frank , non avevo più risposto perché la cosa si era fatta noiosa. ma dato che il maledetto treno è fermo e il topic mi sembra comunque andato a puttane , lo faccio ora.
Io e mondo sono semplicemente lo "stesso". Infatti, non si dà mai io senza mondo e viceversa. Se appare un albero, quell'albero appare ad un soggetto, altrimenti, a rigor di logica, non si può nemmeno parlare di "apparire". Eccolo, il nesso: Soggetto-Oggetto. La simultaneità dei due è il nesso ineludibile.
Alla base della "struttura originaria", vi è sia l'immediatezza logica che quella fenomenologica. L'albero che appare è "albero" perché, insieme , non-è "qualcos'altro". Il suo apparire presuppone, insieme, l'apparire di uno sfondo (il Soggeto = Coscienza) e l'apparire dell'Oggetto. Soggetto e Oggetto = nesso.
questa è una tautologia. la definizione di "apparire" presuppone un rapporto sogetto/oggetto. perciò dire che fra oggetto e soggetto c'è un nesso PERCHÉ l'oggetto appare al soggetto è una affermazione del conseguente. sì, la percezione è sempre soggettiva, così come il soggetto non esiste senza percezione dell' oggetto. e quindi?
Tu dici che nessuno sa dire quando l'io(-mondo) appare e quando scompare. Appunto: è impossibile, per un Io, sperimentare sia il proprio inizio che la propria fine. Ergo, l'Io è "eterno". Vedi Meister Eckhart. L'"io" non sperimenta mai la propria origine (non appare mai, in me, il mio "primo momento di coscienza"), e nemmeno la propria fine (non appare mai, in me, il mio "ultimo momento" --- > se apparisse, non sarebbe l'ultimo...).
il fatto che non sia possibile stabilire i limiti dell'io non dimostra affatto la sua eternità , ma l'imprecisione del concetto.
Un nesso che consente anche al "numero", alla "retta" e a tutte le idee possibile di essere ciò che sono. Infatti, se non appare lo sfondo ultimo (l'Apparire trascendentale), come può apparire un qualsiasi "ente"?
P.s.: che, poi, se "io", "mondo" e "nesso" sono idee non rigorose, lo sono perché appaiono a qualcuno come tali... appaiono, come tali, ad un "io"... Ma se l'"Io" non è un'idea rigorosa, nemmeno "numero" o "linea" possono apparire "rigorose", venendo meno lo sfondo ultimo in cui ogni idea può apparire.
Insomma, non si capisce in che modo un'idea qualsiasi possa apparire come "rigorosa" o "non rigorosa" se non si dà fondamento RIGOROSO allo sfondo ultimo dell'apparire. Se, ancora, la coscienza che mostra "a me" il mondo è una semplice astrazione, allora tutto è una semplice astrazione, anche la negazione della stessa coscienza. Ma, dunque, a chi appare il carattere "astratto" della coscienza se non alla coscienza stessa? Dunque, almeno la coscienza (nesso Io-Mondo) è ineludibile fondamento...
abbiamo un' idea imprecisa dell' "io" , ma precisa delle nozioni matematiche, perché "retta" , "numero" sono rappresentazioni compiute, mentre "io" , "mondo" sono concetti, allusioni. di conseguenza le prime si prestano a costruzioni logico-deduttive, elaborano modelli che traducono la realtà sempre nello stesso modo, quindi la "prevedono", o meglio ne prevedono le future misurazioni, le seconde invece ,quelle verbali severiniane , no. non si tratta di stabilire una gerarchia ontologica (lo possiamo fare, e anche qui sbagli, e francamente spero che severino non faccia davvero il discorso: "siccome retta è "contenuta" nello sfondo-io, allora nemmeno la retta è un concetto rigoroso") non si tratta di stabilire una gerarchia , dicevo, fra "io" e "punto", ma di decidere se le regole deduttive si applichino a "io" o a "mondo" con la stessa coerenza con cui si applicano a "punto" o "numero".
per te sì perché credi che "io" , "mondo" e "nesso" siano postulati, per me no, perché li ritengo deboli approssimazioni.
comunque l'obiezione fondamentale al tuo post è la prima, cioè che di fatto non hai scritto niente di concreto se non la def. di "apparire".