Crazy heart
#1
Inviato 13 aprile 2010 - 06:37
Una storia molto rimasticata in cui si insinua un amore intergenerazionale che non si sviluppa oltre il "lui è dannato, lei ci prova, ma..".
Ascesa, nel passato del cantante, e caduta, molto raccontata, infine risalita innervata sull'idea della paternità: Bridges è padre 3 volte, del Tommy Sweet (oh mamma che cognome), del figlio biologico abbandonato, del bimbo di lei che gli riconsegna l'opportunità di esserlo davvero padre (il figlio di lei ha giustamente l'età del figlio di lui quando l'ha abbandonato). E la sua paternità alla fine è una paternità artistica, come uomo privato incontra una sfilza di fallimenti, come artista si riconcilia con Tommy e in un certo qual senso matura riuscendo a non vederlo più come antagonista.
Sorpresa! Il mondo non è cattivo, l'agente lavora per lui in maniera onesta; Tommy non lo odia, non lo sfrutta (eppure l'idea poteva anche darsi), anzi lo ammira incondizionatamente ed ha quasi una nostalgia filiale nei suoi confronti; lei si innamora di un rottame; gli amici sono molto amici.
La cinepresa si incolla ai corpi, ai visi, soprattutto al corpo di Bridges all'interno di ogni motel, in casa, in ogni spazio chiuso, in cui le sue membra sembrano invadere lo schermo. Bella la scena di lui che telefona da una cabina in mezzo al nulla assoluto.
#2
Inviato 13 maggio 2010 - 12:22
IL film non regala quasi nulla oltre a Bridges. Ok qualche spazio sconfinato che fa molto Usa, ma di coinvolgente ha ben poco.
Una storia molto rimasticata in cui si insinua un amore intergenerazionale che non si sviluppa oltre il "lui è dannato, lei ci prova, ma..".
Ascesa, nel passato del cantante, e caduta, molto raccontata, infine risalita innervata sull'idea della paternità: Bridges è padre 3 volte, del Tommy Sweet (oh mamma che cognome), del figlio biologico abbandonato, del bimbo di lei che gli riconsegna l'opportunità di esserlo davvero padre (il figlio di lei ha giustamente l'età del figlio di lui quando l'ha abbandonato). E la sua paternità alla fine è una paternità artistica, come uomo privato incontra una sfilza di fallimenti, come artista si riconcilia con Tommy e in un certo qual senso matura riuscendo a non vederlo più come antagonista.
Sorpresa! Il mondo non è cattivo, l'agente lavora per lui in maniera onesta; Tommy non lo odia, non lo sfrutta (eppure l'idea poteva anche darsi), anzi lo ammira incondizionatamente ed ha quasi una nostalgia filiale nei suoi confronti; lei si innamora di un rottame; gli amici sono molto amici.
La cinepresa si incolla ai corpi, ai visi, soprattutto al corpo di Bridges all'interno di ogni motel, in casa, in ogni spazio chiuso, in cui le sue membra sembrano invadere lo schermo. Bella la scena di lui che telefona da una cabina in mezzo al nulla assoluto.
questo film non avrebbe dovuto essere distribuito neppure oltre i confini americani, talmente è alto il tasso di americanità intrinseca.
Jeff Bridges resta uno degli attori più sottovalutati e peggio utilizzati di Hollywood
#3
Inviato 13 luglio 2010 - 08:07
#4
Inviato 13 luglio 2010 - 08:46
#5
Inviato 09 gennaio 2011 - 14:15
Se io voglio che gli uccelli cadano fulminati, gli uccelli devono cadere stecchiti dagli alberi. Sono il furore di Dio, la terra che io calpesto mi vede e trema.
Don't you know there ain't no devil there's just god when he's drunk.
#6
Inviato 09 gennaio 2011 - 17:23
L'ho viso ieri sera. In linea di massima, condivido quanto avete già detto sull'impianto generale dell'opera, tuttavia qualche punto in più al film mi sento di darlo, oltre per che per la magistrale interpretazione di Jeff Bridges, per l'ottima colonna sonora e per la musica tout court, che riveste un ruolo di primo piano, elemento che mi pare sia stato troppo trascurato, immagino per l'idiosincrasia che suscita il country nei nostri lidi.
Sì, hai ragione, ho trascurato la colonna sonora che in verità è molto bella; solo che avevo molte aspettative sul film che purtroppo mii ha deluso
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