La recensione racconta bene il disco ma io non condivido l'esaltazione, abbastanza collettiva, che circonda il personaggio. In estrema sintesi (perchè adesso non ho tempo) sposo una linea vagamente gozeriara (che storicamente non mi appartiene) e dico che dagli anni dell'hypna in avanti il lo-fi è diventato troppo "una scusa". Da pratica di "decostruzione musicale" quale era, è divenuto un mero escamotage concettuale per ammantare di presunta "profondità" la produzione di musicistii che mancano di "manico" e che lavorano per lo più di suggestione (in fondo sia l'hypnagogic-pop che la seguente e in parte molto diversa vaporwave sono comunque musiche "ambient", nella sostanza musicale, meri sottofondi o quasi).
Attenzione, non c'è nulla di male in sé, ma se la visibilità di cui gode gente come Tumor ma anche Dirty Beaches, the Caretaker e altri che fanno simili operazioni finisce per sdoganare l'idea che il "saper suonare classico" sia più un male che un bene, beh, alla fine fa dei danni.
Tumor, come dice vuvu, si muove in modo lo-fi-concettuale-dark-underground su musiche quintessenzialmente mainstream o quasi. Nel suo caso r'n'b-soul, acid-jazz in senso molto lato, wonky, derive hip-hop e i suoni che innervano bene o male l'immaginario del nostro presente, rigurgitati in questa marcissima visione lo-fi, genericamente underground. Ora, qualcosa di molto simile l'avevano già fatto gli Hype Williams alcuni anni fa. James Ferraro faceva operazioni simili coi Lamborghini Crystal agli albori dell'era ipnagogica, ma lo faceva impestando pop-mainstream bieco anni '80 con una naivetee spudorata (in un certo senso era più punk e meno furbescamente ambiguo di Tumor), mentre Ariel Pink sottoponeva al medesimo trattamento (deforme, sporco, irrisolto, male editato...) il pop da fm americano anni '70 e '80, solo che Ariel si è rivelato anche un OTTIMO autore di canzoni, quando è uscito dalla bassa fedeltà.
In sostanza, a Ferraro riconosco un'indole punk e concettuale autentica, ad Ariel Pink riconosco il talento musicale e compositivo vero, agli Hype Williams riconosco la primogenitura della formula di Tumor, quindi l'originalità.
In questo senso Tumor mi sembra un po' paraculo, e l'uscita su Pan (etichetta che a mio avviso sta ottenendo riscontri inversamente proporzionali alla qualità del suo catalogo, che anni fa era ottimo) è un altro indizio a sostegno della mia tesi.
Se poi andiamo a guardare al sound di Tumor, sarà che io ascolto da anni artisti giapponesi che col wonky hanno poco a che vedere ma invece ne hanno molto con la decostruzioni delle grammatiche soul-jazz e il suono e l'immaginario patinato alla Radio Montecarlo. Gente come Naruyoshi Kikuchi, Yosio Ootani, certe cose degli Gnu, i canadesi Skylark Quartet (prodotti da un giapponese) lavorano a un'esplorazione decostruttiva delle "profondità" della musica patinata (in un certo senso lo fanno anche i ben più noti americani Badbadnotgood). Lo fanno da anni e lo fanno con capacità musicali e strumentali da jazzisti veri. Nel disco di Tumor per esempio c'è una intro che secondo me potrebbe avere un bello sviluppo musicale - diciamo in senso fusion-jazz -, ma Tumor sceglie di farla morire lì, dopo un minuto e mezzo. Lo fa perchè i suoi intenti sono depistanti e concettuali o lo fa perchè non sarebbe di grado di svilupparla in altra maniera?
Ai posteri l'ardua sentenza, ma in questo caso io propendo per fazione gozeriana, cioè che non è capace di fare altro e utilizza il depistaggio concettuale come "scusa" per ammantare la sua musica di una profondità solo virtuale.