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È Stata La Mano Di Dio (Sorrentino, 2021)


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76 replies to this topic

#51 Il Cappellaio Matto

    mainstream Star

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Inviato 21 dicembre 2021 - 11:22

Pensavo lo dessero al cinema, per me netflix non esiste.

 

Prima l'hanno portato al cinema, ma ora che sta su Netflix non lo so se lo puoi trovare ancora in sala.


  • 0

#52 lazlotoz

    Enciclopedista

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Inviato 21 dicembre 2021 - 19:24

Ci sono, per quanto mi riguarda, dei dettagli che parlano più del film in generale.

Qui è la scritta iniziale, la citazione di Maradona.

E poi la scritta a seguire "Il più grande calciatore di tutti i tempi".

 

Una roba che francamente trovo sintomatica del cinema di Sorrentino. Una banalizzazione di ciò che potrebbe tranquillamente lasciare sospeso, un tirarti tutto in faccia, sempre.

Semplicemente, con buona probabilità, Sorrentino non è un granché a scrivere i suoi film. 


  • 3

#53 il nostro caro angelo

    Anello di Saturno

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Inviato 21 dicembre 2021 - 19:36

Per me è un grande film, il migliore (per distacco) di Sorrentino dopo l’Oscar.
  • 0

#54 Wattimo Fuggente

    chi semina vento raccoglie scureggia

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Inviato 22 dicembre 2021 - 08:26

fresco di visione, non comprendo perché venga staccato dal resto della filmografia: è sorrentino al 100% nonostante la pretesa autobiografica,

che forse limita leggermente l'aspetto narrativo (altrimenti sarebbe uscito qualcosa di simile al suo primo romanzo - l'unico che ho letto, hanno tutti ragione)

ma al di là di alcuni punti fermi mi pare abbia comunque reinterpretato e reimmaginato molto

ottimi momenti/scene/fotografie e il consueto stuolo di elementi eccentrici e bizzarri (la tizia con l'hula-hoop, il vocoder, lo sceicco felliniano)
e a volte maggici (l'incipit, stromboli, il mare, la chiusura mi è piaciuta molto nonostante tutto)

si ride, ma con quel dialetto è gioco relativamente facile se non si calca troppo la mano

la mia impressione, come per altre sue cose, è che spesso le singole visioni/intuizioni per quanto riuscite (e non tutte lo sono) non formino un tutto sensato o particolarmente significativo

non è un caso che uno dei film che ho apprezzato di più quest'anno, first cow della richardt, sia praticamente agli antipodi del suo cinema.


  • 0

#55 royaltyfree

    pivello

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Inviato 22 dicembre 2021 - 23:54

Uno dei film più belli di tutti i tempi. Un grande poema sulla grazia. Apparentemente Postmoderno per il riuso di Maradona, Fellini, Dante e aggiungerei Leopardi ("La Ginestra"). Autenticamente romantico per lo spirito religioso, nel contesto storico della pandemia quasi profetico di una rinascita spirituale.

 

La dualità cristiana che Malick ha lanciato in cielo, riletta non con un "facile" capovolgimento (come aveva fatto Aronofsky con lo spettacolare "Mother!").

Ma con una reinterpretazione del tutto unica per l'intimità della trasformazione antropologica che racconta, nell'incrocio del racconto di una Napoli simbolo dell'"Occidente" in decadenza e una sessualità di cui cogliamo la trasformazione da una testimonianza del tutto intima quanto immensa, senza alcuna sovrastruttura se non gli occhi di un ragazzo che la vedono da vicino, ne tremano per il suo vulcanico, carsico bollire.

 

Luce e ombra sono sostituiti da figure del piacere e dispiacere, fortuna e sfortuna, talento e infertilità, vita e morte.

 

Su tutti nel mondo della famiglia, sospeso tra

Mozzarella, tette, zuppa di latte, scherzi, risate, fischi, talenti da due soldi, bellezze della porta accanto, Maradona, sogni

e

Litigate, tradimenti, incomunicabilità, immaturità, povertá, urla, botte, tremori, delusione, accontentarsi, gelosia, malattia

 

La riscoperta dell'esperienza familiare avvenuta nella pandemia, riletta come un momento di rivelazione.

Di un dualismo che rinvia a un mistero, che è sempre stato al centro dell'opera di Sorrentino, ora divenuto vero cristallo unico, inimitabile, sorrentiniano come dell'umanità (così si fa il cinema e la poesia, per questo si deve spiegare "il più grande calciatore di tutti i tempi", lo devono poter capire anche in taiwan e tra 200 anni).

Divenuto puro perché lo supera.

Al di là del mistero di cosa distingue le due facce del dualismo. L'oggi e il domani. La mano che dà vita e la mano che dà morte (mistero rappresentato dall'inquadratura delle pendici di Stromboli, tra nero e bianco con il fumo in mezzo, simbolo leopardiano del film).

Al di là del mostrare che è una grazia che tutto dà e tutto toglie, bella e terribile, ironica.

(spiega l'ironia in un intervista: Maradona dice di "aver fatto del suo meglio", ma ha avuto la grazia si fare qualcosa che non si può imitare.

In questo mistero c'è un invito più profondo dell'enigmatico dualismo)

Al di là di questo

 

Quando la vecchia contadina viene picchiata dalla famiglia per il suo avido egocentrismo spietato, più borghese lei del figlio imborghesito che ha rubato alla banca dei padroni.

Punita dopo il primo gol di Maradona della volontà, di mano, della resistenza ai bastardi imperialisti.

Mentre la picchiano, fra le urla, il secondo gol di Maradona, fatto col talento, inimitabile, fa del mistero del dualismo un invito a superarlo.

 

Se la storia la fa dio con la sua mano, noi è degli eroi che ci innamoriamo. Imperfetti, che danno del loro meglio. I nostri eroi familiari, sportivi, cinematografici. Ed è l'amore che ci fa resistere alla violenza della morte che la natura infligge, come la ginestra ai piedi del vulcano.

Non c'è comprensione teologica, borghese, non c'è metafora familiare malickiana risolta, 

Che possa dare un tale messaggio d'amore.

(Che fellini non ha mai saputo dare)

L'amore che rimane quando Maradona muore ispira a cercare la grazia, non a imitare lui.

Ispira la perseveranza nel resistere all'amore che se ne va.

Sognare che resti anche quando non si vede, come i genitori, come il monaciello.

Nonostante i litigi dei genitori, i tradimenti. L'orrore del patriarcato, tanto orribile da farci tremare come un vulcano.

 

Questo film mostra il mistero dell'amore come un qualcosa di attraente, in cui credere, che ti faccia crescere invece di farti ridere o piangere.

 

La vecchia contadina avidamente mangia una mozzarella, fertile quanto retrograda.

La giovane distribuisce il suo sesso generosamente, infertile quanto sognatrice.

Oltre i limiti della natura, la schiuma di un rigoglioso futuro.

 

Sorrentino dice in un intervista che è diventato grande quando la giovinezza finisce per un evento che ti fa accorgere che non hai limiti se non la grazia. Scopri che non hai autorità superiori che ti permettono o proibiscono di fare le cose.

 

Ma Patrizia ci dice che la giovinezza resiste alla vecchiaia, come l'amore resiste alla morte: è una pazzia, ma se la guardi attentamente esiste, è lì, semplice da cogliere, basta allungare la mano quando sentiamo che la sua grazia ci tocca, ci chiama, ne sentiamo il fischio lontano. La sua autorità ritorna dall'assenza come qualcosa di più puro, vero, comprensibile, che non ha bisogno di essere contestato. Ci riporta a una giovinezza più forte.

 

Un destino fragile, gloriosamente umile, si può fare un sogno per tutta l'umanità, diventare cinema, far vedere al mondo ciò che non si può vedere. Far sentire di nuovo la musica che era morta. Soltanto questo.

 

Come Dante intimo ed universale in modo unico. Il modo in cui questa storia privata è oggi universale è incredibilmente onesto, e comunque ragionato responsabilmente (anche a un anno della morte di Maradona, è anche un film sulla morte di dio ...).
Ridicolo dire che non sia autoriale il racconto della storia personale, ridicolo dire che non sia trasfigurata per farne un discorso universale.
Un film che ricostruisce una realtà intima con un onirismo infantile, semplice, da raccontare ad amici di tutto il mondo in qualsiasi lingua.
Una recitazione purissima, miracolosamente semplice, delicatamente gigionesca perché frutto della nostra lingua e dei nostri modi in un'opera che non ha bisogno di parodizzarli o esaltarli, qualcosa che in tutto il mondo potranno invidiarci per sempre.
 
Forse sarà ricordato come un pezzo importante di cambiamento della storia del cinema e del nostro paese per il suo coniugare spiritualità e vita contemporanea in un modo che davvero si offre ai giovani e a un linguaggio internazionale.

  • 4

#56 blackwater

    Scaruffiano

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Inviato 23 dicembre 2021 - 01:45

Analisi molto bella.

 

C'è una frase su tutte che mi ha colpito, une vera e propria sentenza per chi considera il talento come un dono divino e basta, la sussurra il fratello a Fabietto, mentre Diego la mette ripetutamente all'incrocio dei pali durante la seduta di allenamento: «Sai come si chiama questa cosa che ha fatto Maradona? Si chiama perseveranza».


  • 2

... sei solo chiacchiere e Baraghini 

 


#57 William Blake

    Titolista ufficiale

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Inviato 27 dicembre 2021 - 10:15

L'origin story di Paolo Sorrentino. Un viaggio dentro la sua testa a ripercorrere a ritroso la genesi dei suoi desideri, delle sue paure e delle sue ossessioni. Un percorso iniziato con "L'uomo in più" e che di tappa in tappa è arrivato infine al trauma scatenante a cui più volte ha alluso. La prima parte è quella dell'idillio familiare, dell'infanzia che lascia il passo alle turbe adolescenziali, per essere spazzati via e accelerare il tempo delle scelte e delle decisioni. Per un'ora abbondante Sorrentino illustra una bellissima galleria di volti familiari, aprendoci le porte di casa sua con un'intimità a cui raramente era giunto: l'esilarante commedia umana non è priva di crisi né di drammi, ma è l'eden filtrato del ricordo, una realtà pacificata nel quale Fabietto osserva divertito i genitori e imbarazzato la zia bellissima e pazza. Dopo la morte dei genitori, Fabietto è costretto a diventare Fabio e la scrittura e la regia si contraggono, allontanando il protagonista fino a farlo partire per Roma. Gli eventi-chiave (l'iniziazione sessuale, la notte magica da contrabbandiere, la breve vacanza a Stromboli, la serata da bohémien passata con Antonio Capuano) costituiscono bozzetti esemplari, surreali e onirici nel tipico stile di Sorrentino, ma che, impaginati insieme in rapida successione, appiattiscono il ritmo rendendo ancora più imperscrutabile Fabio che, alla fine, deve inevitabilmente spiegarsi e giustificarsi di fronte all'aggressiva curiosità di Capuano. "A Roma ci vanno gli stronzi" e, dunque, Fabio si carica lo zaino sulle spalle e parte. Un coming of age sincero ma su cui rimane una distanza, forse un'ultima forma di pudore su un dolore profondamente privato che Sorrentino ha elaborato attraverso il cinema, ma sempre indirettamente, e che preso di petto fa percepire il peso ingombrante di ciò che non si può esprimere.


  • 3
Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#58 Infinite dest

    dolente o nolente

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Inviato 30 dicembre 2021 - 02:12

*
POPOLARE

Tra tutte le cazzate che mi è toccato leggere, quella di confondere l'offshore con gli hovercraft è forse la peggiore, perché è andata in recensione ufficiale su OR; quindi consiglio gratuito: le recensioni importanti assegnatele a dei normodotati, con magari un po' di esperienza.

Per il resto:
1. Qualcuno mi spieghi perché il cinema di Sorrentino sarebbe "barocco" mentre quello di Scorsese e De Palma invece no (non mi addentro nel barocco musicale per carità di patria)

2. Una volta che Sorrentino asciuga il suo stile massimalista per pudore e rispetto verso le sue origini, la sua storia e il suo dolore viene criticato per gli stessi motivi per il quale veniva criticato in precedenza. Leggi: cortocircuito logico

3. Per l'ennesima volta: Sorrentino con Fellini non c'entra un cazzo, filmicamente parlando. È un riferimento come un altro, come potrebbe essere Pietro Germi, per dire. Gli omaggi a Fellini nel cinema di Sorrentino sono due, e dichiarati: l'antro dantesco del chirurgo plastico ne la Grande Bellezza e la scena del casting del fratello Marco in questo. Amen. Sono omaggi e niente più

Per il resto: sarò di parte e va bene, però ci sono talmente tante emozioni (visive in primis: credo sia sfuggito a tutti, per dire, il fatto tutt'altro che casuale che È stata la mano di Dio cominci esattamente dove e come finisce La grande bellezza: con un magnifico piano sequenza sull'acqua. Lì il Tevere, qui il golfo, a stringere sull' automobile che attraversa il lungomare Caracciolo deserto) disseminate ovunque da rendere inutile ogni dissezione critica dettaglio per dettaglio. Non è così che si analizza il cinema di Sorrentino, che dipinge affreschi grandiosi - con tutti i difetti possibili, ma che non contano un cazzo nel disegno generale - e non semplici consolatorie (...) gouaches.

In sintesi: capolavoro, il suo miglior lavoro insieme al superlativo primo Young Pope e ai film più celebrati

Chioso: il personaggio del contrabbandiere romantico e nichilista allo stesso tempo è clamoroso, e per chi conosce il contesto (Piper) molto più plausibile di quanto non sembri. Il che la dice tutta sul valore del film, cui il tempo, come sempre, renderà il giusto merito
  • 10

 mi ricorda un po' Moro.

 

 

 

 

Con trepidazione vivo solo le partite dell'Inter.

 

 

 

Io non rispondo a fondo perchè non voglio farmi bannare, però una cosa voglio dirla: voi grillini siete il punto più basso mai raggiunto dal genere umano. Di stupidi ne abbiamo avuti, non siete i primi. Di criminali anche. Voi siete la più bassa sintesi tra violenza e stupidità. Dovete semplicemente cessare di esistere, come partito (e qui non ci si metterà molto) e come topi di fogna (e qui sarà un po' più lunga, ma cristo se la pagherete cara).

 

 


#59 rudic

    mainstream Star

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Inviato 30 dicembre 2021 - 11:38

Tra tutte le cazzate che mi è toccato leggere, quella di confondere l'offshore con gli hovercraft è forse la peggiore, perché è andata in recensione ufficiale su OR; quindi consiglio gratuito: le recensioni importanti assegnatele a dei normodotati, con magari un po' di esperienza.

Per il resto:
1. Qualcuno mi spieghi perché il cinema di Sorrentino sarebbe "barocco" mentre quello di Scorsese e De Palma invece no (non mi addentro nel barocco musicale per carità di patria)

2. Una volta che Sorrentino asciuga il suo stile massimalista per pudore e rispetto verso le sue origini, la sua storia e il suo dolore viene criticato per gli stessi motivi per il quale veniva criticato in precedenza. Leggi: cortocircuito logico

3. Per l'ennesima volta: Sorrentino con Fellini non c'entra un cazzo, filmicamente parlando. È un riferimento come un altro, come potrebbe essere Pietro Germi, per dire. Gli omaggi a Fellini nel cinema di Sorrentino sono due, e dichiarati: l'antro dantesco del chirurgo plastico ne la Grande Bellezza e la scena del casting del fratello Marco in questo. Amen. Sono omaggi e niente più

Per il resto: sarò di parte e va bene, però ci sono talmente tante emozioni (visive in primis: credo sia sfuggito a tutti, per dire, il fatto tutt'altro che casuale che È stata la mano di Dio cominci esattamente dove e come finisce La grande bellezza: con un magnifico piano sequenza sull'acqua. Lì il Tevere, qui il golfo, a stringere sull' automobile che attraversa il lungomare Caracciolo deserto) disseminate ovunque da rendere inutile ogni dissezione critica dettaglio per dettaglio. Non è così che si analizza il cinema di Sorrentino, che dipinge affreschi grandiosi - con tutti i difetti possibili, ma che non contano un cazzo nel disegno generale - e non semplici consolatorie (...) gouaches.

In sintesi: capolavoro, il suo miglior lavoro insieme al superlativo primo Young Pope e ai film più celebrati

Chioso: il personaggio del contrabbandiere romantico e nichilista allo stesso tempo è clamoroso, e per chi conosce il contesto (Piper) molto più plausibile di quanto non sembri. Il che la dice tutta sul valore del film, cui il tempo, come sempre, renderà il giusto merito

 

ciao,

 

ti ringrazio per l'appunto sull'offshore, vado subito a correggere. tuttavia, se una svista di motonautica è la cazzata peggiore che hai letto su un sito di cinema vuol dire che non abbiamo fatto poi un cattivo lavoro.

dunque,

 

1) non ho usato il termine

2) forse hai letto, ma non hai capito. cortocircuito logico (di comprensione)

3) credo Sorrentino sia in disaccordo con te 

https://www.repubbli...york-328712134/

 

Per il resto: 

 

accetto la sfida, sarà il tempo a giudicare. nel frattempo, in quel periodo, credo molto lungo, in cui un film discreto diventerà un capolavoro, io potrei imparare un po' di motonautica, e tu un po' di educazione


  • 8

#60 Infinite dest

    dolente o nolente

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Inviato 30 dicembre 2021 - 12:57

Sono troppo vecchio per imparare l'educazione ma tu sei abbastanza giovane per migliorare il tuo approccio al cinema. Quanto a Fellini, credo che sia di ispirazione per qualsiasi regista venuto dopo (che è quello che dice Sorrentino e anche altri qua dentro) ma io ho scritto filmicamente, che è un'altra cosa (l'uso della mdp, in buona sostanza)

 

Mi dispiace che ti sia offeso, facciamo così, io sono il tuo Capuano e tu il mio Sorrentino, ti porterà bene, farai la carriera di Giovanni Grazzini


  • 1

 mi ricorda un po' Moro.

 

 

 

 

Con trepidazione vivo solo le partite dell'Inter.

 

 

 

Io non rispondo a fondo perchè non voglio farmi bannare, però una cosa voglio dirla: voi grillini siete il punto più basso mai raggiunto dal genere umano. Di stupidi ne abbiamo avuti, non siete i primi. Di criminali anche. Voi siete la più bassa sintesi tra violenza e stupidità. Dovete semplicemente cessare di esistere, come partito (e qui non ci si metterà molto) e come topi di fogna (e qui sarà un po' più lunga, ma cristo se la pagherete cara).

 

 


#61 woody

    Classic Rocker

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Inviato 30 dicembre 2021 - 13:01

Dest quella dell'offshore te la potevi risparmiare dai, a meno che non ci sia dell'ironia che non ho colto. Non mi capacito di come CLaudio abbia potuto metterti pure un più  asd  asd 

Comunque d'accordo con te sul giudizio del film, sul giudizio su Sorrentino in generale (incluso Young Pope fra i migliori, è riuscito a farmi piacere una serie tv con protagonista il Papa e che fa pure 3 miracoli nel corso dei primi dieci episodi), concordo pure sul punto 2 (non ho letto le rece di Ondarock mi riferisco ad altre che lessi).

Però Sorrentino ha più collegamenti con Fellini di quello che dici, già solo il fatto che il protagonista della Grande Bellezza è uno scrittore che vaga per i festini di Roma o che quest'ultimo può essere visto come il suo Amarcord, le riprese barocche etcetc
Con questo non voglio che Sorrentino sia la brutta copia, però sarebbe come dire che i rimandi di Allen a Bergman sono solo un paio e finita li


  • 0

#62 rudic

    mainstream Star

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Inviato 30 dicembre 2021 - 13:14

Sono troppo vecchio per imparare l'educazione ma tu sei abbastanza giovane per migliorare il tuo approccio al cinema. Quanto a Fellini, credo che sia di ispirazione per qualsiasi regista venuto dopo (che è quello che dice Sorrentino e anche altri qua dentro) ma io ho scritto filmicamente, che è un'altra cosa (l'uso della mdp, in buona sostanza)

 

Mi dispiace che ti sia offeso, facciamo così, io sono il tuo Capuano e tu il mio Sorrentino, ti porterà bene, farai la carriera di Giovanni Grazzini

 

non ti preoccupare Dest, ci vuole ben altro per offendermi...

 

filmicamente parlando ti ha già risposto woody. per dimostrarti che fra di noi non ci sono rancori, né filmicamente né non filmicamente parlando, ti segnalo lo studio di Gallico uscito di recente per mimesis, che esplora proprio il legame tra immagini sorrentiniane e poetica di Fellini e Scorsese. se sei troppo impegnato (beato te) in gite di capodanno su hovercraft, offshore o caicchi, c'è un breve e curato video su youtube che illumina - filmicamente parlando - sulle affinità di composizione, di scelta dell'inquadratura, del soggetto e altro, sempre tra Fellini e Sorrentino, curato dalla concorrenza

 

https://www.rapporto...le.org/?p=38019


  • 2

#63 royaltyfree

    pivello

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Inviato 30 dicembre 2021 - 14:22

*
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Al video - che fa solo un elenco parziale - aggiungerei che in "E' stata la mano di dio" c'è l'inizio delle macchine ripreso uguale dall'inizio di "8 e 1/2", il finale al mare e anche in treno riprende "I vitelloni" come qualcuno ha già detto ... La zia Patrizia è chiaramente reminescente della Gradisca, e la già citata scena delle foto delle attrici riprende "8 e 1/2"

 

In generale Sorrentino dice cose molto felliniane sul grottesco, sull'inadeguato che è ciò che è bello, è un concetto chiave

 

Sul quanto sia d'accordo lui, ricordo che in passato a volte lui disse di non essersi voluto rifare esplicitamente a lui per "La grande bellezza", un po' folle ... Qui per esempio diceva di non essersi "mai confrontato" con lui sulla regia, e che il realismo attraverso il massimo grado di invenzione ci sono in Fellini come in Bergman e tanti altri registi https://video.repubb...6938?ref=HRBV-1

 

Ultimamente invece si è definito "volgare imitatore" del suo genio 

https://www.repubbli...york-328712134/

 

A chi dice che Sorrentino non sa scrivere vorrei far vedere il rispetto che avevano per lui gli insegnanti del centro sperimentale 15 anni fa, quando scriveva francamente molto molto peggio di ora https://www.youtube....v=mcKv8AiR6gQ(al minuto 34 uno dei modi in cui ha cambiato a livello cinematografico e anche produttivo la storia del nostro cinema, sulla mafia ma non solo, sul potere)

Di conversazioni letterarie se ne trovano, direi di livello infinitamente superiore a qualsiasi sceneggiatore italiano, anche di molti romanzieri. Scrive tutti i giorni dalla mattina alla sera. Ma non so se basta per voi (o per grande parte della stampa italiana)

 

In questo account instagram si trovano spesso citazioni interessanti

https://www.instagra.../p/CX_j3owKR5j/

 

"Ero un po' stanco di me stesso, avevo percepito che ero diventato un po' "à la manière de", cosa che da spettatore ho sempre odiato e criticato e invece ci sono arrivato anch'io. Per svoltare ci sono però voluti la storia e i protagonisti giusti e questa città, Napoli, che per me è molto difficile da raccontare perché non obbedisce ai miei criteri estetici e alla mia idea di location, anzi mi disobbedisce continuamente."

 

"Questo film è un vero e proprio salto con metodi completamente diversi, location estranee alle mie geometrie, al mio programma estetico, ha vinto la scelta di essere veri, non la bellezza. Nella prima sequenza, con San Gennaro e il lampadario a terra, ho messo tutto il cinema che ci si aspetta da me e che mi dà piacere, per poi liberarmene. È una forma di congedo."

 

"In tutti i miei film, tranne questo che parla di esperienze note, c'è l'ossessiva ricerca di vedere delle cose, di conoscerle. Me lo sono detto tante volte. E anche la scelta stilistica degli incessanti carrelli era un modo di avvicinarmi a quelle cose. Ma in questo film i carrelli non ci sono, perché avvicinarmi a me stesso non aveva senso: mi conoscevo già. Però non averli potuti vedere è il mio trauma più grande. Mancando il congedo, il saluto, inconsciamente scatta l'abbandono. Ecco, se ne sono andati senza salutarmi."

 

"Questo nuovo film è un punto di svolta perché ho scoperto una certa semplicità, che alcuni chiamano maturità. Sarà la presenilità (ride). lo preferisco pensare di rimanere immaturo. Ma andando avanti ho scoperto che ci sono cose non necessarie. Funziona nella vita come nel cinema."

 

"Anche io che sono un po’ ottuso ho capito che parlare di lutto e mettersi a fare i dolly non poteva funzionare. L’idea era che il film non avesse trucchi. Nei miei lavori precedenti, un po’ per divertimento, un po’ per esigenze del tipo di copione che avevo, facevo grande ricorso ai trucchi cinematografici. Qui non c’era bisogno. E poi ho un’immagine della mia adolescenza assolutamente ferma. Ho capito che dovevo stare fermo con la macchina da presa. Ricordo che ero fermo quando ero contento ed ero fermo quando ero addolorato. E poi, dopo qualche giorno dall’inizio delle riprese, mi sono detto: “Ma chi me lo ha fatto fare a me di fare nove film con tutte quelle soluzioni particolari con la cinepresa”. Ho capito che i miei colleghi erano stati molto più intelligenti di me."

 

"Il fischio tra mamma e papà nasce dalla realtà, lo ricordavo perfettamente, quando non lo sentivamo voleva dire che si prospettava un dramma di dimensioni immani. Il tradimento del padre? Era un'altra generazione, un'altra epoca, il divorzio per mia madre equivaleva a lanciarsi dal quinto piano, inconcepibile. Era innamorata nonostante tutto, convinta che lui fosse il sosia di Jean Paul Belmondo e invece non c'azzeccava proprio. Il pensiero dominante era che l'uomo è cacciatore e "queste cose le deve fare", un'idea folle, un'epoca tremenda per le donne."

 

"Ne "L'uomo in più" ho trasformato mio padre in un cantante di night. Quello era il suo modo di stare al mondo, il suo amore per la musica e per le donne, si riteneva un conquistatore."

 
"La mia giovinezza è terminata quel giorno. A 16 anni. Non esiste un tempo giusto per perdere i genitori, ma perderli in adolescenza è un problema molto serio. A 16 anni hai bisogno di appoggio, di conforto, di sicurezze. Non sono stato più quel che ero. E quello che sono diventato quel giorno è quel che sono stato fino a poco tempo fa. Mia moglie e i miei figli mi hanno salvato pian pianino, con cura, pazienza e un'abnegazione da santi. Perché, oltre alla prevedibile sindrome dell'abbandono, sono diventato abbastanza irascibile, disincantato, faticoso, incline al pianto e sempre alla ricerca di un ossessivo controllo delle cose. Ecco, forse ho fatto il regista perché ho una discreta attitudine a controllare le cose. E in un film bisogna controllarne tante."
 

- Perché ha deciso di raccontare questa storia adesso?
- C'era la giusta distanza, citando Mazzacurati. Avendo compiuto cinquant'anni, potevo affrontare certi temi con misura, con un atteggiamento sentimentale e non sentimentalista.
- Cosa temeva in precedenza?
- Lo sfoggio: guardate come sono bello nella mia sofferenza.

 

- E sul dolore come ha lavorato?
- Niente. Il dolore s'inquadra, ci pensa l'attore. Io metto la macchina. Che posso dire? È insito nella sceneggiatura, che ho scritto da solo - perché era la mia vita, non si doveva inventare nulla - e di getto, con grandi risate e grandi pianti.
- Ha pianto sul serio?
- Quando scrivevo sì. Sul set meno, c'era tanta gente, uno si vergogna. E ci sono sempre i problemi pratici che ti pone la troupe. La mia è stata molto discreta, rispettosa, affettuosa.


  • 11

#64 Man-Erg

    Quando sulla riva verrai

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Inviato 30 dicembre 2021 - 14:35

Non ho ancora visto il film, ma una persona - un artista - che pronuncia o che scrive o anche solo che pensa queste parole (quelle riportate da royaltyfree) merita di essere trattata con i guanti di velluto, e il commento sulla sua opera (ri)bilanciato sulle frequenze suggerite da quella sensibilità lì, da quell'amore lì nei confronti del racconto e dell'immagine e del ricordo.


  • 6
Though we've been denied
Too much hope in our lives
Let tonight be the night
Let tonight be the night when it ends

#65 Zimmerman

    Groupie

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Inviato 30 dicembre 2021 - 21:43

Accidenti e quanto siete difficili...io l’ho trovato splendido.
Molto emozionante, in certi passaggi, soprattutto per noi napoletani di quella generazione. 
In quegli anni, in quella famiglia, in certe dinamiche, ho ritrovato qualcosa di profondamente vicino e al tempo stesso universale.

Mi ha molto sorpreso che il viaggio di Paolo Sorrentino fosse arrivato alla stazione Amarcord.  

Ma evidentemente era giunto il momento. 
Lui dice per lasciare ai figli qualcosa che spiegasse tanti perché. Io dico per tentare ancora una carta (ripensando alla linea d’ombra che spezza la giovinezza), e far pace così con lo schifo imperfetto della vita.
Con la totale inadeguatezza dell’uomo di fronte al suo destino. 

Ma, come suggeriva Fellini, non conviene andare a uno scontro frontale, dichiarato, con la realtà. Meglio ingannarla. Con un trucco, con la fantasia, con la forza clamorosa dell’immaginazione. Anche con l’inganno. 
Un atto “politico rivoluzionario”, come Carpentieri definisce il goal di Maradona all’Inghilterra.

Infatti all’adolescente Fabietto glielo suggeriscono tutti (peggio di un assedio): glielo dice il padre (“trovatene una cessa, basta che ti togli il pensiero”), la madre (che fa volteggiare le arance come terapia per sciogliere i dolori coniugali), la vecchia contessa nave scuola del piano di sopra (“gira la faccia e pensa a una che ti piace”), il fratello (che sogna di fare il cinema, che vuole restare in un eterno Ferragosto), lo zio avvocato (“il cinema non serve a niente, però ti distrae”), l’amico guappo (tuff…tuff…il rumore dell’offshore”), zia Patrizia che diventa (o si finge) matta per sopravvivere (anche lei) allo strazio inconsolabile della sua infertilità.
 

La mano di Dio arriva dal mare, investe la città, prende la forma di un San Gennaro pappone, poi di un munaciello, poi di una famiglia piena di amore, poi di Maradona, poi dell’assertivo e ispido Capuano, finché tutti si fondono in una sola figura che chiude il cerchio: lo spiritello beneaugurante alla stazione. Un baby-Diego riccioluto che sorride a Fabietto augurandogli una buona (seconda) vita. Nel cinema, certo, ma anche nel modo di sperimentare (nuove) relazioni e vicende non meno reali della realtà. 

Prima però bisogna venire a patti con il passato. Ritornare al posto delle fragole avvelenate e sopravvivere a un ritratto di famiglia finalmente senza troppi mostri o belve feroci. Ma nemmeno senza le solite reticenze nascoste dal famigerato iperbarocchismo del suo cinema. 

“E’ stata la mano di Dio” è l’autobiografia di un immaginario. Quello di un regista che, arrivato a cinquant’anni, proprio come la sorella che non esce dal bagno fino a quando non se ne sono andati tutti e può finalmente manifestare il suo dolore, tira fuori la storia di un abbandono subìto e non superabile (che aveva già dentro di sé) e soprattutto la voglia di raccontarla, questa storia.
A modo suo, chiaramente. Con tutti i marchi di fabbrica del suo cinema, quelli belli e quelli brutti. 

Un racconto pieno di amore e gratitudine (malgrado tutto), che conserva fluidità anche quando, nella seconda parte, inevitabilmente si scurisce.
 

Ci sono momenti (fastidiosamente) programmatici, sinceri senza essere autentici (penso a tutta la vicenda di zia Patrizia, forse la più costruita) e sequenze abbaglianti di grande verità e commozione: l’esplosione di rabbia in ospedale, la corsa in moto davanti alle luci di una città bellissima e impassibile, la gitarella a Capri col giovane guappo, la separazione a Stromboli dall’amatissimo fratello Marchino.
E soprattutto il confronto con Capuano, così imperfetto e così travolgente nel suo continuo oscillare tra sincerità e premeditazione, retorica e antiretorica, forza e resa. Una sequenza destinata a rimanere nel cuore degli spettatori. E nel cuore del cinema. Perché descrive bene la rabbia, il dolore, lo smarrimento, la sensazione di sentirsi orfani anche se i genitori non li hai perduti, ma hai perso per strada qualche pezzo (la giovinezza, ad esempio) che sai benissimo non ritroverai mai più. E sei/ti senti (tanto è la stessa cosa) solo come un cane sulla faccia della Terra di fronte al suo grande mistero ("non me li hanno fatti vedere"): il mistero della vita e della morte.  


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#66 Claudio

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Inviato 31 dicembre 2021 - 18:48

Più ci penso e più sembra anche a me un film bellissimo, sicuramente il più sincero e sentito della sua filmografia. Ormai però ho l'impressione che il dibattito su Sorrentino sia inquinato dalla presenza di due fazioni contrapposte, è diventata una questione ideologica "autenticità" vs. "manierismo", tutte puttanate secondo il personalissimo parere di uno che continua a ritenerlo uno dei migliori cineasti della sua generazione e che lo valuta film per film (penso di essere l'unico ad esempio a cui "Youth" è piaciuto più di "La Grande Bellezza" o "The Young Pope" più di "Il divo").

Questo doveva essere il film in grado di riuscire a mettere d'accordo tutti, proprio perché è il più commovente e meno artificioso, ma siamo italiani, ci piace sempre fare i guelfi e i ghibellini, e soprattutto ci piace fare i bastian contrari nei confronti di nostri artisti universalmente apprezzati anche all'estero. Sono convinto che se ci fosse ancora Fellini, non la scamperebbe nemmeno lui.


  • 1

#67 Earl Bassett

    se ci dice bene finiamo nella merda

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Inviato 31 dicembre 2021 - 19:00

In una discussione su un film, che può piacere o non piacere (fermo restando che mi sembra che nessuno abbia dato dello scarsone a Sorrentino), eviterei se possibile ste bavose banalità alla FabioFazio, queste sì purtroppo italianissime.
Mi dispiace Claudio, stavolta hai toppato, pure il richiamo all'apprezzamento all'estero c'hai messo dentro, manco stessimo parlando della Pausini....
  • 3

#68 Claudio

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Inviato 31 dicembre 2021 - 19:35

In una discussione su un film, che può piacere o non piacere (fermo restando che mi sembra che nessuno abbia dato dello scarsone a Sorrentino), eviterei se possibile ste bavose banalità alla FabioFazio, queste sì purtroppo italianissime.
Mi dispiace Claudio, stavolta hai toppato, pure il richiamo all'apprezzamento all'estero c'hai messo dentro, manco stessimo parlando della Pausini....

 

Non sono io che vorrei metterla su questo piano, ma è proprio il dibattito su Sorrentino che è ormai scivolato su tutto questo terreno, come se fosse un qualsiasi Bocelli o Pausini, per l'appunto.

Non riesco a leggere argomentazioni credibili sui limiti di questo film, si finisce sempre con lo scivolare su un attacco personale allo stile del regista, che è sempre quello da eoni, paradossalmente proprio nell'occasione in cui l'ha tenuto più a bada. 

Ripeto, io poi ho un giudizio personale della sua filmografia, dettato probabilmente da un puro fattore emozionale, per il quale "Youth" mi coinvolge più di "La grande bellezza", ma questo non c'entra nulla.

Sono convinto al mille per mille che se questo fosse stato il suo primo film, sarebbe piaciuto al 90% di quelli che lo criticano oggi (il 10% sono quelli che di fronte a una scena un po' troppo estetizzante cambiano canale per partito preso).


  • 0

#69 simon

    Scaruffiano

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Inviato 01 gennaio 2022 - 20:51

Accidenti e quanto siete difficili...io l’ho trovato splendido.
Molto emozionante, in certi passaggi, soprattutto per noi napoletani di quella generazione. 
In quegli anni, in quella famiglia, in certe dinamiche, ho ritrovato qualcosa di profondamente vicino e al tempo stesso universale.

Mi ha molto sorpreso che il viaggio di Paolo Sorrentino fosse arrivato alla stazione Amarcord.  

Ma evidentemente era giunto il momento. 
Lui dice per lasciare ai figli qualcosa che spiegasse tanti perché. Io dico per tentare ancora una carta (ripensando alla linea d’ombra che spezza la giovinezza), e far pace così con lo schifo imperfetto della vita.
Con la totale inadeguatezza dell’uomo di fronte al suo destino. 

Ma, come suggeriva Fellini, non conviene andare a uno scontro frontale, dichiarato, con la realtà. Meglio ingannarla. Con un trucco, con la fantasia, con la forza clamorosa dell’immaginazione. Anche con l’inganno. 
Un atto “politico rivoluzionario”, come Carpentieri definisce il goal di Maradona all’Inghilterra.

Infatti all’adolescente Fabietto glielo suggeriscono tutti (peggio di un assedio): glielo dice il padre (“trovatene una cessa, basta che ti togli il pensiero”), la madre (che fa volteggiare le arance come terapia per sciogliere i dolori coniugali), la vecchia contessa nave scuola del piano di sopra (“gira la faccia e pensa a una che ti piace”), il fratello (che sogna di fare il cinema, che vuole restare in un eterno Ferragosto), lo zio avvocato (“il cinema non serve a niente, però ti distrae”), l’amico guappo (tuff…tuff…il rumore dell’offshore”), zia Patrizia che diventa (o si finge) matta per sopravvivere (anche lei) allo strazio inconsolabile della sua infertilità.
 

La mano di Dio arriva dal mare, investe la città, prende la forma di un San Gennaro pappone, poi di un munaciello, poi di una famiglia piena di amore, poi di Maradona, poi dell’assertivo e ispido Capuano, finché tutti si fondono in una sola figura che chiude il cerchio: lo spiritello beneaugurante alla stazione. Un baby-Diego riccioluto che sorride a Fabietto augurandogli una buona (seconda) vita. Nel cinema, certo, ma anche nel modo di sperimentare (nuove) relazioni e vicende non meno reali della realtà. 

Prima però bisogna venire a patti con il passato. Ritornare al posto delle fragole avvelenate e sopravvivere a un ritratto di famiglia finalmente senza troppi mostri o belve feroci. Ma nemmeno senza le solite reticenze nascoste dal famigerato iperbarocchismo del suo cinema. 

“E’ stata la mano di Dio” è l’autobiografia di un immaginario. Quello di un regista che, arrivato a cinquant’anni, proprio come la sorella che non esce dal bagno fino a quando non se ne sono andati tutti e può finalmente manifestare il suo dolore, tira fuori la storia di un abbandono subìto e non superabile (che aveva già dentro di sé) e soprattutto la voglia di raccontarla, questa storia.
A modo suo, chiaramente. Con tutti i marchi di fabbrica del suo cinema, quelli belli e quelli brutti. 

Un racconto pieno di amore e gratitudine (malgrado tutto), che conserva fluidità anche quando, nella seconda parte, inevitabilmente si scurisce.
 

Ci sono momenti (fastidiosamente) programmatici, sinceri senza essere autentici (penso a tutta la vicenda di zia Patrizia, forse la più costruita) e sequenze abbaglianti di grande verità e commozione: l’esplosione di rabbia in ospedale, la corsa in moto davanti alle luci di una città bellissima e impassibile, la gitarella a Capri col giovane guappo, la separazione a Stromboli dall’amatissimo fratello Marchino.
E soprattutto il confronto con Capuano, così imperfetto e così travolgente nel suo continuo oscillare tra sincerità e premeditazione, retorica e antiretorica, forza e resa. Una sequenza destinata a rimanere nel cuore degli spettatori. E nel cuore del cinema. Perché descrive bene la rabbia, il dolore, lo smarrimento, la sensazione di sentirsi orfani anche se i genitori non li hai perduti, ma hai perso per strada qualche pezzo (la giovinezza, ad esempio) che sai benissimo non ritroverai mai più. E sei/ti senti (tanto è la stessa cosa) solo come un cane sulla faccia della Terra di fronte al suo grande mistero ("non me li hanno fatti vedere"): il mistero della vita e della morte.  

 

 

Siamo su un forum e mi considero galatticamente lontano da questo film, da questo cineasta e conosco abbastanza bene Federico Fellini.

 

Fellini ha percorso più di quaranta anni di cinema europeo facendo parlare il suo inconscio.. quello che la plebe definisce fantasia o immaginazione. 

 

Fellini nel 1985 quando i critici lo vedevano già allo stremo, stava per girare un film con CASTANEDA ovviamente influenzato dal medium creativo della droga.. non si capirà mai perché questa collaborazione svanì.

 

L'ultimo film di Fellini è talmente grande che si inghiotte tutte le mani di Sorrentino e compagnia in un solo boccone. Tristissimo che un film del genere attiri su di se tanta attenzione.

 

Nanni Moretti che comunque ha avuto un certo suo percorso, quest'anno si è suicidato cinematograficamente parlando e gli elzeviri socio-semiotici-estetici sul suo corpus filmico sono stati bruciati dagli stessi catto-post-comunisti della prima ora.

 

Il cinema italiano che aveva degli autori che si ponevano delle domande metafisiche (Michelangelo) si masturbavano compulsivamente per raggiungere la morte (Pasolini) etc. ora dominerebbero il mondo o l'universo intero.

 

Sorrentino gira un film intimista (tra mille virgolette) Garrone gira un film su Pinocchio dilapidando il suo genio assolutamente superiore al Toni-dipendente.. siamo invasi da fastidiose serie televisive a pagamento o meno.

 

Stelvio Messi che all'epoca poteva passare per un subnormale, un anti dotato dopo la morte del cinema poliziottesco si è dato al trionfo anti-morale dei documentari falsi estremi tipo MONDO CANE 2000.. erano schifosamente sinceri, come l'emozionato Zombie 5 cadaveri, spiriti, che non troveranno mai la morte.

 

Fellini da subito ha slabbrato il neorealismo, che cavolo ha fatto questo Sorrentino? film piacevoli, alcuni assai belli ma a livello teoretico, Estetico non hanno detto nulla.

 

CHARULATA (1964) di SATYAJIT RAY è lontano, lontanissimo da questo pseudo dramma, da questa assenza di libertà. Ma RAY se la gioca con Fellini insomma.. 

 

*** al film e stop

 

 

FASSBINDER AMORE MIO, TI SEI LASCIATO CONSUMARE COME UN DISGRAZIATO, CI MANCHI, CI MANCHI TANTISSIMO.


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„Non si può che confermarsi 'stranieri nella propria lingua'. Il plurilinguismo (crogiuolo di idioletti, arcaismi, neologismi di che trabocca il poema) è il contrario d'una accademia di scuola interpreti. È 'Nomadismo': divagazione, digressione, chiosa, plurivalenza, ecc. Il testo intentato è (deve essere) smentito, travolto dall'atto, cioè de-pensato.“

CARMELO BENE
 

 

 


#70 royaltyfree

    pivello

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Inviato 06 gennaio 2022 - 20:53

Fellini da subito ha slabbrato il neorealismo, che cavolo ha fatto questo Sorrentino? film piacevoli, alcuni assai belli ma a livello teoretico, Estetico non hanno detto nulla.

 

 

Secondo me è come chiedersi cosa sia innovativo oggi per un autore di questa generazione e di questa portata, essendo Sorrentino tra i più innovativi della sua generazione, e particolarmente importante per il passaggio di testimone alla successiva.

 

Io credo che Sorrentino sia proprio diverso da tutto quel gruppo di "catto-post-comunisti", di cui più che Moretti i cui principali esponenti potrebbero essere proprio Lars Von Trier che a tuo dire sarebbe diverso, o Zizek tra i critici. Una corrente di registi o intellettuali che - dirò brevemente solo un fatto importante - non molla l'ideale dell'atavica pulsionalità violenta, come un qualcosa da purificare ma da celebrare ed evocare continuamente, da mettere sempre al centro e confessare.

A me sembra il racconto di un inconscio invecchiato, che ritorna indietro ossessivamente, bloccato a certi problemi dei maschi austro-ungarici col sesso, degli anni 20 ma di un secolo fa. Che Fellini aveva già superato di molto a mio parere, sin dagli esordi, spingendosi oltre Freud con Jung, in realtà verso l'esistenzialismo (riferimento di Sorrentino). Forse mossa riconducibile già al romanzo storico del neorealismo, in realtà.

E premetto che penso che Von Trier sia sicuramente un maestro innovatore di questa corrente, e che ci sia bisogno e modo di innovarla ancora.

 

Penso che Fellini sia eterno perché, nonostante abbia raccontato un inconscio che è invecchiato, è stato capace di mostrare in che modo l’inconscio cresce (più che invecchiare), come si trasforma in generale. E in che modo lo ha fatto in una certa epoca.

Nell'inconscio felliniano emergono figure eroiche o divine-spirituali che non solo si rivelano negative, ma si evolvono, accettano e scoprono la loro mortalità. Penso alle "donne" immaginarie di "8 e 1/2", ai nobili di "La dolce vita". In Fellini l'inconscio si depura della sua tossicità in vita, non post-mortem (e praticamente dopo e oltre il film) come in "Nymphomaniac" o "La casa di Jack".

Il bambino interiore apriva in Fellini la porta a tutte le vie emotive che quel vecchio inconscio reprimeva. Fellini ha sbrogliato in modo visionario i gomitoli di nevrosi che bloccavano una rinascita emotiva. Nevrosi che non riguardavano la violenza, quanto piuttosto il senso della bellezza, dell'inadeguatezza, dell'invecchiamento, della mortalità.

Se Fellini ha creato una mitologia e delle figure eroiche è stato proprio quella dei miti e degli eroi che si dissolvono, e lasciando uno spazio vuoto, che viene occupato da un bambino interiore, emotivamente libero, del cui futuro però non ci faceva sapere quasi nulla.

 

Credo che il cinema di Sorrentino abbia proseguito questa evoluzione. Ha raccontato le vie di questa liberazione emotiva, come si evolvono dopo che le figure di un certo inconscio sono morte. Dopo che hanno lasciato un vuoto, e la vita chiede che vengano superate. "E' stata la mano di Dio" ricapitola questa dinamica, ovviamente.

La morte è al centro di tutti i film di Sorrentino, in particolare quello del secondo periodo: La grande bellezza, Youth, Loro, The young pope, ed E’ stata la mano di dio. Ma invece di aprire una crisi, l’incontro con la morte porta una crisi già in corso da anni a chiudersi. Una crisi del desiderio, del senso di futuro, anche del bisogno di futuro.

Spoiler

 

Fellini notoriamente non è stato capace di aprire uno sguardo sul tempo a venire, sui giovani, sul mondo dopo il dopoguerra. Anzi andava anche lui nella direzione del rinchiudersi nel passato per giustificarlo. Tornava anche lui ossessivamente sulla trasfigurazione della modernità come evento traumatico, violento.

Sorrentino invece ha innovato la mitologia dell'inconscio che cambia, rispondendo a una nuova esigenza di una mitologia provocatoria, che colpisse il pubblico al cuore.

Una vecchia idea di provocazione artistica era quella del provocare a includere e rivelare l'insolito nella comunità, dall'emarginato (da Fellini a Roma) fino all'immorale (da Hitchcock a Lars Von Trier). Oggi questa provocazione è ancora importante ma è rischiosa, perché è non più nemmeno il punto di vista di un'élite di benpensanti, ma è vero e proprio conformismo di massa.

Sorrentino invece provoca alla riscoperta del mistero dell'insolito, del suo dramma esistenziale e non morale. L'insolito come inadeguato. (Nomadland, che è piaciuto molto a Sorrentino, ha un approccio simile; e difatti è politicamente del tutto avulso alle immagini propagandistiche degli stati uniti centrali che va a raccontare, sia di destra che di sinistra)

Rispondendo a nuove esigenze di mitologia di oggi e di domani, ha raccontato questo tema attraverso storie intimiste di fragilità emotiva e di ambizione artistica, ambientate nei 2010 o per il pubblico di questi anni. E le ha raccontate come figure di un nuovo tipo di inconscio, spiritualità, eroismo sentimentale, e le ha collocate nel loro contesto storico, culturale, mitologico.

Anzi, proprio il fatto che le abbia rese figure di una nuova spiritualità, fa si che abbia colto a pieno la portata provocatoria di questo linguaggio. A essere provocatoria è l’attrazione per la spiritualità, per la fede ispirata dalla bellezza. Dove invece la bellezza nel mondo di oggi è sinonimo di senso di inadeguatezza che andrebbe risolto attraverso l'inclusione (cui mi sembra in fondo alludere Von Trier).

Ma anche solo le figure sessuali e il tema dell'inadeguatezza in Sorrentino hanno un impatto molto forte e disturbante sulle giovani generazioni, che piano piano però le metabolizzano. Molto più che immagini "horror" o moralmente provocatorie. Io lo vedo continuamente.

E al pranzo di natale tutti gli zii borghesi di centrodestra e anche i cugini invecchiati mi facevano "ti è piaciuto Sorrentino a te eh? a noi no! A che serviva la scena con la vecchia? N’americanata" (a loro piace breaking bad)

Per non parlare di come va a toccare il legame tra sesso e chiesa o sesso e religione, come ha creato dei miti sull'argomento, l'impatto che hanno avuto sulle persone, il tipo di impatto e riflessione che hanno ispirato.

 

Se non vi piace, mi sembra comunque chiaro che l'ambizione - dissimulata dalle sue parole umili - di Sorrentino sia questa. E' naturale, essendo un autore moderno, che fondamentalmente racconti una serie di trasformazioni umane e storiche in modo più chiaro che in passato. Forse ora viene giudicato - anche da lui stesso - come un limite artistico. Io non penso lo sia.

 
E tutto questo lo ha fatto come seconda parte di una evoluzione del discorso filmico di Scorsese sul potere e le sue illusioni (sin da "L'uomo in più"), e anche il suo successore Tarantino e il neo-noir (cita espressamente Jackie Brown come riferimento per la struttura di "Le conseguenze dell'amore"), o un suo ispiratore come Petri (le analogie tra "Il divo", "Loro" e "Todo modo" sono molte).
Anche le loro figure postmoderne della sessualità, della fede, del materialismo, assumono un nuovo valore nella seconda parte del cinema di Sorrentino, perché diventano un passaggio iniziale in trame e mitologie che raffigurano un ritrovamento del senso della bellezza, dell'eternità e dell'amore.
Un ritrovamento successivo alla crisi post-moderna raccontata da Scorsese e Tarantino, riportandoli a Fellini (e forse al neorealismo, con "E' stata la mano di dio", in un certo senso - pensiamo al contesto pandemico). Come ho detto nel mio primo post sul film, Sorrentino ha un atteggiamento romantico di profeta di una autentica rinascita spirituale, peraltro in un contesto di religiosità civile, che ha senso soprattutto in una lettura radicalmente materialista (a differenza di Malick).
 
Non mi pare sia poco. Anzi penso che lo comincino a guardare come un vero "iniziatore" in tutto il mondo. Trovo echi sorrentiniani sia in un Nomadland (la crisi di mezza età nel segno del lutto come metafora di una rinascita di un'epoca) che in un The french dispatch (la ricerca del desiderio, del futuro, attraverso una riscoperta della bellezza materiale).

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#71 Zimmerman

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Inviato 09 gennaio 2022 - 11:49

Fellini notoriamente non è stato capace di aprire uno sguardo sul tempo a venire, sui giovani, sul mondo dopo il dopoguerra. 

Fellini non conosceva i giovani. Per questo non li capiva e non li amava. 
(mi è scappato un - ma era un +)

 


  • 0

#72 Gozer

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Inviato 13 gennaio 2022 - 10:33

Alla fine l'ho visto e boh, a me sembra Sorrentino al 200%, non capisco proprio chi diceva che ha esplorato territori per lui ostici.

 

Molto bellissimo comunque, ma questo l'avevo deciso già prima di vederlo.


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RYM ___ i contenuti

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Tra due anni torniamo per vincere.


#73 Claudio

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Inviato 13 gennaio 2022 - 10:49

Alla fine l'ho visto e boh, a me sembra Sorrentino al 200%, non capisco proprio chi diceva che ha esplorato territori per lui ostici.

 

Molto bellissimo comunque, ma questo l'avevo deciso già prima di vederlo.

 

Ultimamente andiamo troppo d'accordo, inizio a preoccuparmi ;D


  • 0

#74 kristofferson

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Inviato 13 gennaio 2022 - 13:57

Alla fine l'ho visto e boh, a me sembra Sorrentino al 200%, non capisco proprio chi diceva che ha esplorato territori per lui ostici.


E’ un film poco sorrentiniano sotto l’aspetto formale, nel senso che - prologo a parte (non a caso per me la cosa migliore del film) - non ci sono più le lunghe e sinuose carrellate, le ricercate composizioni visive, le inquadrature simmetriche ed estetizzanti che sono sempre state parte basilare del suo linguaggio cinematografico. Non dico sia un punto di rottura con quanto fatto in precedenza, ma certo è un po' diverso...


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#75 {`tmtd`}

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Inviato 17 gennaio 2022 - 10:20

Finalmente ieri sera l'ho recuperato. Ma solo io c'ho visto un retrogusto monicelliano alla Parenti Serpenti? Un film corale come non avevo mai visto da Sorrentino.


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#76 pasquale

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Inviato 30 gennaio 2022 - 13:44

Robert De Niro, entusiasmato dalla visione del film, scrive una lettera pubblica di ringraziamento a Paolo Sorrentino

http://www.ansa.it/s...9371a4af8f.html
  • 1

#77 pasquale

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Inviato 10 febbraio 2022 - 21:24

Questo è Antonio Capuano

http://youtu.be/ycgG8GIeob0
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