Posto una riflessione di un mio amico sulla trasmissione, ma non solo. Concordo sulle premesse, non sono sicuro sulle conclusioni. Intanto la posto che è molto interessante, poi interverrò per dire la mia (tra pochi giorni ho un esame e non ho tempo...
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VENGO VIA CON TE (di Tommaso Matano)
Vivo in Italia da vent??anni. Più in generale, diciamo che vivo da vent??anni. Ora, siccome mi considero uno di sinistra, ma sinistra così, un po?? in generale, l??ho sempre presa nel culo. Allora quando sembra che la pressione tra le natiche stia per allentarsi un po??, alzo subito lo sguardo, con una sorta di imprecisata fiducia nella novità. Siccome mi considero uno di sinistra, ma ho anche vent??anni, e questi sono stati, -storicamente parlando- vent??anni un po?? demmerda, non solo l??ho sempre presa nel culo, ma l??ho sempre presa nel culo con una sorta di rassegnazione disillusa. Si tratta di una metafora, chiaramente. Morale della favola: mi sono abituato al peggio, anzi sono stato anestetizzato al peggio. E non credo più dalla seconda elementare che un mondo diverso sia possibile. (Brutto anno, la seconda elementare). Questa perenne rassegnazione, corroborata dall??imbarazzante prurito ??intellettuale- allo sfintere descritto sopra, mi ha portato a sviluppare una malsana forma di cinismo cronico. Risultato: mi sono sentito sempre più chiuso in una torre d??avorio elitaria, fuori dalla quale si estendeva l??incomprensibile Regno del Male, con gli orchetti, l??occhio di Sauron e tutto il resto.
Negli anni che hanno visto lo strapotere antipolitico e anticulturale di Berlusconi e dei suoi sgherri, le correnti di pensiero d??opposizione hanno portato avanti questo spirito a metà tra il cinismo e lo smarrimento, trasformandolo nei più diversi fenomeni: la faccia da schiaffi sottuttoio di Travaglio, il salotto profondo di Gad Lerner, talmente profondo da addormentarcisi dentro, le striscianti, brillanti o spesso incomprensibili trame di D??Alema, le satira acuta di Max Paiella e della Littizzetto, quella più fiacca di Crozza, l??insopportabile tono di Santoro che finge di ascoltare le piazze per poi troncare le frasi altrui a metà, gli insostenibili neologismi delle inchieste di D??Avanzo, gli editoriali ripetitivi di Scalfari, il noioso e irresponsabile terzismo del Corriere, e così via. Non voglio stare qui a dire per l??ennesima volta che la deriva dipietrista fa cacare. Piuttosto, in questa società liquida in cui ci muoviamo, il pensiero dominante è diventato il non pensiero. In virtù di questo strapotere di qualcosa che non è, potremmo riscattarci, proprio a partire da qualcosa che è in minoranza, ma che almeno è. E tuttavia, proprio a causa della fluidità indistinta del nostro tempo, il fatto che ci troviamo a fare il tifo per gli ex-fascisti visto che dall??altra parte c??è Sallusti -che se ancora non somiglia propriamente a Voldemort allora è Nosferatu il Principe della Notte-, il fatto che ci leggiamo il Fatto (cioè io no), eccetera eccetera, proprio a causa di questa fluidità indistinta, il pensiero d??opposizione non ha trovato una sua concretizzazione adeguata. Intendiamoci, ben venga Gad Lerner, ben venga la Dandini, ma manca qualcosa. Siccome eravamo anestetizzati, abbiamo voluto le inchieste, abbiamo fatto satira, ma ci siamo infilati nelle strette intercapedini di un momento in cui ci si muoveva solo strisciando, liquidamene, ignorando la solidità della contrapposizione frontale.
Abbiamo dimenticato la retorica, cazzo.
La critica perenne che questo pensiero d??opposizione ha portato al sistema, è stata un punzecchiare dando tutto per scontato che ha finito per tessere un autoelogio elitarista incomprensibile ai più. Il pensiero, strisciando, si è costituito come una sorta di dietrologia (e questo è il motivo per cui oggi va di moda una parola così brutta come ??dietrologia?, che è stata inventata negli anni ??70), sempre più cinica, spesso autocritica, che ha finito per essere una reciproca masturbazione intellettuale. Mentre il Partito Democratico restava ingessato, nell??incapacità totale di essere sensibile ai movimenti rapidissimi che lo circondavano e di cui doveva rendersi protagonista, il pensiero d??opposizione si avviluppava su se stesso, autocompiacendosi nel più classico dei disturbi narcisistici di personalità. Così facendo, mentre gli Altri andavano in piazza a gridare BUNGA BUNGA per farsi capire bene, noi dimenticavamo il Paese. Il pensiero che abbiamo contrapposto in questi anni al non pensiero di Berlusconi non è stato neanche un po?? preciso. Avremmo dovuto sguainare le spade laser e fare un disegnino con le frecce che indicavano gli Jedi e i Sith. Avremmo dovuto risparmiarci le pippe a vicenda o le pugnalate gli uni con gli altri, mandare affanculo quel sorrisetto di Travaglio e dirgli che il cerone piace alle ragazzine del Visconti e del Tasso ma non alla casalinga di Voghera, o più in generale alla gente. Avremmo dovuto interrogarci sul fatto che per battere Berlusconi bisognava essere enormemente meno radical-chic e molto più pop.
Non dovevamo far strisciare il pensiero, riducendoci a quella dinamica contorta della nostra epoca di crisi il cui significato è non avere significato, ma erigere un monumentale, neoclassico, pacchiano se volete, edificio di valori. Una sbrodolata in vecchio stile, con la musica lacrimosa in sottofondo. Dovevamo essere più Baricco e meno Carofiglio. Più De Gregori e meno Keith Jarrett, più Circo Massimo e meno Auditorium. Dovevamo andare contro noi stessi, contro quell??ambiente culturale in cui ci siamo formati, e accettare il fatto che il nostro pensiero si stava allontanando sempre più dalla realtà. Qualche giorno fa Nichi Vendola per la prima volta ha detto a Berlusconi, per la prima volta con questa chiarezza, per la prima volta con questa nettezza, per la prima volta con questa forza, di dimettersi, così i giovani avranno una speranza. Ecco. Retorico, altisonante, populista se volete, ma era porcamignotta la strafottutissima ora che qualcuno dicesse proprio così: fai vomitare, vattene, così almeno mostrerai che c??è ancora una speranza. Forse abbiamo creduto di combattere il Male anziché sguainando le spade e cavalcando dritti contro la fortezza, con un più elaborato gioco di strategia per colpire alle spalle, forse stavamo organizzando un??imboscata anziché una battaglia vera e propria. Ma così l??abbiamo presa sempre nel culo. Adesso, che l??ubriacatura Berlusconi si avvia alla fine e il Paese si prepara a vomitarlo via, con tutto il post-sbornia che ne deriverà, sembra che sia arrivato il momento di invertire la tendenza di questo nostro pensiero. Fazio e Saviano hanno fatto otto e nove milioni di ascoltatori. Negli ultimi anni non avevo mai visto una trasmissione così retorica. Il caposcorta di Saviano con le lacrime agli occhi, Benigni, la musica di Paolo Conte, gli elenchi, Resto perché, Me ne vado perché, la faccia di Fazio, le sviolinate. Ma qual è stato il risultato estetico? Ci stiamo svegliando dall??an-estetizzazione. Era una bella trasmissione, non intelligente, né acuta, né necessariamente brillante, ma bella. Se riusciamo a ridefinire le categorie di bello e brutto, sarà più facile schierarsi. ??Vieni via con me? ci restituisce le emozioni proprio mentre siamo saturi di intellettualismi. Ci spiega che c??è una netta e chiara distinzione tra il bene e il male, e questo nessun Travaglio o D??Alema avrebbe mai potuto dircelo.
Ci insegna che no, NON si può criticare Saviano, e che non ce ne frega un cazzo che Fazio non fa domande e sta lì come un parcometro e questo non è ledere la libertà d??espressione, bensì ridefinire le coordinate culturali fondamentali di un paese che si è perso nel suo nulla. Ecco allora che il pensiero d??opposizione seguendo la strada dell??epos retorico, della narrazione, della potenza artistica, del mythos più che del logos, del romanticismo più che dell??illuminismo, può finalmente ridisegnare un orizzonte di senso in questa società. Può dire a gran voce che non c??è Berlusconi e l??antiberlusconismo in un turbine indistinto di pro e contro, divisi ma talmente veloci da essere facilmente confondibili; c??è un??identità culturale ben definita che si sta armando per uno scontro frontale e dall??altra parte del campo di battaglia, asserragliato dietro le sue emittenti e i suoi scagnozzi senza cervello e dignità, c??è Berlusconi. Il Giorno e la Notte. Eros e Thanatos. Recuperiamo il pensiero semplice, non semplificato. Facciamolo attraverso un pensiero complesso, non complicato. Così facendo, il pensiero d??opposizione potrà configurarsi ??in quanto pensiero che affronta il non pensiero-, nel più classico e radicale degli scontri: Essere vs. Nulla.
Ciò non dev??essere un generico richiamo al fronte di liberazione nazionale contro la dittatura. Dev??essere il risveglio da quel dare per scontato, da quell??abitudinario abito dell??abitudine al peggio che vestiamo da anni. Meno sarcasmo, più capocciate. Meno Bersani che legge l??elenco dei valori della sinistra con il tono della poesia di Natale nella peggior interpretazione della sua vita, più Vendola che legge gli epiteti per l??omosessualità con il tono vibrante del retore in cattedra. Con ciò non intendo dire più Vendola e meno Bersani. Intendo dire che abbiamo bisogno di emozionarci. Abbiamo bisogno di Benigni che si rivolge in diretta a Sandokan, puntando gli occhi verso la telecamera, e lo canzona, lo nomina rompendo un incantesimo che è come quando Harry Potter dice il nome di Tu-Sai-Chi, e così, nel gesto esatto di chiamarlo frontalmente, insieme lo esorcizza e lo sconfigge, e delinea con la semplicità di una parola il confine netto tra il bene e il male.
Non voglio dire che fin qui si è sbagliato, perché se adesso sentiamo il bisogno di muoverci nella direzione più emotiva e meno logica del vivere la politica e la società è perché fino ad oggi ci siamo mossi nella direzione più logica e meno emotiva. Quindi, tutto fisiologico, sono i cicli della storia.
Voglio dire che se vogliamo farci carico di un sentimento, di uno spirito nazional-popolare, se vogliamo riscoprirci parte di un Paese, di milioni e non di migliaia di persone, dobbiamo riscoprire il piacere genuino dell??indignazione, della retorica, della banalità, della poesia.
Berlusconi è come un cane al governo. Nessuno ha mai strillato, allucinato ??guardate che c??è un cane al governo!?, ma tutti si sono andati a incastrare in un??accesa discussione sull??emendamento degli ossi. Mi viene da ridere quando si discute sul pubblico e sul privato, sull??opportunità o meno di frequentare minorenni. Minzolini qua, Capezzone là, Feltri su, Porro giù. Chiarifichiamo che vanno abbattuti. Torniamo alla violenza dello scontro.
Riscopriamo almeno i sentimenti, se abbiamo perso per sempre le ideologie.
E allora anche se stasera in piazzetta a Monti davanti a un bicchiere di Traminer mi si dirà che ??Vieni via con me? è stata una sbrodolata esagerata e che ormai si può leggere solo la pagina culturale domenicale del Sole 24 Ore e che in compenso tra poco esce il nuovo film di Nanni Moretti, io, se il titolo della canzone di Paolo Conte si trasformasse magicamente in una domanda, risponderei tutto d??un fiato, e senza pensarci su due volte:
Sì, vengo via con te.
Poi che c??entra, quando esce er film de Nanni Moretti lo vado a vedè pur io.
"[...] Si, questa è la verità, la scomoda verità che viene a distruggere il piacevole rapporto del dialogo: Giordano Bruno gridò quando fu bruciato. Il dizionario dice solamente che egli fu bruciato, non dice che gridò. Allora, che dizionario è questo che non informa? Perché dovrei volere una biografia di Giordano Bruno che non parla delle grida che lanciò lì, a Roma, in una piazza o in un cortile, con gente tutt'intorno, alcuni che attizzavano il fuoco, altri che assistevano, altri che serenamente stilavano l'atto di esecuzione? Dimentichiamo troppo spesso che gli uomini sono fatti di carne facilmente rassegnata. E' dall'infanzia che i maestri ci parlano di martiri, che diedero esempi di civiltà e di morale a loro spese, ma non ci dicono quanto doloroso fu il martirio, la tortura. Tutto rimane in astratto, filtrato come se guardassimo, a Roma, la scena attraverso spesse pareti di vetro che ammortizzano i suoni, e le immagini perdessero la violenza del gesto per opera, grazia e potere di rifrazione. E allora possiamo dirci tranquillamente l'un l'altro che Giordano Bruno fu bruciato. Se gridò, non lo sentiamo. E se non lo sentiamo, dove sta il dolore? Ma gridò, amici miei.
E continua a gridare."
(José Saramago,"Le grida di Giordano Bruno")