Ehi, chi ha avuto da sindacare sui "buchi" di sceneggiatura di "Gone Girl" avrà pane per i suoi denti ad analizzare le tremila incongruenze di quella di "Vizio di forma". Ah, no dimenticavo...qua non è la trama a contare, ma altro.
Detto ciò, il film mi sembra un enorme, a tratti affascinante, molto più spesso fastidioso, esercizio manierista, labirintico, logorroico (un paragone efficace sarebbe con "Cosmopolis" di Cronenberg da De Lillo) e auto-referenziale sino alla nausea, che se non altro, rispetto a "The Master", diverte grazie a qualche punta grottesca e visionaria e ad un romanticismo di fondo che guarda ai noir della new hollywood. Difatto il film mi sembra, appunto, se ne freghi dei vari snodi narrativi e degli assurdi colpi di scena, e punti ad essere un affresco sul passaggio da una certa America idealista (quella del sogno, degli hippie) ad una America capitalista e paranoica. Però che fatica, che noia, arrivare all'obiettivo.
Anderson sarà pur bravo, non lo metto in dubbio, non mancano i pezzi di bravura, il cast sfavillante e soprendente (addirittura Joanna Newsom e Belladonna!), l'uso perfetto e straniante delle musiche (Can, Neil Young, lo score originale di Johnny Greenwood), ma quanta boria. Per chi fa cinema questo qua? Per i cinefili che lo esaltano? Per sè stesso? I suoi ultimi lavori mi sembrano nascere ammuffiti, belli e fatti per essere analizzati e schedati in una qualche antologia della storia del cinema, roba museale, punto. Non fruibile dal resto dell'umanità. Oggetti raffinati quanto freddi, e di cui francamente non me ne può importare nulla.