È da un po' che mi frulla per la testa l'idea, in particolare dalla rilettura di HPL.
Quanti e quali autori hanno trasformato il proprio corpus in un vero e proprio universo letterario? (dovrei dire condiviso anche se gestito da un unico autore?) La cosa è un po' nerd forse, ma mi ha sempre affascinato.
Gli scrittori del fantastico forse si prestano maggiormente e i primi che vengono in mente sono Tolkien e Asimov, entrambi autori di un unico universo parallelo passato/futuro con tanto di linea temporale, avvenimenti storici, coerenze interne e rimandi fra i romanzi, anche quelli non esplicitamente appartenenti a un unico ciclo (Signore degli anelli, o Fondazione).
Il succitato Lovecraft non è stato così coerente forse, ma a me piace immaginare tutta la sua opera come un unico romanzo denso di rimandi e accenni, tanto più misteriosi e contraddittori quanto più terrificanti.
Poi ovviamente c'è King, che ha pensato alla cosa solo verso la fine degli anni '90 (credo pre-incidente, ma non vorrei sbagliare, magari la cosa ha inciso, anche se non saprei come), attraverso la saga della Torre Nera. Purtroppo però, sia nei libri della saga che in quelli esterni (Insomnia), secondo me le parti più funzionali alla meta-idea (sempre affascinante) dell'universo unico sono anche le peggiori scritte da King, troppo macchinose. Un'idea incastrata (anche nella saga) a posteriori e che funziona il giusto.
Allargando un po' la cosa, si potrebbe parlare di Volodine, il cui universo probabilmente non è coerente narrativamente (ma d'altronde non lo è neanche all'interno degli stessi libri) ma è evidentemente sempre lo stesso.
La cosa però non riguarda necessariamente solo gli scrittori del fantastico: l'esempio più eclatante è Joyce, i cui pochi romanzi sono evidentemente ambientati nello stesso universo narrativo, con tanto di personaggi ricorrenti (Stephen, qui ti voglio). Alla fine anche Beckett fa un lavoro simile, anche se a livello più metatestuale, ma sicuramente i personaggi della trilogia (e non solo, credo) si richiamano l'un l'altro, senza che neanche lo stesso Beckett l'avesse concepita come una trilogia, e la sua intera opera è considerabile un corpo unico, senza scarti. D'altronde considero Beckett quasi un artista performativo in quanto a coerenza e incarnazione della propria stessa opera, fino alla fine, anche attraverso i vari medium. Una ricerca che termina con una/la parola. Qual è la parola.
Ancora, tornando al presente: proprio di recente ho letto che Vanni Santoni colloca tutti i suoi romanzi nello stesso universo con vari collegamenti (peccato che ne abbia letto solo uno e boh), e poi allargando il concetto di universo letterario, volendo anche l'opera di Paul Auster sembra quasi un ipertesto, specie con l'ultimo mattone a chiudere il cerchio e quasi retconnare la sua visione dello scrittore (questa però potrebbe essere una fissazione mia).
Altri esempi? Considerazioni?
Per chiarirci: non cicli letterari, ma veri e propri universi che contengano l'intera opera di un autore (o quasi, ok, qualche rara eccezione si può accettare).