Marsilio! No, non so, nel caso bei passi avanti.
Intanto auguriamoci che la condivisione di fatti e pensieri personali + le battute di lassigue non creino il mood giusto per l'ostentato desiderio del detto lassigue.
Secondariamente, per chi c'ha pensato seriamente ma non lo dice esplicitamente, non si facciano considerazioni più o meno velatamente sprezzanti o sufficienti su chi viene visto come wannabe non tagliato per il ruolo, perché non è un gioco di ruolo e dubito esista un unico modo di pensare ad uccidersi ed un unico bivio per scegliere se passare all'atto pratico o meno.
Quanto ai suicidi degli altri, a casa a volte c'è lo spettro di un grande amico di mio padre, depresso e con troppo alcol nel sangue, col senno di poi. All'epoca, però, l'unico che poteva più o meno prevedere il gesto era un edicolante, mi sembra. Il suicida una sera è passato di lì, gli ha detto che l'indomani avrebbe letto della notizia e poi si è buttato dal ponte lì vicino. Non so molto altro e queste due righe emergono da anni e anni di frasi minime, sarebbe stato il mio padrino e mio papà non riesce a dire di più.
A parte questo, io sono stato educato e formato in modo da vedere sempre il suicidio o come un atto estremamente degno e significativo nella scia degli uticensi, dei mishima e simili tradizioni, o dolci morti per non consegnarsi a malattie, oppure gesti dovuti alla depressione, quindi sempre richiedenti un'astensione dal giudizio. Insomma, aborro chi riesce a dire "vigliacco, lascia i suoi cari nella merda" e simili cose.
Però il confine tra la malattia depressiva e la weltanschauung o visione della propria situazione personale e contingente non sono separate nettamente.
Sono abbastanza convinto che non ci sia un valore ulteriore per cui le sofferenze della vita siano risarcite (leggi: non vale la pena vivere), questo per qualsiasi vita. Parallelamente, la maggior parte delle vite non sono tali per cui valga la pena di fare lo sforzo suicida, per quanto il saldo totale possa essere a perdere. Sta di fatto che le stesse identiche esperienze avrebbero effetti diversi su persone diverse, quindi la domanda "perché si è suicidato?" lascia raramente più del tempo che trova.
Io mi sono fatto i miei conti e le valutazioni, ho una casistica in mente per le conditiones, ma non per i modi di agire, perché ad ora non c'è bisogno. Spero in una società molto cooperante e che assista anche nell'atto, vorrei poter andare in ufficio, depositare la lettera di motivazioni con allegata la diagnosi di Alzheimer, salutare i cari finché so chi siano e poi addormentarmi in modo civile, ad esempio.
Risiedo in un luogo ad alta concentrazione, recentemente un giovane di paese ha deciso di andarsene impiccandosi, mi sembra. Era benvoluto, risaputo "festaiolo". Lo conoscevo solo di vista/fama, tutti si sono stupiti e l'hanno ricordato con affetto e memorie gioiose, stando a facebook. Mi colpisce, anche per la potenziale autosuggestione, ma le due volte che l'ho scorto al pub prima del suicidio, vuoi per la zona fumatori, vuoi per l'alcol, non aveva uno sguardo acceso. Mi infastidisce però parlarne così, non conoscendo approfonditamente e decontestualizzando/ricontestualizzando inezie insieme a cose ultime e fondamentali.