Quoto. Mi sono fatto violenza a rivederlo dopo tantissimi anni, anni in cui mi tornava spesso in mente ma, di rivederlo, voglia zero.
Malsano e morboso, masochista. Losey ha svuotato ogni principio di romanticismo, nell'uomo-operoso la cui sola missione è la distruzione di sé, in un crescendo di abiezione che non risparmia alcun particolare di un annichilimento lento, in cui niente è eroico., salvo la "coscienza infelice" di Pinter in quei due minuti di cameo, durante i quali lo scrittore, con vestiti-sigaro-postura-un commento tagliente, se li fa bastare a tenere in piedi un mondo marcito e già post-borghese.
E' un momento potentissimo, al punto che l'immagine di quell'uomo è destinata a rimanere impressa in mente, a onta della sua quasi banalità, al fianco e anche meglio di tante altre immagini di un sogno molesto, che non hai la forza di dimenticare, e perciò potentissimo.
Un secolo prima del '68 (ben 5 anni prima), Losey riprende la fortunata dialettica della coppia del "servo-padrone" che formalizzò Hegel, e di cui molto si servì poi Marx. E una banalissima sequenza, pure breve, quasi una fotografia, riesce a esprimerne il senso meglio della sua analisi: più immediata, ecco.
Il borghese, etico e conseguentemente infelice, paga con la sua operosa infelicità il prezzo dii un equilibrio che è più di ordine teologico che sociale. in quel cameo, in quelle due parole che dice, il vecchio borghese, già pronto a diventare un anacronismo, avalla il progetto di quel smidollato e alcolista, al prezzo di distruggere "un pezzetto di foresta amazzonica" affinché posano essere costruite tre città e relative logistiche. E' tutta qui "l'infelicità borghese, che si ispira a Dio nell'atto della creazione ma che non può muovere un dito senza provocare disastri. E ne soffre, ne è "infelice".
Al contrario, il cuore della storia è uno scontro tra servi e padroni, fino al parossistico rovesciamento dei ruoli, possibile perché ai "nuovi padroni" manca del tutto, oltre che la padronanza di sé, la vigilanza dei suoi simili. La fidanzata lo abbandona, salvo rifarsi viva quando è troppo tardi e rischia essa stessa di perdersi; "il padre" è una figura evocata ma assente, Tony (che non ha neanche un cognome) è solo, non ci sarà nessuno, un amico, che ha già salvato Oblomov da un analogo destino, un deus ex machina, venuto fuori da una dignità sociale ormai morta, a salvarlo da se stesso. Non è casuale la scelta di un attore, britannico, James Fox, che non recita neanche (e contribuisce alla malsanità del film): anche il suo, vero e più famoso, padre è una figura assente; ha i nervi fragili; intrattiene per davvero una relazione con l'attrice Sarah Miles (la donna che nel film lo farà perdere definitivamente).
Losey sembra non aver lasciato niente al caso, fino a spogliare il nichilismo di qualsiasi aura superiore, riportandolo a quello che in realtà è, puro masochismo, sporco, abietto.
Film fondamentale, e straordinariamente attuale.