ovvio che Metz abbia costruito il film sui poli caratteriali dei due protagonisti, così agli antipodi da finire per essere vicini, completarsi vicendevolmente (come ben rimarca Radin). il punto debole è, direi, nella strutta assolutamente espositiva, costruita per mezzo di flashback che spiegano, spiegano, spiegano, corroborano questa vicinanza esistenziale tra Borg e McEnroe, predestinati allo scontro. mentre il tennis, rimane sullo sfondo. probabilmente Metz tralascia il torneo per concentrarsi sulla sfida epica tra i due, ma anche qui difetta di stile, di una reale idea estetica per decifrare lo scontro. campi medi, primi piani, montaggio frenetico: pochi sono gli scambi che vengono messi in scena e, al massimo della tensione, se ne esce con una sequenza al ralenti pleonastica che sommariamente porta alla conclusione del big match. privo di qualsiasi tensione il film non riesce mai a incordare realmente le racchette, che rimangono flosce e, quando casualmente vi riesce, le scorda. per "Rush" Howard aveva capito che l'adrenalina della velocità era il carburante della storia e formalmente il film doveva ruotare intorno a questo concept, Metz non è arrivato alla stessa equazione col tennis
Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"