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I sindacati e l'arma dello sciopero


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2 replies to this topic

#1 Kebabträume

    aspirante indie

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Inviato 08 settembre 2006 - 08:26

Prendendo spunto dalle ultime agitazioni di questi mesi provocate dal decreto Bersani e dai diversi risultati ottenuti in seguito manifestazioni di categoria, mi chiedo quale sia il reale ruolo dei sindacati al giorno d'oggi e quanto sia ancora efficace l'astensione volontaria dal lavoro. Qui non si tratta di encomiare i grandi risultati ottenuti nel campo dei diritti dei lavoratori o di parteggiare per una o più categorie, bensì di analizzare l'effettiva utilità per le masse di un sistema che ormai da qualche decennio appare in costante declino.
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#2 TB 303

    pivello

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Inviato 11 settembre 2006 - 09:00

Alain Touraine su la Repubblica di qualche giorno fa, in merito del dibattito sul socialismo, ha detto una cosa che, pur non apprezzando le sue uscite stataliste, mi ha fatto riflettere:

[l'opinione pubblica] Chiede una "sterzata" a sinistra. Ma una simile risposta non può bastare, perché non dice come, sotto la pressione di quali forze, si possa ottenere un cambiamento di direzione. I sistemi di previdenza sociale, creati all'indomani dell'ultima guerra, sono stati introdotti su iniziativa dei sindacati, e per proteggere soprattutto i lavoratori contro i rischi che li minacciano: incidenti, disoccupazione, malattia, vecchiaia.

Chi può interpretare oggi quel ruolo motore che svolsero i sindacati mezzo secolo fa? Chi può dirigere una lotta per un nuovo sistema di protezione sociale che non riguardi soltanto i lavoratori, che protegga tutti contro nuovi rischi e nuove disuguaglianze: dipendenza senile, malattie mentali, conflitti tra minoranze, conseguenze della delocalizzazione, disuguaglianza di possibilità alla scuola, ecc.

Una simile pressione, che i partiti e i sindacati sono incapaci di esercitare, può essere esercitata da movimenti di base, associazioni, ong, in parole povere da quella che viene definita la società civile. Ma oggi non assistiamo a un rafforzamento di questo tipo di azioni di base. Stanno anzi perdendo forza in certi settori. Quantomeno nel caso italiano, è al governo che bisogna guardare. Malgrado la sua risicata vittoria elettorale, gode già di una forte riserva di sostegno nell'opinione pubblica, e questo sostegno aumenta. � probabilmente una tendenza generale nel mondo attuale, questa di limitare il sistema neoliberista e di incaricare il potere politico di difendere meglio la popolazione non privilegiata.

Dopo trent'anni di supremazia nel dopoguerra, l'economia amministrata è stata sostituita dal neoliberismo. Trent'anni sono passati. Ma non è il momento di far pendere la bilancia nell'altra direzione?


Che, volendo ragionare per sintesi, si può esplicare con un bel: che senso hanno, dopo secoli (in UK e US) e decenni (in Europa), i sindacati e i partiti ora che la loro spinta propulsiva pare essere terminata?
Se non ci concentriamo ora sui partiti è interessante comunque vedere l'operato dei sindacati negli ultimi tempi; proprio in questi giorni, partendo da un esempio positivo, a Bologna è scoppiato il caso Ducati che ha previsto 100 cassaintegrati fino a dicembre. Ovviamente viene da chiedersi perchè Ducati dovrebbe cassaintegrare dopo che per 5 anni il suo mercato è costantemente cresciuto, ma non è questo il punto. Il punto è che il sindacato si è posto in maniera intelligente e "moderna", evitando il muro contro muro, ma mediando una cassaintegrazione a rotazione di una settimana per tutti i dipendenti, permettendo così all'azienda di raggiungere il suo scopo di riduzione del costo del lavoro senza mandare in crisi intere famiglie.
� così sempre? No, purtroppo.
I sindacati sono diventati, dopo le (giuste) lotte dei decenni passati, pachidermi incapaci al dialogo costruttivo e collaborativo con le istituzioni, affiancandosi negli ultimi anni a posizioni politiche (politica tout-cout, non solo politica del lavoro campo in cui dovrebbe agire) inaccettabilmente vicine a figuri che occupano gli scrani del parlamento, perdendo così il valore di rappresentanza del diritto e diventando figure collaterali alla politica.
I danni per i lavoratori sono palesi, il sindacato deve essere capace di costruire un'identità nuova che sappia cercare il bene del dipendente, ma che non intacchi la qualità del mercato delle imprese, uscendo dalla logica dicotomica di "datore di lavoro = nemico"; il datore di lavoro tanto vituperato è quell'entità che se capace e fornito di mezzi adeguati paga e mantiene dipendente & family, ed in questi anni, vuoi per cronica senilità della pubblica amministrazione (dalle camere all'ufficio X del quartiere Y), vuoi per quanto detto prima, la situazione si è incancrenita in questo "stagno di dolore".
Oltre ad un new deal per la politica auspicherei anche un new deal per i sindacati. Al momento siamo fermi a parlarne sui giornali.
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#3 Kebabträume

    aspirante indie

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  • StellettaStelletta
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Inviato 11 settembre 2006 - 09:46

Intervento interessante con cui concordo in pieno. Riprendo un punto particolarmente significativo, cioè quello riguardante alla politica sindacale sempre più asservita alle logiche di partito e sempre meno voce "indipendente" dei lavoratori. Ci troviamo al giorno d'oggi con dei ruoli lavorativi decisamente meno etichettabili del passato, le categorie da sussidiario lasciano il tempo che trovano dinanzi all'eterogeneità dei contratti a disposizione sul mercato nonostante un sempre più diffuso riconoscimento in un colossale ceto medio (povero) da parte della popolazione. Non vorrei far però passare in secondo piano uno dei motivi principali per cui è stato aperto questo thread, cioè l'effettiva utilità dello sciopero nel particolare contesto sociale italiano. Quanta visibilità porta un picchetto davanti ad una fabbrica nei confronti dei media, quali sono i reali interessi da tutelare al giorno d'oggi con l'utilizzo di manifestazioni ad hoc? Rispondete numerosi!
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