VENEZIA 76 - Non dimentico della sua precedente esperienza cinematografica, ma anzi traendone nuova ispirazione, con "Martin Eden" Marcello compie sul piano della forma un connubio tra vecchio/documentario e nuovo/finzione in cui ciò che è stato partecipa al presente quando si tratta di far dialogare con la realtà i pensieri, le parole e le azioni del tormentato protagonista. Marinelli si è aggiudicato la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile
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L'ho visto il primo giorno di programmazione e, fattolo decantare, ho notato che i difetti nel corso dei giorni successivi sono andati evaporando. Marcello informa l'opera di un ritmo straniante, un moto ondoso che quando ti trascina riesce a portarti davvero lontano. Il regista ha rielaborato "Martin Eden" di Jack London, un romanzo americano che più americano non si può, per adattarlo al contesto italiano e napoletano per la precisione: non pago, l'autore fa del personaggio un archetipo del novecento che attraversa il secolo e si confronta con esso, non solo verbalmente e politicamente (il capitalismo della borghesia e il socialismo degli operai, l'anarchia dell'individualismo...) ma anche attraverso l'immaginario e le immagini che Marcello ha raccolto e montato così da definire interiorità e controcampo sulla realtà. Dal secondo atto in poi, per altro, la fame e l'ambizione megalomane di Martin immergono questi raccordi sullo sguardo, irreali e allucinati, in uno stato perennemente febbrile che si ferma quando la febbre ce l'ha davvero. Poi la fine del viaggio, l'ellissi brutale che stravolge il protagonista, l'unico visibilmente cambiato (perché è davvero cambiato) mentre tutti gli altri sono rimasti inalterati. In cima alla piramide non trova nessuno se non una divorante e sartreiana nausea. Al contrario di quanto accadeva nel "Petroliere" (anche in quel caso il terzo atto si svolgeva dopo un'ellissi improvvisa) la resa dei conti non può che essere interiore. Meritato la Coppa Volpi assegnata a Marinelli.
Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"