gli sforzi inimmaginabili, donando tutto se stesso.
Scommetto che anche il piu' "rozzo" (virgolettato perche' non intendo in senso dispregiativo) artista che fa punk con tre accordi e basta e vuole protestare, nel momento in cui registra il suo disco cerchera' il mix perfetto, vorra' dare un prodotto "bello", cioe' un qualcosa che realizzi pienamente il suo sentire, e lo fara' nel miglior modo possibile. (secondo quanto lui e il suo talento gli offrono), anche con suoni "sporchi", ma perche' volutamente scelti.
Ma questo vale per tutto, puo' forse uno chef far uscire anche una semplice pasta al pomodoro senza aver minuziosamente osservato e assaggiato che tutto sia a posto, anche la presentazione del piatto ? Puo' un redattore far uscire una recensione anche con un solo errore di ortografia, o magari fatta cosi a casaccio? oppure cerchera' di farla nel miglior modo possibile, rileggendola e via dicendo?

E' chiaro che dal momento in cui "il prodotto" arriva al pubblico intervengono fattori di gusto personale , quindi per qualcuno sara' fantastico, per qualcun altro una scemenza, su questo siam d'accordo.
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#58 dick laurent

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Inviato 31 agosto 2011 - 09:24

io sono molto d'accordo con quello che dice slowburn
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine


#59 Guest_Tyvek_*

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Inviato 31 agosto 2011 - 10:51

Però ad esempio io la considero in tutt'altro modo, per me essere complessi non è fare i 13/64 o gli intrecci mirabolanti tra 25 strumenti, ma piuttosto far sì che ogni parte di una composizione abbia funzioni e legami che la associano ad altre parti; che le diverse parti si raggruppino fra loro e formino un loro ordine che dia luogo a immagini, sensazioni, analogie. Insomma che ci sia una rete di relazioni capace di creare qualcosa che va oltre alla bieca somma dei "fatti" interni alla composizione (nota X, tencicismo Y, timbro Z, urletto, stecca, ecc): e tanto più ricca e stratificata sarà la rete che percepiamo, tanto più sarà complessa sarà secondo noi l'opera.


Ecco, leggendo questa descrizione a me viene in mente una sola parola che la spieghi: postmoderno. Aloha.
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#60 Guest_Tyvek_*

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Inviato 31 agosto 2011 - 10:59

In questo senso, trovo che sia falsissima la frase "la complessità non esiste in nulla CHE SIA ARTE": la complessità è assolutamente necessaria all'arte, perché senza di essa non potrebbe comunicare, sarebbe solo un insieme di oggetti sterili che non dicono assolutamente nulla.


Poi, un'altra cosa su cui mi scervello da quando mi sono iscritta a questo forum. Ma quando usate la parola arte a cosa pensate? E' soltanto un'astrazione con riferimento a nulla o quando la si usa, mentre la si usa, si pensa effettivamente a qualcosa? Chessò un Notturno di Chopin, un quadro, una scultura, un film, un libro, un prodotto artigianale, un prodotto industriale, un'architettura, una performance, la vittoria al mondiale degli azzurri? O è semplicemente una parola usata per riempire i buchi di un qualsivoglia sterile ragionamento attorno ad essa?
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#61 aries

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Inviato 31 agosto 2011 - 11:03

Sta diventando la madre di tutte le pippe.
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Questo sopra è un fumetto che ho appena pubblicato. Più info qui.
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#62 reallytongues

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Inviato 31 agosto 2011 - 11:32

se a me un brano piace , non dirò mai che è complesso.
hai mai trovato complesso fare l'amore (a meno che uno riesca!)
forse è complesso descriverlo, ma non farlo e ricerverlo
allo stesso modo fare o ricevere arte è piacere , che con la complessità non ha nulla a che fare
PIACERE hai capito?
Questo spiega la questione del gusto personale.
Ognuno ha il suo grado di piacere.
Ma non esiste che la complessità dia valore all'arte, anche perchè non si spiegherebbe perchè un brano semplice di Lou reed sia meglio di uno dei peggiori PfM.
In parte mi sto contraddicendo sul fatto che la complessità sia inversamente proporzionale all'elevatezza di una persona, ma non è vero perchè io non parlo di elevatezza culturale, ma intuitiva. Se uno ha intuito appunto non trova complessità alcuna , se uno NON ha intuito trova complessità ovunque, anzi ASCOLTA SOLO COMPLESSITà....forse è meglio uno che trova piacere con Vasco pittosto uno che ascolta senza ballare con l'anima. BALLARE è complesso?
Ho sempre diffidato di chi non balla durante le feste..
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#63 Thælly

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Inviato 31 agosto 2011 - 11:43

Credo di amarti.
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#64 wago

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Inviato 31 agosto 2011 - 12:27

se a me un brano piace , non dirò mai che è complesso.
hai mai trovato complesso fare l'amore (a meno che uno riesca!)
forse è complesso descriverlo, ma non farlo e ricerverlo
allo stesso modo fare o ricevere arte è piacere , che con la complessità non ha nulla a che fare
PIACERE hai capito?
Questo spiega la questione del gusto personale.
Ognuno ha il suo grado di piacere.
Ma non esiste che la complessità dia valore all'arte, anche perchè non si spiegherebbe perchè un brano semplice di Lou reed sia meglio di uno dei peggiori PfM.
In parte mi sto contraddicendo sul fatto che la complessità sia inversamente proporzionale all'elevatezza di una persona, ma non è vero perchè io non parlo di elevatezza culturale, ma intuitiva. Se uno ha intuito appunto non trova complessità alcuna , se uno NON ha intuito trova complessità ovunque, anzi ASCOLTA SOLO COMPLESSITà....forse è meglio uno che trova piacere con Vasco pittosto uno che ascolta senza ballare con l'anima. BALLARE è complesso?
Ho sempre diffidato di chi non balla durante le feste..


Farsi capire da te di sicuro.

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#65 wago

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Inviato 31 agosto 2011 - 12:37

Sta diventando la madre di tutte le pippe.


asd

L'avevo detto io:

E' un po' che "covo" questa discussione, che ha tutte le potenzialità per costituire il thread-pippone definitivo.


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#66 reallytongues

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Inviato 31 agosto 2011 - 13:26


Però ad esempio io la considero in tutt'altro modo, per me essere complessi non è fare i 13/64 o gli intrecci mirabolanti tra 25 strumenti, ma piuttosto far sì che ogni parte di una composizione abbia funzioni e legami che la associano ad altre parti; che le diverse parti si raggruppino fra loro e formino un loro ordine che dia luogo a immagini, sensazioni, analogie. Insomma che ci sia una rete di relazioni capace di creare qualcosa che va oltre alla bieca somma dei "fatti" interni alla composizione (nota X, tencicismo Y, timbro Z, urletto, stecca, ecc): e tanto più ricca e stratificata sarà la rete che percepiamo, tanto più sarà complessa sarà secondo noi l'opera.


Ecco, leggendo questa descrizione a me viene in mente una sola parola che la spieghi: postmoderno. Aloha.



A parte l'assurdità dell'intervento dopo...."Postmoderno" cosa?
Una composizione è complessa secondo te se ha:
" funzioni e legami che la associno da altre parti"
Se vogliamo entrare nei dettagli...fai un esempio.
Questa tuo enunciato molto sottile (è un eufemismo) si basa leggendo il pentagramma? noti delle corrispondenze matematiche?
Se ci fossero non è detto che siano complesse. La matematica ci stà anche in "voglio la pappa col pomodoro"
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#67 cool as kim deal

    Utente contro le bonus track

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Inviato 31 agosto 2011 - 14:13

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#68 Guest_Tyvek_*

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Inviato 31 agosto 2011 - 15:37



Però ad esempio io la considero in tutt'altro modo, per me essere complessi non è fare i 13/64 o gli intrecci mirabolanti tra 25 strumenti, ma piuttosto far sì che ogni parte di una composizione abbia funzioni e legami che la associano ad altre parti; che le diverse parti si raggruppino fra loro e formino un loro ordine che dia luogo a immagini, sensazioni, analogie. Insomma che ci sia una rete di relazioni capace di creare qualcosa che va oltre alla bieca somma dei "fatti" interni alla composizione (nota X, tencicismo Y, timbro Z, urletto, stecca, ecc): e tanto più ricca e stratificata sarà la rete che percepiamo, tanto più sarà complessa sarà secondo noi l'opera.


Ecco, leggendo questa descrizione a me viene in mente una sola parola che la spieghi: postmoderno. Aloha.



A parte l'assurdità dell'intervento dopo...."Postmoderno" cosa?
Una composizione è complessa secondo te se ha:
" funzioni e legami che la associno da altre parti"
Se vogliamo entrare nei dettagli...fai un esempio.
Questa tuo enunciato molto sottile (è un eufemismo) si basa leggendo il pentagramma? noti delle corrispondenze matematiche?
Se ci fossero non è detto che siano complesse. La matematica ci stà anche in "voglio la pappa col pomodoro"


Sostituisci "postmoderno" a "complesso", semplicemente. Le caratteristiche descritte da wago più che ad una qualità intrinseca/estrinseca (tale "complessità") m'ha fatto più pensare ad un circostanza culturale (tale "postmodernità"). Vuoi n'esempio di postmodernità? Quanti ne vuoi, Lyotard, Bauman, Eco, Borges, Sottsass e bla bla bla, pesca nel mezzo qualcosa sicuro la trovi...Assurdità de che poi? Sticazzi.
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#69 gigirictus

    ï͂͑̉͆ͧͮͩ̓ͧ̒͒̉̎̂̊͆͑͐̊̓̊̅ͭ͗̐̄̏̾̄͊

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Inviato 31 agosto 2011 - 15:50

Chissà cosa verrà dopo il postmoderno!

il prefuturo?
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rym |


#70 Guest_Tyvek_*

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Inviato 31 agosto 2011 - 16:06

Chissà cosa verrà dopo il postmoderno!


c'è già il postumano. I cyborg sono sempre più vicini.
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#71 Moreno Saporito

    burzumaniaco

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Inviato 31 agosto 2011 - 17:12

Vuoi n'esempio di postmodernità? Quanti ne vuoi, Lyotard, Bauman, Eco, Borges, Sottsass e bla bla bla, pesca nel mezzo qualcosa sicuro la trovi...


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#72 Mr telefax

    dendrite

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Inviato 31 agosto 2011 - 17:15

Mado', sta diventando un casino seguire la discussione. All'inizio pensavo che Wago fosse stato chiaro, al netto della complessità dei suoi concetti. Poi ci sono stati interventi più o meno centrati, e francamente non ho voglia di rileggermi il tutto. Piuttosto, stavo pensando a un aspetto della complessità che forse c'entra, e forse no. Tra l'altro se ho letto bene è stato in parte accennato da qualcheduno di voi, ma non definito meglio.

Io considero complessa anche quell'opera (una canzone in questo caso), che aldilà della sommatoria dei suoi fattori, e aldilà della sua ascoltabilità in riferimento ai nostri comuni canoni, quelli per i quali siamo in grado di stabilire più o meno cosa è rock, cosa è pop, folk, blues, etc, ha un armonia e un equilibrio talmente alto che, pur nella semplicità della composizione in sé, fa capire che il risultato è possibile solo con un lavoro pazzesco dietro. In realtà il riferimento che ho in mente è quello dell'opera zen, il singolo segno la cui esecuzione è frutto di anni e anni di pensamenti e ripensamenti, la cui complessità appunto sta nell'ideazione, nell'alchimia di un sottilissimo equilibrio, tale che un punto, un bit, un suono micronesimale in più o in meno farebbe cadere miseramente l'intera incastellatura...

Esempi musicali? boh, mi vengono in mente i brani di My Life In The Bush Of Ghost, ma anche i Suicide. Lì la complessità sta nel tanto che si riesce ad avere con poco (un synth, una voce), ed è un effetto che si misura nella strabordante emotività del brano.

Wago, tu nella discussione sui voti ai quadri dato 10 a Semplice di Kandinsky; ecco, quello è un esempio ben calzante di quello che volevo dire.
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I personaggi e i fatti narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce

#73 debaser

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Inviato 31 agosto 2011 - 17:19

Vuoi n'esempio di postmodernità? Quanti ne vuoi, Lyotard, Bauman, Eco, Borges, Sottsass e bla bla bla, pesca nel mezzo qualcosa sicuro la trovi..


ma pussa via! postmoderna sarà tua sorella!
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
non si dice, non si scrive solamente si favoleggia


#74 Guest_Tyvek_*

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Inviato 31 agosto 2011 - 18:45


Vuoi n'esempio di postmodernità? Quanti ne vuoi, Lyotard, Bauman, Eco, Borges, Sottsass e bla bla bla, pesca nel mezzo qualcosa sicuro la trovi..


ma pussa via! postmoderna sarà tua sorella!


ma anche il mio gatto, la lettiera, i commenti di debaser su qualsivoglia argomento asd
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#75 Norman Bombardini

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Inviato 31 agosto 2011 - 19:05

Vuoi n'esempio di postmodernità? Quanti ne vuoi, Lyotard, Bauman, Eco, Borges, Sottsass e bla bla bla, pesca nel mezzo qualcosa sicuro la trovi...


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l'avvinazzato del maestro Teomondo Scrofalo

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#76 wago

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Inviato 31 agosto 2011 - 20:06

Sulla questione "postmoderno" e altre amenità.

C'è una terza accezione di "complessità", usata dagli studiosi della stessa, che m'ero perso per strada. Eppure è forse la più seducente, per quanto elusiva.
Secondo questa visione, si ha complessità ogniqualvolta si assiste a un "comportamento emergente" di qualche tipo. Anche su cosa sia o non sia l'emergenza (che non si sa perché in italiano viene chiamata così, e non "emersione") si potrebbe discutere ore, ma per farla veramente breve: in un sistema di qualsiasi tipo si ha un comportamento emergente quando questo non è "codificato" negli elementi del sistema in sé, o delle regole che lo individuano, ma risulta da una loro interazione.
Così, è un esempio di emergenza la possibilità, negli scacchi, di dare scacco matto con due regine promuovendo un pedone sull'ultima riga (non lo è invece la cattura "en passant", che è una regola esplicita). E' emergenza la disposizione geometrica delle macchie sulla pelliccia di un leopardo, non "scritta" esplicitamente nel dna ma frutto di interazioni chimiche tra enzimi. Infine, è emergenza circa qualsiasi struttura biologica o sociale, a qualsiasi livello: la vita e la società, fenomeno complesso per loro natura, sono il paradiso dei fenomeni emergenti.

Nessuna delle visioni che ho proposto prima cattura quest'aspetto. Eppure, la presenza all'interno di un'opera di connessioni o proprietà "non previste" è con ogni probabilità il miglior indice della complessità della stessa - per come il termine ha acquistato importanza nel dibattito contemporaneo.
Arriviamo però alle faccende sonore, con un esempio a mio avviso molto brillante dal libretto "Millesuoni" edito da Cronopio (ispirato a "Millepiani" di Gilles Deleuze: ed ecco che arriviamo esplicitamente al postmodernismo): la musica minimalista o glitch. Per tagliare la testa al toro considererei un brano da "Atavism" di SND, che è minimalista e di scuola glitch, allo stesso tempo:

http://www.youtube.com/watch?v=QldQsrOOpHc





Ora: qua delle multi-stratificazioni e strutture ordinate che andavo declamando come elemento cardine della complessità "relazionale" non ce n'è traccia. E' tutto un unico piano di toni indistinti, privi di caratterizzazione: punti su un singolo piano, peraltro assolutamente non inquadrabili in un ordine geometrico preordinato. Deleuze, e gli autori di "Millesuoni", avrebbero parlato di "spazio liscio", privo di punti di riferimento e appigli comodi per orientarsi come un tempo, una strofa, un ritornello, un'armonia ecc. Calvino (un altro che si è mosso parecchio sulla linea di confine tra strutturalismo e postmodernismo) di "mare dell'oggettività", fatto di elementi che non rappresentano niente se non sé stessi, sono indipendenti dall'uomo dalle sue abitudini dei suoi affetti e, in assenza di un rapporto con esso, restano indistinti, a-gerarchici e non finalizzati.

Eppure, un pezzo come questo è per me quasi il simbolo di cosa "complesso" possa significare in arte. Perché? Perché ascoltarlo è un continuo assistere, dentro alla propria testa, all'emergere di strutture che non ci sono ma sembrano, anche solo per un istante, esserci. E' la rincorsa alla mappa che funzioni almeno per un momento, che colleghi due/tre/dieci tintinnii in un disegno visualizzabile, in un fenomeno isolabile e descrivibile.
Sì, nessuna delle tante architetture che balenano per la mente cercando di venire a capo del pezzo è lì veramente. Figurarsi: ascoltandolo due volte, ne percepiremmo senz'altro di diverse e incompatibili. Eppure, in qualche modo ognuno di quei fantasmi di struttura esiste esiste - anzi: è tutto quello che esiste e possiamo percepire del flusso indifferenziato che ci investe.

Come matassa di interazioni non previste e nient'altro, un brano minimalista o glitch "radicale" come questo è l'incarnazione di cosa "emergenza" possa significare in arte. E se dove c'è emergenza c'è complessità, allora questo pezzo è il simbolo della complessità: di una complessità di tipo diverso rispetto a quelle analizzate prima (forse ma quanto sarà vero? non saranno invece tutte "declinazioni" di un'unico aspetto centrale, ancora più sfuggente?).



Ultima nota, un po' buttata lì (ma spero qualcosa riesca a intendersi). A occhio e croce, ogni comportamento autenticamente emergente è costituzionalmente situato nel tempo. Vive di tempo: senza il tempo "a turni" degli scacchi non ci sarebbero né mosse né strategie, senza il processo di ontogenesi del feto e le reazioni chimiche che lo accompagnano non ci sarebbero le macchie del leopardo, senza il tempo in cui evolvere non ci sarebbero né la vita né la società.
Su tutte le arti, la musica è forse quella che più di tutte vive di tempo e solo di quello: non ha immagini, non ha oggetti a cui riferirsi: è solo un dar corpo sonoro al tempo. Questo la rende probabilmente il territorio naturale per la complessità come intesa in questo post, e ogni sguardo che davvero voglia cogliere il nucleo fondamentale di cosa significhi essere "complesso" dovrebbe prendere in considerazione non strutture fisse e date una volta per tutte, ma un processo di continua genesi e mutazione: in fin dei conti, se ogni ascolto non fosse un viaggio, in cui alla fine abbiamo qualcosa che non c'era all'inizio, non staremmo ad ascoltare e riascoltare musica con tanta passione.
  • 3
"It's a strange world." "Let's keep it that way."

#77 Norman Bombardini

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Inviato 31 agosto 2011 - 20:45

wago, scopa di più, al limite fatti delle pippe (fisiche)
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#78 reallytongues

    Pietra MIliare

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Inviato 31 agosto 2011 - 22:55

comunque come al solito io sono il più figo di tutti, io della complessità ci faccio un frappè.
sai wago forse è vero questo è il topic definitivo.
giocare sulla complessità è seguire la nostra ombra,
io morirò presto.
morirò perchè la mia ombra è più veloce, e non c'è matematica.
lasciamo spazio al festeggiamento.
definitivo.
manovra finanziaria.
figli.
complessità.
musica.
verità.
postmoderno.
frigorifero.
tomba.
risata.
diglielo a Chopin se hai il suo numero di telefono.
sono complesso?
no:
sono pazzo
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Caro sig. Bernardus...

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#79 Guest_pinkfloyd86_*

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Inviato 31 agosto 2011 - 23:22

diglielo a Chopin se hai il suo numero di telefono è la frase definitiva.
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#80 reallytongues

    Pietra MIliare

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Inviato 31 agosto 2011 - 23:39

Sulla questione "postmoderno" e altre amenità.

C'è una terza accezione di "complessità", usata dagli studiosi della stessa, che m'ero perso per strada. Eppure è forse la più seducente, per quanto elusiva.
Secondo questa visione, si ha complessità ogniqualvolta si assiste a un "comportamento emergente" di qualche tipo. Anche su cosa sia o non sia l'emergenza (che non si sa perché in italiano viene chiamata così, e non "emersione") si potrebbe discutere ore, ma per farla veramente breve: in un sistema di qualsiasi tipo si ha un comportamento emergente quando questo non è "codificato" negli elementi del sistema in sé, o delle regole che lo individuano, ma risulta da una loro interazione.
Così, è un esempio di emergenza la possibilità, negli scacchi, di dare scacco matto con due regine promuovendo un pedone sull'ultima riga (non lo è invece la cattura "en passant", che è una regola esplicita). E' emergenza la disposizione geometrica delle macchie sulla pelliccia di un leopardo, non "scritta" esplicitamente nel dna ma frutto di interazioni chimiche tra enzimi. Infine, è emergenza circa qualsiasi struttura biologica o sociale, a qualsiasi livello: la vita e la società, fenomeno complesso per loro natura, sono il paradiso dei fenomeni emergenti.

Nessuna delle visioni che ho proposto prima cattura quest'aspetto. Eppure, la presenza all'interno di un'opera di connessioni o proprietà "non previste" è con ogni probabilità il miglior indice della complessità della stessa - per come il termine ha acquistato importanza nel dibattito contemporaneo.
Arriviamo però alle faccende sonore, con un esempio a mio avviso molto brillante dal libretto "Millesuoni" edito da Cronopio (ispirato a "Millepiani" di Gilles Deleuze: ed ecco che arriviamo esplicitamente al postmodernismo): la musica minimalista o glitch. Per tagliare la testa al toro considererei un brano da "Atavism" di SND, che è minimalista e di scuola glitch, allo stesso tempo:

http://www.youtube.com/watch?v=QldQsrOOpHc





Ora: qua delle multi-stratificazioni e strutture ordinate che andavo declamando come elemento cardine della complessità "relazionale" non ce n'è traccia. E' tutto un unico piano di toni indistinti, privi di caratterizzazione: punti su un singolo piano, peraltro assolutamente non inquadrabili in un ordine geometrico preordinato. Deleuze, e gli autori di "Millesuoni", avrebbero parlato di "spazio liscio", privo di punti di riferimento e appigli comodi per orientarsi come un tempo, una strofa, un ritornello, un'armonia ecc. Calvino (un altro che si è mosso parecchio sulla linea di confine tra strutturalismo e postmodernismo) di "mare dell'oggettività", fatto di elementi che non rappresentano niente se non sé stessi, sono indipendenti dall'uomo dalle sue abitudini dei suoi affetti e, in assenza di un rapporto con esso, restano indistinti, a-gerarchici e non finalizzati.

Eppure, un pezzo come questo è per me quasi il simbolo di cosa "complesso" possa significare in arte. Perché? Perché ascoltarlo è un continuo assistere, dentro alla propria testa, all'emergere di strutture che non ci sono ma sembrano, anche solo per un istante, esserci. E' la rincorsa alla mappa che funzioni almeno per un momento, che colleghi due/tre/dieci tintinnii in un disegno visualizzabile, in un fenomeno isolabile e descrivibile.
Sì, nessuna delle tante architetture che balenano per la mente cercando di venire a capo del pezzo è lì veramente. Figurarsi: ascoltandolo due volte, ne percepiremmo senz'altro di diverse e incompatibili. Eppure, in qualche modo ognuno di quei fantasmi di struttura esiste esiste - anzi: è tutto quello che esiste e possiamo percepire del flusso indifferenziato che ci investe.

Come matassa di interazioni non previste e nient'altro, un brano minimalista o glitch "radicale" come questo è l'incarnazione di cosa "emergenza" possa significare in arte. E se dove c'è emergenza c'è complessità, allora questo pezzo è il simbolo della complessità: di una complessità di tipo diverso rispetto a quelle analizzate prima (forse ma quanto sarà vero? non saranno invece tutte "declinazioni" di un'unico aspetto centrale, ancora più sfuggente?).



Ultima nota, un po' buttata lì (ma spero qualcosa riesca a intendersi). A occhio e croce, ogni comportamento autenticamente emergente è costituzionalmente situato nel tempo. Vive di tempo: senza il tempo "a turni" degli scacchi non ci sarebbero né mosse né strategie, senza il processo di ontogenesi del feto e le reazioni chimiche che lo accompagnano non ci sarebbero le macchie del leopardo, senza il tempo in cui evolvere non ci sarebbero né la vita né la società.
Su tutte le arti, la musica è forse quella che più di tutte vive di tempo e solo di quello: non ha immagini, non ha oggetti a cui riferirsi: è solo un dar corpo sonoro al tempo. Questo la rende probabilmente il territorio naturale per la complessità come intesa in questo post, e ogni sguardo che davvero voglia cogliere il nucleo fondamentale di cosa significhi essere "complesso" dovrebbe prendere in considerazione non strutture fisse e date una volta per tutte, ma un processo di continua genesi e mutazione: in fin dei conti, se ogni ascolto non fosse un viaggio, in cui alla fine abbiamo qualcosa che non c'era all'inizio, non staremmo ad ascoltare e riascoltare musica con tanta passione.


allora:
tutto il ragionamento che hai fatto e di cui ho rispetto vuole dare alla "complessità" un merito che in fin dei conti non vuoi. Il tuo anelito è la semplicità, se tu avessi il potere di avere una parola per TUTTE come un SENTIMENTO sarebbe da te ben voluta.
Se tu possedessi la VERITA' (sapienza) la cederesti alla complessità (ostacoli per la sapienza)? Il tuo orecchio lo cederesti a un microprocessore, a un dizionario?
Ma ancora di più :
il tuo orecchio lo cederesti in cambio della tua vita?



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#81 reallytongues

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Inviato 01 settembre 2011 - 00:13

così si scopre che la complessità e la semplicità si equivalgono, non ci sarebbe l'una senza l'altra.
tu non cederai il tuo orecchio per la vita perchè semplicemente nessuno lo chiede.
la semplicità si confonde con la complessità

ed è complesso capire come la semplicità è complessa come è semplice capire come la complessità è semplice.
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#82 Stephen

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Inviato 01 settembre 2011 - 00:36

C'è una terza accezione di "complessità", usata dagli studiosi della stessa, che m'ero perso per strada. Eppure è forse la più seducente, per quanto elusiva.
Secondo questa visione, si ha complessità ogniqualvolta si assiste a un "comportamento emergente" di qualche tipo. Anche su cosa sia o non sia l'emergenza (che non si sa perché in italiano viene chiamata così, e non "emersione") si potrebbe discutere ore, ma per farla veramente breve: in un sistema di qualsiasi tipo si ha un comportamento emergente quando questo non è "codificato" negli elementi del sistema in sé, o delle regole che lo individuano, ma risulta da una loro interazione.
Così, è un esempio di emergenza la possibilità, negli scacchi, di dare scacco matto con due regine promuovendo un pedone sull'ultima riga (non lo è invece la cattura "en passant", che è una regola esplicita). E' emergenza la disposizione geometrica delle macchie sulla pelliccia di un leopardo, non "scritta" esplicitamente nel dna ma frutto di interazioni chimiche tra enzimi. Infine, è emergenza circa qualsiasi struttura biologica o sociale, a qualsiasi livello: la vita e la società, fenomeno complesso per loro natura, sono il paradiso dei fenomeni emergenti.

Mi trovo decisamente d'accordo con quest'accezione del termine complessità, e reputo l'esempio scacchistico più che calzante, soprattutto se considerato in opposizione al concetto di complicatezza (anche questo metaforico e dunque da correlare intuitivamente alla nostra discussione sulla musica).
Un'opera complessa, giacchè ricca di novità ancora da assimilare, necessita di un ascolto attento per poter essere compresa e capita. Senza un ascolto predisposto od anche, volendo, un background culturale soddisfacente, gli elementi emersi per la prima volta nell'opera che ci si appresta ad ascoltare potrebbero non solo passare inosservati, ma anche essere fraintesi o risultare fastidiosi. Un'opera complessa, a mio parere, si rivolge all'ascoltatore richiedendogli, direttamente, concentrazione e fedeltà. Pena: lo snaturamento dell'opera stessa; la privazione del tanto agognato piacere estetico.
In un'opera complicata non ravvedo nulla di tutto ciò, o meglio: nulla vieta che un'opera complicata sia anche complessa, ma queste due nature non sono legate tra di loro da una dialettica indissolubile. Un'opera è complicata dal momento che il suo effetto è dovuto ad una sovrabbondanza di elementi ciascuno in stretto rapporto con l'altro, ad una struttura machiavellica ma al tempo stesso solida ed organica. Che si conoscano a fondo o meno le modalità architettoniche di una tale struttura poco importa; l'ascoltatore, in un caso o nell'altro, potrà in egual misura fruire l'opera per quel che è stata concepita (catarsi attraverso il movimento, attraverso la compassione, attraverso il riso). Nonostante io non sappia nè come è stata progettata, nè come è stata costruita la mia casa, tranquillamente posso viverci. Lo stesso non ritengo si possa dire di un'opera complessa, che spesso e volentieri deve la sua denominazione non a particolari banali come il livello di cervelloticità ma a figure di ben diversa profondità; non conoscendo un'opera complessa, si ascolta altro.
Negli scacchi il gioco complicato ha il fine di spazientire l'avversario. Richiede un immane lavoro; spesso una manovra di gioco complicato può richiedere ore di calcoli, nonostante celi un obiettivo semplice, misero, e a portata di mano. Tutt'altro discorso per quanto riguarda il gioco strategico: la strategia, tramite mosse apparentemente innocue e l'accumulazione di piccoli vantaggi, permette, correndo pochi rischi, di raggiungere posizioni di soverchiante superiorità.

Ciao ;)

Postilla:
riguardo il resto del tuo ragionamento, sono più che d'accordo nell'individuare la complessità nella ricchezza di possibili messaggi di un opera; nel loro essere (i messaggi) sempre più tendenti all'infinito ma mai davvero infiniti, così da lasciar intravedere la possibilità di un senso, che si perde in una miriade di interpretazioni possibili. Credo che l'idea di complessità artistica sia nata da quando l'arte ha iniziato ad imitare l'atteggiamento della scienza contemporanea: limiti sempre più labili e possibilità della conoscenza sensibile sempre più lontane da una verità ogni istante più ineffabile e in dissolvenza. Credo sia un'idea, quella di complessità artistica, legata a doppio filo alle avanguardie.
  • 1

E un passo di quella danza era costituito dal tocco più leggero che si potesse immaginare sull'interruttore, quel tanto che bastava a cambiare...

... adesso

e la sua voce il grido di un uccello

sconosciuto,

3Jane che rispondeva con una canzone, tre

note, alte e pure.

Un vero nome.


#83 reallytongues

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Inviato 01 settembre 2011 - 00:46

Interessante,
Hai servito sul piatto un concetto diverso: la complicatezza.
L'atto del rendere complesso.
Ecco forse è questo che mancava in più.
Parli di "atto strategico"
E qui la strategia ingloba apprente semplicità e apparente complessità.
Quindi ci può essere apparente semplicità oltre che complessità;
appunto si equivalgono se lo scopo è unico.
Una mossa complessa può apparire semplicemente irrilevante se giusta e ben celata.
E quando viene svelata appare semplice. Chi subisce l'inganno prima è cieco poi vede,


Chiamiamolo "inganno".
Il "Trucco".
Si apre un'altra pagina.
Mi viene in mente Castaneda.
Insomma qui siamo su di un altro livello.


ma stiamo parlando di musica non c'è chi vince e chi perde, anzi più l'ascoltatore perde più gode.
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#84 wago

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Inviato 01 settembre 2011 - 06:27

Il tuo anelito è la semplicità, se tu avessi il potere di avere una parola per TUTTE come un SENTIMENTO sarebbe da te ben voluta.
Se tu possedessi la VERITA' (sapienza) la cederesti alla complessità (ostacoli per la sapienza)?


Premesso che non credo esista la verità, men che meno con la maiuscola: se davvero una "sapienza" superiore esistesse, credo che consisterebbe nel saper abbracciare tutta la complessità in un unico gesto (cancellerebbe la difficoltà che resta in una complessità del tutto esplorata: non la complessità stessa), oppure alla rinuncia totale alla complessità - alla capacità di essere soltanto un elemento "muto" del mare dell'oggettività: come un sasso, una foglia o una qualsiasi altra cosa non-pensante (non renderebbe semplice il complesso: semplicemente dissolverebbe entrambe le categorie).
Penso che nessun uomo abbia anche solo una di queste due capacità. Di certo io non le ho comunque, e quindi non so se le cederei per la complessità. Ho però - come tutti - la capacità di esplorare la complessità e non la cederei per nessuna delle due: diverso sarebbe poter disporre di tutte e tre, e guardare le cose ora da un punto di vista ora dall'altro, alle volte cogliendo tutta la complessità in un istante, altre ignorandola completamente come un'illusione, altre ancora scoprendola passo passo come è tanto appagante fare.

(ps. siamo OT e, quel che è peggio, quasi new age)
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#85 dick laurent

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Inviato 01 settembre 2011 - 08:31

Sulla questione "postmoderno" e altre amenità.

C'è una terza accezione di "complessità", usata dagli studiosi della stessa, che m'ero perso per strada. Eppure è forse la più seducente, per quanto elusiva.
Secondo questa visione, si ha complessità ogniqualvolta si assiste a un "comportamento emergente" di qualche tipo. Anche su cosa sia o non sia l'emergenza (che non si sa perché in italiano viene chiamata così, e non "emersione") si potrebbe discutere ore, ma per farla veramente breve: in un sistema di qualsiasi tipo si ha un comportamento emergente quando questo non è "codificato" negli elementi del sistema in sé, o delle regole che lo individuano, ma risulta da una loro interazione.
Così, è un esempio di emergenza la possibilità, negli scacchi, di dare scacco matto con due regine promuovendo un pedone sull'ultima riga (non lo è invece la cattura "en passant", che è una regola esplicita). E' emergenza la disposizione geometrica delle macchie sulla pelliccia di un leopardo, non "scritta" esplicitamente nel dna ma frutto di interazioni chimiche tra enzimi. Infine, è emergenza circa qualsiasi struttura biologica o sociale, a qualsiasi livello: la vita e la società, fenomeno complesso per loro natura, sono il paradiso dei fenomeni emergenti.

Nessuna delle visioni che ho proposto prima cattura quest'aspetto. Eppure, la presenza all'interno di un'opera di connessioni o proprietà "non previste" è con ogni probabilità il miglior indice della complessità della stessa - per come il termine ha acquistato importanza nel dibattito contemporaneo.
Arriviamo però alle faccende sonore, con un esempio a mio avviso molto brillante dal libretto "Millesuoni" edito da Cronopio (ispirato a "Millepiani" di Gilles Deleuze: ed ecco che arriviamo esplicitamente al postmodernismo): la musica minimalista o glitch. Per tagliare la testa al toro considererei un brano da "Atavism" di SND, che è minimalista e di scuola glitch, allo stesso tempo:

http://www.youtube.com/watch?v=QldQsrOOpHc





Ora: qua delle multi-stratificazioni e strutture ordinate che andavo declamando come elemento cardine della complessità "relazionale" non ce n'è traccia. E' tutto un unico piano di toni indistinti, privi di caratterizzazione: punti su un singolo piano, peraltro assolutamente non inquadrabili in un ordine geometrico preordinato. Deleuze, e gli autori di "Millesuoni", avrebbero parlato di "spazio liscio", privo di punti di riferimento e appigli comodi per orientarsi come un tempo, una strofa, un ritornello, un'armonia ecc. Calvino (un altro che si è mosso parecchio sulla linea di confine tra strutturalismo e postmodernismo) di "mare dell'oggettività", fatto di elementi che non rappresentano niente se non sé stessi, sono indipendenti dall'uomo dalle sue abitudini dei suoi affetti e, in assenza di un rapporto con esso, restano indistinti, a-gerarchici e non finalizzati.

Eppure, un pezzo come questo è per me quasi il simbolo di cosa "complesso" possa significare in arte. Perché? Perché ascoltarlo è un continuo assistere, dentro alla propria testa, all'emergere di strutture che non ci sono ma sembrano, anche solo per un istante, esserci. E' la rincorsa alla mappa che funzioni almeno per un momento, che colleghi due/tre/dieci tintinnii in un disegno visualizzabile, in un fenomeno isolabile e descrivibile.
Sì, nessuna delle tante architetture che balenano per la mente cercando di venire a capo del pezzo è lì veramente. Figurarsi: ascoltandolo due volte, ne percepiremmo senz'altro di diverse e incompatibili. Eppure, in qualche modo ognuno di quei fantasmi di struttura esiste esiste - anzi: è tutto quello che esiste e possiamo percepire del flusso indifferenziato che ci investe.

Come matassa di interazioni non previste e nient'altro, un brano minimalista o glitch "radicale" come questo è l'incarnazione di cosa "emergenza" possa significare in arte. E se dove c'è emergenza c'è complessità, allora questo pezzo è il simbolo della complessità: di una complessità di tipo diverso rispetto a quelle analizzate prima (forse ma quanto sarà vero? non saranno invece tutte "declinazioni" di un'unico aspetto centrale, ancora più sfuggente?).



Ultima nota, un po' buttata lì (ma spero qualcosa riesca a intendersi). A occhio e croce, ogni comportamento autenticamente emergente è costituzionalmente situato nel tempo. Vive di tempo: senza il tempo "a turni" degli scacchi non ci sarebbero né mosse né strategie, senza il processo di ontogenesi del feto e le reazioni chimiche che lo accompagnano non ci sarebbero le macchie del leopardo, senza il tempo in cui evolvere non ci sarebbero né la vita né la società.
Su tutte le arti, la musica è forse quella che più di tutte vive di tempo e solo di quello: non ha immagini, non ha oggetti a cui riferirsi: è solo un dar corpo sonoro al tempo. Questo la rende probabilmente il territorio naturale per la complessità come intesa in questo post, e ogni sguardo che davvero voglia cogliere il nucleo fondamentale di cosa significhi essere "complesso" dovrebbe prendere in considerazione non strutture fisse e date una volta per tutte, ma un processo di continua genesi e mutazione: in fin dei conti, se ogni ascolto non fosse un viaggio, in cui alla fine abbiamo qualcosa che non c'era all'inizio, non staremmo ad ascoltare e riascoltare musica con tanta passione.


interessantissimo il pezzo e anche a me sembra in assoluto la definizione migliore finora. Che spiega anche il perchè un pezzo apparentemente semplice può essere più complesso di composizioni estremamente complicate. O anche no, ovviamente può valere anche il contrario, ma se comportamente emergente lo si traduce musicalmente come la capacità di creare determinate sensazioni la cosa ha assolutamente senso.


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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine


#86 wago

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Inviato 01 settembre 2011 - 12:42

...


Intervento molto bello il tuo, e molto ben condotto. Hai introdotto una distinzione importante ed è difficile non ritrovarcisi, vista la consequenzialità con cui la esponi.

Però mi piace sperare che la dicotomia sia illusoria e da qualche parte si celi qualche premessa non scontata che, inquadrata in modo opportuno e rivista, permetta di dissolverla.
Io credo che l'archiettura intricata ma sempre strettamente allacciata, non sovrabbondante ma senza dubbio molto articolata - insomma la fitta rete di rimandi e livelli che nei post precedenti avevo identificato con la complessità, e che tu invece chiami complicazione - in effetti tenda a sfociare in una complessità intesa nel nuovo senso in cui la stiamo considerando.

Faccio subito una precisazione però, perché a questo punto i concetto che stiamo impiegando sta assumendo un po' troppe sfaccettature e c'è il rischio di confondersi. Quando parlo di architettura intricata ecc mi riferisco alle strutture che vengono effettivamente percepite e padroneggiate dall'ascoltatore, o al limite all'intuizione di una qualche struttura incasinata che sta nell'opera ma non si riesce a dominare del tutto: non alla sovrabbondanza di elementi non allacciati fra loro né nell'opera né nella percezione che se ne ha. Insomma, voglio considerare solo una complicazione che sia necessaria e funzionale. Il pezzo infarcito di tecnicismi inutili, ghirigori, suoni strani che però risultano slegati fra loro e non portano nulla a livello di sensazioni o idee generali non è il tipo di "complicazione" a cui intendo riferirmi: la presenza di relazioni tra le parti è fondamentale, l'ineliminabilità dei singoli elementi anche.

Bene. Ora mi piacerebbe saper dimostrare che complicazione e complessità sono due facce della stessa medaglia. Se non sono la stessa cosa, almeno sono legate a doppio filo. Non ho prove sciacchianti, ma diverse intuizioni che me lo suggeriscono. La prima è che il modello numero uno di sistema complesso - l'essere vivente - è complesso e complicato (e lo sono in generale ecosistemi, società ecc).
La seconda è che, anche quando un sistema sembra più-complicato-che-complesso o viceversa, mi sembra ci siano casi in cui uno stesso fenomeno possa "cambiare polarità" a seconda dei punti di vista, e far pendere l'ago della bilancia verso l'uno o l'altro estremo. L'elemento su cui far leva è in cosa considerare "emergente" e cosa no (o, stando al tuo post, cosa ritenere sia una caratteristica non scontata, che si rivela solo grazie all'attenzione). Alla fin fine, per come l'avevamo impostata, la chiave della distinzione pare essere il carattere imprevisto, o "non volontario" o "non prestabilito" del fenomeno in considerazione. Proprio questa chiave, però, mi sembra facile da flettere a seconda della prospettiva.

Spoiler


Forse dunque la zona grigia tra ciò che è una caratteristica non banale e imprevista, e ciò che invece è parte costitutiva - se non la parte costitutiva - di una certa organizzazione è parecchio estesa. E lo è ancora di più in un'opera d'arte, nella quale distinguere tra ciò che effettivamente è nell'opera e quel che invece ci mettiamo o ci vediamo noi (in base alla nostra personalità, alla nostra cultura, al contesto ecc.) è doppiamente difficile.
Si parlava di opere che necessitano di un ascolto attento perché emergano certe caratteristiche. Ma sarà vero per tutti? Non è che dopo il dodicesimo brano che sfrutta lo stesso trucco alla fine ci faccio il callo e quella che col primo era stata una scoperta frutto di un ascolto attento ora diventa un qualcosa che so cogliere al volo, magari senza neppure farci caso? Questa evoluzione dell'ascoltatore abbatte la complessità? Non ne sono affatto certo.
E ancora, siamo davvero certi di saper distinguere le caratteristiche di un'opera che emergono "per caso" da quelle attorno a cui l'opera è stata costruita? Dick citava come esempio di tratto emergente le sensazioni: ma non è vero che spesso proprio loro sono la base e il fine dell'atto creativo, e la manipolazione del suono è in qualche modo solo lo strumento materiale per ottenerle?
Riassumendo e tornando al punto fondamentale: se la distinzione tra complicato e complesso passa dalla capacità di distinguere ciò che "è già lì" (e contribuisce alla complicazione) da ciò che invece "emerge da ciò che è lì" (e dunque mostra la complessità), non è vero che proprio in un opera d'arte il suo utilizzo diventa estremamente difficile, se non arbitrario?

Intendiamoci però: non intendo davvero identificare complicazione e complessità. Il brano di "Atavism" che ho postato sopra, ad esempio, è per me un esempio lampante di complessità non complicata. Anzi, di complessità pura, in qualche modo: un pezzo del genere non contiene nient'altro se non manifestazione della complessità. E' minimale anche in questo senso: una struttura ridotta al minimo essenziale per esibire un comportamento emergente.
Ma consideriamo ora un'opera complicata (non importa fare un esempio vero: immaginiamo una canzone pop magistralmente prodotta, ricca di tantissimi elementi tutti quanti autorinforzantisi verso uno scopo). Non sarà anche quella il paradiso delle proprietà emergenti? A conti fatti, forse, la quantità di correlazioni emergenti possibili in un pezzo ricco come quello che stiamo immaginando sarà pure maggiore rispetto alle strutturine esili e scorrelate che vanno e vengono nel pezzo di SND. Solo che questa rete di possibilità sarà un poco "soffocata" dalla quantità di relazioni già visibili, che finirà per farla passare in secondo piano... Ma non per cancellarla dall'universo delle possibilità in cui già vive.

Spoiler


nb. Ho messo come "spoiler" due parti del discorso che sono un più divagazioni esemplificative che nodi fondamentali.
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#87 Trespassive-aggressive

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Inviato 06 settembre 2011 - 07:00

Mi ricordo che tempo fa accennai anche io questo tipo di argomento, pero' all'interno di un altro thread che non c'entrava niente.

Io ho sempre pensato che, paradossalmente, la complessita' spesso si trova proprio nelle cose che sembrano all'apparenza piu' banali.

Premesso che sono un amante del PROG....pero' non ho paura di dire che puo' essere piu' complesso costruire una canzone Pop orecchiabile, piuttosto che una canzone strutturata senza uno schema preciso.
Forse perche' in quest'ultimo caso ci si sente liberi di scrivere (e suonare) tutto e il contrario di tutto. Cercando di fare cose particolari..

Trovo invece che scrivere un pezzo Pop orecchiabile sia molto piu' difficile di quanto sembri.
Ovvio che poi da suonare (per esempio dal vivo) risulta piu' facile.
Ma a livello di composizione e di nascita della canzone..secondo me e' piu' difficile.
Credo infatti che molte band e artisti nella loro carriera avrebbero voluto scrivere il pezzaccio Pop da classifica, o comunque scrivere un riff orecchiabile e fruibile..ma non ce l'abbiano fatta.
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#88 Paz

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Inviato 29 aprile 2012 - 01:46

Forse ha ragione tongues, forse quel che wago cerca non è il complesso che si oppone al semplice, ma il complesso che è semplice, l'unità di semplice e complesso. Lasciatemi dunque difendere la seguente tesi di tongues:

ed è complesso capire come la semplicità è complessa come è semplice capire come la complessità è semplice.


Mirabile dictu! Vediamo se riesco a fare un'esegesi di questo passo, che trovo oscuro sì, ma anche illuminante, e illuminante proprio in quanto oscuro.

Il semplice non è né il facile né il banale ma l'unità di un ripiegamento. Simplex, da "sa-" e "plica", è una piega unica, come quando diciamo che le cose hanno preso una certa piega: sentiamo che in una situazione, che è un insieme multidimensionale molto complesso, è intervenuto qualcosa come un cambiamento unico, ma d'altro canto non sapremmo spiegare tutto ciò che tale cambiamento implica - e ciò in due sensi: non sappiamo esattamente in che cosa consista l'insieme complesso dei rapporti da cui deriva la piega unica, e non sappiamo esattamente quale insieme complesso di rapporti potrà derivare dalla piega unica. Sono i due lati dell'implicazione, la comprensione e la creazione. Questa piega unica è ciò che tongues ha chiamato anche "evento emozionale", e dobbiamo presumere che l'evento emozionale sia al tempo stesso la fonte della creazione musicale nel processo di composizione e l'oggetto della comprensione musicale nel processo dell'ascolto (che è in qualche modo ri-creazione dell'evento emozionale). Il complesso, d'altra parte, non è né il difficile né l'originale ma il prendere insieme ("cum" + "plecto", comprendere o intrecciare insieme). Ora, l'unità di semplice e complesso è data dalle virtù miracolose dell'implicazione. Non c'è opposizione tra semplice e complesso, o meglio l'opposizione appare solo a uno sguardo esteriore, che cerca di spiegare il tutto a cose fatte (fatti già svolti di cui cerca di darsi delle esplicazioni). Dall'interno, a un pensiero che cerca di afferrare le cose nell'atto stesso del loro svolgimento, nel loro farsi, semplice e complesso appaiono come la stessa cosa (Bergson ha scritto pagine luminose su questa questione). La comprensione di una musica è un atto semplice, cioè la piega unica che intreccia insieme il complesso, così come la composizione di una musica procede da un'intuizione preliminare che è anch'essa atto semplice, piega unica in cui il complesso che ne deriverà per dispiegamento è già implicato (senza che per poterlo svolgere si possano determinare procedure automatiche: è sempre necessaria una creazione nuova, così come i teoremi sono sempre impliciti negli assiomi senza che si possano determinare procedure automatiche per dimostrarli - bisogna inventare una dimostrazione). Questo è d'altronde il senso degli "spazi lisci" deleuziani che wago ha citato precedentemente. Infatti Deleuze insiste sempre nel coniugare la molteplicità virtuale (cioè relativa a un insieme di elementi o a un "complesso" in via di differenziarsi e non a un "complesso" già costituito) con l'unità (sentita/intuita, non rappresentata). Non c'è sotto questo aspetto una vera opposizione tra il punto di vista di wago e quello di tongues (e quest'ultimo è stato bravo ad accorgersene!): gli spazi lisci non hanno proprietà emergenti che a patto di riunire semplicemente il complesso (gli spazi lisci sono quelli usati dalla topologia, le singolarità di una varietà topologica sono le pieghe uniche del complesso. Wago citava anche l'importanza del tempo: è che solo nel tempo l'implicazione può dispiegarsi - nella composizione - e ripiegarsi - nella comprensione; d'altronde Deleuze concepisce per l'appunto il tempo reale come una varietà liscia!).

Dunque ecco il significato della frase un po' oscura di tongues: a un'analisi esterna, la semplicità come atto implicante risulta incomprensibile perché ci si attiene alle forme esteriori ---> complessità come proprietà di stringhe di codice, importanza data al linguaggio. L'implicazione rimane - letteralmente - l'inesplicabile per un pensiero che conosce solo forme già date, strutture già costituite. E in effetti, almeno in un certo senso, l'implicazione è effettivamente l'inesplicabile (nel senso in cui il semplice rimane il puro, il senza artificio, il senza malizia: voglio dire che rimane sempre qualcosa di non svolto nell'intuizione, così come rimane sempre qualcosa di non colto nella comprensione). Ma a uno sguardo introspettivo la naturalezza, la semplicità del complesso risulta naturale e semplice da capire, perché lo sguardo introspettivo, cioè l'intuizione e la comprensione sono esse stesse implicazioni ---> complessità come semplicità-unicità dell'intuizione, importanza data all'ineffabile, a ciò che è sempre al di là del linguaggio. L'unità di semplice e complesso è l'incodificabile cui ogni stringa complessa cerca di approssimarsi, musica non scritta e non ascoltata, non inscrivibile e non ascoltabile ma sempre intensamente sentita e intuita nel complesso inscritto e ascoltato.
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« Ohne Musik wäre das Leben ein Irrtum » (F. Nietzsche, Götzen-Dämmerung, 1888, cap. I, af. 33).

#89 mongodrone

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Inviato 29 aprile 2012 - 10:49

Ho mal di testa.

Non ho letto decentemente questo topic, ma quello che mi è parso di capire - forse mi sbaglio - è che i difensori della musica apparentemente semplice (pop e blues per esempio) abbiano cercato di piegare il significato del termine complessità ai propri generi, piuttosto che sconfessare l'uso del termine.

Io la butterei, semplificando, su questo confronto:

- da una parte l'analisi dettagliata di una musica, e la connessione dei suoi elementi con la storia, col proprio vissuto, con un'estetica, etc. in pratica un'idea di complessità soggettiva: più riesco a scrivere di questa musica, più riesco a sviscerarla, a interpretarla, a coglierne gli aspetti comunicativi, proprio con le parole, più è complessa. Qui a mio parere si parla più di interesse culturale che di musica.

- dall'altra parte esiste la visione d'insieme di una musica, l'intuizione, il carattere percettivo visto nel complesso, cioè l'impressione, e sempre il suo collegamento con la vita, cioè gli aspetti comunicativi, ma stavolta percorsi in maniera non logica, non linguistica, ma in modo più sentimentale.

Ecco, per me la musica è da vivere con questo secondo comportamento, mentre chi scrive di musica per necessità dovrà attuare anche il primo, ricordandosi che solo tra le pieghe delle parole riuscirà ad accennare al vero status della musica.

Insomma, la complessità non è un carattere importante nella musica, perchè la musica non è una gara di approfondimento, non serve chissà quale "impegno" per capire la musica. La cultura è approfondimento, ma è un altro campo da gioco.
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#90 Ɲ●†

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Inviato 29 aprile 2012 - 11:31

mi piace la complessità quando scompare, si scioglie nella musica che genera, si dissimula in se stessa. Se mi resta lì davanti come finalità allora fa muro e non mi comunica nulla.
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A chemistry of commotion and style




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