Per molti versi, nel tono e negli intenti, e' il disco che avrei sperato facesse Eddie Vedder, e che non a caso la voce voodoo di Sivert Hoyem evoca almeno in un paio di brani. Come del resto puo' ricordare praticamente tutto quel gotha di voci "maschie" del rock, dal per loro consueto Cave all'inevitabile Cohen, da Stuart Staples a Brendan Perry, ma pure Bono Vox. Anche gli antichi amori Grant Lee Phillips e Micheal Stipe sono richiamati attraverso una coltre notturna. Snocciolo tutti questi nomi perche' i Madrugada, come tante band scandinave da esportazione, sono sempre stati dei gran manieristi, incapaci di inventarsi qualcosa di nuovo, ma magistrali nel studiare, capire e poi riproporre. E qui mettono su una specie di affascinante saggio sonoro della voce rock virile, inevitabilmente fuori dal tempo, implacabilmente crepuscolare e (appunto) totalmente manierista. Un disco di un'eleganza in giacca e cravatta, ma col tatuaggiazzo rock che spunta a tradimento.
Curioso il parallelo che mi viene da fare con gli altri "miei" norvegesi, i totalmente diversi King of Convenience, anche loro fantasmi anni zero tornati l'anno scorso quando ormai non li aspettavo piu'.